PALLAVICINO, Ranuccio
PALLAVICINO (Pallavicini), Ranuccio. – Nacque il 17 ottobre 1632 a Polesine da Uberto marchese di Polesine e da Ersilia Lupi dei marchesi di Soragna. I Pallavicino o Pallavicini del ramo del Polesine parmense erano discendenti di uno dei figli di Rolando il Magnifico, Giovan Manfredo (morto nel 1486), a cui fu assegnato il castello di Costamezzana e il feudo di Polesine. Dai suoi figli Gianottaviano e Uguccione derivarono due linee di discendenza: la prima si estinse nel 1699, la seconda, da cui discendeva Ranuccio, si estinse nel 1731 quando morì Vito Modesto, suo cugino, senza eredi maschi.
Educato «sotto la disciplina di buoni maestri» (Biacca, 1720, p. 62), Ranuccio studiò le arti liberali presso il collegio dei nobili di Parma, proseguendo poi gli studi in filosofia e teologia. Manifestò un precoce interesse per le lettere e una certa inclinazione per la poesia «si latina, che volgare» (ibid., p. 64) anche se, come egli stesso ammise, «per costume» della sua «inconsiderata natura» (La Scalza, 1661, p. 4), fu sempre restio a dar alle stampe le sue composizioni, di cui rimane scarsa traccia per il periodo giovanile.
La prima opera conosciuta è lo scenario della tragedia Zenone, soggetto tipico del teatro gesuitico seicentesco, rappresentata durante il carnevale del 1651 presso il collegio dei nobili di Parma. Nove anni dopo uscì l’Intreccio di gigli, e perle, una raccolta poetica dedicata al duca Ranuccio Farnese e composta da sei odi, tre idilli e due canzonette, seguita nel 1661 da un’opera agiografica dallo stile «gonfio e romanzesco» (Affò, 1797, p. 306) sulla vita di Teresa d’Avila, dedicata alla sorella del duca, Caterina Farnese, che si apprestava a prendere il velo come carmelitana scalza con il nome di Suor Teresa dell’Incarnazione.
Nel 1666 Pallavicino fu inviato dal duca presso la corte di Monaco dove fu accolto da Enrichetta Adelaide di Savoia, cognata del duca, e dal principe elettore Ferdinando Maria Wittelsbach, dal quale fu nominato consigliere il 29 agosto 1667 con valore retroattivo al primo gennaio di quell’anno e per un compenso annuo di 900 fiorini che gli furono versati fino al giugno 1689.
È al periodo bavarese che risalgono le principali pubblicazioni di Pallavicino, tra cui il Ritratto di gran Principessa, una raccolta di odi consacrate a Enrichetta Adelaide, celebrata come «eccellente nella poesia, cosmografia, musica vocale e istrumentale, e istrutta di cinque lingue» (Affò, 1797, p. 307), l’Atalanta, un’«azzione drammatica» in atti dedicata all’elettrice, e i Trionfi dell’Architettura, una descrizione particolareggiata della reggia di Monaco equiparata da Pallavicino, con chiaro intento encomiastico, alla Domus Aurea e al palazzo di Ciro a Ecbatana. Ranuccio aveva seguito da vicino i lavori di restauro della reggia, suggerendo il piano iconografico dei cicli pittorici previsti per l’appartamento della principessa che dovevano raffigurare allegoricamente glorie e virtù dei Wittelsbach che furono affidati al pittore emiliano Antonio Triva (1626-1699).
