PARTHI, Re dei
Il regno arsacide fu fondato da Arsace I (247-217 a. C.), che nel 247 a. C. si insediò in Astauene. Fu solamente nel 239, dopo la sconfitta di Seleuco Il ad Ancyra, che Arsace attaccò il ribelle satrapo seleucide Andragora, conquistando la Parthia propriamente detta e, poco dopo, l'Hyrcania.
Arsace stesso ed i suoi successori Artabano I (217-191 a. C.) e Phryapites (191-176 a. C.) riuscirono a conservare intatto il loro stato malgrado le sconfitte subite ad opera di Seleuco Il (nel 232-31 a. C.) ed Antioco III (nel 209 a. C.), riconoscendo al massimo in modo puramente formale la supremazia seleucide. Fraate I (176-171 a. C.) iniziò una nuova fase di espansione conquistando alcuni distretti ai confini della Media.
Toccò a Mitridate I (171-137 a. C.), fratello e successore di Fraate, di creare il grande impero parthico: egli sottrasse alla Battriana le satrapie di Aria, Margiana e Traxiana (nel 157 a. C.), conquistò la Media (nel 150 a. C.), la Babilonia, la Mesopotamia e l'Assiria (nel 141 a. C.). La controffensiva seleucide finì disastrosamente con la cattura di Demetrio II(139 a. C.) (v. figg. 1177 e 1178).
Fraatè (137-128 a. C.) conquistò Susa (circa 130 a. C.) e nel 128 sconfisse, dopo alcuni gravi insuccessi iniziali, Antioco VII, che aveva compiuto un estremo tentativo per riconquistare le province seleucidi perdute. Pochi mesi dopo la sconfitta e la morte di Antioco, Fraate affrontava una grande invasione Shaka nelle province orientali del regno, ma veniva sconfitto ed ucciso in battaglia.
A Fraate succedette suo zio Artabano Il (128-27-123 a. C.); egli ebbe a fronteggiare una situazione disastrosa: le satrapie ad oriente della Parthia erano in mano degli Shaka, un certo Tigreo aveva occupato Susa, mentre Imero, satrapo della Babilonia si era ribellato ed aveva iniziato una guerra con Ispaosine di Characene in cui fu totalmente sconfitto, così che l'intera satrapia cadde in mano ai Characeni. Artabano recuperò nel 124 a. C. la Babilonia e subito dopo Susa, ma morì all'inizio di una campagna offensiva contro i Tochari. Ad Artabano successe il figlio Mitridate Il (123-88 a. C.), che ristabilì pienamente il dominio parthico in occidente riducendo Ispaosine a riconoscersi vassallo degli Arsacidi, annettendosi cospicui distretti dell'Armenia, mentre l'Atropatene e la Perside riconoscevano definitivamente l'alta sovranità parthica ed i movimenti degli Shaka erano definitivamente bloccati da ripetute vittorie.
Gli ultimi anni di Mitridate Il furono, tuttavia, turbati da lotte intestine che si prolungarono per circa un decennio, corrispondente ai regni di Gotarze I (90-87 a. C.) ed Orode I (89?-77 a. C.). A quest'ultimo re, tuttavia, si deve la riconquista delle satrapie orientali perdute al tempo di Fraate II. Dei disordini approfittò l'Armenia per riprendere i terfltorî perduti. Le guerre civili non ebbero termine se non con la definitiva vittoria di Sinatruce (80-70 a. C.) su Orode I nel 77 a. C.
Sotto Sinatruce e sotto suo figlio Fraate III (70-57 a. C.) l'impero parthico godé della pace interna, ed un'accorta azione diplomatica gli consentì, con alcune brevi e limitate campagne, di inserirsi con notevole vantaggio nella lotta di Roma contro Mitridate VI del Ponto e Tigrane I d'Armenia.
Fraate III morì assassinato dai figli Orode II (57-37 a. C.) e Mitridate III (56 a. C.), che non tardarono a contendersi il trono. Vinto ed ucciso Mitridate, Orode affrontò l'invasione romana guidata da Crasso. La grande vittoria di Carrhae (53 a. C.) fu la prima vittoria delle armi parti che contro i Romani, ed il ventennio che la seguì segna l'apogeo della potenza arsacide: eserciti parthici invasero ripetutamente le province romane dell'oriente ed in taluni momenti occuparono la Palestina, quasi tutta la Siria e penetrarono profondamente in Asia Minore. Orode intervenne politicamente nelle guerre civili romane, e Pacoro I (53?-38 a. C.), suo figlio ed associato, guerreggiò con successo al fianco di T. Labieno, già luogotenente di Cesare. Una ribellione della Sakastene ad opera di Vonone (circa 53-43 a. C.) che si era proclamato indipendente, fu domata e la supremazia di Orode fu riconosciuta fino in Arachosia e forse in qualche distretto della valle dell'Indo. Tuttavia nel 38 a. C. Ventidio sconfiggeva Pacoro, che cadde sul campo (battaglia di Gindaro) ed Orode, ormai vecchio e malato, non tardava a cader vittima del figlio Fraate IV (37-2 a. C.).
