GERBI, Ranieri
Nacque a Chiesina Uzzanese, presso Pistoia, il 16 luglio 1763 da Giovan Battista e da Maria Matteini. Indirizzato alla carriera ecclesiastica, studiò nel seminario vescovile di Pistoia, dove approfondì soprattutto le materie letterarie, divenendo assai stimato tanto da essere ben presto nominato lettore di eloquenza. Per la sua gracile costituzione e la non buona salute si trasferì a Pisa, ove riteneva di poter curare meglio l'emottisi, malattia di cui soffrì per tutta la vita. Qui, rinunciando a continuare la carriera ecclesiastica, si iscrisse al collegio medico-fisico dell'Ateneo pisano. Ancor prima della laurea, fu indicato nell'anno accademico 1788-89 per la lettura straordinaria di fisica, una delle quattro letture concesse agli studenti più anziani, che si tenevano nei giorni festivi. Nel 1789 pubblicò a Pisa De mundi systemate.
Si tratta di un'opera erudita nella quale, dopo aver esposto le ipotesi cosmologiche succedutesi nel tempo, il G. prendeva con forza il partito copernicano, esaltando l'immortale Galilei e ricostruendo i contributi dei grandi scienziati, tra cui, soprattutto, I. Newton. Egli inoltre esponeva con grande apparato matematico le conseguenze dell'introduzione delle forze centrali applicandole al moto dei pianeti, discuteva le perturbazioni del moto lunare, la precessione degli equinozi, la nutazione dell'asse terrestre, con interessanti osservazioni sulle applicazioni del calcolo alla fisica.
Lettore di algebra dal 1789, nel 1794 il G. pubblicò a Firenze la Storia naturale di un nuovo insetto (2ª ed., Venezia 1795).
Il G. vi descriveva un insetto, cui dava il nome di Curculione antiodontalgico, per la sua utilizzazione nella cura del dolore di denti causato da carie. Una esperienza di quattro anni gli assicurava che l'odontalgia guarita col suo metodo evitava il rischio di recidive. Il G. aveva infatti realizzato ben 629 esperienze con le larve applicate alla cura della carie: per la carie semplice aveva avuto 237 successi su 399 prove, con soli 39 casi completamente negativi; aveva inoltre compiuto esperimenti sui nervi crurali delle rane e poteva escludere che l'azione curativa consistesse nel togliere ai nervi la sensibilità; si era preoccupato persino di controllare che la guarigione non fosse un effetto psicologico.
Il G. aveva rinvenuto l'uovo e la larva dell'insetto nelle galle spesso presenti in una pianta mai prima descritta (da lui chiamata scardiccione spinosissimo: carduus spinosissimus), di cui viene data la descrizione botanica, anche in relazione ai risultati dei precedenti studiosi delle galle (F. Redi, M. Malpighi e R.-A. de Réaumur). Dopo averne descritto l'anatomia, il G. passa a ragionare sul modo in cui la sostanza presente nell'insetto possa agire sopra i nervi e sulla carie, riportando i risultati di accurate analisi chimiche che mostrano altresì quanto egli conoscesse a fondo i progressi della chimica lavoisieriana.
Nel 1795 pubblicò a Firenze alcuni versi sciolti, Per le faustissime nozze dei nobili Tedice Mazzinghi e Giulia Peruzzi. Il ruolo dei professori dell'Università di Pisa stampato per l'anno 1796 ci informa del programma del suo corso: di mattina trattava dei problemi più celebri di fisica celeste, mentre nel corso pomeridiano, tenuto in casa, insegnava l'analisi infinitesimale.
Divenne professore straordinario di fisica elementare nel 1797 e nel 1804 ordinario, mantenendo quella cattedra per altri 35 anni, sino alla morte. Nel 1807 pubblicò a Pisa un ampio lavoro Sulle rotte dei fiumi.
