re (rege)
Parola di uso frequente nel Convivio e nella Commedia (nessuna occorrenza invece nella Vita Nuova e nelle Rime). Al plurale è adoperata sempre la forma ‛ regi ' (salvo davanti a nome proprio, come nell'unico caso di Cv IV V 11 li re Tarquinii). Unito con funzione appositiva al nome proprio, il termine è talvolta posposto: Cv IV XXVII 17 Cefalo d'Atene venne a Eaco re; If IV 58 Abraàm patrïarca e Davìd re; cfr. anche Cv IV VI 20, XXV 8 e 10, XXVI 13; ma If IV 125 vidi 'l re Latino; XXII 52 fui famiglia del buon re Tebaldo.
Nel significato primo di " sovrano " di uno stato: Cv III XI 3 Numa Pompilio, secondo re de li Romani; IV XXV 10 Polinice fu domandato da Adrasto rege; If XIV 68 Quei fu l'un d'i sette regi / ch'assiser Tebe; Pg XX 53 quando li regi antichi venner meno; cfr. ancora Cv III XIV 8, IV IV 4, V 11, VI 20, XI 14, XXV 5 (due volte), 6, 8, 10, XXVI 13, XXVII 17 e 20; If IV 125, XIV 96, XIX 87 e 108, XXII 52, XXX 15, Pg VII 115, Pd VI 41, VIII 71 e 147, XIII 95 e 108, XIX 112, XX 65. Vedi anche Fiore CV 4, CVI 6. In If XXVIII 135 il re giovane è Enrico (v.), figlio di Enrico II d'Inghilterra; in Pg VII 130 il re de la semplice vita è Enrico III d'Inghilterra (v.), figlio di Giovanni Senzaterra (di cui il Villani: " Fu semplice uomo e di buona fé e di poco valore "). Con significato più generico il termine ricorre in Cv II XIII 22, IV VI 19 (due volte), XVI 1 (tre volte) e 5 (tre volte). A commento di Pg XVI 95 convenne legge per fren porre; / convenne rege [" scilicet, spiritualem ", chiosa Benvenuto] aver, che discernesse / de la vera cittade almen la torre, Scartazzini-Vandelli richiamano Cv IV IV 6-7 a perfezione de la universale religione de la umana spezie conviene essere uno... che... a li diversi e necessari offici ordinare abbia ... officio di comandare. E questo officio per eccellenza Imperio è chiamato... E... chi a questo officio è posto è chiamato Imperadore; e inoltre Mn I XII, XIII, ecc. Il vocabolo è in accezione particolare anche in Cv IV XXIV 13 se lo re comanda una via e lo servo ne comanda un'altra, non è da obedire lo servo; ché sarebbe disobedire lo re, e così sarebbe transgressione: cfr. Tomm. Sum. theol. II II 104 5c " si quid... proconsul iubeat, et aliud imperator, numquid dubitatur, illo contempto, illi esse serviendum? ... Alio modo, non tenetur inferior suo superiori oboedire... ", citato da Busnelli-Vandelli.
Con riferimento alla dignità o ai compiti imposti dalla carica regale: Pg X 66 più e men che re era in quel caso, detto di David danzante con la veste alzata davanti all'arca santa (per cui cfr. 11 Reg. 6); dove i commentatori antichi e molti dei moderni spiegano il men con la sconvenienza per un re di mostrarsi in quegli atteggiamenti, e il più col fatto che David indossava nell'occasione la veste sacerdotale. Ma il Cesari, seguito da alcuni moderni (Del Lungo, Porena, Sapegno, Mattalia), intende diversamente: " L'atto del saltare parea sconvenire alla persona del re; ma la umiltà e religione di lui che appariva nel suo aspetto di sottomettersi in quell'atto vile al sommo Re dei re, il levava sopra il suo essere di sovrano degli uomini ". Interpretazione a cui sembra accedere anche l'Auerbach nella sua considerazione figurale dell'episodio: " L'umiliazione alla quale il gran re ed eroe si sottomise volontariamente offrì un'occasione opportuna allo sviluppo dell'antitesi cristiana umiltà-sublimità, fondamentale per la redenzione attraverso l'incarnazione di Cristo " (Studi su D., Milano 1963, 247). In Pd XIII 96 el fu re, che chiese senno / acciò che re sufficiente fosse, D. allude alla preghiera che Salomone rivolse a Dio per ricevere senno in misura sufficïente ad adempiere il suo ufficio di re (cfr. III Reg. 3, 5-12).
Con uso metaforico il termine ricorre più volte in perifrasi che designano Dio: Cv IV V 5 il celestiale rege; If V 91 il re de l'universo; Pg XIX 63 lo rege etterno; XXI 83 il sommo rege; anche senza attributi, in connessione con l'immagine del regno celeste: Pd III 84 come noi sem di soglia in soglia / per questo regno, a tutto il regno piace / com'a lo re che 'n suo voler ne 'nvoglia; XXXII 61 Lo rege per cui questo regno pausa. In alcuni di questi contesti la metafora, di origine scritturale, tende ad arricchirsi di una connotazione gerarchico-feudale: in questo senso essa trapassa nell'altra, altrettanto ricorrente in D., di Dio ‛ imperatore ' (v.).
Per opposizione analogica la metafora può essere riferita anche a Lucifero, nella citazione adattata dell'incipit di un famoso inno latino di Venanzio Fortunato: If XXXIV 1 Vexilla regis prodeunt inferni (così come, nel seguito del canto, il medesimo Lucifero sarà designato col titolo di 'mperador del doloroso regno, v. 28).
Per indicare genericamente una persona che primeggia in qualche campo, anche con valore ironico, la parola è usata due volte nel Fiore, in passi semanticamente molto affini: LXXXVII 6 re de' barattier tu... sarai; CXXVII 4 tu se' re della baratteria.
Nel senso estensivo di personaggio importante, autorevole: If VIII 49 Quanti si tegnon or là sù gran regi.
In Cv IV XXVII 6 l'espressione li Regi designa i libri biblici dei Re.