GRIMALDI, Raniero
Secondo di questo nome, primogenito di Carlo e di Luchinetta di Gherardo Spinola, nacque probabilmente a Genova, intorno al 1325. Trascorse la giovinezza alla corte angioina di Provenza, ma fu dal padre ben presto indirizzato alla carriera delle armi e messo a fare apprendistato presso i più reputati capitani francesi dell'epoca. Partecipò a varie fasi della guerra dei Cent'anni, inizialmente come semplice uomo d'arme. Fu al servizio di Geoffroy de Charny e, nel 1350-51, seguì il signore di Beaujeu nell'assedio di Loudun; nel settembre 1354, insieme con Baldo Doria, comandò un grosso contingente di 6000 mercenari genovesi assoldati dal re di Francia imbarcati, per un anno, sulla flotta regia.
Nel 1357 raggiunse il padre a Monaco, assediata dai Genovesi e, alla morte di questo (avvenuta nell'agosto), trattò con il doge Simone Boccanegra la resa della rocca e la restituzione alla Repubblica di Roccabruna e di altri castelli vicini. Della ricca eredità paterna, consistente in numerosi feudi sparsi tra il Regno di Napoli, la Provenza e la Francia, il G. assunse la signoria di quelli provenzali e di Mentone, che divenne la sua principale residenza; nel 1358, poi, il delfino Carlo, luogotenente del re Giovanni II, gli confermò il possesso delle rendite e dei beni esistenti nel siniscalcato di Beaucaire, in Linguadoca. Il G. non si rassegnò tuttavia facilmente alla perdita di Monaco e fece immediati preparativi per recuperarla, radunando uomini e armi a Nizza, dove contava molti partigiani. Le proteste dei Nizzardi presso Giovanna I d'Angiò, timorosi delle ritorsioni genovesi, lo indussero però a rinunciare e la sovrana, desiderosa di mantenere rapporti amichevoli con la vicina Repubblica, ma al tempo stesso bisognosa del suo aiuto, lo trattenne al proprio servizio concedendogli cariche e onori. Del resto, egli era creditore nei confronti della regina di una consistente somma di denaro, ammontante, nel 1363, a oltre 12.000 fiorini. Il G. ottenne così l'investitura di diversi feudi nella contea di Nizza, quali Bouyon, Utelle, Tourettes e l'importante castello di Villeneuve, presso Antibes. L'anno successivo lasciò per breve tempo il servizio napoletano per mettersi al soldo della Repubblica di Firenze, al comando di un contingente di 400 balestrieri genovesi, distinguendosi nella guerra contro Pisa. Nel 1365, però, tornò agli stipendi della regina Giovanna, che lo nominò siniscalco della Contea di Piemonte (all'epoca ormai limitata a Cuneo, Demonte e Cherasco): detenne per un paio d'anni tale carica, nel corso della quale fu costretto a spendere enormi somme di denaro.
Per la Provenza, nonostante gli sforzi di Giovanna e dei suoi collaboratori, si trattava di un momento particolarmente difficile. La Contea, lontana da Napoli (dove risiedevano i suoi principi), aveva subito gravi danni per le periodiche scorrerie delle compagnie di ventura allo sbando dopo la tregua del conflitto tra Francia e Inghilterra; inoltre il baronaggio era diviso da forti rivalità, acuite dalle lotte che si intrecciavano attorno alla regina. Tali circostanze attirarono sulla Provenza le mire di Luigi d'Angiò, fratello del re di Francia Carlo V, che lo aveva nominato luogotenente generale di Linguadoca. Vantando una pretesa investitura del Regno di Arles, concessagli dall'imperatore Carlo IV in occasione del suo viaggio in Provenza nell'estate del 1365, il duca assoldò nel febbraio 1368 il famoso capitano bretone Bertran Du Guesclin. L'Angiò sperava, in questo modo, di liberarsene dirottandolo verso la Provenza, dove gli avrebbe fatto guadagnare, se non l'intera Contea, quanto meno una buona parte di essa. Il 4 marzo, varcato il Rodano, le milizie del duca e di Du Guesclin ponevano l'assedio a Tarascona e la conquistavano.
