Vedi RATIARIA dell'anno: 1965 - 1996
RATIARIA (v. vol. VI, p. 608)
Colonia romana della Moesia Superior, oggi meglio nota grazie a scavi sistematici condotti a partire dal 1975. È situata su un terrazzo fluviale compreso fra i corsi del Danubio a Ν e quello di un suo piccolo affluente di destra che delimita il pianoro a mezzogiorno e che recava probabilmente lo stesso nome della città; si tratta proprio del punto in cui il Danubio, dopo un tratto tormentato e tortuoso, riprende, al termine di una grande ansa, il corso diretto verso oriente. Il territorio, appartenente a tribù mesiche, era entrato in possesso romano nel 30-29 a.C., quando, a opera di M. Licinio Crasso, erano state conquistate le regioni fra il regno di Tracia, allora indipendente, ma nell'orbita romana, e il Danubio, a Ν del quale stavano prendendo forza le tribù daciche. Non si conosce che tipo di dominio Roma abbia imposto alle popolazioni vinte nei decenni successivi; il più antico funzionario di cui si ha testimonianza per la regione è un praefectus civitatum Moesiae et Treballiae, ricordato in un'iscrizione datata oltre la metà del I sec. d.C., quasi un secolo dopo la spedizione di Crasso.
Vi sono buoni motivi per ritenere che un centro abitato di qualche consistenza abbia preceduto la fondazione della colonia di R.: i reperti risalenti al I sec. d.C. non sono abbondanti, ma è da tener presente che qui sorgeva, secondo l'ipotesi del Syme, il campo militare della Legio IV Flavia.
Quando nell'86 d.C. Domiziano divise in due Provincie la regione mesica, il territorio raziariense costituì l'estremo lembo orientale della Moesia Superior. La fondazione della colonia, con il nome di Ulpia Traiana Ratiaria, viene fissata generalmente fra la prima e la seconda spedizione dacica di Traiano, cioè fra il 102 e il 107 d.C.; la città, il cui nome ufficiale appare per la prima volta in un'iscrizione del 125 d.C., venne ascritta alla tribus Papiria. La fondazione rientra in un programma di organizzazione territoriale; infatti quasi contemporaneamente, lungo la sponda meridionale del Danubio, una sessantina di miglia a valle, fu fondata Oescus (v.), la colonia più occidentale della Moesia Inferior, e si crearono collegamenti viari con le valli interne che portavano all'Egeo e all'Adriatico, per assicurare una base operativa a S del fiume in luoghi prossimi ai passaggi più facili.
La città, cinta di mura e protetta dalla sua posizione relativamente alta sui corsi d'acqua, sembra aver conosciuto, nel corso del II e nella prima metà del III sec., un costante benessere, al quale contribuirono la tranquillità della regione che aveva cessato di appartenere a un'area di confine (benché rimanesse presente nella città un contingente della Legio VII Claudia, nella quale militarono anche molti cittadini di R.), l'apertura di nuovi mercati oltre il Danubio, e soprattutto la presenza nella città di industrie metallurgiche e laterizie e di un attivo porto fluviale. Delle istituzioni della colonia poco si conosce: sono noti alcuni decurioni, attestati anche a Timacus Minus, città sulla via da R. a Naissus.
Intorno alla metà del III sec. i territori del corso inferiore del Danubio vengono investiti dalle prime ondate gotiche. I danni subiti in quell'occasione non dovettero essere rilevanti, ma certo furono abbandonate aree abitative esterne alla cerchia muraria, come i quartieri del settore danubiano e le ville suburbane. Dopo circa venti anni molti profughi si riversarono dalla Dacia, evacuata dagli eserciti e dalla maggior parte dei cittadini romani, a S del Danubio, soprattutto nel settore di R., dove il passaggio era protetto dal castellum di Deva. Nel giro di poco tempo la colonia, divenuta popolosa oltre che ricca, venne scelta come capitale della nuova provincia Dacia Ripensis.
Protetta dalla Legio XIII Gemina, trasferita qui da Apulum, R. tornò a essere, come alle origini, città di frontiera, attorniata da numerosi castella dislocati lungo la via che costeggiava il fiume, presidiati da distaccamenti della legione; le vie interne erano controllate da coorti ausiliarie e dai corpi di cavalleria. Il potenziale economico e produttivo della città non sembra essere stato fiaccato dalle numerose scorrerie di barbari, almeno fino alla sconfitta di Adrianopoli nel 378 d.C.; da allora i rapporti con la parte occidentale dell'impero si allentarono e il territorio raziariense fece capo a Costantinopoli, alla quale restò legato sino alla fine della città.
