ALTACOMBA (Hautecombe), Reale Abbazia di
È una fondazione cisterciense, sorta al principio del sec. XII in Savoia, sulla sponda occidentale del lago del Bourget. La data di erezione non è sicura. Pare che alla fine del sec. XI alcuni monaci eremiti, dipendenti dall'abbazia di Aulps (Chablais), si stabilissero in una località deserta, lungo la via da Rumilly a Gessens, corrispondente all'attuale plateau de Paquinot, ed ivi dessero origine ad un monastero che dal sito si disse Altacumba. Verso il 1135, sotto l'influsso di S. Bernardo, il monastero aderì alla riforma cisterciense e si affiliò a Clairvaux. Forse solo dopo il 1139, essendo abate Amedeo di Hauterive dei conti di Clermont, cugino di Amedeo III di Savoia, ebbe luogo la traslazione dei monaci dalla riva orientale alla occidentale del lago, in territorio del conte di Savoia, e precisamente a nord del Mont du Chat, in località Charaya o Charve, dove Amedeo III donò ai monaci delle terre. Così sorse la nuova abbazia, costruita secondo i principî architettonici cisterciensi; come la vecchia sede abbandonata, essa si chiamò Nostra Signora di Altacomba. La costituzione avvenne sotto l'abate Amedeo di Hauterive e i suoi successori Enrico di Massy (1160-73) e Goffredo d'Auxerre (1162-90), già discepolo di Abelardo a Parigi, poi nel 1140 di San Bernardo a Clairvaux. Venuta rapidamente in fiore, Altacomba poté avere come figlia l'abbazia italiana di Fossanuova, presso Terracina; Amedeo III, partito nel 1147 per la seconda crociata, lasciò il figlio Umberto III alla saggia protezione dell'abate Amedeo, ora diventato vescovo di Losanna, e il nuovo conte si affezionò all'abbazia e volle avervi sepoltura, quando morì nel 1189. Seguirono il suo esempio i conti di Savoia del secolo XIII e del XIV. Intanto, Altacomba riceveva concessioni di terre e di diritti e i suoi abati diventavano consiglieri influenti dei principi sabaudi. Predilezione speciale ebbe per essa il conte Aimone, che, verso il 1340, fece costruire una cappella che si disse di Savoia, raccogliendovi nella cripta le tombe dei suoi predecessori: costruì la cappella l'architetto Jean de Breclesent, la ornò di sculture Nicolas de Neufchâteau e la dipinsero il fiorentino Giorgio dell'Aquila e Jean de Grandson, autori di una vivace decorazione a croci bianche in campo rosso (stemma comitale). Altra cappella costruì, nel 1422, Umberto di Romont, bastardo di Amedeo VII, ed altra, nel sec. XVI, l'abate Claudio di Estavayer. La decadenza di Altacomba incominciò nel 1444, quando Amedeo VIII, diventato papa Felice V, concesse l'abbazia in commenda al fedele Pietro Bolomier, fratello del suo ministro Guglielmo. Si interrompeva anche, con Amedeo VIII sepolto a Ripaglia (1451), la tradizione di Altacomba come sepolcro della famiglia: solo Filiberto I (1482) e Filippo II il Senza Terra (1497) riposarono ancora nella cappella di Savoia, con uno dei figli di Filippo, Luigi, prevosto del Gran S. Bernardo (1502). Gli abati commendatarî sfruttarono il vasto, se non immenso, dominio fondiario di Altacomba, fatto di terre e case (ne possedevano anche a Chambéry) sino all'inizio del sec. XVIII. Alcuni abati furono illustri: il Bolomier, l'Estavayer, il giovane Emanuele Filiberto, il card. Alessandro Farnese, nipote di Paolo III, Alfonso Dalbene, Antonio di Savoia, bastardo di Carlo Emanuele I. Dopo un breve periodo di autonomia, l'abbazia fu, nel 1752, sottoposta al capitolo dei canonici della Sacra cappella di Chambéry; e nel 1792, avvenuta l'occupazione francese, fu soppressa, i pochi monaci dispersi, i beni confiscati, i monumenti sepolcrali distrutti, gli edifici trasformati in fabbrica di ceramiche, la chiesa adattata a forno. In pochi anni, l'abbazia diventò un ammasso di rovine: i romantici le ammirarono, Lamartine le cantò nel suo Raphaël. Ma nel 1824 il re Carlo Felice le riacquistò, e rinnovò, con l'opera dell'architetto Ernesto Melano, il monastero, la chiesa e il sepolcreto dei conti, cui eresse grandiosi cenotafî. La ricostruzione continuò dopo la morte di Carlo Felice nel 1831, per cura della vedova Cristina di Borbone: la coppia reale volle infatti essere sepolta ad Altacomba. Nel 1860, ceduta la Savoia alla Francia, Altacomba rompeva i suoi legami con le terre subalpine; tuttavia, a norma di un atto speciale annesso al trattato italo-francese del 1860, rimase, come rimane ancora oggi, proprietà privata del re d'Italia. Ora vi sono benedettini francesi.
Arte. - La facciata di ponente, in tardo stile gotico, ha una decorazione esuberante e un bel rosone sopra il portale. La chiesa si compone di tre navate e di un transetto; è lunga 65 metri e larga 25,75. È decorata con lusso eccessivo in quello stile "medievale" cosiddetto gothique troubadour, caratteristico per il gusto romantico dell'epoca della Restaurazione, che ebbe larga diffusione verso la metà del sec. XIX e al quale la chiesa di Altacomba insieme con qualche altra chiesa come Santa Chiara di Napoli, servì probabilmente di modello. Le vòlte sono coperte di un reticolato di nervature in stucco, simili alle rilegature à la cathédrale. La chiesa contiene varie centinaia di statue, e numerosi bassorilievi, pitture e ancone ingombrano le cappelle. Notevole, accanto all'entrata, la statua di Carlo Felice, eseguita da Benedetto Cacciatore, e il gruppo rappresentante Maria Cristina che protegge le arti, di G. Albertoni (1857). Le tombe si trovano nella cripta posta al disotto della cappella "dei principi" (1340).
Nella cappella si resta colpiti dalla quantità dei monumenti che la popolano, e dai 28 mausolei e sarcofagi di casa Savoia, tutti in pietra bianca di Seyssel: gruppo di sculture eseguite nello stile lezioso e rifinito degli scolari del Canova. Difficilmente si potrebbe trovare al di fuori del Campo Santo di Genova un insieme più istruttivo di quella curiosa epoca della scultura funeraria. Fra le sculture è degna di nota la statua di Nostra Signora dei Sette Dolori di B. Cacciatore. Le pitture sono per la maggior parte di Gonino e dei fratelli Vacca.
Bibl.: Chronicon abbatiae Altaecymbae, 1123-1421 (specie di obituario dei principî sabaudi, scritto da monaci dell'Abbazia), ed. da D. Promis, in Monumenta historiae patriae, Scriptores, I, col. 671; L. Cibrario, Storia e descrizione della R. Badia di Altacomba, Torino 1843-44; C. Blanchard, Histoire de l'Abbaye de Hautecombe, in Mémoires et documents de la Société savoienne d'histoire et d'archéologie, 1867, XI; id., Histoire de l'abbaye d'Hautecombe, in Mémoires de l'Académie de Savoie, 1975; G. Pérouse, Hautecombe, Abbaye Royale, Chambéry 1926. Per la parte artistica, v. specialmente: Cot, Notice sur l'Abbaye d'Hautecombe, Chambéry 1836; Jacquemond, Description historique de l'Abbaye royale d'Hautecombe et de ses mausolées, ecc., Chambéry 1843.