Il G., che a Nizza aveva armato una galea su ordine del siniscalco di Provenza Raimondo d'Agout, si trasferì a Marsiglia e, assunto il comando della flotta provenzale, risalì il Rodano andando ad assumere il comando di Arles, verso la quale si era diretto l'esercito nemico. Egli sostenne validamente l'assedio per diciannove giorni, costringendo il Du Guesclin a ritirarsi, ma il suo susseguente tentativo di riconquistare Tarascona fallì. Luigi d'Angiò cercò allora di farlo passare ai propri servigi, offrendogli, oltre a una pensione annua di 4000 fiorini, la carica di luogotenente generale dell'armata navale di Linguadoca e il rimborso di tutte le spese sostenute fino ad allora. Il G. accettò la generosa offerta, con grande sdegno della regina Giovanna che, dichiaratolo ribelle, ordinò la confisca di tutti i suoi beni in Provenza. Il suo impegno nella guerra contro la regina non fu però particolarmente rilevante, anche perché le operazioni militari si svolsero all'interno della Contea, prendendo una piega ben presto sfavorevole agli Angioini di Francia. Il G. passò allora al servizio di Carlo V re di Francia, che assegnò alle sue 10 galee il compito di vigilare sulla sicurezza delle coste di Linguadoca, dal Rodano al confine catalano.
L'anno successivo, con 4 galee, passò nell'Atlantico, effettuando attacchi ai convogli inglesi in transito per la Manica e riportando successi tali da indurre il re a raddoppiare il numero di galee sotto il suo comando. Il G. si trovò pertanto presente, il 23 giugno 1372, alla battaglia navale di La Rochelle, in cui la flotta franco-castigliana, capitanata dall'ammiraglio genovese Ambrogio Boccanegra, riportò una grande vittoria su un convoglio inglese che conduceva in Francia John Hastings, conte di Pembroke, nuovo governatore del Poitou, catturato insieme con un tesoro di ben 20.000 sterline. Parte del merito fu del G., che venne ricompensato da Carlo V con un premio di 3800 franchi oro. Negli anni seguenti egli condusse le sue galee in rapide incursioni lungo la costa inglese, nel corso delle quali furono saccheggiati e dati alle fiamme una dozzina di centri portuali, tra cui Portsmouth e Yarmouth. Nel marzo 1375 fu però intercettato dal duca Giovanni di Lancaster al largo delle coste fiamminghe e, catturato da lord Ralph Basset di Drayton, venne trasferito prigioniero in Inghilterra. Riacquistata la libertà dietro un pesante riscatto, riprese il servizio al soldo francese, quale luogotenente dell'ammiraglio Jean de Vienne e del suo vice, étienne du Moustier. Nel giugno 1377 le sue galee, insieme con quelle francesi, castigliane e portoghesi, effettuarono una devastante scorreria lungo i porti inglesi della Manica; l'anno successivo egli respinse i tentativi inglesi di risalire il corso della Risle per recare soccorso alla guarnigione assediata di Pont-Audemer, in Normandia.
Gli impegni militari e la prigionia in Inghilterra lo avevano tenuto spesso assente da Mentone, sola signoria rimastagli dopo le confische seguite al suo tradimento del 1368. A reggerne il governo fu così la sua seconda moglie Isabella Asinari, di famiglia astigiana, la quale dovette dibattersi spesso in gravi difficoltà finanziarie a causa delle forti spese necessarie per l'armamento e il mantenimento della flotta privata del marito, rimborsate sempre in ritardo e con fatica dalla Tesoreria regia. Fu così necessario procedere alla progressiva liquidazione di gran parte delle terre e dei castelli di famiglia. Il trattato di Avignone (firmato l'11 apr. 1371), ponendo fine alla guerra tra la regina Giovanna e Luigi d'Angiò, aveva previsto la restituzione al G., come specificato da un'apposita clausola, delle terre provenzali confiscategli tre anni prima, ma esse, in effetti, gli ritornarono solo dopo il 1375 e con non poche difficoltà. In massima parte restarono nelle sue mani per breve tempo. Già nel 1371 egli aveva dovuto cedere, per 14.000 fiorini, metà della signoria di Cagnes ai cugini Luca e Marco Grimaldi, del ramo di Antibes; cinque anni dopo era costretto a vendere a un altro Grimaldi, Pietro, cittadino nizzardo e suo creditore, il feudo di Castillon. Una volta caduto prigioniero, poi, egli dovette contrarre onerosi debiti per riscattare la sua libertà che lo obbligarono a rinunciare, alla fine del 1378, anche alla metà di Mentone, alienata in favore di Giorgio Del Carretto di Finale. Si trattò, in quest'ultimo caso, di un duro colpo per il suo prestigio, solo in parte mitigato dal fatto che, nel 1382, la parte ceduta a Del Carretto sarebbe ritornata in possesso dei Grimaldi, nelle persone dei già citati signori di Antibes, Luca e Marco, ponendo così le premesse per un governo comune tra i due rami della famiglia che sarebbe durato quasi un secolo.
