REATTORE NUCLEARE (v. pila atomica, App. II, ii, p. 548)
1 Generalità. - In un r. nucleare hanno luogo, in genere, numerose reazioni nucleari di natura diversa; una almeno di esse (reazione base o fondamentale) deve soddisfare alle condizioni seguenti:
a) la reazione deve essere esoenergetica;
b) la reazione, una volta iniziata (o innescata), deve procedere con continuità nel tempo, per una certa durata, senza necessità di interventi dall'esterno (come, per es., somministrazione di energia o altro): ossia la reazione deve essere in grado di autosostenersi;
c) deve essere possibile ad un operatore esterno di programmare e controllare lo svolgersi della reazione e dei fenomeni che l'accompagnano: vale a dire la reazione deve soddisfare, entro certi limiti, al requisito della controllabilità.
Come risultato principale della reazione di base si ha liberazione di energia nucleare che viene convertita nel reattore in altre forme di energia, per lo più in energia termica; questa liberazione di energia è accompagnata da altri fenomeni, come l'emissione di particelle e di radiazioni (neutroni, elettroni, neutrini, raggi γ, ecc.), e dalla formazione di un certo numero di nuclidi, per lo più radioattivi, non preesistenti nel reattore all'inizio del funzionamento: questi nuclidi si formano sia come prodotti della reazione (caso, per es., dei frammenti di fissione) o come conseguenza di reazioni secondarie prodotte dalle particelle e dalle radiazioni emesse nella reazione principale (per es. cattura di neutroni).
Da quanto premesso risulta che un r. nucleare può definirsi, grosso modo, come un convertitore di energia nucleare in altre forme di energia (per lo più termica), soggetto ai requisiti dell'autosostentamento e della controllabilità dei processi nucleari che vi si svolgono.
Ai fini della precedente definizione non è affatto essenziale che l'energia (termica) prodotta in un r. nucleare sia o no utilizzata per scopi pratici (produzione di energia elettrica, riscaldamento, propulsione, ecc.). Taluni tipi di r., come vedremo, sono infatti progettati e costruiti esclusivamente, o principalmente, per sfruttare altri fenomeni accessorî, ai quali si è dianzi accennato, che accompagnano la liberazione di energia nucleare.
Nei r. nucleari, come si è detto, l'energia liberata dai nuclei viene in maniera preponderante convertita in energia termica: tuttavia, per dovere di generalità e di completezza, si deve aggiungere che sono attualmente allo studio anche processi di conversione diretta di energia nucleare in altre forme di energia, per es. elettrica. Parlando di conversione diretta intendiamo escludere i processi indiretti, come quelli connessi con l'impiego dei prodotti di fissione radioattivi e dei radioisotopi, per produrre, in opportune condizioni, modeste quantità di energia elettrica, luminosa, ecc.
2. Le reazioni possibili. - Vediamo ora quali, fra tutte le reazioni nucleari conosciute, possono essere utilizzate come "reazioni di base" per un r. nucleare. Al momento attuale sono due soli i tipi di reazione concettualmente possibili: le reazioni di fusione e le reazioni di fissione. Delle prime (fusione) ci occuperemo solo molto brevemente in quanto ancora non hanno trovato pratico impiego nei r., ed è anzi tuttora oggetto di discussione fra gli studiosi se mai esse potranno averlo in futuro. Le reazioni di fissione invece, come ben noto, sono utilizzate negli attuali reazioni nucleari.
Fusione. - Nei nuclei leggeri (numero di massa A ≤ 60) l'energia di legame per particella cresce al crescere di A. Pertanto la somma delle energie di legame di due nuclei molto leggeri è, in genere, minore dell'energia di legame totale del nucleo risultante dalla fusione dei due, e quindi tale reazione ha carattere esoenergetico. Perché le reazioni di fusione possano avvenire occorre che l'energia cinetica dei due nuclei che vengono a collisione sia abbastanza elevata per vincere la repulsione coulombiana, esistente tra loro in conseguenza della carica positiva: ciò può essere ottenuto innalzando opportunamente la temperatura del mezzo reagente. Occorre inoltre che la densità del mezzo sia abbastanza elevata affinché il numero di collisioni sia sufficientemente alto. Sono queste appunto le condizioni fisiche realizzate nelle stelle, per le quali si ammette oggi che la fusione sia la principale sorgente di calore, e nelle bombe termonucleari, dove le altissime temperature e pressioni necessarie per l'innesco della reazione (dell'ordine dei milioni di °K) sono ottenute mediante l'esplosione di una bomba atomica ordinaria a fissione.
Se i due nuclei che vengono a collisione dovessero avere un'energia cinetica tale da superare la barriera coulombiana di potenziale, le temperature richieste per produrre reazioni di fusione (Ecin ~ kT) sarebbero, anche per i nuclei più leggeri, dell'ordine di decine di miliardi di gradi, corrispondenti ad energie di alcuni milioni di eV. Ricordiamo come sia abituale nella fisica dei plasmi e delle reazioni termonucleari usare la scala energetica delle temperature definita da E = kT (k = costante di Boltzmann), ossia misurare T in eV anziché in °K. In questa scala la temperatura di 1 eV equivale a circa 11.000 °K. Viceversa è da attendersi che, a temperature di alcuni milioni di gradi, già si abbiano sufficienti reazioni, e ciò per due distinte ragioni: a) perché in una distribuzione maxwelliana delle velocità, il cui massimo coincida con la temperatura del mezzo in cui si svolge la reazione, molti nuclei hanno energie superiori alla soglia classica del processo; b) per il noto effetto quantummeccanico di attraversamento delle barriere di potenziale (effetto "tunnel"), che consente ai nucleoni d'interagire anche se la loro energia cinetica è considerevolmente inferiore alla soglia classica.
Le reazioni più studiate ai fini della fusione termonucleare controllata sono le seguenti:
Nelle stelle (fra le quali il Sole) si ritiene invece che siano fondamentali per la produzione di energia altre reazioni aventi come risultato finale la formazione dell'He4 come sintesi di 4 protoni. Tra le reazioni più importanti per questa sintesi si considerano:
a) Il complesso delle reazioni della cosiddetta catena protone-protone costituita da:
dove β+ è un positrone, ν è un neutrino; come risultato netto delle 3 reazioni si ha la sintesi di 4 protoni in un nucleo di He4 e la liberazione di 26,7 Mev.
b) Il ciclo carbonio-azoto (o ciclo di Bethe), consistente nella sequenza di reazioni seguenti:
Anche nel ciclo di Bethe si ha quindi la sintesi di 4 protoni per produrre He4, senza consumo di carbonio o di azoto.
Gli sforzi fatti per ottenere in laboratorio il processo di fusione controllata non sono stati finora coronati da successo, nonostante gli enormi mezzi impiegati nei paesi scientificamente e tecnicamente più sviluppati. Basti pensare ai problemi del contenimento e del controllo di un mezzo (plasma) che si trovi a temperature dell'ordine dei milioni di gradi, per comprendere le difficoltà, anche concettuali, che sono ancora da superare. Siamo quindi ben lontani dalle applicazioni "pratiche" di produzione controllata di energia da fusione, e quindi dai "reattori a fusione".
Fissione. - Mentre il processo di fusione si basa sul fatto che l'energia di legame per particella cresce col numero di massa fino a circa A ~ 60, la fissione è energeticamente possibile per il fatto che l'energia di legame per particella diminuisce lentamente al crescere di A per valori A ≥ 60. Ora, alcuni nuclei pesanti colpiti da neutroni (e in seguito appunto alla loro cattura) si scindono in due frammenti di peso atomico intermedio (frammenti di fissione). La fissione può essere provocata anche da altre particelle: ma ai fini di questa trattazione interessa qui solo la fissione provocata da neutroni. Poiché l'energia di legame totale del nucleo iniziale è inferiore alla somma delle energie di legame dei nuclei intermedî che si formano, che sono più stabili, al processo di fissione si accompagna una notevole liberazione di energia (dell'ordine di 200 MeV), la maggior parte della quale sotto forma di energia cinetica dei prodotti di fissione (per circa 168 MeV). Il processo di fissione può avvenire solo se l'energia di eccitazione del nucleo composto (ottenuto dal nucleo primitivo con l'aggiunta del neutrone catturato) è superiore all'energia di "soglia" della fissione. Da ciò dipende il fatto che taluni nuclei si possono scindere sotto l'azione di neutroni lenti o termici (per es. U233, U235, Pu239), mentre altri isotopi degli stessi elementi si scindono solo sotto l'azione di neutroni veloci (per es. U238, Pu240). Si ricorda qui che i neutroni termici sono neutroni in equilibrio termico con il mezzo a temperatura ordinaria e di energia Ecin ~ kT = 1/40 eV. Si chiamano fissili quei nuclei, come l'U245, che possono scindersi per l'azione dei neutroni termici.
