RANIERI da Rivalto
RANIERI da Rivalto. – Figlio di Giordano e nipote del beato Giordano da Pisa, predicatore domenicano morto in odore di santità (1260 circa-1310), nacque a Pisa nella seconda metà del XIII secolo dalla nobile famiglia da Rivalto, piccolo paese della diocesi di Volterra.
Secondo la Chronica antiqua e i posteriori Annali (a cura di F. Bonaini, in Archivio storico italiano, 1845, pp. 543-546), iniziò gli studi nel convento domenicano di S. Caterina a Pisa, assai reputato come sede formativa; fu poi mandato a completare il curriculum degli studi a Parigi, come previsto dalle Costituzioni dell’Ordine. Al ritorno in Italia si dedicò all’insegnamento («fuit lector»; «legit Pisis Sententias et in pluribus maioribus nostre provincie conventibus») e alla predicazione a Pisa, sua sede principale, e anche in vari conventi della provincia romana.
Ebbe nell’Ordine vari incarichi. Fu procuratore del convento di S. Caterina (1322) insieme a fra Domenico Cavalca, delegato dal Capitolo a Firenze presso il vescovo Oddone della Sala (novembre del 1323); e negli anni successivi svolse il ruolo di visitatore dei conventi di Siena, San Gimignano, Arezzo, Cortona, Perugia e Gubbio (1340). Stimato e amato nella società cittadina, fu più volte esecutore testamentario di illustri famiglie pisane (1335, 1345, 1347) ed egli stesso beneficiario di lasciti testamentari (gennaio 1336, luglio 1340) (Chronica antiqua, cit., p. 545).
Il cronista Domenico da Peccioli lo definisce «predicator infatigabilis» e, anche se non è rimasta traccia scritta della sua predicazione, non vi è alcun dubbio che Ranieri abbia esercitato l’opera di predicatore come lo zio Giordano da Pisa, e come Domenico Cavalca, Bartolomeo da San Concordio, Simone da Cascina, confratelli nel prestigioso convento pisano. Talora confuso per omonimia con Ranieri, autore del poema De Proeliis Tusciae, fu ricollocato nella giusta identità come compositore di un’opera teologica, detta Pantheologia, da fra Eligio Volpini: «Ranieri Granci, o Granchi, autore d’un caliginoso poema […] è l’altro, che è stato preteso lo stesso, che Ranieri, scrittore della Panteologia. Veramente questi due scrittori, oltre ad aver comuni il nome, la patria e l’Istituto di San Domenico, fiorirono anche nello stesso tempo e convissero nel Convento di santa Caterina di Pisa del loro Ordine. […] È fuor di dubbio però che l’Autore della Panteologia era nipote del Beato Giordano, e della nobil famiglia pisana da Rivalto; ed è noto altresì che Ranieri poeta apparteneva ad altra nobil famiglia pisana de’ Granchi. […]» (Volpini, 1792, p. 137).
La Pantheologia, iniziata nel 1333, è una voluminosa summa di teologia sotto forma di dizionario, «in tribus voluminibus», che l’autore «magno sudore composuit […] et scripsit propria manu» (così Domenico da Peccioli nella Chronica del convento, n. 209, f. 28v).
Ivi Ranieri raccolse le opiniones magis communes et magis approbatae per ecclesiam catholicam, scegliendole dalla Bibbia e dalle Auctoritates di san Tommaso, di san Bonaventura e dei più autorevoli Padri della Chiesa: «Hic opus mirandum fecit pro predicatoribus, Rayneriana appellatum, quo ostenditur quam clarum habuerit intellectum in libris sancti Thome et in Summa Alexandri de Hales et quorundam aliorum doctorum» (Hieronymus de Bursellis, f. 121v).