Fraate ebbe subito ad affrontare l'invasione di Antonio, ma una sagace condotta strategica e politica ebbe ragione dei Romani, che furono costretti ad una disastrosa ritirata. Tuttavia non tardavano a scoppiare disordini nell'impero parthico, culminanti nella rivolta di Tiridate I (35-25 a. C.). Solo dopo dieci anni di lotta Fraate riuscì a disfarsi del rivale, ma la tranquillità non fu di lunga durata: verso il 10 a. C. un altro rivale, Mitridate IV gli contendeva il trono. Infine nel 2 a. C. Fraate cadeva vittima della moglie Musa e del figlio Fraate V (Fraatace). Fraate V (2 a. C.-6-7 d. C.) e Musa ebbero un regno breve e pacifico. Una pericolosa crisi con Roma fu superata senza guerra, ma Fraate V e Musa (che era divenuta sua moglie) divennero presto impopolari e furono scacciati.
La nobiltà parthica conferì la corona ad Orode III (7-8 d. C.), che fu assassinato dopo un effimero regno. I Parthi chiesero allora a Roma che uno dei figli di Fraate IV che vi si trovavano fosse inviato a cingere la corona, e venne inviato Vonone I (9-12 d. C.). Questi, peraltro, ebbe ben presto a lottare contro Artabano III (10-39 d. C.) che riuscì infine vincitore.
Il regno di Artabano scorse per alcuni anni pacificamente, finché, nel 35 d. C., entrò in conflitto con Roma per la successione al trono armeno. Roma reagì provocando disordini in Parthia, in seguito ai quali Tiridate II (36 d. C.), nipote di Fraate IV, e Cinnamo (38 d. C.) occuparono per breve tempo il trono, mentre Artabano era costretto all'esilio. Inoltre la città di Seleucia sul Tigri si proclamò indipendente e tale si mantenne per sette anni (35-42 d. C.).
Essendo i figli di Artabano premorti al padre, nel 39 la corona passò a Vardane I (39-45 d. C.) e Gotarze Il (39-51 d. C.), figli di Geu, dinastia d'Ircania. La guerra civile fra i due non cessò che con la morte di Vardane. Tuttavia il regno di Gotarze fu ancora turbato da lotte civili: un ignoto pretendente esisteva nel 46-47 - 47-48 d. C. e Meherdate, figlio di Vonone I, invase la Parthia nel 49 d. C., ma fu sconfitto dopo pochi mesi.
Infine nel 51 d. C. si ribellava Vologese I (51-80 d. C.) che, dopo alcuni mesi di lotta con alterne vicende, riusciva vincitore su Gotarze. Morto questi i suoi sostenitori nominarono re Vonone II (52 d. C.) che, peraltro, scomparve entro breve tempo. Vologese diede allora la Media al fratello Pacoro e l'Armenia al fratello Tiridate, gesto questo ultimo che provocò un conflitto con Roma. Peraltro Vologese non poté, per alcuni anni, sostenere validamente Tiridate, sia a causa di disordini in Adiabene ed in Parthia (52 d. C.), sia della rivolta del figlio Vardane II (56-59 - 6o d. C.) e di una insurrezione in Ircania (59 d. C.). La guerra con Roma fu condotta in gran parte da Tiridate e terminò con un compromesso nel 66 d. C.
Nel 78 d. C. si ribellò contro Vologese Pacoro II (78-116 d. C.) e da questo momento la Parthia fu straziata per quasi sessant'anni da una serie ininterrotta di guerre civili, in cui si contesero il trono Pacoro 11(78-116 d. C.), Osroe (106-129 d. C.), Artabano IV (8o-81 d. C.), Vologese II (106-148 d. C.), Parthamaspate (116 d. C.) Mitridate V (circa 130-147 d. C.). Così sconvolta la Parthia non poté opporre una resistenza organizzata a Traiano quando questi la invase fra il 114 ed il 116 d. C. Tuttavia i Romani non poterono occupare stabilmente le nuove province create da Traiano, e Adriano le abbandonò definitivamente nel 117 d. C.
Finalmente nel 147 prese la corona Vologese III (147-192 d. C.) che non tardò a pacificare l'impero. La pace interna permise a Vologese di rafforzarsi rapidamente così da poter rischiare una guerra con Roma. Iniziatasi la guerra nel 161 d. C. con notevoli successi parthici, la reazione romana non tardò ad avere pieno successo e nel 165 d. C. la capitale parthica, Ctesifonte, era conquistata. Tuttavia un'epidemia costrinse l'esercito romano a ritirarsi. Le ostilità cessarono nel 168 d. C. con la definitiva perdita per gli Arsacidi di cospicui territori di confine.