Nella seconda metà del IV sec., dal 346 al 381, emerge nella vita culturale della colonia la figura del vescovo Palladio, uno dei maggiori esponenti dell'arianesimo, che per trentacinque anni fu presente nella città danubiana. Fra i sacerdoti di R. si conosce anche un presbitero che visse forse nel V sec. d.C., Paulus, del quale è conservata l'iscrizione funeraria: questa, insieme a quella posta sulla porta occidentale della città (Anastasiana Ratiaria semper floreat), è uno degli ultimi documenti di R., che poi cadde definitivamente sotto le invasioni degli Avari (586 d.C.), dopo aver avuto ancora una volta ricostruite le mura all'epoca di Giustiniano.
Reperti provenienti dalla città romana erano noti da tempo. Luigi Ferdinando Marsili, notabile bolognese e ufficiale dell'esercito imperiale austriaco, rilevò alcuni sarcofagi conservati nel XVII sec. presso la fortezza turca di Vidin (antica Bononia, c.a. 16 miglia a O di R. stessa). Dalla fine del secolo scorso, quando la Bulgaria si rese indipendente dall'Impero Ottomano, si è iniziata la raccolta di numerosi materiali, molti dei quali provenienti dal suolo della città, dapprima presso il Museo Nazionale Archeologico di Sofia, poi, dall'ultimo dopoguerra, nel Museo Storico di Vidin. Scavi sistematici sono stati intrapresi nel 1975 a opera dell'Accademia delle Scienze Bulgara e del Museo di Vidin; dal 1978 conduce ricerche a R. anche un gruppo di studiosi del Dipartimento di Storia Antica dell'Università di Bologna.
Gli scavi hanno portato in luce un tratto delle mura occidentali compreso fra la porta e l'angolo SO. La cinta muraria presenta una duplice cortina: la più interna, appartenente forse all'impianto originario della colonia traianea, è in blocchi parallelepipedi di pietra, con torri a pianta quadrata, mentre quella esterna, costruita a ridosso della precedente, di epoca tarda, è in opera a sacco di mattoni; con grandi torri sporgenti. All'interno delle mura sono edifici modesti, apparentemente costruiti a ridosso della cinta muraria più antica. Il montante Ν della porta sembra coincidere con l'ingresso dell'acquedotto. Al centro dell'impianto urbanistico sono un grande edificio con pavimento musivo policromo, del quale restano pochi lacerti, e un tratto di via lastricata. Presso il limite settentrionale della città la missione italiana ha portato in luce un'abitazione con strutture modeste, che però ha restituito monete bronzee, strumenti medici, lucerne e, al di sotto di essa, materiali di crollo incendiati (una situazione, peraltro, che si riscontra frequentemente nei varî strati archeologici), un tesoro di gioielli d'oro, di elegante fattura, risalenti presumibilmente alla fine del IV sec. d.C.
All'esterno della cinta urbana la missione italiana ha condotto saggi di scavo lungo un tratto di una via occidentale, nonché nell'acquedotto (il quale presenta una doppia conduttura, a speco e in tubuli fittili, con percorsi indipendenti e paralleli) e infine in una zona prospiciente l'antico corso del Danubio. In questo punto si è trovata una stratigrafia complessa e interessante: una villa, con un mosaico policromo di età severiana, di buona fattura, tagliata da tombe a camera con volte a botte, tutte violate e prive di corredi, sulla quale si trova una chiesa a tre absidi, ascrivibile alla fine del IV secolo. Le campagne di scavo continuano; è già stata programmata l'esplorazione di una vasta area dove doveva presumibilmente trovarsi il centro della città.
Oltre la necropoli scoperta a settentrione, ne è stata individuata una nella zona occidentale con tombe a camera e sarcofagi. Non si conosce l'esatto luogo di rinvenimento, nell'ambito dell'antica città, di un cospicuo nucleo di monumenti funerari, ora nel Museo di Sofia.
I materiali provenienti dagli scavi di R. sono conservati presso il Museo Storico di Vidin e presso la casa della missione archeologica, che sorge su un lembo del pianoro, non lontano dagli scavi stessi e dal paese di Arcar.
Fra gli oggetti conservati presso il Museo di Vidin debbono essere segnalati alcuni pezzi scultorei di particolare interesse, tra i quali una testa turrita, un ritratto bronzeo di Traiano, alcuni ritratti di privati, rilievi votivi, sarcofagi decorati: di recente è stata trafugata dal museo la statua di Eracle seduto, ispirata a un originale lisippeo. Proviene dalla città anche una statua conservata nel Museo di Sofia.
Nello stesso museo sono inoltre visibili ceramiche, strumenti, suppellettili, monete e gioielli.
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