L'estremo bisogno di denaro spiega forse il motivo del suo improvviso allontanamento, agli inizi del grande scisma, dalla tradizionale amicizia franco-angioina. Nell'estate del 1379, appena ritornato dalla Francia, il G. accettò infatti di mettere al servizio di Urbano VI, pontefice di obbedienza romana, la sua flotta di galee, in contrasto con il sostegno espresso dalla regina Giovanna e da Carlo V in favore di Clemente VII, di obbedienza avignonese. A spingerlo a compiere un simile passo fu forse la possibilità di svolgere una proficua campagna piratesca a danno dei convogli che collegavano Roma alla Francia, sui quali viaggiavano i ricchi bagagli dei cardinali oltremontani in fuga dall'Italia. Il bottino ottenuto, in effetti, fu ingente, comprendendo, oltre a denaro, gioielli e merci preziose, anche reliquie (come la cosiddetta "verga di Mosé") e carte della Cancelleria pontificia, da lui restituite al papa, secondo quanto concordato tra loro. Si trattò in ogni caso di una breve parentesi, perché gli avvenimenti della corte di Napoli dovevano ben presto richiamare il G. alla tradizionale fedeltà angioina. La conquista del Regno da parte di Carlo III d'Angiò Durazzo e la prigionia di Giovanna provocarono, infatti, l'intervento del duca Luigi d'Angiò. A tale passo Luigi si era deciso su invito di Clemente VII che aveva convinto la regina, il 29 giugno 1380, ad adottarlo quale figlio ed erede; fu però solo nella primavera del 1382, dopo avere faticosamente ottenuto l'adesione dei Provenzali, che Luigi si diresse con un imponente esercito verso l'Italia. Il suo arrivo nel Regno, nel luglio di quell'anno, indusse Carlo d'Angiò Durazzo a sbarazzarsi della regina, facendola assassinare. La scomparsa della sovrana, alla quale era legato, nonostante tutto, da sincera devozione, indusse il G. a schierarsi dalla parte di Luigi d'Angiò. Questi (nel frattempo incoronato re di Sicilia e di Gerusalemme dai legati di Clemente VII) lo nominò capitano generale dell'armata navale che aveva raccolto a Marsiglia per condurre nel Regno rinforzi e denaro. Da qui salpò alla metà di giugno del 1384, diretto in Puglia dove si trovava l'esercito franco-angioino. Il 22 agosto, a Bari, Luigi gli concesse l'investitura della contea di Cefalonia, con le vicine isole di Leucade e di Zante.
Si trattava in realtà di una donazione poco più che simbolica, giacché il nuovo feudo era saldamente in mano dei Tocco, partigiani di Carlo III e, se vi furono progetti per una spedizione verso la costa greca, questi furono quasi subito abbandonati per l'improvvisa morte di Luigi (21 settembre) e il susseguente sbandamento del suo esercito.