L'energia di eccitazione del nucleo composto risulta dalla somma dell'energia cinetica del neutrone incidente e della sua energia di legame dopo la cattura. Nei nuclei molto pesanti (come U, Pu) l'energia di soglia è dello stesso ordine di grandezza dell'energia di legame del neutrone; si comprende quindi come in taluni nuclei sia sufficiente il solo processo di cattura del neutrone, per fornire al nucleo composto un'energia di eccitazione superiore all'energia della soglia di fissione, anche se l'energia cinetica del neutrone è nulla o quasi, come nel caso dei neutroni termici. L'energia di eccitazione è allora integralmente fornita dall'energia di legame del neutrone. Ciò avviene per i nuclidi U233, U235, Pu239 che hanno tutti un numero dispari N di neutroni (rispettivamente N = 141, 143, 145): è noto, infatti, dalle nozioni elementari sui nuclei, che l'energia di legame dell'ultimo neutrone aggiunto è maggiore nei nuclei con N dispari che con N pari (effetto di appaiamento dei neutroni). Ciò spiega, almeno qualitativamente, perché gli altri isotopi del tipo pari-pari, come per es. U238 e Pu240 non si scindono sotto l'azione di neutroni termici: l'apporto della sola energia di legame non è sufficiente al raggiungimento dell'energia di soglia di fissione. Questi nuclei possono però scindersi con neutroni veloci mediante il contributo addizionale dell'energia cinetica del neutrone incidente.
All'atto della fissione vengono emessi nuovi neutroni in numero di ν: questo numero, nei nuclei fissili conosciuti, è compreso fra 2,5 e 3. Questi neutroni, attraverso un complicato processo, che esamineremo nei prossimi paragrafi, possono a loro volta produrre nuove fissioni in altri nuclei fissili. Si comprende pertanto come le reazioni di fissione in un mezzo contenente materiale fissile possano automantenersi mediante un processo detto appunto di reazione a catena.
Infine, le reazioni di fissione sostenute dai neutroni soddisfano al requisito della controllabilità: com'è noto dalla fisica nucleare, esistono numerosi materiali (per es. B, Cd, ecc.) capaci di assorbire neutroni con una notevole "sezione d'urto" di cattura per i neutroni termici. Con questi materiali si possono pertanto costituire degli organi di controllo (sbarre di controllo) da inserire nella regione del reattore dove avviene la reazione a catena (core): variando per es. la profondità d'inserimento delle sbarre di controllo si può assorbire un numero maggiore o minore di neutroni, con la conseguenza di variare il numero di fissioni e quindi la quantità di energia prodotta per unità di tempo nel r. (controllo della potenza). Le reazioni di fissione soddisfano pertanto a tutti i requisiti richiesti, compresi quello dell'autosostentamento e della controllabilità.
3. Alcune definizioni di fisica del neutrone. - Come particella libera il neutrone può esistere solo per un breve intervallo di tempo nella materia: esso cessa di esistere quando viene catturato da un nucleo e ne diviene parte integrante (processo di cattura). Il nuovo nucleo così formato è per lo più instabile.
Oltre al processo di cattura i neutroni possono subire nella materia anche processi di collisione e di conseguente diffusione contro altri nuclei, per cui la loro velocità viene modificata in direzione e modulo. Se il neutrone urtante impartisce al nucleo urtato solo energia cinetica, la collisione si dice elastica. Se in seguito alla collisione vengono eccitati anche dei gradi di libertà interni del nucleo, la collisione si dice anelastica. Le collisioni anelastiche possono divenire predominanti nei nuclei pesanti e per i neutroni veloci.
Il numero d'interazioni (cattura, diffusione, fissione, ecc.) che un neutrone subisce nella materia per unità di tempo e di volume, dipende, per ogni dato materiale, dal numero di nuclei contenuti per unità di volume, dal numero di neutroni presenti per unità di volume e dalla velocità del neutrone.
Per formulare quantitativamente questo concetto si suppone che ogni nucleo di una data specie costituisca, per un neutrone che si muova nel mezzo con una velocità v, un ostacolo, avente, per ogni tipo d'interazione, una sezione di area σ (v), il neutrone essendo considerato puntiforme. Detto N il numero di nuclei presenti per cm3, è ovvio che il numero d'interazioni subite in un secondo da un neutrone è Nσ(v)v. Se in un cm3 di materia sono presenti n neutroni, il numero d'interazioni neutroniche di una data specie che avranno luogo per unità di tempo e unità di volume sarà dato da:
Il prodotto nv = Φ si chiama flusso neutronico e si esprime in neutroni/cm2 sec. La quantità σ(v) si chiama sezione d'urto (microscopica) per ogni tipo d'interazione: essa è funzione dell'energia del neutrone e costituisce il parametro caratteristico di tutte le interazioni neutroniche. I suoi valori per i diversi nuclei, e i diversi processi, sono raccolti in tavole o in grafici in funzione dell'energia.
Le σ(v) si misurano in cm2. Tuttavia, poiché per i varî processi considerati esse per lo più sono dell'ordine di grandezza di 10-24 cm2, si usa talvolta assumere come unità di misura tale quantità: ad essa viene dato il nome di barn o Fermi.
Il prodotto Nσ(v) che rappresenta l'ostacolo frapposto da un cm3 di materia al neutrone, si chiama sezione d'urto macroscopica e viene denotato con Σ: essa si esprime in cm-1. Pertanto il numero d'interazioni di un dato tipo subite da un neutrone nell'attraversare un cm di materia è dato da Σ = Nσ(v): ciò significa che tra un'interazione e l'altra il neutrone percorre in media una distanza λ = 1/Σ, chiamata libero cammino medio del neutrone per un dato tipo d'interazione.
4. La reazione a catena. - In un r. nucleare ha dunque luogo una reazione a catena basata sul processo:
Naturalmente altre reazioni accessorie e parassite hanno luogo, come si è detto, accanto a questa che è la reazione fondamentale; anche nello stesso materiale fissile avvengono reazioni di cattura che non danno luogo a fissione. Così l'U235 cattura anche neutroni secondo la seguente reazione, detta di cattura radiativa:
All'atto della fissione i ν neutroni sono emessi come veloci. Per es. nell'U235, dove ν = 2,5, i neutroni sono emessi con un'energia compresa fra 0 e 17 MeV, corrispondenti a un'energia media di circa 2 MeV: al disopra di questa energia il numero dei neutroni emessi diviene sempre più piccolo, fino ad essere trascurabile ad energie superiori ai 15 MeV. Lo spettro energetico dei neutroni di fissione è rappresentato, con buona approssimazione, dalla formula di Watt:
dove N(E)dE è il numero di neutroni emessi, con energia compresa fra E e E + dE, per ogni neutrone di fissione emesso, ed E è l'energia del neutrone in MeV.
Da un punto di vista concettuale il processo per cui la reazione a catena si autosostiene è semplicissimo: un neutrone, emesso durante la fissione, può dar luogo, per cattura da parte di un nucleo fissile, ad un'altra fissione e all'emissione di nuovi neutroni. In pratica però il processo non è così semplice. Se così fosse, un r. potrebbe semplicemente ridursi a un blocco di materiale fissile, per es. a una sfera di U235: il che, sia detto per inciso, è concettualmente possibile, e rappresenta anzi il caso (ideale) del r. più semplice.
Nella realtà le cose sono alquanto più complicate e un r. attuale è ben diverso da questa idealizzazione e ciò per diverse ragioni. Anzitutto una sfera di materiale fissile mal si presterebbe, da un punto di vista tecnologico, all'estrazione di elevate quantità di calore: in un r. vi sarà un sistema di estrazione del calore con opportuni fluidi refrigeranti e ciò comporta la presenza di materiali estranei. La necessità poi d'impedire che i prodotti di fissione, fortemente radioattivi, vadano dispersi nel mezzo circostante, fa sì che il materiale fissile debba essere racchiuso (incamiciato) in contenitori opportuni: questi hanno anche il compito di evitare il contatto diretto del combustibile con il fluido refrigerante, e d'impedire corrosioni e attacchi chimici al combustibile. Inoltre gli organi di controllo costituiscono altro materiale estraneo con cui i neutroni interagiscono. Infine, e ciò è assai importante, la particolare dipendenza di certi parametri nucleari dall'energia dei neutroni - e in particolare il fatto che le sezioni d'urto di fissione dei materiali fissili hanno valori particolarmente alti alle basse energie - fa sì che nella maggior parte dei casi sia assai vantaggioso rallentare i neutroni destinati a produrre fissioni fino alle energie termiche. Ciò si ottiene frazionando, con geometria opportuna, il materiale fissile e immergendolo in un mezzo, moderatore, il cui compito è appunto quello di rallentare i neutroni.