Molto benvoluto dai principi di Baviera, Ranuccio li accompagnò nel loro viaggio in Italia dal 18 aprile al 25 luglio 1667 con tappe a Verona, Padova, Pavia e Venezia, che fu raggiunta navigando sul Brenta. Conseguita a Monaco la laurea in diritto canonico e civile, rientrò a Parma dove nel 1669 divenne membro del collegio di giudici e dove, abbracciato lo stato ecclesiastico, fu eletto canonico della cattedrale con la prebenda di S. Secondo inferiore. Spostatosi a Roma, fu nominato dapprima referendario utriusque signaturae e poi, nel 1672, inviato a Malta come inquisitore. Tornato presso la corte pontificia nel 1676, ottenne la nomina a segretario della congregazione del S. Concilio. L’impegno nella carriera prelatizia non gli impedì di coltivare i suoi interessi poetici e letterari tanto da essere accolto con il nome di Asterio Sireo il 13 maggio 1691 nella sezione romana dell’Arcadia appena costituita.
Della produzione più matura non rimane traccia. Secondo il concittadino e arcade Francesco Maria Biacca, incaricato di compilarne la biografia nel 1720, Pallavicino «tutto dedito a’ maneggi, e nato a’ governi» non aveva avuto «gran tempo da impiegare la penna» (Biacca, 1720, p. 64). Di diversa opinione Giovan Mario Crescimbeni, che lo aveva voluto nell’Accademia e che ricordò di aver avuto «l’onore di ascoltare i suoi componimenti in ambe le lingue» rammaricandosi però di non esser mai riuscito «a condurlo a pubblicarne alcuno» (Crescimbeni, 1714, p. 471).
La carriera politica di Pallavicino culminò nel 1696 con la nomina a governatore di Roma e vice camerlengo, carica che esercitò con fermezza ricordata in una satira di Lodovico Sergardi (noto con lo pseudonimo di Quinto Settano), che non esitò a definirlo «non minus nobilitate generis, quam virtute, prudentia, rerum gerendarum peritia, pietate et integritate preclarus» (Sergardi, 1700, p. 75, n. 91). Il 12 gennaio 1702, con un editto che rifletteva il clima cupo nel quale era piombata la città con lo scoppio della guerra di successione spagnola, Pallavicino vietò per alcuni anni «mascare, comedie, e rappresentazioni sì imparate a mente che all’improvviso, festini, bagordi et ogni altra licenza» (Franchi, 1997, p. 89) non soltanto a carnevale ma durante tutto l’anno. Egli ne curò l’applicazione con tale zelo che, come testimoniò il Valesio, mentre «gli canta in banca di piazza Navona non fanno più burattini né suonano più strumenti» (Valesio, II, 1977, p. 59), i birriarrestavano «molte persone che, nonostante gli bandi, facevano bagordi e ricreazioni» (ibid., III, 1978, p. 23).
Le nuove norme favorirono il proliferare di cantate e oratori, di cui lo stesso Ranuccio oltre che dedicatario (L’inimico riconciliato per S. Giovanni di Dio, oratorio composto nel 1706 da Agostino Vignati e musicato da Quirino Colombani e la cantata La fede in trionfo musicata da Giovanni Pietro Franchi ed eseguita nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva di Roma nel 1709), era anche autore. Sua è una parafrasi completa della Passione articolata in due oratori divisi in due parti: L’oratione dell’orto (seconda parte: Il bacio di Giuda) e La coronatione di spine (seconda parte: La crocifissione) entrambi contenuti in due sillogi manoscritte di origine romana databili intorno agli anni Ottanta e conservate presso la Biblioteca Corsiniana di Roma (Manoscritti 45.G.23, 249-250; 45.F.20, 294-295).
Fautore della politica filofrancese di Innocenzo XII e del suo successore Clemente XI, non appena divenuto governatore, Pallavicino fu al centro di una grave disputa con l’ambasciatore cesareo Giorgio Adamo conte di Martinitz – che lo considerava al pari del «borgomastro della città di Vienna» (Manifesto del Conte, cit. in Visceglia, 2002, p. 160) – circa l’ordine di precedenza durante la processione del Corpus domini, che per tradizione gli spettava e che fu violato da Martinitz quando si collocò insieme ai cardinali dietro al pontefice. Qualche anno dopo, mentre la guerra di successione spagnola divampava in tutta Europa, su ordine di Clemente IX, Pallavicino istruì il processo contro un protetto dell’imperatore Leopoldo I, Cesare Michelangelo d’Avalos, il marchese di Pescara e del Vasto, la cui condanna a morte il 18 marzo 1692, ancorché non eseguita, provocò le proteste del conte di Lamberg, rappresentante imperiale a Roma, e la definitiva rottura dei rapporti diplomatici tra il pontefice e l’imperatore.
