RANGONI, Guido, detto Piccolo
RANGONI (Rangone), Guido, detto Piccolo. – Nacque nel 1485 (il 12 luglio secondo Giuntini, 1573, p. 299), primo dei dieci figli di Niccolò Maria, conte di Spilamberto, e di Bianca, figlia di Giovanni II Bentivoglio signore di Bologna.
Ricevette con i fratelli e le sorelle un’educazione umanistica sotto la guida prima di Anton Maria Visdomini, poi di Lilio Gregorio Giraldi (che lo elogiò in un passo del De poetis suorum temporum dedicato al fratello cardinale Ercole) e di Demetrio Moscopulo.
Nel 1500 il padre Niccolò, capitano al servizio del suocero signore di Bologna, morì e Rangoni – chiamato dai contemporanei Piccolo per distinguerlo dall’omonimo cugino Guido di Uguccione, detto Grosso – iniziò la carriera militare sotto la guida del parente Cesare Rangoni. Il suo apprendistato alle armi si svolse negli anni in cui i papi – prima Alessandro VI e poi, dopo il brevissimo pontificato di Pio III, Giulio II – miravano a sottrarre Bologna ai Bentivoglio; l’impresa riuscì a Giulio II nel novembre 1506, quando Giovanni Bentivoglio con i maggiori sostenitori del proprio partito e i parenti (fra i quali la figlia Bianca e i nipoti) lasciò la città. L’anno seguente Rangoni, in accordo con gli zii materni, tentò di riprendere Bologna ma fu fermato dall’intervento delle truppe estensi; in conseguenza di questo atto d’ostilità nei confronti della Chiesa fu scomunicato dal papa e privato del feudo di Spilamberto dagli Este.
Nel 1508, scoppiata la guerra della Lega di Cambrai, Rangoni si mise al servizio della Repubblica di Venezia, sotto i cui vessilli continuò a militare anche quando, nel 1510, il mutamento di strategia da parte di Giulio II portò lo Stato della Chiesa ad allearsi a Venezia. Nell’agosto di quell’anno le armate papali conquistarono Modena anche grazie all’aiuto della famiglia Rangoni: si instaurò così un legame con la Curia romana che avrebbe portato come primo frutto il seggio vescovile reggiano per il cugino Ugo Rangoni e, in seguito, il cardinalato e la carica di vescovo di Modena per il fratello Ercole.
Negli anni seguenti Rangoni, prima sotto il comando generale di Gian Paolo Baglioni e poi sotto quello di Bartolomeo d’Alviano, partecipò con le armate veneziane ad alcuni dei maggiori fatti d’armi in Veneto, Romagna e Lombardia rimanendo prigioniero due volte (a Marostica nel 1511 e a Magnano presso Brescia nel 1512).
La sua competenza in campo militare, sia come comandante sia come guerriero, è testimoniata fra gli altri da Angelo Vizzani da Montone, che nel suo Trattato dello schermo, stampato a Bologna nel 1588, discorrendo dei diversi tipi di guardia lo elogia descrivendolo come un eccellente spadaccino nonostante la statura ridotta. Nel 1514 scoppiò fra Rangoni e il bolognese Ugo Pepoli un dissidio che sfociò, dopo oltre due anni di pubbliche sfide, in un duello. La vicenda, che coinvolgeva due famosi guerrieri appartenenti a famiglie molto in vista delle due città, ebbe grande eco a Modena e Bologna; la vittoria su Ugo Pepoli fu poi celebrata annualmente da Rangoni.
Nell’autunno del 1514 lasciò la condotta veneziana per passare al servizio dello Stato della Chiesa e in dicembre, assunto il comando delle armate papali stanziate nel territorio modenese, con un colpo di mano prese possesso della città, già formalmente ceduta alla Chiesa ma ancora controllata dagli imperiali. Il nuovo prestigioso ruolo ricoperto nella compagine di governo (fu proprio lui a ospitare il re di Francia Francesco I durante una sosta a Modena nel dicembre 1515) non impedì a Rangoni di prendere parte agli scontri tra le fazioni; in particolare, assieme con il fratello Alessandro fu protagonista nella primavera del 1515 di un conflitto sanguinoso con i sostenitori del cugino Gherardo Rangoni. Questa compromissione nella lotta fazionaria fu uno dei fattori che crearono costanti tensioni con Francesco Guicciardini, chiamato nel 1516 al governo di Modena (e nel 1517 anche di Reggio).
Da quel momento Rangoni rimase per tredici anni al servizio dello Stato della Chiesa alternando all’incarico nel territorio modenese missioni su scala maggiore come la campagna del 1517, che permise ai Medici di sottrarre il Ducato di Urbino a Francesco Maria della Rovere. Fra i compensi ricevuti per queste campagne figura anche il conferimento del feudo romagnolo di Longiano.
Nel 1521 l’alleanza stretta in chiave antifrancese da Chiesa e Impero portò una nuova ondata di eventi bellici nella pianura italiana. Guicciardini, governatore di Modena e Reggio, fu nominato commissario generale dell’esercito papale e Rangoni – che nello stesso anno si vide affidare provvisoriamente anche il governo di Modena sottratto a Guicciardini – affiancò i massimi gradi militari sul campo.
Durante gli anni di intensa conflittualità che seguirono, Rangoni continuò a essere impegnato nella difesa di Modena; nel settembre del 1523, quando Alfonso I d’Este riconquistò Reggio approfittando della vacanza della sede papale seguita alla morte di Adriano VI, difese efficacemente la città dagli assalti estensi.