I neutroni veloci di fissione vengono rallentati nel moderatore in seguito a collisioni (elastiche) coi nuclei del moderatore: quest'ultimo per essere efficace dovrà essere quindi costituito da atomi di basso peso atomico (acqua, acqua pesante, berillio, ossido di berillio, grafite, ecc.); inoltre dovrà ovviamente catturare assai poco i neutroni. La funzione del moderatore è dunque quella di rallentare i neutroni di fissione fino a trasformarli in neutroni lenti, per i quali la probabilità di fissione, come si è detto, è particolarmente alta. Un r. in cui i neutroni siano praticamente in equilibrio termico col mezzo viene detto r. termico. Moderatore e materiale fissile costituiscono il mezzo moltiplicante del reattore.
Il moderatore ha in primo luogo funzione di natura "nucleare" (basti pensare che l'uranio naturale non può sostenere una reazione a catena senza moderatore), ma esso ha pure un'altra importante funzione che illustreremo più avanti.
Introduciamo a questo punto un parametro molto importante, sul quale torneremo in seguito: la costante di moltiplicazione, k, definita come numero di neutroni prodotti per ogni neutrone comunque catturato. La costante k dipende esclusivamente dalla natura dei materiali (materiale fissile, moderatore, materiali strutturali, ecc.), dalla loro quantità, forma e distribuzione geometrica. È chiaro che condizione necessaria (ma non sufficiente) perché la reazione si automantenga è che sia k > 1. La condizione non è sufficiente, perché alcuni neutroni potranno sfuggire dal mezzo al contorno. Sia P la probabilità che un neutrone di fissione ha di non sfuggire dal mezzo prima di essere catturato. Affinché la reazione si possa autosostenere occorre che il prodotto kP sia maggiore o uguale all'unità. Tale prodotto
si chiama costante di criticità (o talvolta costante effettiva di moltiplicazione). Il calcolo di ke costituisce l'obiettivo principale della teoria dei reattori.
Possiamo distinguere tre casi:
a) ke ⟨ 1: ciò significa che il numero di neutroni catturati o che sfuggono al contorno (per es. per unità di tempo) è inferiore a quello prodotto (nello stesso intervallo di tempo). La reazione tende ad estinguersi o, come si dice, è convergente; il reattore si dice sottocritico;
b) ke = 1: si ha un esatto bilancio fra neutroni prodotti e neutroni che sfuggono o sono catturati. La reazione a catena è stazionaria e il reattore si dice critico;
c) ke > 1: il numero di fissioni per unità di tempo, e quindi la potenza prodotta, cresce col tempo; la reazione a catena sarà divergente e il reattore si dice sopracritico.
Mentre la costante k dipende solo dalla natura del mezzo moltiplicante, la probabilità 1 − P di fuga dei neutroni al contorno dipenderà sensibilmente dalle dimensioni geometriche del reattore. Si può - grosso modo - affermare che essa dipende dal rapporto fra la superficie e il volume del reattore. Vi sarà pertanto convenienza ad aumentare le dimensioni geometriche del r. per elevare P: è questa un'altra conseguenza dell'introduzione del moderatore, pur essendo, come già detto, la sua funzione principale quella di natura nucleare, connessa con la particolare dipendenza delle sezioni d'urto dall'energia. Indirettamente si consegue anche un vantaggio tecnologico, in quanto il problema dell'estrazione del calore è considerevolmente più semplice in un r. di grandi dimensioni. Talvolta anzi si è costretti ad aumentare le dimensioni di un reattore a causa dei problemi connessi con densità di potenze troppo alte.
La situazione è pertanto la seguente: per un dato mezzo moltiplicante k è fissato. Compito del progettista è quello di calcolare per quali dimensioni del r. P assume valori tali da rendere ke = 1 (condizioni di criticità). In realtà, come si vedrà più avanti, la situazione è assai più complessa, anche perché vi sono diversi fenomeni, in relazione al funzionamento dei r., che rendono più difficile lo stabilire prima, e il calcolare poi, l'esatta condizione di criticità.
Quello di estendere le dimensioni del mezzo moltiplicante non è il solo modo per aumentare P. Nei r. termici si usa circondare la parte moltiplicante (core del r.) con materiale fortemente diffondente i neutroni (per es. grafite), avente le funzioni di vero e proprio riflettore di questi ultimi. I neutroni che sfuggono dal core, venendo a collisione coi nuclei del riflettore, hanno così una certa probabilità di essere diffusi e rinviati nel core dove possono ultimare il loro ciclo di moltiplicazione. La presenza del riflettore sarà tanto più efficace quanto più piccolo è il r.: è questa la ragione per cui esso manca totalmente nei grandi r. di potenza.
Poiché in un r. si producono, come risultato della reazione a catena, radiazioni, neutroni, ed elementi radioattivi (prodotti di fissione e radionuclidi formati in seguito alla cattura dei neutroni), occorrerà proteggere il personale e l'ambiente circostante mediante opportune schermature: per queste ragioni i r. sono circondati da un pesante schermo biologico atto appunto ad assorbire le pericolose radiazioni che vi si sprigionano.
In conclusione, un r. tipico è costituito da: a) materiale fissile; b) moderatore; c) organi di controllo; d) sistema di estrazione del calore; e) riflettore (che può mancare); f) schermo biologico.
Combustibili nucleari. - Nonostante l'improprietà del termine combustibile (che presuppone una combustione di un carburante con un comburente, è invalso l'uso di chiamare combustibile nucleare ogni materiale contenente elementi fissili, capace di sostenere una reazione nucleare a catena. Sono pertanto combustibili nucleari l'U233, l'U235 e il Pu239, puri o in combinazione con altri nuclidi; anche l'U naturale è un combustibile nucleare.
Il Th232 e l'U238 possono scindersi solo con neutroni veloci: data la tendenza di questi ultimi a perdere energia per collisione, questi nuclidi non possono sostenere una reazione a catena e quindi non sono combustibili nucleari. Vedremo invece più avanti l'importanza di questi nuclidi in altri processi (fertilizzazione).
Vogliamo qui svolgere alcune considerazioni sui combustibili di più comune impiego.
Il parametro η. - I combustibili nucleari possono essere caratterizzati, sotto l'aspetto puramente nucleare, da una costante η definita come numero medio di neutroni secondarî (emessi cioè in conseguenza della fissione) per ogni neutrone assorbito dal combustibile. In generale η risulterà minore di ν; indicando con Σf la sezione macroscopica di fissione del combustibile in esame e con Σa la sezione totale di assorbimento, relativa cioè al processo cattura più fissione, la relazione fra η e ν è la seguente:
Se con Σc si denota la sezione macroscopica di cattura radiativa (ossia non seguita da fissione) del materiale, si ha anche:
dove con α = Σc/Σf si è denotato il rapporto fra le probabilità di cattura e di fissione: α dipende dall'energia dei neutroni.
Per la relazione tra k, numero dei neutroni secondarî emessi per ogni neutrone comunque assorbito nel mezzo, ed η rimandiamo al n. 7. Qui ci basti osservare che, a causa delle altre catture nocive (catture in materiali strutturali e nel moderatore), risulta sempre minore di k.
Uranio naturale. - Esso è formato da una miscela dei tre isotopi U234, U235, U238 secondo la composizione indicata in tab. 1.
Dei suoi costituenti solo l'U235 è fissile: l'U238 e l'U234 si scindono solo con neutroni di energia sufficientemente elevata, superiore alla "soglia di fissione": data la natura dello spettro dei neutroni di fissione, il contributo delle fissioni veloci del l'U238 alla reazione a catena è trascurabile (quello dell'U234, data la sua rarità, non viene preso in considerazione). Al contrario, l'U238 assorbe i neutroni (cattura radiativa), sicché esso "ostacola", per così dire, anziché favorirla, la reazione. L'uranio naturale dunque è un combustibile nucleare di qualità piuttosto scadente. Per l'U naturale, η = 1,34. Ne consegue che in ogni r. alimentato a uranio naturale, la probabilità P dei neutroni di non sfuggire al contorno non deve essere inferiore a 0,74, anzi in genere deve essere assai superiore per tener conto delle catture passive nel moderatore e nei materiali nucleari: ammesso anche di trascurare quest'ultimo effetto (il che non è possibile), si vede comunque che non è consentibile una fuga al contorno di oltre il 25% dei neutroni. I r. a uranio naturale saranno quindi di dimensioni piuttosto notevoli.
