ramo
Il sostantivo, presente anche nel diminutivo ramicel, ha, accanto alla forma normale del plurale, quella in -ora (ramora). La parola ha il significato proprio di " parte dell'albero che si spicca dal tronco ", in If XIII 5 non rami schietti, ma nodosi e 'nvolti; / non pomi v'eran, ma stecchi con tòsco (nella descrizione della selva dei suicidi) e al v. 32 colsi un ramicel da un gran pruno, dalla pianta selvatica in cui si racchiude l'anima di Pier della Vigna; e così in Pg XXIX 35 e XXXIII 110, in Rime C 43 ramo di foglia verde a noi s'asconde / se non se in lauro, in pino o in abete.
Vale per sineddoche " albero ", in If III 113 Come d'autunno si levan le foglie / l'una appresso de l'altra, fin che 'l ramo / vede a la terra tutte le sue spoglie, / similemente il mal seme d'Adamo / gittansi di quel lito ad una ad una; per le derivazioni virgiliane e, v. CARONTE. Tra gli antichi commenti cfr. quello del Lana: " Dixe lo exempro che sì como l'arbore d'autunno se vede cadere... ".
Numerosi sono i casi in cui r. si presenta in contesti comparativi, come secondo termine della similitudine; così in If IX 70 un vento / impetüoso... / che fier la selva e sanz'alcun rattento / li rami schianta, abbatte e porta fori, nel confronto tra il frastuono della tempesta che si abbatte sulla selva e quello dell'angelo al passaggio della palude Stigia; analogamente in Pg XXII 134 come abete in alto si digrada / di ramo in ramo, così quello in giuso: come l'abete si restringe e assottiglia verso l'alto nella disposizione dei suoi r., così la pianta della sesta cornice presenta, al contrario, le diramazioni più fragili e sottili in basso e quelle più robuste e allungate in alto, in modo da impedire ai golosi di coglierne i frutti; qui va notata la locuzione di ramo in ramo, che si ripete in XXVIII 19. Cfr. anche Pd XXVI 138 l'uso d'i mortali è come fronda / in ramo, che sen va e altra vene, da rinviare alla fonte oraziana (Ars poet. 60 ss.): " ut silvae foliis pronos mutantur in annos, / prima cadunt, ita verborum vetus interit aetas, / et iuvenum ritu florent modo nata vigentque "; e Cv IV XVIII 5 lo piè de l'albero, che tutti li altri rami comprende, si dee principio dire e cagione di quelli, e non quelli di lui; e così nobilitade, [che] comprende ogni vertude, sì come cagione effetto comprende; nell'ambito della stessa concezione, D. afferma (IV XIX 6): tante sono le nature e le potenze di quella, in una sotto una semplice sustanza comprese e adunate, ne le quali sì come in diversi rami fruttifica diversamente, dove il linguaggio si fa decisamente metaforico e per r. si deve intendere " le potenze umane ", le inclinazioni, le facoltà, dal cui discendono, come frutti, gli atti virtuosi sul piano morale e intellettuale; al semplice valore di comparazione si ritorna in IV XXVIII 4.
Il senso proprio si riscontra anche in contesti nettamente simbolici, secondo un uso frequente nella letteratura medievale: così in Pg XXIV 103 parvermi i rami gravidi e vivaci / d'un altro pomo, la seconda pianta della sesta cornice, derivante da quella del Paradiso terrestre dalla quale Eva staccò il pomo proibito (albero della scienza del bene e del male); chiosa l'Anonimo: " Qui induce uno altro arbore. Et è qui a notare la seconda spezie de' golosi; et... è da considerare due spezie de' golosi: nella quantità e nella qualità... ché alcuni golosi si dilettano nelle vivande, e guardano pure che le vivande sieno assai; et altri sono che cercano ch'elle sieno delicate e di buon sapore; e voglionne poche. E questi arbori sono prodotti qui, che hanno ad aguzzare l'appetito e la voglia del mangiare, onde i golosi sentono maggiore tormento "; XXXII 39 una pianta dispogliata / di foglie e d'altra fronda in ciascun ramo, " l'Albero dell'umanità: l'Albero di Adamo, l'Albero del bene e del male... All'Albero vedremo (vv. 49-51) aver Cristo ‛ legato ' il Carro della sua Chiesa; e immediatamente, pure per istituzione divina, all'Albero e al Carro esser congiunte le sorti... dell'Impero romano universale. La disobbedienza di Adamo e di Eva fece intristire l'Albero simbolo dell'umanità " (Del Lungo); XXXII 60 s'innovò la pianta, / che prima avea le ramora sì sole: " poi che 'l timone vi fu legato, diventò fronduta di follie sanguigne. Per la qual cosa l'A. dà ad intendere che la passione di Cristo ritornò l'umana specie a l'obedienzia, e nel suo sangue, che sparse in su la croce, le nostre opere virtuose ebbono efficacia e funno accettate da Dio " (Buti).
Il significato di r. diventa metaforico in Pg VII 121 Rade volte risurge per li rami / l'umana probitate; e questo vole / quei che la dà, perché da lui si chiami: di rado Dio consente che la virtù passi da padre in figlio, perché vuole che l'uomo ne riconosca in lui il principio: " L'umana virtù rade volte si rileva nei figliuoli, come la virtù del troncone de l'albero ne' suoi rami " (Buti; la considerazione dantesca allude a Giacomo e Federigo, figli di Pietro III d'Aragona); e in VII 132 questi ha nei rami suoi migliore uscita, allusione ai discendenti di Enrico III d'Inghilterra e, in particolare, al figlio Edoardo I. " Per tante vie, in tanti diversi modi " (Sapegno) deve intendersi l'espressione di Pg XXVII 115 Quel dolce pome che per tanti rami / cercando va la cura de' mortali, / oggi porrà in pace le tue fami: " Summum bonum quod variis modis queritur a curis mortalium ista die te quietabit " (Serravalle); " di domanda in domanda ", ordinatamente e con gradualità fino al momento conclusivo, bisogna interpretare in Pd XXIV 115 E quel baron che sì di ramo in ramo, / essaminando, già tratto m'avea, / che a l'ultime fronde appressavamo, / ricominciò: " per tot petitiones sibi gradatim factas " (Benvenuto) procede s. Pietro nell'esaminare D. sulla fede. Ancora metafore in Cv IV VIII 1 Lo più bello ramo che de la radice razionale consurga si è la discrezione, dove r. vale " facoltà ", come nell'altra occorrenza dello stesso paragrafo: Uno de' più belli e dolci frutti di questo ramo è la reverenza che dee lo minore a lo maggiore.