Il manoscritto più antico della Pantheologia si trova a Pisa, nella biblioteca del Seminario (fondo antico) ove un tempo si trovava il convento di S. Caterina. Non ci sono prove sufficienti a corroborare l’ipotesi, molto avvincente, della sua autografia (Volpini, 1792, p. 156), ma possiamo ritenerlo coevo a Ranieri. All’opera, l’autore non assegnò alcun titolo; essa inizia direttamente con il primo lemma Absolutio e termina con Zelus. I lemmi sono 230, di cui 30 sintagmi (claves ecclesie, Esse Dei-Qui est, incarnatio Verbi, misericordia Dei/hominis, Pater noster, Spiritus sanctus e così via); sono suddivisi in capitoli e paragrafi di varia estensione in rapporto all’argomento. Le voci dedicate a temi di teologia morale, sacramentaria o ascetica (Angeli, baptismus, confessio, dilectio, dona Spiritus sancti, Eucharistia, penitentia e così via) sono trattate in modo approfondito con il rinvio sistematico ai loci paralleli degli autori citati; altre voci di scarsa pregnanza quali ebrietas, fama, otium, permissio ecc. godono di minor considerazione (Quinto, 1995, pp. 131-134 segnala tutti i lemmi con l’indicazione di capitoli e paragrafi inseriti nell’incunabolo veneto dell’anno 1486). I vari copisti che si sono succeduti nelle numerose copie del manoscritto domenicano vi inserirono opportunamente Prologhi e Tabulae, attestate dalle precoci edizioni a stampa (Bruges 1457-1459, Gand 1459, Norimberga 1473, Magonza 1477, Venezia 1486). Fu un anonimo che diede all’opera il titolo di Pantheologia («Appellamus librum istum Pantheologiam, hoc est summam theologie, a pan quod est totum, et logos, quod est sermo, et theos, quod est deus, quasi summa omnium divinorum sermonum»); a sua volta in un secondo Prologo (databile prima del 1443) il francescano Giacomo da Firenze inserì una dedicatoria, nella quale esaltava in particolar modo Ranieri da Rivalto, che aveva attratto con la sua opera un gran numero di letterati e religiosi: «Set ad extremum emicuit pater ille omni veneratione dignissimus in pisana urbe: frater Raynerius qui utilitati enim studiosorum incumbens, sine sui laude et de se ipso (ut plerique faciunt) nec prefationem premittens, absolute incepit […]. Opus namque preciosissimum posteris reliquit omni utilitate completum: nil enim deficit, omnia ordinatissime distinxit ac optimo stilo perfecte in summam redegit […]. Si enim de divino esse mens humana informari cupit, hic tantum reperiet quantum ex sacris codicibus traditur» (Pantheologia, Venetiis 1486, I, f. 2rb). Un terzo prologo è dovuto a un frater N. che redasse (ante 1470) una più completa Tabula Auctoritatum Bibliae. Ovviamente le Tabulae sono un prezioso manuale di aiuto per la consultazione della Summa Rayneriana (Dérolez, 2006, pp. 233-236).
Il teologo Ranieri tratta gli argomenti nel rispetto delle tecniche della filosofia scolastica dominanti nell’arte oratoria medievale: dalle rationes persuasorie, dagli exempla practica e dalle auctoritates exposite emerge chiaramente l’intento pastorale del domenicano, desideroso di infondere con autorevolezza una profonda conoscenza teologica nell’animo degli studenti e di fornire passi scritturistici adatti alla predicazione: «Che al nostro Ranieri si debba la lode di essere stato il primo a ordinare un Dizionario teologico […] è fuor di questione. In quest’opera ha raccolto Ranieri quanto vi è di più essenziale e di più necessario a sapersi in teologia, tanto per le materie dommatiche e speculative, quanto per la scienza de’ costumi e della predicazione […]. Con assiduo studio compose un’opera che si può dire un estratto o una tela artificiosa di testi scritturali» (Volpini, 1792, p. 143). Gli articoli in cui sono suddivise le voci sono introdotti da una domanda (quaestio) a cui seguono la responsio e l’obiectio, come nella Summa theologiae di Tommaso.
Anche se è impossibile dare una complessiva valutazione di quest’opera che ebbe finalità essenzialmente pastorale e fu nel Medioevo oggetto di studio appassionato, sembra giusto tenerla in considerazione non come una ‘compilazione alfabetica’, ma come una delle principali fonti di ricerca sulla spiritualità medievale del XIV secolo.
Ranieri trascorse la maggior parte della vita nel convento di S. Caterina di Pisa e qui compose la sua opera, come riferisce Domenico da Peccioli nella Chronica del convento (n. 209, f. 28v.): «hic studiosissimus fuit, ita ut librum magno sudore componeret in tribus voluminibus […] et scripsit propria manu». E a Pisa morì nel 1348, in honestate et scientia clarissimus, durante la grande epidemia di peste nera che portò una grande moria nella comunità del convento pisano («Hoc anno defuncti sunt Pisis plus quam quadraginta fratres; de saecularibus turba quam nemo dinumerare valeret»).
Attese la morte disteso sul nudo terreno, dicendo che non era lecito che morisse comodamente nel proprio letto il servitore del Signore, morto con atroci sofferenze sulla croce («Multis in Ordine duratus laboribus, peste percussus horae mortis appropinquavit, quod perpendens e lectulo descendit et humi prostratus, mortem laetus aspexit, ibique spiritum exalavit, asserens non decere servo Dei in lectulo mori cuius Dominus cruce suspensus mortuus est», Chronica antiqua, f. 28v).