U235: arricchimmto. - Dei tre elementi fissili considerati, il solo U235 è presente in natura. Tuttavia esso deve essere estratto dall'U naturale mediante i costosi e complicati procedimenti di separazione isotopica. Fino ad oggi solo il metodo di separazione per diffusione gassosa attraverso barriere porose si è dimostrato possibile su base industriale: ma anche con tale processo i costi di produzione dell'U235 sono altissimi e ciò costituisce una grave limitazione al suo impiego. Poiché il parametro per i neutroni termici (ηt) è molto elevato (ηt = 2,07), l'U235 consente una notevolissima flessibilità di progettazione e di costruzione dei r., e notevoli risparmî nelle dimensioni del core, in quanto si possono tollerare dei valori bassi di P. Tuttavia per il suo alto costo l'U235 è impiegato a forte arricchimento solo nei r. di bassa potenza, come i r. di ricerca, e i r. di prova-materiali, o là dove il requisito della compattezza sia indispensabile, come nei r. trasportabili. Nei r. di potenza si usano arricchimenti in U235 che ben raramente eccedono pochi percento.
Pu239 e U233. - Questi due nuclidi non esistono in natura ma vengono prodotti artificialmente nei r. per effetto dell'assorbimento dei neutroni da parte di nuclei non fissili.
Il P239 risulta come prodotto finale del processo a cui dà luogo la cattura di un neutrone da parte dell'U238:
Pertanto il Pu239 si forma sempre, per effetto di cattura dei neutroni, quando sia presente nel r. dell'U238. Ai fini pratici si può considerare che il quantitativo di Pu239 che si produce in un r. a U naturale corrisponda, grosso modo, al quantitativo di U235 "bruciato".
L'U233 si produce secondo un processo simile, per assorbimento di neutroni da parte del torio:
Quindi anche l'U233 si produce sempre nei reattori nucleari quando sia presente del torio.
Pu239 e U233 si estraggono per separazione chimica dall'U238 e dal Th232 rispettivamente: non richiedono quindi i costosi e complicati impianti di separazione isotopica. Il procedimento chimico con cui vengono ottenuti è tuttavia reso alquanto laborioso e complesso dal fatto che, a causa dell'alta radioattività che accompagna gli irraggiamenti, le operazioni di estrazione devono essere compiute in impianti speciali forniti di opportune schermature.
Dal punto di vista nucleare questi due nuclidi hanno ottime caratteristiche come combustibili. Infatti
Per il Pu è tuttavia da notare che la sua alta tossicità ne ha finora limitato grandemente l'impiego come combustibile nei reattori. Esso è notoriamente impiegato come esplosivo nucleare.
Pertanto, a differenza dell'U235 che si brucia nei reattori, Pu239 e U233 possono anche venir prodotti, oltreché bruciati, nei reattori. L'U238 e il Th232, che, per assorbimento neutronico, possono dar luogo a prodotti fissili, sono detti materiali fertili. L'assorbimento dei neutroni consente quindi di usare indirettamente, mediante la la loro trasformazione, U238 e Th232 come combustibili.
Conversione e autofertilizzazione. - Si definisce coefficiente di conversione, c, il rapporto fra il numero di nuclei fissili prodotti per assorbimento dei neutroni e il numero di nuclei fissili "bruciati" nello stesso tempo nella reazione, ossia il numero di nuovi atomi fissili prodotti secondo le reazioni [4], [5] per ogni atomo distrutto per fissione del materiale fissile iniziale.
Nella reazione principale [1] si consuma un atomo fissile contro una produzione netta di η − 1 neutroni: degli η neutroni prodotti mediante la [1], uno è destinato a scindere un nucleo fissile e gli altri η − 1 possono, almeno in linea di principio, produrre nuovi nuclei fissili secondo le [4], [5], qualora si riesca a farli assorbire da materiali fertili. In un r., per il quale ad un'energia E si abbia ηE > 2, si può quindi verificare la circostanza c > 1: in tal caso il materiale fissile è maggiore di quello che si brucia nel r., e il r. si dice autofertilizzante (o breeder). Se c ⟨ 1 il r. si dice convertitore.
In un r. a U naturale risulta dalle proprietà nucleari dell'U235 e dell'U239 che per ogni neutrone termico assorbito nell'U235, 0,59 neutroni termici sono assorbiti nell'U238 e producono Pu239. Poiché altri nuclei di Pu si producono per cattura di neutroni epitermici e veloci, il valore 0,59 rappresenta solo un limite inferiore per la produzione di Pu. Poiché d'altra parte, come si è visto, ηt (U235) = 2,07, il numero massimo di neutroni disponibili per la fertilizzazione risulta 1,07. Così in un r. termico ad U naturale, si avrà 1,07 > c > 0,59. Poiché 1,07 rappresenta il valore massimo limite per il rapporto di conversione, resta un margine estremamente piccolo per ottenere la fertilizzazione in un r. a U naturale. Di fatto tale margine è assolutamente insufficiente a controbilanciare le catture passive e pertanto un r. a U naturale non sarà mai autofertilizzante. A questo risultato si perviene anche tenendo conto dei neutroni di energia superiore a quella termica.
Risultati analoghi si ottengono anche quando si consideri il ciclo integrale U-Pu, con qualunque arricchimento iniziale di Pu239, dato che il valore di ηt(Pu) è molto prossimo a 2 per neutroni termici, il che lascia un margine troppo ristretto per le catture passive. L'autofertilizzazione dell'U238 è però possibile nel ciclo U-Pu in reattori in cui la reazione di base avvenga mediante neutroni veloci (autofertilizzazione veloce).
Il ciclo U-Th, in conseguenza dell'elevato valore di ηt(U233) è possibile invece anche con neutroni lenti: di qui l'interesse dei costruttori per i reattori ad U-Th.
Poiché i materiali fertili sono presenti in natura in quantità di gran lunga maggiore di quelli fissili, è evidente l'importanza, dal punto di vista dello sfruttamento delle riserve energetiche mondiali, del processo di conversione. È chiaro che in un reattore alla cui carica iniziale di materiale fissile corrisponda un contenuto energetico Q, il processo di conversione consente, almeno in teoria, di aumentare la riserva energetica iniziale della carica a
5. Classificazione dei reattori nucleari secondo lo scopo. - Potremmo tentare di classificare i r. secondo i due seguenti criterî: il loro scopo oppure la loro struttura. Per quanto concerne la classificazione secondo la loro finalità consideriamo i seguenti tipi di reattori: r. di potenza, r. convertitori e autofertilizzanti, r. di ricerca.
Reattori di potenza. - Sono destinati prevalentemente a produrre energia termica, la quale è per lo più utilizzata per produrre energia elettrica. L'energia termica può però essere utilizzata per altri scopi, come propulsione navale, produzione di vapore per usi industriali, oppure per riscaldamento di quartieri cittadini o industriali. Nei trasporti terrestri, a causa del notevole ingombro e peso dello schermo biologico, l'uso dei r. può, al momento attuale, essere previsto solo per la trazione ferroviaria. Il peso dello schermo biologico costituisce una limitazione ancor più grave all'impiego dei r. come propulsori per aerei; una delle possibili soluzioni consiste nel rendere massima la distanza fra pilota e reattore. Un notevole sforzo di ricerche e sviluppo è stato fatto nel campo della propulsione nucleare per aerei, ma con risultati pratici finora modesti e con un certo scetticismo per il prossimo futuro.
Un cenno a parte meritano infine i cosiddetti "package reactors", ossia r. facilmente smontabili e trasportabili. La potenza termica caratterizza appunto un r. di potenza, mentre i materiali impiegati, i criterî di sicurezza di esercizio, le temperature massime raggiungibili, i fluidi refrigeranti, gli scambiatori di calore, e i cicli termodinamici in quanto determinanti il rendimento della trasformazione, fissano la potenza elettrica di una centrale nucleare.
