MITOGENETICI, RAGGI
. A base dell'esistenza delle radiazioni cosiddette mitogenetiche, cioè capaci di stimolare la mitosi delle cellule, sta la seguente esperienza riportata dal fisiologo russo A. Gurwitsch (Gurvič, 1922). Se si lascia sviluppare un germoglio di cipolla nell'oscurità, si osserva che il suo accrescimento è influenzato dalla presenza di un germoglio simile nelle vicinanze; in modo che il germoglio "indotto" si sviluppa in modo asimmetrico per effetto del germoglio "inducente". Tale asimmetria sarebbe dovuta al fatto che, nelle cellule del germoglio indotto esposte verso il germoglio inducente, il processo di mitosi avverrebbe con maggiore attività che nelle cellule rivolte verso la parte opposta. L'agente fisico di tale induzione reciproca sarebbe assorbito da sottili strati metallici o di vetro, ma sarebbe capace di attraversare una lamina di quarzo. Senza, da principio, pronunziarsi sulla sua natura fisica, il Gurwitsch chiamò tale agente radiazione mitogenetica (r. m. g.).
A seguito di queste prime esperienze, innumerevoli altre ne sono state eseguite, sia dal Gurwitsch e dalla sua scuola, sia in altri laboratorî. Tuttavia, nessuna di queste è riuscita a dare una prova dell'esistenza della r. m. g. capace di resistere a una critica seria. Anzi, può dirsi al contrario che il moltiplicarsi degli esperimenti ha valso più che altro a gettare il dubbio anche su quei risultati che, in un primo tempo, potevano forse da qualcuno ritenersi acquisiti.
Il Gurwitsch stesso ammette che le innumeri esperienze sulle cipolle non hanno dato risultati conclusivi. Tanto che per interpretarli si è spesso ricorso ad ammettere che in certi casi esistesse un effetto m. g. positivo, in altri negativo (cioè che nelle cellule irradiate la mitosi fosse meno attiva che nelle altre), e, infine, in altri ancora le cellule fossero insensibili alla r. m. g. Il verificarsi dell'uno o dell'altro di questi casi dipenderebbe da fattori incontrollabili.
Ma, secondo Gurwitsch, un materiale assai migliore per lo studio della r. m. g. - materiale quasi esclusivamente impiegato nelle ricerche più recenti - sarebbe costituito da colture di saccaromiceti in convenienti mezzi liquidi o gelatinosi. Tali colture sarebbero indicatori sensibilissimi e precisi delle radiazioni emesse sia da colture analoghe, sia da "sorgenti" diverse di r. m. g.
Possiamo dividere queste ricerche recenti in tre gruppi, che prenderemo successivamente in considerazione, e cioè: a) esperienze con sorgenti biologiche e rivelatori fisici; b) esperienze con sorgenti biologiche e rivelatori biologici; c) esperienze con sorgenti fisiche e rivelatori biologici.
Gruppo a): È naturale che si sia cercato di rivelare la r. m. g. con mezzi fisici specialmente dopo che le sue proprietà hanno condotto il Gurwitsch ad ammettere che si trattasse di luce ultravioletta (λ da 220 a 350 mμ). Data la probabile debolissima intensità, sono stati usati il più spesso contatori di fotoni. Queste esperienze non hanno dato risultati conclusivi; quelli positivi riportati sono per lo più infirmati:1. da insufficiente o errata considerazione delle fluttuazioni statistiche; 2. dal fatto che gli effetti osservati non dipendevano dai fattori geometrici dell'esperienza in modo conforme alle leggi della propagazione delle radiazioni.
Gruppo b): La scuola del Gurwitsch ha sviluppato ampiamente queste esperienze, usando sorgenti svariate (saccaromiceti, tessuti animali in varie condizioni fisiologiche e patologiche, ecc.) e, come rivelatori, colture di saccaromiceti. In particolare, è stata fatta una cosiddetta analisi spettrale della r. m. g., ponendo la sorgente davanti alla fenditura di uno spettrografo a ottica di quarzo, e il rivelatore dietro a un'altra fenditura situata al posto della lastra fotografica. Da notarsi che con questo dispositivo, nel quale l'intensità di irradiazione del rivelatore è ridotta di un fattore dell'ordine di centomila in confronto alle esperienze con irradiazione diretta, gli effetti rimarrebbero dello stesso ordine di grandezza. Si troverebbe allora che la r. m. g. consiste di bande altamente monocromatiche (larghezza minore di un Å) caratteristiche di ciascuna sorgente biologica di r. m. g. e con azione selettiva sui diversi tipi di rivelatori.
Gruppo c): Effetti analoghi si otterrebbero anche quando alla sorgente biologica di r. m. g. vengano sostituite certe sorgenti non biologiche. Queste consistono di sostanze (in mezzo liquido) tra le quali avvenga una reazione chimica. Per esempio, una intensa r. m. g. verrebbe emessa nel processo di neutralizzazione dell'idrato sodico con acido cloridrico, nella mescolanza di una soluzione di bicromato potassico con acido solforico, nell'inversione del saccarosio. Anche queste radiazioni, analizzate con i saccaromiceti come rivelatori, consisterebbero di righe di un alto grado di monocromaticità, e situate intorno a 220 mμ. Da notare che molti dei liquidi studiati sono totalmente opachi in questa regione spettrale, di modo che se anche tali righe venissero emesse nella reazione - ciò che contrasta con ben accertate leggi della fisica - sarebbero assorbite nel mezzo stesso. Invece, non sono stati ottenuti effetti mitogenetici con radiazioni della lunghezza d'onda supposta attiva, ottenute da una sorgente fisica normale (arco) e convenientemente filtrate e indebolite.
Concludendo, possiamo dire: 1. non esiste alcuna prova convincente che l'emissione di luce, visibile o ultravioletta, sia un fenomeno generale che accompagna la divisione della cellula; 2. ove anche tale radiazione esista, non è in alcun modo dimostrato che essa abbia un'azione stimolante sulla mitosi delle cellule nelle quali essa venga assorbita; 3. la così detta analisi spettrale eseguita dal Gurwitsch sulla r. m. g. non regge a una critica basata sulle leggi elementari della fisica.
Bibl.: A. Gurwitsch, Die mitogenetische Strahlung, Berlino 1932; T. Reiter e D. Gabor, Zellteilung und Strahlung, Berlino 1928; A. e L. Gurwitsch, L'analyse mitogénétique spectrale, Parigi 1934; O. Rahn, Invisible Radiations of Organisms, Berlino 1936; W. Gerlach, Ueber die "mitogenetische" Strahlung, in Naturwissenschaften, XXV, 1937.