RAINALDI
. Architetti operanti nella seconda metà del secolo XVI e nel XVII. Adriano, morto a Roma nel 1597, era originario di Norcia e venne a Roma forse poco prima del 1550 (figura fra gli accademici di S. Luca sino dal '54), svolgendovi anche attività di pittore. Di lui non si conoscono opere di una qualche importanza, che ci permettano di giudicarlo. È probabile che lavorasse in sottordine agli architetti lombardi allora predominanti.
Girolamo, figlio di Adriano, nacque a Roma nel 1570 e ivi morì nel 1655. Discepolo di Domenico Fontana, ancora giovanissimo ottenne per intercessione di lui presso Sisto V di erigere una chiesa a Montalto delle Marche, terra natale del pontefice (1589). Da questo tempo in avanti le molte sue opere, commessegli anche fuori di Roma, attestano una larga fama di architetto esperto, più che geniale. In verità il suo stile, pur nelle opere di maggiore impegno, non si distaccò per elementi personali dai Lombardi, in favore a Roma nel tardo Cinquecento, sui quali si era formato; né parve sentire, tranne forse negli ultimi anni per una certa libertà di fantasia il progredire del secolo. È anche sintomatico il fatto che i lavori più importanti commissionati al R. - si citano quelli nell'Emilia: il Palazzo ducale di Modena, il Palazzo del giardino a Parma, la chiesa di S. Lucia dei gesuiti e il Collegio dell'ordine a Bologna - non vennero condotti a termine secondo i suoi disegni, o subirono in seguito radicali trasformazioni; e altri, come i progetti per il porto di Fano (1612), e per un ponte sul Tevere (1589-1603) e uno sopra il Nera (1611), riguardano soprattutto la pratica dell'ingegneria pura. A Roma il R. collaborò insieme col Della Porta nel compimento dei palazzi capitolini, dando nella facciata di quello Senatorio, al disopra della scalea michelangiolesca, un esempio di ben proporzionato spartimento architettonico; eresse il semplicissimo edificio della Casa professa o Casa madre dei gesuiti, fu impiegato per lavori ai palazzi Colonna, Verospi e Zuccari, e per secondarie opere di decorazione in varie chiese; a Caprarola, nel Lazio, costruì la bella chiesa di S. Silvestro (1620). Fino dal 1612 aveva ricevuto il titolo di "architetto del popolo romano"; nel '44, con Innocenzo X Pamphili, fu nominato architetto di corte, e per la famiglia del pontefice cominciò a costruire il palazzo di Piazza Navona, che è la sua opera più personale, e quella che, con scarsa chiarezza di idee - nella facciata la complessa decorazione di pilastri e archi non riesce a fondersi con l'intima struttura dell'edificio e vi rimane sovrapposta in un insieme di linee senza sufficienti risalti - mostra un timido accoglimento delle nuove correnti del gusto.
Carlo nacque a Roma nel 1611, morì ivi nel 1691. Poco sappiamo del primo periodo della sua attività, svoltosi sotto la direzione del padre, Girolamo, al quale lo troviamo associato nel '52 per il progetto della chiesa di S. Agnese in Agone. Ma questo lavoro, appena un anno dopo l'inizio, venne lasciato dai R., e l'architetto che in seguito lo riprese, Francesco Borromini, non rispettò del progetto primitivo altro che la pianta a croce greca con grandi nicchie all'incrocio dei bracci, geniale nell'idea e assai bene studiata nelle proporzioni. Dopo la morte del padre, Carlo dava nel 1660 la migliore prova della sua arte con la chiesa di S. Maria in Campitelli (v. XXV, tav. LXXVI) una delle opere più interessanti e significative del sec. XVII in Roma. Molto è stato lodato nella facciata l'effetto di risalti e di chiaroscuri, e tuttavia esso appare ottenuto con un minimo di fantasia, replicando nei due ordini il medesimo profilo con eguale numero di colonne, mentre uno sviluppo secondario e in arretrato rispetto al corpo centrale rimane alle due strettissime ali. È la trasformazione della facciata cinquecentesca, tipo Vignola, seguente la struttura interna della fabbrica, in un prospetto decorativo di grandiosità certo più superficiale, ma ricca; e lo stesso R. mostrò il profitto che era possibile trarne in un edificio di maggior mole, quando (1665) venne incaricato di compiere la facciata di S. Andrea della Valle, lasciata dal Maderno al suo ordine inferiore. L'interno, originalissimo, risulta in pianta una specie di doppia croce greca (l'innesto della prima nella seconda ad archi più bassi è la parte meno riuscita della costruzione), ma in realtà l'architetto sembra avere seguito soltanto la libera ricerca di un effetto prospettico, chiesto alle grandi colonne angolari, agli aggetti delle cornici, infine alla sapiente gradazione della luce in rapporto agli spazî.
Ebbe il R. del suo secolo il gusto delle complesse sistemazioni edilizie, e ne fornì un esempio col progetto delle due chiese di Santa Maria in Montesanto e S. Maria dei Miracoli, all'inizio del Corso, fra le vie del Babuino e di Ripetta, felice soluzione per una sorta d'ingresso trionfale alla città, come gli era stato richiesto da papa Alessandro VII (1662): l'opera, interrotta alla morte del pontefice, venne in seguito ripresa e modificata notevolmente dal Bernini e da Carlo Fontana. Con maggiore compiutezza quindi possiamo giudicare l'architetto in questo campo per l'adattamento monumentale della basilica di S. Maria Maggiore verso la Piazza dell'Esquilino (1673), dove egli riuscì a ottenere un grandioso effetto, sfruttando abilmente le linee dell'edificio da questa parte, senza mascherare la forma dell'abside (della quale anzi accentuò l'evidenza con la gran curva della scalea) e facendo sì che le cupole delle cappelle Sistina e Paolina servissero di coronamento ai lati.
Oltre a queste opere principali, il R. costruì in Roma il palazzo oggi Salviati sul Corso, ricco, ma poco felice nella facciata per il serrato ritmo spaziale tra le finestre e la pesantezza del cornicione scolpito; l'elegante loggetta del palazzo Borghese verso il Tevere; le chiese di S. Maria del Suffragio (1669) e del S. Sudario (1687): condusse lavori parziali per quelle di Gesù e Maria e di S. Maria in Via, e per varie altre fornì disegni di cappelle e di altari. Gli vengono attribuite le chiese di Monte Porzio e di Monte Compatri, presso Frascati. Lavorò anche nelle Marche per le facciate delle chiese dell'Angelo Custode (1679) e del Carmine ad Ascoli Piceno, e di S. Ignazio a Fano.
Bibl.: Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXVII, Lipsia 1933 (con bibl.). - Su Girolamo e Carlo R., v. in particolare A. P. Brinckmann, Baukunst d. 17. u. 18. Jahrh. in d. romanischen Ländern (Handbuch d. Kunstwissenschaft), Berlino 1929; su Carlo R. anche Hempel: C. R. (diss.), Monaco 1919.