Il G. fece ritorno in Provenza, dove i suoi feudi nella Contea di Nizza, divampata la guerra civile tra partigiani degli Angiò e dei Durazzo, erano stati confiscati dai partigiani di questi ultimi. Il 30 nov. 1385 egli ottenne dalla regina Maria di Blois, reggente per conto del giovane Luigi II, un ordine di restituzione (peraltro del tutto inutile, vista la situazione) e, in più, la concessione in feudo della castellania di La Turbie e della signoria di Levens, entrambe però occupate dai Durazzeschi. I successi riportati dall'esercito angioino nel corso del 1386-87 diedero al G. la speranza di recuperare vecchi e nuovi possedimenti, ma la dedizione di Nizza ad Amedeo VII di Savoia (2 ag. 1388), voluta dal capo del partito durazzesco Giovanni Grimaldi di Boglio, e la susseguente occupazione sabauda della Contea, annullarono ogni prospettiva di riacquistare quanto perduto. Il G. tornò pertanto al servizio francese e Carlo VI, il 28 genn. 1396, lo nominò membro del Gran Consiglio, con una pensione di 600 lire l'anno. Egli non perdette mai la speranza di rientrare in possesso dei beni confiscatigli nel corso degli anni; per questa ragione sostenne nel 1399 i tentativi di Giovanni e Ludovico Grimaldi del ramo di Boglio (che nel 1395 avevano tolto Monaco ai Genovesi) di abbattere il dominio sabaudo su Nizza. Il G. li accolse a Mentone, dopo la loro liberazione dalle carceri genovesi, e perorò in loro favore presso il duca d'Angiò. Questi l'11 dicembre gli rinnovò tutte le precedenti investiture e donazioni, ma, come in passato, si trattò solo di un atto simbolico. Il suo ruolo durante il dominio francese su Genova è ancora poco noto. Secondo Ch. de Venasque-Farriol egli fu nominato reggente della città nel 1402, ma la notizia appare poco probabile, essendo già al governo Jean Le Meingre detto il Boucicault, che proprio in quell'anno era riuscito a recuperare al Comune il possesso di Monaco, estromettendone i Grimaldi di Boglio. Di certo, gli riuscì poco prima del 1403 di rientrare in possesso di Roccabruna, fattagli restituire dallo stesso Boucicault.
Il G. morì a Mentone, in età ormai avanzata, nel giugno 1407.
Sposatosi una prima volta con Ilaria Del Carretto (zia della celebre sposa di Paolo Guinigi), dalla seconda moglie, Isabella Asinari (o, secondo altre ipotesi, della famiglia degli Asén Cantacuzeno), sposata dopo il 1357, ebbe quattro figli maschi e una femmina, Grifetta, maritata a Ludovico Lascaris, consignore di Briga. Il maggiore, Ambrogio, combatté nel 1411 per il Comune di Genova contro i Fiorentini, morendo senza figli tra il 1430 e il 1433; Gaspare morì intorno al 1417 lasciando una figlia; mentre Antonio scomparve poco prima del 1427. L'ultimo figlio, Giovanni, raccolse l'eredità del padre e dei fratelli.
Fonti e Bibl.: Foedera, conventiones, litterae…, a cura di T. Rymer, III, London 1727, pp. 1036 s.; Chroniques des quatres premiers Valois, a cura di S. Luce, Paris 1862, pp. 235 s.; C. de Notre-Dame, L'histoire et chronique de Provence…, Lyon 1614, p. 416; Ch. de Venasque-Farriol, Genealogica et historica Grimaldae gentis arbor…, Parisiis 1647, p. 96; J.-P. Papon, Histoire générale de Provence, III, Paris 1784, pp. 217 s.; G. Saige, Documents historiques relatifs à la Principauté de Monaco depuis le quinzième siècle, I, Monaco 1891, pp. XXXI-XXXVI, XLI s.; Ch. de la Roncière, Histoire de la Marine française, II, Paris 1932, pp. 21-23; G. Petti Balbi, Simon Boccanegra e la Genova del '300, Genova 1991, p. 276; J. Sherborne, The battle of La Rochelle and the war at sea, 1372-75, in War, politics and culture in fourteenth-century England, a cura di A. Tuck, London 1994, pp. 46 s., 52; N.A.M. Rodger, The safeguard of the sea. A naval history of Britain, I, London 1997, pp. 110 s., 133; Nouvelle Biographie générale, XXII, p. 67; Dictionnaire de la noblesse, a cura di F.-A. Aubert de la Chesnaye-des-Bois, IX, col. 825.