FRANCHI, Raffaello
Nacque a Firenze il 21 maggio 1899 da Annibale e da Agostina Chiarelli. Appena adolescente iniziò a lavorare nella trattoria del padre a piazza Pitti, la "piazza natia"; nel 1915 diventò fattorino telegrafico e quindi agente daziario.
Già a questi anni risalgono le prime prove di poesia come ci testimonia A. Viviani: "quando venne la prima volta in casa di Papini" - nel 1914 iniziò la corrispondenza tra il F. e Giovanni Papini - "con le tasche piene di poesie manoscritte mi parve di riconoscere a un tratto "Giannettino" di collodiana memoria scappato di nascosto dalle pagine del libro. Ragazzetto petulante e di loquela un po' becera, allora, con i pantaloni corti e le calze lunghe nere, goletta bianca inamidata alla marinara e sciarpa rossa a fiocco, saltellava irrequieto nel piccolo studio di Papini, senza trovare il modo di sedersi".
Proprio sulle rivistine di polemica e di poesia, che stavano nascendo intorno alla Voce di G. Prezzolini e di Papini (il Quartiere latino di U. Tommei, amico fraterno del F., la Brigata di F. Meriano e B. Binazzi), apparvero le poesie del F., alcune delle quali sarebbero confluite, nel 1916, nella raccolta lirica Ruscellante (Firenze).
Insieme con P. Conti, R. Chiti, E. Settimelli, N. Nannetti, con i quali frequentava i caffè fiorentini Giubbe Rosse e Paszkoswki, fece parte dei giovani intellettuali fondatori del secondo futurismo, gruppo dal F. stesso denominato "Pattuglia azzurra"; essi diedero vita nel giugno del 1916 all'Italia futurista, rivista nella quale il F. pubblicò anche la sintesi teatrale L'idealeinfranto. Allo stesso anno risale il breve amore per Sibilla Aleramo, di ventitré anni più vecchia di lui (Primo Conti rivelerà che il F. fu sempre attratto da donne mature che gli creassero intorno un velo di protezione).
Nel 1917 partì volontario al fronte, dove venne gravemente ferito a una gamba, rimanendo menomato per il resto della vita, ed ebbe una medaglia d'argento al valore militare. Dopo una lunga e dolorosa degenza in diversi ospedali italiani, si laureò in lettere a Firenze e insegnò per alcuni anni al liceo. Sempre nel 1917 uscì la seconda raccolta di poesie Incantamento (Pistoia) e nel 1918 l'ultima raccolta Luce sulle case (Bologna; poi Firenze 1920).
La produzione lirica del F., che appartiene tutta alla sua giovinezza, è caratterizzata da poemetti in prosa e da frammenti, intesi, questi ultimi, nel genuino senso della parola e non secondo quel gusto dell'epoca che aveva elevato il frammento lirico a genere letterario. L'influenza dell'opera di Dino Campana appare a quest'altezza quanto mai significativa, e lo stesso F. ebbe a dichiarare: "I Canti di Campana stanno agglutinando e fortificando la nostra atmosfera" (Humanitas, 27 ag. 1916).
All'impegno letterario continuò ad accompagnarsi nel F. l'interesse per la teoria e il valore delle arti, dalla poesia alle arti figurative al cinema al teatro, interesse che sfociò in una fittissima produzione critica: pubblicò nel 1919 Formazioni. Contributo a una storia dell'arte contemporanea (Bologna), una raccolta di saggi su E. Cecchi, C. Carrà, C. Morandi, la pittura metafisica, J. Villon e C. Linati, e iniziò una ininterrotta collaborazione con numerose riviste. Nel 1918 è tra i primi collaboratori della rivista bolognese La Raccolta, di G. Raimondi e Carrà. Il 12 maggio 1920 fondò, insieme a P. Conti, C. Pavolini, F. Agnoletti e G. Bastianelli, L'Enciclopedia, una rivista delle dimensioni di un pacchetto di sigarette che agganciandosi all'esperienza dadaista si opponeva a quel "ritorno all'ordine" che iniziava a tuonare da diversi pulpiti. L'Enciclopedia fondò anche un'Accademia con una propria collana di saggi che ospitò il Dialogo suldisegno (Firenze 1922) del Franchi. Il 14 nov. 1922 firmò il Manifesto della Corporazione delle arti decorative con C. Malaparte, M. Tinti, e P. Conti.