Consultore del S. Uffizio e dell’Indice, Pallavicino fu creato cardinale con il titolo di S. Agnese da Clemente XI durante il concistoro del 17 maggio 1706 e poi investito della prepositura già degli umiliati di S. Maria della Ghiara a Verona. Due mesi dopo l’agognata porpora, davanti alle pressioni dell’imperatore Giuseppe I, che pretendeva l’allontanamento di Pallavicino insieme alla revisione del processo contro il marchese del Vasto, fu rimosso dalla carica di governatore e sostituito da Francesco Caffarelli, ritenuto più vicino alla causa imperiale. Vestitosi dell’abito francescano nel 1708 alla presenza del commissario generale dei riformati, Antonio di Monte Buso, nel convento di San Francesco a Ripa, l’anno successivo fece solenne professione.
Morì a Roma il 1° luglio 1712 a palazzo Farnese, dove risiedeva dal 1706. Nel suo testamento aveva disposto che la parte del feudo di Polesine ereditata dagli antenati fosse per intero trasferita al cugino Vito Modesto e che le sue esequie dovessero avvenire nella chiesa di S. Francesco a Ripa dove aveva fatto erigere un altare con le reliquie del santo nella cella in cui questi aveva dimorato. Fu seppellito di fronte all’altare maggiore. Successivamente, per ordine di Clemente XI, i suoi occhi, il suo cuore e la sua lingua furono posti «in sacello olim cubicolo S. Patris [Francisci]» (Pezzana, 1827, p. 843).
Un ritratto di Ranuccio Pallavicino, su disegno di Antonio David inciso da Girolamo de Rossi, figura nella raccolta di Effigies Insignia, Nomina, Cognomina, Dignitates et Patriae Eminemtiss: et Reverendiss. Cardinalium pubblicata a Roma da Domenico de Rossi nel 1706.
Opere: Argomento della Tragedia intitolata il Zenone, da recitarsi nel Collegio de’ Nobili di Parma, Parma 1651; Intreccio di gigli, e perle con la raccolta di varie composizioni intessuto dal marchese R. P. alla fiorita corona de serenissimi sposi Ranuccio Farnese duca di Parma, Piacenza, & Margherita principessa di Savoia, Parma 1660; La Scalza d’Avila, Parma 1661; L’Atalanta, Monaco 1667; Ritratto di gran principessa, Monaco 1667; Ritratto di gran personaggio, Monaco 1667; I trionfi dell’architettura nella sontuosa residenza di Monaco, Monaco 1667.