Nella primavera del 1527, durante l’avanzata delle armate imperiali su Roma, si diresse con un ampio contingente di armati verso la città per difenderla in previsione dell’assedio, ma per ordine di Renzo da Ceri si fermò prima di raggiungerla e, anche a causa dell’indecisione di Francesco Maria della Rovere, non riuscì a bloccare l’avanzata dei lanzichenecchi; in maggio, mentre infuriava il sacco di Roma, le truppe papali si scontrarono con quelle imperiali e Rangoni rimase ferito.
Durante il lungo assedio a Castel Sant’Angelo che seguì, due eventi colpirono Guido: la morte per malattia del fratello cardinale Ercole, rinchiuso con il papa in Castel Sant’Angelo, e la riconquista di Modena da parte di Alfonso I d’Este. Questo rivolgimento politico costrinse in un primo momento i fratelli di Rangoni a consegnare il palazzo di città e il feudo di Spilamberto, ma nell’autunno dello stesso anno la frattura fra i Rangoni e i duchi di Ferrara, che durava dal fallito tentativo di recupero di Bologna da parte dei Bentivoglio nel 1507, si avviò a una ricomposizione; Rangoni, lasciato l’esercito papale dopo tredici anni, entrò al servizio della Francia.
Militando nell’esercito francese sotto il comando di Odet de Foix signore di Lautrec, l’anno seguente combatté prima in Romagna, poi nel Regno di Napoli; durante l’assedio di Napoli contrasse la peste, di cui morirono il fratello Francesco e lo stesso Lautrec. In seguito si portò in Lombardia e il 21 giugno 1529 partecipò alla battaglia di Landriano in cui l’esercito francese fu sconfitto da quello imperiale.
Passato all’inizio del 1532 al soldo dell’Impero come luogotenente di Alfonso d’Avalos marchese del Vasto, affiancò l’esercito di Ferdinando d’Asburgo per difendere i confini ungheresi dagli assalti ottomani.
Quattro anni più tardi, nella primavera del 1536, con un nuovo mutamento di fronte Rangoni si accordò con Francesco I e nel corso dell’estate al comando di truppe francesi conquistò Tortona e altre fortezze piemontesi prima di dirigersi su Genova e assediarla senza successo assieme al cognato (in quanto sposato con la sorella Costanza) Cesare Fregoso; quindi si portò a Torino per contribuire alla difesa della città dall’assedio degli imperiali.
Nel 1538-39 Rangoni tornò alle origini della propria carriera militare riavvicinandosi alla Repubblica di Venezia, ma proprio a Venezia – dove era solito trascorrere lunghi periodi fra le campagne militari – morì improvvisamente il 9 gennaio 1539; la causa della morte fu probabilmente naturale, ma girarono voci di un possibile avvelenamento. Trasportato a Modena, ebbe un funerale che coinvolse tutta la città e fu sepolto nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo. Al corteo funebre sfilarono gli stendardi di tutti gli eserciti in cui aveva militato: Venezia, Stato della Chiesa, Impero e Francia.
Aveva sposato nel 1514 o 1515 Argentina, figlia di Federico Pallavicino marchese di Zibello e di Clarice Malaspina, che gli diede due figli maschi (Baldassarre e Nicolò) e tre femmine (Bianca, Lavinia e Isabella).
I coniugi intrattennero sempre stretti rapporti con alcuni fra i letterati più illustri del tempo: di Argentina, che fu dedicataria della commedia Il marescalco di Pietro Aretino stampata a Venezia nel 1533, si conservano due lettere a Pietro Bembo, mentre Rangoni – che compose alcuni epigrammi e nel castello di Longiano raccolse una vasta biblioteca di testi latini e greci – tenne a lungo presso di sé, come segretario, Bernardo Tasso. Inoltre, fu dedicatario di varie opere come il De auguriis di Agostino Nifo, il Comento a Petrarca di Fausto da Longiano, il De optima hominum felicitate e il De morbo gallico di Tommaso Gianotti e l’Opera nova di Achille Marozzo, il testo più influente della scuola bolognese di scherma.
Fonti e Bibl.: P. Giovio, Historiarum sui temporis, Lutetiae 1553-1554, I, p. 178, II, pp. 176, 227; F. Giuntini, Speculum astrologiae, Lugduni 1573, p. 299; A. Vizzani dal Montone, Trattato dello schermo, Bologna 1588, p. 73; L.A. Muratori, Delle antichità estensi, II, Napoli 1776, pp. 352, 380; Cronaca modenese di Tommasino de’ Bianchi detto de’ Lancellotti, II-XIII, Parma 1862-1884, ad indices; M. Sanuto, I diarii, a cura di R. Fulin et al., XVIII-LVIII, Venezia 1879-1903, ad indices; A. Todesco, Annali della città di Modena (1501-1547), a cura di R. Bussi - R. Montagnani, Modena 1979, pp. 14-19, 23, 29 s., 33, 35 s., 38, 40-42, 66, 68; L. Beliardi, Cronaca della città di Modena (1512-1518), a cura di A. Biondi - M. Oppi, Modena 1981, pp. 93 s., 104-107, 114 s., 121, 123 s., 126, 129, 141; F. Guicciardini, Storia d’Italia, a cura di E. Scarano, Torino 1981, ad indicem.
G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, IV, Modena 1783, pp. 299-309; Id., Memorie storiche modenesi, tomo IV, Modena 1794, p. 75; P. Litta, Famiglie celebri d’Italia, VII, Milano 1844, tav. Rangoni; G. Albini, Di un duello fra G. R. ed Ugo Pepoli nella cronaca e nella poesia del tempo, Bologna 1892; G.C. Montanari, G. R., un condottiero fra Evo Medio e Moderno, Modena 2005.