Dopo aver ricordato le più importanti rotte dei fiumi in Toscana e le loro cause, nel saggio il G. discuteva della resistenza e della stabilità degli argini, studiandone la composizione, le dimensioni e la figura. Si occupava dell'attrito e della compattezza dei materiali, proponendo esperienze discusse in base ai principî della fisica, facendo un ampio uso del calcolo differenziale e citando molte opere specialistiche. Studiava inoltre e consigliava i vari tipi di protezioni erbose da dare agli argini contro la corrosione delle acque, con lunghi elenchi di piante suddivise a seconda delle dimensioni del letto del fiume.
Tra gli incarichi di maggior rilievo, il G., in epoca napoleonica professore di fisica teorica all'Accademia imperiale di Pisa, il 9 genn. 1813 fu nominato direttore del Pensionato accademico di Pisa, con l'annessa succursale della Scuola normale di Parigi. In questa carica si impegnò con determinazione a imporre agli studenti il rigido regolamento. Dopo la Restaurazione, Ferdinando III decise la chiusura della scuola, nonostante i tentativi del G. e del rettore dell'Università di Pisa, Beniamino Sproni, di evitarne la soppressione.
Oltre al greco e al latino, conosceva il francese e l'inglese e poté seguire la letteratura scientifica del tempo. Usava fare l'estratto dei lavori di fisica che venivano pubblicati sui più importanti giornali scientifici, e con questo metodo poté dar vita prima agli Elementi di fisica (I-III, Pisa 1818-19), e poi al Corso elementare di fisica (I-V, Pisa 1823-25; 2ª ed. ampliata, ibid. 1831-32), assai diffuso tra i docenti e gli studenti di molte università per l'accurata presentazione storica degli argomenti e per l'attento aggiornamento - particolarmente importante in un periodo di grandi e frequenti scoperte soprattutto nei campi dell'elettricità, dell'ottica e della termologia - che gli consentì di introdurre o tradurre con sicuro discernimento termini e concetti nuovi.
Nel 1833 ebbe la supplenza di astronomia, insegnamento che tenne fino al 1839. Il 1° ott. 1839 tenne la sua prima adunanza a Pisa il Congresso degli scienziati italiani e il G. ne fu il presidente, in quanto cattedratico seniore. In tale occasione tenne un discorso dal titolo Sul primato italiano nel campo delle scienze naturali (in Atti della Prima Riunione degli scienziati italiani, 4ª ed., Pisa 1939, pp. 381-407). La croce del merito dell'Ordine di S. Giuseppe, ricevuta il 24 ottobre di quell'anno fu l'ultimo dei suoi molti riconoscimenti accademici.
La morte lo colse a Pisa il 20 dic. 1839. La Biblioteca universitaria di Pisa conserva 345 lettere di 119 suoi corrispondenti.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Pisa, Università, 2° versam., G.10, cc. 385, 644; G.11, c. 657; E.II.2, c. 5v; E.VII.1, c. 14; G.27, c. 356; G.28, c. 321; G.52, cc. 22, 24, 42.2, 42.5, 50, 122; Pisa, Biblioteca universitaria, mss. 456, 457, 459. Biblioteca italiana, 1820, t. XVI, pp. 225-237 (rec. degli Elementi di fisica); G. Resti Ferrari, ibid., 1833, t. LXX, pp. 222-239, 336-340 (rec. al Corso elementare di fisica); I. Cantù, L'Italia scientifica contemporanea…, Milano 1844, pp. 255 s.; N. Bianchi, Carlo Matteucci e l'Italia del suo tempo, Torino 1874, passim; L. Pacinotti, Biografia del cav. prof. R. G., in Atti della Prima Riunione degli scienziati italiani, 4ª ed., Pisa 1939, pp. 347-378; G. Tomasi Stussi, Per la storia dell'Accademia imperiale di Pisa (1810-1814), in Critica storica, XX (1983), pp. 85, 107-120; T. Tomasi - N. Sistoli Paoli, La Scuola normale di Pisa dal 1813 al 1945, Pisa 1990, ad ind.; D. Barsanti, L'Università di Pisa dal 1800 al 1860, Pisa 1993, passim.