Reattori convertitori e autofertilizzanti. - In essi la conversione può essere accoppiata alla produzione di energia, come nel caso dei reattori autofertilizzanti (per es. il r. "Fermi" di Lagoona Beach, S. U. A.), del r. di Dounreay (Scozia) e dei r. convertitori inglesi del tipo di Calder Hall, che sono tutti più propriamente reattori a doppio scopo. In altri casi, come nei r. termici ad U naturale di Windscale e di Hanford, la potenza non viene utilizzata e il loro scopo è solamente quello di produrre Pu239 in sostituzione dell'U235 "bruciato". Come si è visto, tale conversione tra i due materiali fissili si effettua con un rendimento inferiore all'unità, e verrebbe quindi fatto di chiedersi la ragione di tali reattori. Essa risiede nel fatto già ricordato che il Pu prodotto può essere estratto mediante processi chimici, mentre la produzione dell'U235 richiede complicati e costosi processi di separazione isotopica. Questi r. si devono quindi considerare delle vere e proprie fabbriche di materiali fissili.
I r. convertitori e autofertilizzanti sono caratterizzati dalla potenza e dal valore del coefficiente di conversione c. Questi due dati determinano univocamente la quantità di materiale fissile prodotta.
Reattori di ricerca. - Sono r. destinati principalmente a produrre neutroni ed altre radiazioni per scopi generali di ricerca; quanto meno essi non sono progettati per scopi specifici di produzione d'energia e di elementi fissili.
Il flusso neutronico Φ espresso in neutroni/cm2 sec rappresenta uno dei dati caratteristici, tra i più significativi, di tali r.; lo spettro energetico è anch'esso un'elemento molto importante nei r. di ricerca. È entrato nell'uso corrente chiamare r. per prove tecnologiche (engineering test reaciors) i r. con flussi (veloci) dell'ordine di 1015 n/cm2 sec o superiori; r. per prova di materiali (material test reactors) quelli con flussi (veloci) dell'ordine di 1014 n/cm2 sec; r. di ricerca propriamente detti quelli con flussi compresi tra 1013 e 1011 n/cm2 sec, e r. per addestramento del personale (training reactors) quelli con flussi inferiori. Naturalmente la distinzione non è rigida in quanto un r. di ricerca può servire anche per addestramento del personale e un r. per prova di materiali può servire anche per altri scopi di ricerca.
Questi tipi di r. sono molto spesso utilizzati anche per la produzione di radioisotopi mediante attivazione di nuclidi stabili per cattura di neutroni, come il r. americano X-10 di Oak Ridge, il BEPO inglese di Harwell e gli EL2 e EL3 di Saclay (Francia).
Un cenno a parte meritano infine i r. prototipi o dimostrativi, ossia r. a carattere puramente sperimentale, nei quali vengono prodotte modeste quantità di energia a scopo di sperimentare le possibilità di produrne quantità più notevoli in unità di dimensioni maggiori nelle medesime condizioni di funzionamento: tali r. si possono pertanto considerare dei veri e proprî impianti-pilota, e sarebbe quindi opportuno chiamarli r.-pilota.
6. Classificazione strutturale dei reattori. - Si può tentare di classificare i r. secondo le seguenti caratteristiche: a) natura del combustibile impiegato; b) energia dei neutroni che producono la fissione; c) natura del moderatore; d) distribuzione, o geometria, del materiale fissile; e) sistema di estrazione del calore e fluido refrigerante. Questa classificazione non pretende naturalmente di essere completa e di esaurire tutti i tipi di r.: essa permette tuttavia di indicare le caratteristiche più importanti dei r. finora costruiti.
Natura del combustibile. - Come si è detto esso può essere U naturale, U arricchito in U233, in U235, in Pu239, oppure essere costituito solo da questi materiali fissili, allo stato metallico, in lega, o sotto forma di sali e di altri composti (puri o in soluzione in altri materiali).
L'unico combustibile nucleare esistente in natura è l'U naturale che è quindi anche il più importante. Esso non è adatto però a sostenere la reazione a catena con neutroni veloci poiché il suo η è, per tali neutroni, ⟨ 1. L'U naturale è pertanto impiegato solo nei reattori termici. A causa del basso valore di ηt[ηt(Unat) = 1,34], i reattori a U naturale risultano di grandi dimensioni e ciò al fine di consentire un completo rallentamento dei neutroni (termalizzazione) con conseguente assorbimento termico da parte del combustibile, prima che essi sfuggano in maniera apprezzabile dal contorno del reattore.
L'impiego di combustibili arricchiti in U235, Pu239 e U233 permette una riduzione delle dimensioni del r., il che può essere un requisito essenziale in taluni casi, come nei r. per propulsione navale e nei r. trasportabili. Ricordiamo inoltre che l'uso del Pu239 e dell'U233 permette di realizzare, mediante il processo dell'autofertilizzazione, un ciclo completo di combustione.
Di solito si usa arricchire l'U con U235 (r. ad U arricchito). Tale arricchimento, che può giungere al 100%, è alquanto costoso a causa degli elevati costi di produzione dell'isotopo raro dell'U. Si cerca pertanto di contenere tale arricchimento nei limiti più modesti compatibili con le esigenze di progetto: è tuttavia da notare che anche un modesto arricchimento, per esempio dell'i %, consente di elevare il valore di η da 1,34 a 1,51. È bene notare che la riduzione di volume non è il solo vantaggio conseguente all'impiego di combustibili arricchiti. Questi infatti consentono di aumentare la reattività (v. oltre) del r., e quindi permettono al progettista una più libera scelta dei materiali strutturali con conseguente vantaggio economico e tecnologico. È questa la ragione principale per cui viene di solito effettuato l'arricchimento.
Energia dei neutroni. - I r. possono essere termici, epitermici (o intermedî), o veloci, a seconda che la reazione a catena è principalmente sostenuta da fissioni prodotte da neutroni termici (energie dell'ordine di 1/40 eV), oppure da neutroni epitermici (con energie comprese tra quelle termiche e circa 105 eV), o veloci (con energie ancora superiori).
È chiaro che, poiché la funzione del moderatore è proprio quella di rallentare i neutroni, esso sarà assente nei r. veloci ed epitermici, i quali saranno quindi particolarmente compatti. In questi ultimi r. ci si deve anche preoccupare della scelta degli altri materiali strutturali e del fluido refrigerante, in quanto i neutroni possono perdere energia per collisioni elastiche o anelastiche contro i nuclei di questi materiali. In fase di progetto d'un r. veloce si dovrà quindi fare un'accurata valutazione delle proprietà nucleari dei singoli materiali impiegati al fine di evitare il degradamento dello spettro neutronico verso le basse energie. Ciò impone una severa selezione dei materiali e una forte limitazione nella geometria. 3
Natura del moderatore. - Si è detto che i due processi fondamentali di perdita di energia dei r. sono gli urti elastici e gli urti anelastici: i moderatori sono costituiti da elementi leggeri al fine di rendere massima l'efficacia del primo di questi processi; per tali nuclei è trascurabile il contributo al rallentamento delle collusioni anelastiche. I moderatori più impiegati sono: l'acqua, l'acqua pesante, il berillio, l'ossido di berillio e la grafite. Anche altri composti dell'idrogeno e del carbonio (moderatori organici), come per esempio miscele di terfenili e di difenili, sono entrati oggi nell'uso. Tali moderatori sono impiegati per il loro elevato punto di ebollizione, anche se la loro instabilità sotto l'azione delle intense radiazioni generate in un r. costringe ad elaborati sistemi di trattamento chimico continuo del moderatore durante il funzionamento del reattore stesso.
L'elevato potere di rallentamento del moderatore non è il solo requisito al quale esso deve soddisfare. Se così fosse, il Li e il B sarebbero anch'essi dei buoni moderatori: la loro elevata sezione d'urto di cattura termica ne impedisce viceversa l'impiego come moderatori in quanto essi sottrarrebbero dal ciclo neutronico una frazione considerevole di neutroni impedendo loro di portare a termine il ciclo, ossia di produrre nuove fissioni nel combustibile. Il moderatore deve pertanto associare ad elevate qualità di rallentamento (caratterizzate da una buona sezione d'urto per collisione elastica e da un basso peso atomico) anche quelle di una piccola sezione d'urto di cattura per neutroni termici. Da un punto di vista tecnologico, il progettista dovrà inoltre preoccuparsi dell'eventuale incompatibilità chimica del moderatore con i materiali con i quali esso è a contatto (materiali d'incamiciatura del combustibile, contenitore del reattore, ecc.), o con i quali esso può venire accidentalmente a contatto, per es. per la rottura di una guaina contenente U, ecc.
