RATIFICA (lat. ratihabitio; fr. ratification; sp. ratificaćión; ted. Genehmigung; ingl. ratification)
Diritto privato. - Diritto romano. - Si comprendono con questa designazione varî istituti e cioè: A) la conferma di un nostro negozio invalido (annullabile e anche, secondo l'opinione prevalente, nel diritto giustinianeo, radicalmente nullo; B) l'approvazione di un negozio altrui e, precisamente: a) l'approvazione dell'atto che riguardi la nostra sfera giuridica, compiuto da chi non era autorizzato. Se si tratta di atti che, compiuti da un rappresentante autorizzato, esplicano i loro effetti direttamente per i terzi e il rappresentato, la ratifica successiva darà loro quest'efficacia; se no, essa produrrà tra il ratificante e colui che ha agito effetti simili a quelli d'un mandato. Quindi, nell'ipotesi di negotiorum gestio, il ratificante sarà tenuto a risarcire il gestore e a liberarlo dalle obbligazioni assunte, così come se il negozio fusse stato intrapreso utiliter. Nel diritto romano classico ciò avveniva mediante l'actio negotiorum gestorum (contraria), nel diritto giustinianeo anche con l'actio mandati contraria; β) l'approvazione di un negozio compiuto da una persona con limitata capacità di agire. Tale è la funzione del consenso che il paterfamilias dà al mutuo già contratto dal filius e del consenso del curatore all'alienazione compiuta dal minore.
Diritto moderno. - Anche nel linguaggio giuridico moderno il termine "ratifica" è usato promiscuamente per più istituti. Di solito indica: A) l'approvazione, per cui il rapporto di rappresentanza è costituito dopo che è avvenuto il fatto cui esso si riferisce. Ha luogo quando qualcuno (il gestore) senza averne avuto incarico, conclude negozî giuridici per conto e in nome di un altro e questi approvi l'operato. La ratifica, espressa o tacita (cod. civ., art. 1752), dev'essere fatta dal rappresentato o dai suoi eredi in confronto del terzo che abbia contrattato col gestore. In conseguenza della ratifica il negozio compiuto dal gestore diventa efficace per il ratificante così come se fosse stato eseguito dietro suo incarico; B) la conferma del negozio relativamente annullabile (ad es., perché affetto da violenza): conferma che equivale a rinuncia del diritto di annullamento. Può, perciò, essere fatta soltanto da chi ha questo diritto. D'altra parte, può essere espressa o tacita. Tanto l'una quanto l'altra non deve essere affetta dal vizio che rendeva annullabile il negozio da confermare e dev' essere fatta con la coscienza di quel vizio. Quella espressa deve contenere la parte sostanziale del negozio annullabile, il motivo che rende questo vizioso e la dichiarazione che s' intende di correggere il vizio. Per la conferma tacita basta che il negozio venga in tutto o nella maggior parte eseguito volontariamente e tempestivamente. La conferma, sia tacita sia espressa, fa che il negozio si consideri come se non avesse avuto mai vizio alcuno: cod. civ., art. 1309; C) il consenso, che perfeziona l'atto incompleto perché posto in essere da un incapace non autorizzato. Siffatta approvazione, che abbisogna delle forme necessarie all'atto di autorizzazione preventiva, elimina ogni diritto d'impugnativa.
Gli atti, cui si dà il nome di ratifica, pur non essendo riducibili a una figura unica, presentano tuttavia un carattere comune, e cioè che in ogni caso la ratifica opera retroattivamente; in altri termini, salvi i diritti acquistati da terzi, gli effetti giuridici del negozio ratificato hanno inizio non dalla data della ratifica ma dal momento iniziale in cui quello fu concluso. Ciò era pure nel diritto romano.
Bibl.: Polignani, La dottrina della ratihabitio, Napoli 1869; C. Bertolini, La ratifica degli atti giuridici, Roma 1889; G. Pacchioni, La gestione degli affari altrui, Milano 1893; L. Barassi, La ratifica del contratto annullabile, ivi 1898; B. Windscheid e T. Kipp, Lehrbuch des Pandektenrechts, 9ª ed., Francoforte sul M. 1906; C. Ferrini, Man. di Pandette, 3ª ed., Milano 1908, pp. 159 e 205; G. Bortolucci, Ratihabitio mandato comparatur, Modena 1916; E. Finzi, Studi sulle nullità del negozio giur., I: L'art 1311 del cod. civ., Bologna 1920.
Diritto pubblico. - Sotto questo nome vengono spesso confusi istituti di contenuto ed effetti diversi: conferma, ratifica vera e propria, approvazione. Nel suo significato tecnico essa incontra rarissime applicazioni nel diritto pubblico, dove l'ordinamento delle competenze è stabilito in modo tassativo e rigoroso. Sembra escluso, in linea di massima, che la ratifica dell'ente pubblico possa avere per oggetto atti compiuti da un privato; e, quanto agli atti di un altro organo, è per lo meno necessario:1. che fra i due esista la possibilità di un trasferimento dell'esercizio della competenza (delegazione), o che questo sia permesso sotto l'osservanza di determinate condizioni (urgenza: v., p. es., l'art. 134 testo unico della legge com. e prov. 3 marzo 1934, n. 383); 2. che fra l'organo che ratifica e l'organo che emana gli atti soggetti a ratifica sia precostituito un rapporto tale da render possibile il riferimento degli atti da ratificare alla cerchia del primo (rappresentanza: organi primarî e secondarî), altrimenti la ratifica assume piuttosto i caratteri e gli effetti di un atto di controllo. Praticamente, quando l'organo secondario ha una competenza vicaria (sottosegretarî di stato, viceprefetti, vicepodestà), non riesce agevole distinguere, e non si distingue, se l'atto costituisce esercizio di questa competenza ovvero esercizio di una supposta delegazione, onde, venendo meno la possibilità di un controllo, viene meno automaticamente la necessità di ogni ratifica.
L'istituto qui descritto non trova alcuna applicazione per gli atti di natura formalmente legislativa derivanti dal potere esecutivo: non per i decreti-legge, la cui conversione è soprattutto un atto di controllo politico riservato al parlamento; non per i decreti legislativi, rispetto ai quali lo sconfinamento dalle facoltà contenute nella legge di delegazione o non ha alcuna sanzione giuridica, se si neghi il controllo giurisdizionale, o, nel caso opposto, determina la loro invalidità più che uno stato di pendenza. Comunque, un eventuale intervento del potere legislativo non risulta destinato a scopi di ratifica.
Di ratifica si può parlare anche per gli atti di diritto pubblico compiuti da un cittadino in nome e per conto di un altro, senza o all'infuori dei limiti della procura (es.: richiesta di una concessione o di un'autorizzazione): il rapporto così istituito fra amministrazione e privato rimane pendente finché non intervenga la ratifica del rappresentato.
La ratifica è soggetta alle stesse condizioni di validità e di efficacia di ogni atto giuridico, né sono prescritte per essa forme particolari.
Bibl.: Mancano trattazioni monografiche e non sempre è possibile rinvenire congrui accenni nei trattati e manuali. Cfr. S. Trentin, L'atto amministrativo, Roma 1915, p. 333 segg.; A. De Valles, La validità degli atti amministrativi, ivi 1916, p. 457 segg.; e per gli atti del privato, G. Miele, La manifestazione di volontà del privato nel diritto amministrativo, ivi 1931, cap. 4° e 5°.