ragazzo
Il vocabolo è in D. nel suo significato di " mozzo di stalla ", in If XXIX 77 non vidi già mai menare stregghia / a ragazzo aspettato dal segnorso. Le altre testimonianze, per lo più nel senso generico di " servo ", sono immediatamente successive (es. G. Villani; più tardi Boccaccio), mentre per lo stesso significato che in D. il Torraca cita Giordano da Pisa LXXXVI " non dee il signore istare nella istalla col ragazzo " (G.B. Pellegrini, Ragazzo, in Gli arabismi nelle lingue neolatine con speciale riguardo all'Italia, II, Brescia 1972, 488-502). I codici antichi danno anche la variante da ragazzo; cfr. Petrocchi, ad locum. Per il valore complessivo del paragone, persuasiva è la chiosa del Mattalia: " il paragone... al pari del precedente e del successivo, è sintonicamente impietoso e degradante, e il cumulo delle comparazioni produce in somma l'idea della grattante disperata furia ".