Si dovranno quindi prendere in considerazione possibili fenomeni di corrosione e la reattività chimica dei diversi materiali nelle condizioni normali di esercizio e nelle condizioni eccezionali conseguenti a un incidente anche di piccolo rilievo. Altri requisiti che determinano la scelta del moderatore sono la sua stabilità ad alta temperatura, in presenza di radiazioni, la pressione di vapore, ecc.
Distribuzione del comoustibile. - Nonostante vi sia un'enorme possibilità di scelta circa le varie forme in cui il combustibile può essere geometricamente distribuito nel r., si usa distinguere i reattori in omogenei ed eterogenei.
Nei r. omogenei il combustibile può essere distribuito sotto forma di soluzione o di sospensione in liquidi: metalli fusi, o eventuali leghe a basso punto di fusione oppure anche sali fusi. Moderatori e combustibili possono essere perciò presenti nella medesima fase fisica o così intimamente mescolati che le dimensioni dei dominî di combustibile risultino assai piccole rispetto al cammino libero medio dei neutroni.
Nei r. eterogenei, combustibile e moderatore sono separati ed il combustibile è per lo più raccolto in "elementi di struttura", di forma opportuna, detti appunto elementi di combustibile. Questi, immersi nel moderatore secondo un'opportuna distribuzione, a distanze regolari, costituiscono il cosiddetto reticolo del reattore.
Sistema di estrazione del calore e fluido refrigerante. - Anche se il r. non è destinato a produrre energia per scopi pratici, è evidente che il calore prodotto deve essere in qualche modo asportato. Ciò si consegue nei r. eterogenei facendo circolare in un opportuno sistema di refrigerazione (circuito primario) un fluido refrigerante il quale, venendo a contatto con gli elementi di combustibile (opportunamente incamiciati per evitare la fuoruscita di prodotti di fissione e reazioni chimiche fra combustibile e fluido refrigerante), ne estrae il calore prodotto in conseguenza delle fissioni. Di solito il fluido refrigerante viene fatto circolare nel r. in un sistema indipendente dal moderatore; peraltro nei r. a moderatore liquido è talvolta il moderatore stesso che circola, provvedendo a un tempo alle funzioni di moderatore e di fluido primario.
Diversi sono i requisiti ai quali deve soddisfare tale fluido primario: elevata capacità termica, bassa viscosità (per consentire bassi consumi specifici per il pompaggio), bassa sezione d'urto di cattura, compatibilità chimica con i materiali d'incamiciatura e con quelli impiegati per le tubolature e gli scambiatori di calore, stabilità sotto l'azione di radiazioni e, per i r. ad alta temperatura, elevato punto di ebollizione, se si tratta di liquidi, e stabilità chimica alle alte temperature.
I fluidi primarî possono essere liquidi come H2O, D2O, composti organici (come le miscele già ricordate difenile-terfenile), o sodio fuso, leghe Na-K, ecc., oppure gassosi, come aria, He, azoto, CO2, ecc. Nei r. ad acqua bollente l'estrazione di calore viene effettuata sfruttando il processo dell'ebollizione, ossia permettendo a un liquido di bollire a una pressione opportuna a contatto con il combustibile: in questo caso si estrae del vapore che può essere anche surriscaldato.
Il fluido primario cede, attraverso opportuni scambiatori di calore, parte della propria energia termica a un fluido refrigerante secondario che, se il calore viene utilizzato, viene fatto circolare in turbina. La scelta del refrigerante secondario viene effettuata secondo criterî convenzionali: una particolare cura, tuttavia, viene posta nell'esame delle possibili conseguenze della rottura dello scambiatore di calore e dei possibili effetti dell'entrata in contatto dei due fluidi.
È chiara, ai fini pratici, l'importanza di poter spingere a valori sempre più elevati la temperatura di esercizio dei reattori per innalzare i rendimenti termodinamici. Ciò impone dei requisiti molto severi agli elementi di combustibile e ai fluidi refrigeranti.
Da questo schema di refrigerazione si discostano naturalmente i reattori nei quali è lo stesso combustibile che viene fatto circolare negli scambiatori di calore primarî, il sistema secondario restando concettualmente lo stesso.
Un cenno a parte merita infine il problema dei cosiddetti materiali strutturali impiegati all'interno del r., come il materiale per le incamiciature, per le tubolature, per il contenitore, ecc. La loro scelta è ovviamente legata a esigenze di natura nucleare: per esempio il forte assorbimento di neutroni da parte dei metalli di più comune impiego, come l'acciaio, impedisce il loro uso come materiale d'incamiciatura nei reattori a U naturale. Tale scelta è legata pure a esigenze di natura meccanica, chimica e fisica, così che la massima cura dovrà essere portata allo studio del loro comportamento ad alta temperatura, alla loro resistenza alla corrosione da parte del refrigerante, alla modificazione delle proprietà meccaniche per effetto delle radiazioni, ecc. Infine si dovranno tenere presenti considerazioni di natura economica e di disponibilità di determinati materiali: purtroppo alcuni di essi, come per esempio Zr e Nb, che presentano ottimi requisiti da un punto di vista nucleare, hanno ancora costi elevati, sono di difficile approvvigionamento e richiedono tecnologie alquanto complicate. La tendenza che si va oggi affermando nel campo della costruzione dei r. è d'impiegare il più possibile materiali di larga disponibilità e ben conosciuti nelle tecnologie convenzionali, e di fare uso dei materiali "strani" solo laddove esigenze del tutto particolari non consentono l'impiego di materiali convenzionali.
7. Criterî di calcolo di un reattore: reattore termico eterogeneo. - Per illustrare i criteri fondamentali di calcolo di un reattore si fa riferimento qui a un solo tipo di reattore: quello termico, eterogeneo, ad U naturale.
Mezzo moltiplicante infinito: la costante di moltiplicazione k e la formula dei 4 fattori. - Consideriamo un mezzo indefinito costituito da sbarre di U naturale regolarmente intervallate e da un moderatore (mezzo moltiplicante infinito). Supponiamo che, ad un certo istante, vengano emessi N0 neutroni veloci di fissione le cui energie sono distribuite secondo la [2]. All'interno delle sbarre nelle quali sono generati, prima di entrare nel moderatore, essi possono dare luogo a diversi processi contro i nuclei di U, come urti elastici, anelastici, e anche a fissioni: in conseguenza di quest'ultima possibilità, nuovi neutroni si aggiungeranno agli N0 preesistenti. Come effetto delle nuove fissioni provocate dai neutroni veloci si avranno quindi N0ε neutroni veloci, dove ε è un fattore, di poco maggiore dell'unità, detto appunto fattore di fissione veloce.
Gli N0ε neutroni che entrano nel moderatore rallentano fino a raggiungere le energie epitermiche. Mentre si può trascurare la cattura del moderatore durante il rallentamento, non altrettanto può farsi per le catture in U: nella zona epitermica, infatti, la sezione d'urto di cattura dell'U, σcU(E), presenta dei massimi di risonanza molto pronunciati. Nella teoria elementare del r. si tien conto della perdita di neutroni per cattura di risonanza nell'U introducendo un fattore p (⟨ 1) che rappresenta la probabilità che un neutrone ha di sfuggire alla cattura di risonanza: alla soglia termica arrivano quindi N0εp neutroni per i quali ha inizio il processo di diffusione termica. Di essi, parte sarà catturata in U (fenomeno predominante), e parte nel moderatore. Si denota con f (fattore di utilizzazione termica) la percentuale di neutroni catturati in U: degli N0εpf neutroni termici catturati in U solo la frazione ΣfU ∣ ΣaU (dove i simboli f e a si riferiscono alla fissione e all'assorbimento) dà luogo a fissione. Se ν è il numero di neutroni termici emessi in ogni fissione dell'U235 (ν = 2,5 ± 0,1), per ogni neutrone termico catturato in uranio vengono emessi, come si è visto, η = ΣfU ∣ ΣaU neutroni veloci di fissione. Dopo un ciclo completo di moltiplicazione gli N0 neutroni veloci iniziali sono divenuti N0εp f η, così che, ricordando la definizione di costante di moltiplicazione k, si ha la cosiddetta formula dei quattro fattori:
Per il calcolo di ciascuno di essi rinviamo alla letteratura specializzata. Qui ci basti osservare che il fattore k e i quattro parametri che lo costituiscono dipendono dalla geometria del reticolo e dalla natura dei materiali impiegati; k costituisce, pertanto, la costante caratteristica del mezzo moltiplicante.
