SELLI, Raimondo
SELLI, Raimondo. – Nacque a Bologna da Luigi e da Rosa Ambrosini il 30 settembre 1916. Il padre morì, a soli trentasette anni, nel 1917. Il piccolo fu educato dalla madre, artista, e dal nonno paterno, Agostino, titolare di una ditta di perforazione di pozzi artesiani. Il nonno materno era un bibliofilo.
Al liceo classico studiò le lingue classiche e il tedesco. Frequentò il Museo Capellini dove, nel 1935, incontrò il direttore Michele Gortani. Fu un sodalizio fecondo e duraturo. Si può comprendere Selli solo se inserito nell’epica scuola geologica bolognese di Ulisse Aldrovandi, Ferdinando Cospi, Luigi Ferdinando Marsili, Giuseppe Monti, Iacopo Bartolomeo Beccari, Ferdinando Bassi, Camillo Ranzani, Giuseppe Bianconi, Giuseppe Scarabelli, Giovanni Capellini, Carlo Fornasini e Gortani appunto, che ne redasse la storia. Selli si laureò in scienze naturali il 14 giugno 1940 a Bologna durante il servizio militare, combattendo sulle Alpi. Introverso e timido, scoprì presto le sue doti intellettuali e la passione scientifica: il tutto innestato in una visione umanistica della scienza. Fin dal 1937 ricoprì incarichi professionali. Nel 1943-44 sostituì Gortani nella direzione dell’Istituto di geologia e del Museo Capellini, la cui integrità Gortani voleva salvare dalla guerra, affidandola al carattere forte di Selli, fluente in tedesco.
Libero docente in geologia dal 1949, partecipò al Congresso geologico internazionale di Londra del 1948, e poi a quelli di Algeri (1952), Copenaghen (1960), Praga (1968), Montréal (1972), Sydney (1976), e infine Parigi (1980), dove fu sempre protagonista. L’opera scientifica di Selli si caratterizzò per continuità, qualità superiore e varietà. Fu micropaleontologo, malacologo, geologo alpino, principe dei geologi appenninici, stratigrafo e cultore degli standard cronostratigrafici, geologo del petrolio, tettonista, geologo applicato, sedimentologo, geologo marino. Gli scritti precedenti al 1950 danno la misura del geologo alpino e del micropaleontologo: colpiscono ancora oggi la prima descrizione della ‘dorsale ferrarese’ sepolta e la predizione di apparati vulcanici sepolti in Pianura Padana.
Nel 1950 iniziò un decennio di consulenza alla Montecatini per ricerche di idrocarburi, da cui discesero tre opere basilari: sulla trasgressione del Miocene nell’Italia meridionale, sul Paleogene e la carta geologica del Sannio. Fu tra i primi in Italia a integrare i nuovi metodi geofisici nella geologia di campagna, applicandoli anche nella ricerca di base. Nel 1954 divenne professore straordinario di geologia a Palermo, da dove fu chiamato a Bologna nel 1955, succedendo a Gortani e cominciando subito a progettare con Giovanni Michelucci un nuovo istituto di geologia, pur con nuovi incarichi professionali.
Negli anni Cinquanta spiccavano le grandi monografie rivoluzionarie per impostazione e risultati. Selli introdusse tutti gli ingredienti descrittivi e interpretativi della crisi di salinità messiniana del Mediterraneo. Teorizzò poi la classificazione dei terreni in alloctoni, parautoctoni, mesoautoctoni, neoautoctoni, autoctoni e paleoautoctoni, come strumento di analisi delle catene montuose, presto adottato negli Stati Uniti (1964) e nel mondo. Vi comprese la metà delle formazioni geologiche ancora in uso e formulò la prima interpretazione coerente e completa della complessa metà appenninica dell’Italia. La sua creatività scientifica si legò strettamente alla ricerca di idrocarburi, e fu guida a giovani allievi entusiasti che testimoniarono per lungo tempo la qualità della sua scuola in aula e in campagna. Fu autorevole maestro di molti geologi a Bologna, in altre sedi italiane e in molte nel mondo.