Nel 191 si ribellò contro Vologese III un suo omonimo: Vologese IV (191-208 d. C.), che nel 192 riuscì ad eliminare Vologese III. Anche Vologese IV non tardò ad entrare in conflitto con Roma, e Settimio Severo diede inizio alle operazioni nel 195 d. C. L'assenza dell'imperatore nel 196 permise ai Parthi di ottenere rilevanti successi, ma il ritorno di Settimio Severo rovesciava la situazione e nel 198 la capitale parthica, Ctesifonte, era nuovamente saccheggiata. Peraltro anche questa guerra non diede risultati permanenti.
A Vologese IV succedette pacificamente il figlio Vologese V (208 - 228-29), contro cui nel 213 d. C. si ribellò il fratello Artabano V (213-227 d. C.); Vologese fu ben presto ridotto al possesso, precario anch'esso, della sola Babilonia, e fu Artabano che affrontò una nuova guerra con Roma. Caracalla conseguì notevoli successi nel 216, ma l'anno seguente Artabano prese l'offensiva ed il nuovo imperatore Macrino fu sconfitto a Nisibis nel 218 e dovette acquistare la pace con l'oro.
Fu l'ultima vittoria delle armi arsacidi: nel 220 Ardashir, il fondatore della dinastia sassanide, prendeva le armi contro Artabano e contro Vologese V. Nel 223 egli occupava la Babilonia e nel 227 Artabano era vinto ed ucciso. Ancora l'anno seguente Artavasde, probabilmente figlio di Artabano V, continuava a resistere in Parthia, mentre Vologese V rioccupava temporaneamente la Babilonia, ma verso il 229-30 la resistenza parthica fu definitivamente stroncata e la dinastia arsacide aveva termine.
Bibl.: R. H. McDowell, Coins from Seleucia on the Tigris, Ann Arbor 1935; N. C. Debevoise, A Political History of Parthia, Chicago 1938; B. Simonetta, Vologese V, Artabano V e Artavasde, una revisione di fatti e di ipotesi, in Numismatica, XIX-XX, 1954, pp. 1-4; J. Wolski, The Decay of the Iranian Empire of the Seleucids and the Chronology of the Parthian Beginnings, in Berytus, XII, 1957, pp. 35-42; B. Simonetta, Note di numismatica partica. Vonone II, Vologese I e Vardane II, in Rivista Italiana di Numismatica, LX, 1958, pp. 3-10; A. M. Simonetta, A New Essay on the Indo-Greeks, the Sakas and the Pahlaves, in East and West, IX, 1958, pp. 154-83.
(A. M. Simonetta)
Iconografia. - L'iconografia dei sovrani parthici è nota, in sostanza, soltanto dalle loro monete. Non è tuttavia possibile, allo stato attuale degli studî, determinare con precisione lo svolgimento iconografico e stilistico di tale monetazione, principalmente per due motivi: per l'incertezza che tuttora regna circa l'attribuzione delle monete (che di regola non presentano il nome del re che le ha emesse) ai varî sovrani e per l'adozione di uno stesso tipo iconografico che si ripete, con alcune varianti più o meno di rilievo, per tutta la dinastia arsacide.
La figura del sovrano appare sulle monete limitata alla testa, che in generale si presenta volta a sinistra; solo nel periodo di Mitridate I e sui tetradacmi anteriori a Mitridate Il essa appare volta a destra. Su alcune monete, attribuite ad Artabano III, Vonone Il e Vologese IV, l'immagine del sovrano appare di fronte e comprende anche il busto. Il viso appare quasi sempre munito di barba, più o meno lunga e di foggia variabile; visi imberbi si riscontrano sulle monete più antiche, di più evidente impronta ellenistica, e in alcune altre attribuite a Pacoro I e a Pacoro Il. Assai vario si presenta anche il copricapo: mentre il diadema ellenistico a benda viene mantenuto per tutta la durata della dinastia, Mitridate Il instaura l'elmo alto decorato con file di gemme, che in varie dimensioni e con varî motivi decorativi si generalizza specialmente a partire dalla metà del I sec. d. C.
Bibl.: W. Wroth, Catal. Greek Coins Brit. Mus., Parthia, Londra 1903; J. de Morgan-K. J. Basmadjan, Manuel de numismatique orientale, I, Parigi 1923-36, pp. 152-71; G.-R. Kian, Introduction à l'histoire de la monnaie et histoire monétaire de la Perse, Parigi 1934, pp. 175-228; E. T. Newell, The Coinage of the Parthians, in Survey of Persian Art, Londra 1938, pp. 475-92.
(Red.)