Una illustrazione efficace del ciclo dei neutroni e della formula dei quattro fattori è data in fig. 1 mediante un "quadrato di moltiplicazione" (Guggenheim e Pryce). Esso va letto e seguito in senso antiorario. Ai quattro vertici sono indicati i quattro fattori che compongono k: ciascuno di essi rappresenta il rapporto fra i neutroni che arrivano, per così dire, lungo un lato e che escono dal lato successivo.
Mezzo moltiplicante finito: calcolo neutronico del reattore. - Il core del r. è costituito da una porzione, di dimensioni finite, di mezzo moltiplicante. Accanto alle catture passive vi saranno pertanto altre perdite di neutroni dal ciclo di moltiplicazione dovute alle fughe al contorno. Perché la reazione si autosostenga occorrerà quindi che la costante di moltiplicazione sia maggiore dell'unità: essa dovrà essere tanto più grande quanto più piccole si vogliano le dimensioni del reattore.
Intendiamo qui per l'appunto dare un'idea di come si calcola un r. di dimensioni finite.
Gli effetti di fuga al contorno dipendono strettamente da due parametri fisici che ora definiremo: la lunghezza di rallentamento τ (detta anche età di Fermi), e la lunghezza di diffusione L. La lunghezza di rallentamento τ è 1/6 della media quadratica della distanza percorsa da un neutrone dalla sua creazione, come veloce, fino a raggiungere le energie termiche. La lunghezza di diffusione L è tale che il suo quadrato è 1/6 della media quadratica della distanza percorsa da un neutrone termico da quando supera la soglia termica fino alla sua cattura. Infine la grandezza
è la lunghezza di migrazione. La distanza quadratica media percorsa da un neutrone dalla sua creazione, come veloce, all'atto della fissione, fino alla sua sparizione, per cattura termica, è ovviamente 6 M2. I neutroni possono fuggire sia durante la fase di rallentamento, sia mentre diffondono nella zona delle energie termiche: per tener conto degli effetti di fuga si dovrà modificare il quadrato di fig. 1 almeno su due lati introducendo la fuga dei neutroni veloci sul lato εp e la fuga dei neutroni termici sul lato pf. Così il quadro sarà ora sufficientemente completo per il ciclo dei neutroni in un reattore privo di riflettore. Nella teoria elementare dei r. si può tener conto in maniera piuttosto semplice di questi effetti di fuga. Per quanto concerne la fuga dei neutroni durante la fase di rallentamento, si può dimostrare che la probabilità Pv che ha un neutrone di compiere nel reattore il suo rallentamento, ossia di non fuggire come veloce, è data da
dove B2, detto comunemente laplaciano geometrico o buckling geometrico, è una grandezza molto importante nella teoria dei reattori. Ne diamo la definizione.
Sia ϕ(r) una funzione delle coordinate spaziali r, definita in tutta la regione occupata dal reattore, che soddisfi all'equazione:
B è definito come il primo autovalore (ossia il minore degli autovalori) per il quale la funzione ϕ(r) soddisfa alla condizione di annullarsi sul contorno S del reattore (nudo, ossia senza riflettore):
Riportiamo qui di seguito le relazioni esistenti fra il buckling geometrico B2 e le dimensioni geometriche per alcuni reattori di forma semplice: tali relazioni sono facilmente deducibili dalla [9] e dalla condizione al contorno [10]. Si ha:
per il reattore sferico di raggio R:
per il reattore parallelepipedo retto-rettangolo di lati a, b, c,:
per il reattore cubico (a = b = c):
per il reattore cilindrico di raggio R e di altezza H:
per il reattore cilindrico di volume minimo:
La grandezza B è quindi strettamente legata alle dimensioni geometriche del reattore.
Torniamo ora al problema delle fughe dei neutroni al contorno. Per i neutroni veloci vale la formula [8]; per i neutroni termici si può dimostrare che la probabilità di un neutrone di non sfuggire dal reattore come termico, ossia di "morire" dentro al reattore, è data da:
In definitiva la probabilità di un neutrone, prodotto nel reattore, di non sfuggire al contorno, ossia di "morire" per cattura, è data da:
Sicché è chiaro, tenuto conto dei due effetti di fuga sopra menzionati, che il valore effettivo della costante di moltiplicazione di un reattore di dimensioni finite è dato da:
Si vede dunque che in un r. la costante di moltiplicazione effettiva ke risulta sempre inferiore a k e solo nel caso di reattori di dimensioni infinite (B = 0), si ha ke = k.
La [18] è fondamentale per la teoria elementare dei reattori. Essa, note le caratteristiche dei materiali, quelle del reticolo, ecc. (ossia noti k, τ e L2), consente di determinare le dimensioni critiche del reattore. Infatti, come si è già visto e come del resto è evidente, un reattore è in condizioni stazionarie, ossia è critico, quando ke = 1: ossia quando si consegue l'equilibrio fra neutroni che si producono e neutroni che scompaiono (per fuga o per cattura). Imponendo tale condizione alla [18], si ha che le condizioni critiche sono realizzate quando fra le dimensioni geometriche del reattore (legate a B dalle ben note relazioni) e le costanti fisiche del reattore k, τ, L2 sussiste la relazione
detta appunto equazione di criticità. La fig. 2, mediante il solito quadrato di moltiplicazione, ne illustra il significato fisico.
Fin qui abbiamo seguito un procedimento euristico che ci ha consentito d'istituire l'equazione di criticità. In pratica, per il calcolo dei r., si procede in modo totalmente diverso, risolvendo in primo luogo l'equazione di criticità, e determinando poi le dimensioni geometriche del reattore. Più esattamente: k, τ, L2, per un dato reattore si devono considerare costanti note o, almeno, calcolabili a priori. Si può inoltre dimostrare che l'equazione [19] trascendente rispetto a B2 ha, per k > 1, una ed una sola radice reale positiva B0, che viene detta laplaciano materiale o buckling materiale. Risolta la [191 rispetto a B s'identifica il buckling geometrico con il buckling materiale B0 e attraverso le relazioni che legano il buckling geometrico con le dimensioni del reattore, si determinano le dimensioni del reattore critico, ossia le dimensioni critiche. Si può dimostrare che in un r. critico il flusso neutronico termico ϕ(r) soddisfa alla [9] con b = B = B0.
In prima approssimazione, sviluppando la [19] rispetto a B2 si ottiene per il buckling materiale l'espressione approssimata
spesso usata nel calcolo elementare dei reattori. La [20] mostra che le dimensioni critiche sono proporzionali alla lunghezza di migrazione e inversamente proporzionali alla radice quadrata dell'eccesso di k sulla unità. Le formule precedenti permettono di ricavare le dimensioni critiche di un r. (stabiliti i materiali) per diversi reticoli.
Quelle che così si ottengono sono evidentemente le dimensioni critiche del r. nudo, ossia senza riflettore; a questo deve seguire un calcolo delle dimensioni critiche di un r. dotato di riflettore, sempre inferiori a quelle del r. nudo. Si usano a tal fine opportuni metodi di calcolo, tra cui notissimi quelli di Yvon e di Spinrad.
Per riassumere, il procedimento generale di calcolo di un r. consiste in questo. In primo luogo si calcolano (o si misurano) il fattore di fissione veloce ε, il fattore di utilizzazione termica f, il fattore di risonanza p, e dal prodotto di essi per η si ottiene il valore di k. Successivamente si calcolano (o si misurano) la lunghezza di diffusione L e il tratto di rallentamento τ: questi valori combinati con k − 1 danno, in virtù della [11]... [15], il buckling e le dimensioni critiche di un reattore senza riflettore. Tali valori sono poi corretti per tener conto dell'effetto del riflettore. Infine dalla geometria del reticolo e dal raggio del r. è immediato dedurre le quantità di uranio e di moderatore necessarie.
Dimensionamento di un reattore reale. - Quanto abbiamo detto finora si riferisce ad un r. puramente ideale, dotato cioè dei suoi componenti: moderatore, combustibile e riflettore, ma nel quale si trascurano effetti rilevanti dovuti alla potenza. In detto schema di calcolo si è considerato infatti solo il ciclo dei neutroni, mentre si sono completamente trascurati alcuni fenomeni importanti connessi con il funzionamento del reattore. In conseguenza di tali fenomeni un reattore che fosse esattamente critico (nel senso "neutronico" sopra precisato) tenderebbe a spegnersi. Detti fenomeni non possono quindi essere trascurati; ne enumeriamo qui alcuni.