Dal 1957 fu ordinario di geologia e diresse fino alla morte le riviste Le Grotte d’Italia e Giornale di geologia. Nel 1962 fu eletto presidente della Società geologica italiana per il biennio 1962-63 e nel 1963 ne organizzò l’adunanza estiva in Carnia. Aveva inaugurato poco prima la nuova sede dell’Istituto di geologia e paleontologia, il primo nuovo edificio postbellico per le scienze geologiche in Italia e il secondo per l’Università di Bologna. Nel 1963 guidò la Commissione ministeriale di inchiesta sulla tragedia del Vajont, avvenuta il 9 ottobre di quell’anno, per cui descrisse e interpretò l’evento, imprevedibile sino ad allora, divenuto grazie a lui oggetto di test preventivi per nuove opere analoghe. Le successive sentenze giudiziarie sul disastro del Vajont si ispirarono al testo di Selli, che delineava lacune progettuali e gravi omissioni operative, con sottovalutazione della componente geologica dei problemi. Nel 1964 fu chiamato nel Comitato geologico per il completamento della Carta geologica d’Italia. Nel 1965 iniziò ricerche geologiche in mare e convinse il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) della necessità di progettare un laboratorio di geologia marina in Italia. Nel 1966 ricevette la laurea honoris causa dall’Università di Bordeaux e nel 1967 intraprese un lungo viaggio di studio negli Stati Uniti, invitato dalle maggiori università nordamericane, da Princeton a Berkeley.
Degli anni Sessanta sono le ricerche isotopiche sulle paleotemperature, condotte con Cesare Emiliani, e l’opera più famosa sul Quaternario marino adriatico, ma anche la realizzazione delle due maggiori opere istituzionali, il già citato nuovo Istituto (1963), e il Laboratorio di geologia marina del CNR a Bologna (1968), primo in Europa. Selli deteneva allora le leve di comando della geologia in Italia senza disporre di alcun titolo, istituzionale o di potere, per esercitarlo, ma fidando solo sul prestigio scientifico e l’inarrivabile capacità di lavoro. Il suo ruolo guida subì inevitabilmente una sorda opera di erosione interna ed esterna, favorita anche dal suo carattere intimamente mite. Selli sopportò in dignitoso silenzio i ripetuti attacchi, che pagò duramente con la prematura morte.
Rappresentò a lungo il governo Italiano all’ONU per le median lines e l’uso pacifico di mari e oceani (1967-80). Nel 1976 fu nominato direttore del progetto finalizzato CNR Oceanografia e fondi marini.
Negli anni Settanta si impegnò su due nuovi fronti di importanza paradigmatica: la progettazione della ricerca sulla geologia marina del Mediterraneo e la ricezione dialettica della nuova teoria della tettonica a placche. La teoria non era di facile applicazione nel Mediterraneo, ma stimolò grandi modelli interpretativi. Selli cominciava tuttavia a dare segni di stanchezza per i contrasti sessantottini.
Nel 1971 impartiva ancora, tuttavia, lezione di acume geologico anche ai giovani ‘sbrigativi’ studiosi europei e americani. Scoprendo che il Tirreno è uno dei mari più recenti al mondo, Selli dimostrava la sua maturità e l’acerbo dogmatismo dei com-petitori. Altre opere basilari del periodo vertevano su tre punti di forza delle sue ricerche: la crisi di salinità del Messiniano, la cronostratigrafia globale e le applicazioni della geologia.
Sul primo punto Selli fu la voce pacata del dissenso esperto contro la foga nuovista destinata a venire smentita nei decenni successivi. Sul secondo punto raccolse trent’anni di dedizione creativa per elevare a standard globale il patrimonio della cronostratigrafia mediterranea degli ultimi quindici milioni di anni. Sul terzo punto, richiesto di un parere sulla fattibilità geologica del ponte sullo Stretto di Messina, tante volte riproposto, Selli rinnovava le conoscenze su struttura e storia del fondale marino e delle sponde, trattandone in concreto la sismotettonica e dettando severi parametri preventivi alla fattibilità.
Morì per ictus cerebrale a Bologna il 3 ottobre 1983.
Fu uno dei maggiori geologi del secondo Novecento e primo attore sulla scena scientifica globale in geologia del petrolio, geologia marina del Mediterraneo, tettonica degli Appennini, standard stratigrafici di Neogene e Quaternario, crisi di salinità del Messiniano mediterraneo. Nel 1984 fu intestato a Selli l’Istituto di geologia e paleontologia da lui costruito. Per il centenario del dono del Diplodocus, nel 2009, il Museo Capellini ha eretto un busto in gesso di Selli, che ora campeggia in una sala con quelli storici di Giovanni Targioni Tozzetti, Giovanni Battista Brocchi, Domenico Viviani e Georges Cuvier.