Fonti e Bibl.: Chronica antiqua conventus S. Caterinae, Pisa, Biblioteca Cateriniana (Seminario santa Caterina), ms. 78 (XIV-XV s.), ff. 1-40 (in partic. f. 28v., n. 209), a cura di F. Bonaini, in Archivio storico italiano, s. 1, 1845, vol. 6, 2, pp. 399-593 (in partic. pp. 543-546); Hieronymus de Bursellis (1432-1497), Chronica magistrorum generalium Ordinis Fratrum Praedicatorum, (ms. Bologna, Biblioteca Universitaria 1999 (lat. 1024), f.121v; E. Volpini o. f. m., Ranieri da Rivalto, domenicano, in Memorie istoriche di più uomini illustri pisani, IV, Pisa 1792, pp. 137-158, rist. anast. Bologna 1972.
C. Vitelli, Index codicum latinorum qui Pisis in Bybliothecis Conventus S. Catherinae et universitatis asservantur, in Studi di filologia classica, VIII (1900), pp. 321-413; R. Barsotti, I manoscritti della “Cronica” e degli “Annales” del convento domenicano di Santa Caterina di Pisa, in Memorie domenicane, LXV (1928), pp. 211-219, 284-296, 368-374; L. Hain, Repertorium bibliographicum II, 2, rist. Milano 1948, pp. 109-111, nn. 13014-13019; R. Creytens O.P., Les écrivains dominicains dans la chronique d’Albert de Castello (1516), in Archivum Fratrum Predicatorum, XXX (1960), pp. 238, 278; T. Kaeppeli, Scriptores Ordinis Praedicatorum, III (1980), n. 3429, pp. 292 s.; G. Cappelluti, in Dictionnaire de Spiritualité 86-88, 13, Paris 1987, pp. 50 s.; E. Panella, La Cronaca di Santa Caterina usa lo stile pisano?, in Memorie Domenicane, XVI (1985), pp. 325-334; O. Banti, La Biblioteca e il Convento di S. Caterina in Pisa tra il XIII e il XIV secolo attraverso la testimonianza della “Chronica antiqua”, in Bollettino storico pisano, LVIII (1989), pp. 173-187; O. Banti et al., Libraria nostra communis. Manoscritti e incunaboli della Bibliotheca Cathariniana di Pisa, Pisa 1994; R. Quinto, Rainerius Iordani v. Pisa, in Lexicon des Mittelalters, VII, München 1994, p. 420; Id., Estratti e compilazioni alfabetiche da opere di autori scolastici (circa 1250-1350), in C. Leonardi - M. Morelli - F. Santi, Fabula in tabula. Una storia degli indici dal manoscritto al testo elettronico, Atti del Convegno di studio della Fondazione di Ezio Franceschini e della Fondazione IBM Italia, Certosa del Galluzzo... 1994, Spoleto 1995, pp. 119-134 (in partic. pp. 127-134); E. Panella, Cronica di santa Caterina in Pisa. Copisti autori modelli, in Memorie Domenicane, XXVII (1996), pp. 211-291; G. Zaccagnini, L’agiografia pisana medioevale: problemi e prospettive di ricerca, in Devozione e culto dei santi a Pisa nell’iconografia a stampa, a cura di S. Burgalassi - G. Zaccagnini, Pontedera 1997, pp. 15-78 (in partic. p. 74); E. Salvadori, Fra Domenico Cavalca nelle fonti documentarie pisane del secolo XIV, in Memorie Domenicane, XXXV (2004), pp. 101-135 (con Appendice documentaria); A. Derolez, Gand comme centre de diffusion d’une édition revue et indexée de la “Pantheologia” de Rainier de Pise (1459), in Scriptorium, LX (2006), pp. 227-237; C. Moro, Custodi di un antico sapere. Le edizioni del XV secolo della Biblioteca Cathariniana di Pisa, Pisa 2008, p. 81; G. Zaccagnini, I santi nuovi della devozione pisana nell’età comunale (secoli XII-XV), in Profili istituzionali della santità medievale. Culti importati, culti esportati e culti autoctoni nella Toscana occidentale e nella circolazione mediterranea ed europea, a cura di C. Alzati-G. Rossetti, Pisa 2008, pp. 289-316 (in partic. p. 312); E. Salvadori, I frati del convento domenicano di S. Caterina di Pisa e la loro chiesa. Attraverso la “Chronica” di Domenico da Peccioli e la documentazione archivistica (1220-1350), tesi di dottorato, Università di Pisa, 2016.