Fonti e Bibl.: [L. Sergardi], Q. Sectani satyrae numero auctae, mendis purgatae, & singulae locupletiores, Amsterdam 1700, p. 75, n. 91; G.M. Crescimbeni, L’istoria della volgar poesia, Roma 1714, p. 471, [F.M. Biacca], Ranuccio Card. Pallavicini, in Notizie degli arcadi morti, I, Roma 1720, pp. 62-5; O. Bolsi, Adnotationes in praestantissimum iurisconsultorum et iudicium Parmensem Ordinem, Parmae 1723, p. 40; M. Guarnacci, Vitæ, et res gestæ pontificum romanorum et s. r. e. cardinalium, II, Romae 1751, col. 97-100; F. Annibali, Manuale de’ Frati Minori, Roma 1776, p. 275; R. Venuti, Accurata, e succinta descrizione topografica e istorica di Roma moderna, II, Roma 1767, p. 1053; I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, V, Parma 1797, pp. 303-307; A. Pezzana, Continuazione delle memorie degli scrittori e letterati parmigiani, VI, 2, Parma 1827, pp. 842-44; P. Litta, Famiglie celebri italiane, XLI, Milano 1838, Tav. XVIII; C. Botta, Storia d’Italia, V, Milano 1843, pp. 449-450; S. da Venezia, Biografia serafica degli uomini illustri, Venezia 1846, p. 738; S. von Riezler, Geschichte Baierns, VI, Gotha 1903, p. 507, VII, Gotha 1913, p. 92; L. von Pastor, Storia dei Papi, XIV, Roma 1933, p. 23; D. Soresina, Enciclopedia Diocesana Fidentina, Fidenza 1961, p. 332; A.P. Vella, The Tribunal of the Inquisition in Malta, La Valletta 1964, p. 66; G. Gonizzi, I cardinali della chiesa parmense: Ranuzio Pallavicino, in Gazzetta di Parma, 15 ottobre 1968, p. 3; N. del Re, Monsignor governatore di Roma, Roma 1972, p. 32; G. Beltrami, Notizie su prefetti e referendari della Segnatura, Roma 1972, p. 89; Bibliografia generale delle antiche provincie parmensi, a cura di F. da Mareto, II, Parma 1974, p. 790; F. Valesio, Diario di Roma,II, 1702-1703, Milano 1977, p. 59; ibid., III, 1704-1707, Milano 1978, p. 23; A.M. Giorgetti Vichi, Gli arcadi dal 1690 al 1800. Onomasticon, Roma 1977, p. 37; R. von Bary, Henriette Adelaide Kurfarstin van Bayern, Munchen 1980, p. 236; A. Morelli, Il Theatro spirituale ed altre raccolte di testi per oratorio romani del Seicento, in Rivista italiana di musicologia, 21 (1986), pp. 61-143; Il teatro a Roma nel Settecento, I, Roma 1989, p. 279; L. Longo, Antonio Triva pittore (1626-1699). Vita e opere, Trento 1990, pp. 45-47; L. Bugeja, M. Buhagiar, S. Fiorini, Artistic, architectural and ecclesiastical aspects, Malta 1993, p. 770; C. Weber, Legati e governatori dello Stato pontificio. 1550-1809, Roma 1994, p. 361; L. Anelli, P. Bellotti, A. Bonomi, Pietro Bellotti: 1625-1700, Brescia 1996, p. 83; O. Michel, Vivre et peindre à Rome au XVIIIe siècle, Roma 1996, p. 578; U. Ruggeri, Pietro e Marco Liberi: pittori nella Venezia del Seicento, Rimini 1996, p. 172; L. Longo, Introduzione, in R. Pallavicino, I trionfi dell’architettura, a cura di L. Longo, Trento 1997, pp. 7-40; S. Franchi, Drammaturgia romana, II, 1701-1750, Roma 1997, pp. 8, 19, 27, 37; F. Ciappara, Society and the Inquisition in Early Modern Malta, San Gwann 2001, p. 186; G. Sergi, G. Ricuperati, Storia di Torino, IV, Torino 2002, p. 425; A. Botti Caselli, Parafrasi e meditazioni sulla Passione nell’oratorio romano del Seicento, in Percorsi dell’oratorio romano: da “historia sacra” a melodramma spirituale, a cura di S. Franchi, Roma 2002, pp. 1-53; M.A. Visceglia , La città rituale. Roma e le sue cerimonie in età moderna, Roma 2002, p. 160; A. Zignani, Le città della musica: viaggio alle origini della musica, Bari 2007, p. 251; D. Rezza, M. Stocchi, Il capitolo di San Pietro in Vaticano dalle origini al XX secolo, Città del Vaticano 2008, p. 230.