Opere. Alto Isonzo, in Atti del R. Istituto veneto, 1942, vol. 101, pp. 649-666; Appunti geologici sul gruppo del M. Avanza, in Giornale di geologia, 1946, vol. 18, pp. 73-87; Pozzo profondo presso Pontelagoscuro, ibid., pp. 53-72; Sabbia vulcanica oligocenica, in Rendiconti del’Accademia nazionale dei Lincei, s. 8, 1948, vol. 4, pp. 88-93; Bacino del Metauro, in Giornale di geologia, 1954, vol. 24, pp. 1-293; Trasgressione del Miocene nell’Italia meridionale, ibid., 1957, vol. 26, pp. 1-71; Paleotemperatures analysis of the Plio-Pleistocene section at Le Castella, Calabria, Southern Italy, in GSA Bullettin, 1961, vol. 72, pp. 679-688 (con C. Emiliani); Il Paleogene nel quadro della geologia dell’Italia Meridionale, Memorie della Società geologica italiana, 1962, vol. 3, pp. 737-789; Le Quaternaire marin du versant adriatique ionien de la péninsule italienne, in Quaternaria, 1962, vol. 6, pp. 391-413; Caratteri e interpretazione della frana del Vaiont, in Giornale di geologia, 1964, vol. 32, pp. 1-104 (con L. Trevisan); Tyrrhenian: a Pliocene deep sea, in Rendiconti dell’Accademia nazionale dei Lincei, s. 8, 1971, vol. 50, pp. 580-592; An outline of the Italian Messinian, in Messinian events. Proceedings of the Koninklijke Nederlandse Akademie Van Wetenschappen, a cura di C.W. Drooger, Amsterdam 1973; The Neogene-Quaternary boundary in the Italian marine formations, in Giornale di geologia, 1977, vol. 41, pp. 81-105; Vrica section. A potential Neogene-Quaternary Boundary stratotype, ibid., vol. 42, pp. 181-204; Geologia e sismotettonica dello Stretto di Messina, in Atti del Convegno L’attraversamento dello Stretto di Messina e la sua fattibilità, …1978, Roma 1979, pp. 119-154; Carta geologica del Sannio e regioni limitrofe, a cura di R. Sartori et al., Firenze 2003.
Fonti e Bibl.: G.B. Vai, R. S., commemorazione, in Memorie della Società geologica italiana, 1984, vol. 27, pp. 5-15; Geological evolution of the Mediterranean basin. R. S. commemorative volume, a cura di D.J. Stanley - F.C. Wezel, New York 1985; F. Ricci Lucchi, Foreword. In memoriam R. S., Giornale di geologia, s. 3, 1986, vol. 47, pp. 3-5; G.B. Vai, Revisione critico-storica dei piani marini del Quaternario, Roma 1996; Geology of the Tyrrhenian Sea and the Apennines. Volume in honour of R. S. and R. Sartori, a cura di R. Capozzi - G.B. Vai, in Bollettino della Società geologica italiana, 2005, vol. 4, numero speciale; E. Patacca - P. Scandone, Geological map of Sannio, ibid., pp. 17-30; U. Crescenti, Stratigrafia del pozzo S. Croce 1 (Molise), ibid., pp. 31-36; G.B. Vai, Vajont 50 anni dopo, in L’Italia dei disastri. Dati e riflessioni sull’impatto degli eventi naturali (1861-2013), a cura di E. Guidoboni - G. Valensise, Bologna 2013, pp. 43-72; R.S. (1916-1983) e la Società geologica italiana. Atti del Centenario Selliano, a cura di G.B. Vai, volume speciale della Società geologica italiana, Bologna 2017 (in partic. G.B. Vai, L’opera scientifica di R. S. (con bibliografia), pp. 1-95; R. Casnedi, S. consulente nella ricerca petrolifera, pp. 107-114; M. Manzoni - C. Selli, Dall’Alto Isonzo alle Nazioni Unite, pp. 118-128; L. Selli, Ricordi, pp. 129-133).