Effetto di temperatura. - Il r. durante il funzionamento, anche se dotato di sistema di raffreddamento, si riscalda nel suo insieme o in alcuni dei suoi componenti (per es. moderatore, barre di uranio, ecc.). Questo riscaldamento ha come conseguenza che le dimensioni critiche di un r. caldo sono maggiori di quelle di un reattore freddo, e di conseguenza occorre costruire un reattore più reattivo di quello progettato a freddo, bisogna cioè aumentare il fattore di moltiplicazione effettivo, ossia le dimensioni geometriche del reattore, per permettere che la reazione si autosostenga anche a caldo. Ciò significa che un r., perché funzioni, perché cioè sia critico a caldo, dev'essere sopracritico a freddo.
Effetti dei veleni. - Durante il funzionamento si accumulano prodotti di fissione nell'interno degli elementi di combustibile; alcuni di questi prodotti (per es. lo Xe135 e il Sm149) sono dotati di forte sezione di cattura per neutroni, e come tali costituiscono dei veri e proprî veleni del reattore. Anche questo motivo porta a introdurre una certa sovracriticità nel reattore, ossia a imporre un avviamento con un fattore di moltiplicazione effettivo maggiore dell'unità.
Impoverimento del combustibile. - A mano a mano che procede il funzionamento del r. il materiale fissile presente nella carica iniziale si esaurisce (depletion). Pertanto occorre prevedere un eccesso di combustibile rispetto a quello strettamente necessario richiesto dalle condizioni di criticità.
Materiali strutturali. - Come s'è già detto, l'U non può essere messo a contatto diretto con il moderatore, sia perché libererebbe prodotti di fissione fortemente radioattivi, sia perché, nella maggior parte dei casi, reagirebbe chimicamente con il fluido refrigerante. Esso deve pertanto essere incamiciato con metalli opportuni (Al, Zr, Nb, ecc.), che costituiscono un'ulteriore causa di assorbimento dei neutroni. Altri assorbimenti nocivi hanno luogo nel contenitore, nei supporti delle sbarre di combustibile, e infine nelle sbarre di controllo.
Se si tratta di un r. di ricerca occorre prevedere anche gli assorbimenti nocivi connessi con i dispositivi sperimentali introdotti nel reattore, con la produzione di radioisotopi, ecc.
All'inizio del suo funzionamento, il r. deve dunque essere sopracritico, ossia avere dimensioni superiori a quelle critiche. In base alle [11]... [15] il fattore di moltiplicazione risulterà pertanto maggiore dell'unità e potremo così definire un eccesso di reattività Δk mediante la
Pertanto 1 + Δk rappresenta il fattore di moltiplicazione effettivo che il reattore, col volume specificato, oppure col dato buckling, avrebbe in assenza di effetti di temperatura, veleni, materiali strutturali, ecc. Questi effetti devono evidentemente essere calcolati a parte e inclusi in una perdita obbligata di reattività.
8. Alcuni problemi relativi alla costruzione, al funzionamento, alla sicurezza e all'ubicazione dei reattori. - Moderatori. - Si è già accennato al problema della stabilità dei materiali sotto l'azione delle radiazioni, problema particolarmente grave nei r. ad alto flusso, ma comune a tutti quei r. ai quali si richieda una lunga vita media. Da questo punto di vista, particolare attenzione deve essere posta al problema della grafite, materiale assai impiegato come moderatore e come riflettore: per effetto d'irraggiamento la sua struttura subisce particolari alterazioni che producono tra l'altro deformazioni in determinate direzioni (effetto Wigner). Questo effetto dipende sensibilmente dalla temperatura, essendo tanto più rilevante quanto più bassa è la temperatura. Quando la grafite ha raggiunto un alto grado di danneggiamento, le sue condizioni primitive possono essere ripristinate mediante complesse e delicate operazioni di rinvenimento, effettuate innalzando la temperatura della grafite stessa.
Per evitare operazioni troppo frequenti di rinvenimento si preferisce, nei r. ad alto flusso e a bassa temperatura di funzionamento, impiegare altri materiali come berillio, ossido di berillio, ecc., per i quali il maggior costo è compensato da una maggiore stabilità alle radiazioni.
Nel caso di moderatori liquidi occorre valutare gli effetti delle radiazioni, sia per quanto concerne la produzione di gas (gas radiolitici), come nel caso dell'H2O e del D2O, sia per formazione di nuovi composti, come nel caso dei moderatori organici. Di qui la necessità di dotare i reattori a moderatore liquido di sistemi opportuni di ricombinazione dei prodotti gassosi e di purificazione del liquido.
Elementi di combustibile. - L'elemento di combustibile, indipendentemente dal materiale fissile usato, deve consentire l'estrazione del calore al tasso più elevato possibile: notevolissimi progressi si sono realizzati negli ultimi anni in campo costruttivo.
Se si tratta di barre di U, una particolare cura va posta al problema della loro incamiciatura, tenendo presente la necessità di assicurare tra U e guaina il più efficiente contatto termico possibile. Inoltre una particolare cura il progettista dovrà dedicare al problema dei gradienti termici esistenti all'interno della sbarra, in condizioni di funzionamento, in quanto tali gradienti determinano sollecitazioni termomeccaniche, in conseguenza delle quali la sbarra potrebbe subire deformazioni o, peggio ancora, rotture.
Protezione e schermaggio. - Come si è detto, il r. deve essere circondato da un opportuno schermo biologico di protezione dalle radiazioni. Esso è per lo più costituito da calcestruzzo di elevata densità, ottenuta con l'aggiunta di materiali varî come barite, magnetite, punzonature di acciaio, ecc.
Particolare cura deve essere posta alla schermatura di tubi passanti, porte, canali, cavi, ecc., per evitare che nelle vicinanze di essi o attraverso essi si possano verificare fughe di neutroni o di radiazioni.
Sicurezza e ubicazione. - La sicurezza di un r. dipende da due fattori essenziali: progetto del r. e criterî di esercizio.
È ovviamente essenziale che il progettista ponga la massima cura agli organi specifici di sicurezza: non solo a quelli di regolazione e controllo (per i quali rinviamo alla letteratura specializzata e anche, per qualche cenno, alla voce elettronica, in questa App.), ma anche a tutta una serie di accorgimenti che sono oramai comuni ad altri settori della tecnica, comprendenti tra l'altro sistemi ausiliarî di alimentazione di emergenza delle pompe di refrigerazione, dei dispositivi di controllo, ecc.
Per quanto concerne invece i criterî di esercizio, va particolarmente tenuto presente quello essenziale di rendere assolutamente impossibili manovre che possano compromettere l'efficienza del r. o determinarne condizioni pericolose di funzionamento.
Per quanto concerne l'ubicazione, è difficile indicare dei criterî di validità generale. Un elemento importante da tenere in considerazione è la presenza di eventuali scarichi radioattivi dall'impianto, così come si dovrà tener conto della distanza dai centri abitati e della loro consistenza, nonché delle caratteristiche meteorologiche, idrologiche, geologiche, sismologiche, ecc. della zona prescelta.
Ove il r. dovesse essere situato in zone densamente abitate oppure presentasse caratteristiche spinte o fosse di progetto non sufficientemente sperimentato, sarà poi buona norma collocarlo in un edificio a tenuta di gas, oppure, quando ciò sia possibile, costruirlo in caverna. Vedi tav. f. t.
Bibl.: International Atomic Energy Agency, Directory of nuclear reactors (I - Power reactors; II - Research, test and experimental reactors); International series of Monograpahs on nuclear energy, a cura di R. A. Charpie e J. V. Dunworth, Londra; R. L. Murray, Introduction to nuclear engineering, New York 1955; A. S. Thomson e O. E. Rodgers, Thermal power from nuclear reactors, New York 1956; S. Glasstone, Principles of nuclear reactor engineering, Princeton 1957; S. Glasstone e M. C. Edlund, The elements of nuclear reactor theory, Princeton 1957; Nuclear engineering handbook, New York 1958; R. Stephenson, Introduction to nuclear engineering, New York 1958; A. M. Weinberg e E. P. Wigner, The physical theory of neutron chain reactors, Chicago 1958.
Riviste: Nucleonics, New York; Nuclear science and engineering, New York; Energia nucleare, Milano; Nuclear power, Londra; Nuclear engineering, Londra; Nuclear energy, Londra; Die Altomwirtschaft, Düsseldorf; Journal of nuclear energy, Londra.