Questo sindacato, che restò in vita fino al 1927, si ispirava alle antiche corporazioni richiamando gli artisti a farsi e a considerarsi artigiani. P. Conti testimonia (Lagoladelmerlo, pp. 280 ss.) che in questo periodo il F., nonostante la qualità della sua produzione critica e letteraria, "aveva perso molto della sua grinta iniziale. Quella specie di serietà comandata che si respirava intorno, e qualche preoccupazione finanziaria, lo portarono a compromettersi con l'arte di certi pittori che non lo meritavano". Tuttavia attraverso la collaborazione a Nuovo Paese e soprattutto al Baretti, sul quale scriveva articoli di notevole interesse sul futurismo e sulla pittura dell'Ottocento, il F. appariva tra le voci critiche più severe e autorevoli sulla recente tradizione artistica italiana.
Nel 1924 pubblicò il primo romanzo, Pocaterra (Firenze), accolto con favore, a cui fecero seguito i racconti Lamaschera (Torino 1925) e L'amicodeipoeti (Firenze 1927). La fase narrativa del F. continuò negli anni successivi, collegandosi principalmente all'esperienza che lo vide tra i fondatori di Solaria e al dibattito intorno al romanzo animato da tale rivista.
In questi scritti prevale una vena malinconica tesa a far emergere gli stati d'animo e le sensazioni dei personaggi. Anche i temi e le situazioni dei racconti cedono poco al narrativo per evadere verso digressioni liriche. Atteggiamento, questo, che ha sempre trattenuto la critica da giudizi pieni sulla prosa del F., spesso considerata volutamente difficile e chiusa. Solamente nell'ultima raccolta di racconti, Il mercante di quadri (Firenze 1942), il tono della narrazione diventa più umano e i temi più familiari: dal toccante ricordo dell'amatissima madre alla descrizione delle appaganti esperienze legate alla nuova vita coniugale con l'amata Gioia, in realtà Ida Maroni, graziosa signora mantovana di origini ebree. Questa raccolta fu dedicata alla figlia adottiva Maria Letizia, nata dal primo matrimonio della Maroni.
Nel 1926 iniziò la collaborazione, continuata poi per tutta la vita, a La Fiera letteraria, sia come critico d'arte sia, dal 1929, come corrispondente con la rubrica "Corriera di Firenze". Furono anni di intensa attività giornalistica e saggistica: nel 1928 era critico letterario de L'Ambrosiano di Milano, dal 1929 de Il Lavoro di Genova, de Il Lavoro fascista e de Il Bargello di Firenze. Sempre del 1929 sono lo scritto L'Europeo sedentario (Firenze), che unisce saggi e confessioni dove trapelano il temperamento fiorentino del F., tagliente e sottile, e la sua capacità semplice e raffinata di ragionare, e il saggio sulla Pittura italiana dall'Otto al Novecento (Palermo). L'attività critica continuò serrata negli anni successivi: notevoli rimangono le raccolte Biglietto per cinque (Ancona 1935; ibid. 1947), con capitoli su Gianna Manzini, G. Ungaretti, A. Palazzeschi, C. Sbarbaro e A. Loria; Memorie critiche (Firenze 1938); Istmo. Ritratti letterari (Roma 1942), dedicati a scrittori e pittori viventi da E. Montale a G. De Chirico.
Il F. fu autore di numerose monografie di artisti del Novecento da V. van Gogh ad A. Modigliani, da O. Rosai ad A. Martini, da F. Campigli a G. Colacicchi, da E. Pozzi a E. Bordoni, da C. Ciani a B.M. Bacci a F. Vagnetti; mentre l'interesse e la conoscenza delle letterature e delle lingue straniere si espressero nelle accurate traduzioni di scrittori e critici contemporanei, tra i quali B. Berenson, che ebbe una profonda stima del Franchi.
Negli ultimi anni della sua vita egli insegnò italiano e storia all'Accademia di Firenze. Il F. morì a Firenze il 21 apr. 1949.
Altri scritti: I disegni di Ottone Rosai (Milano 1942); Le "svedesi" di Rosai (ibid. 1942); Modigliani (Firenze 1944; 2ª ed., ibid. 1950); Piazza natia, racconti (Torino 1929); Mitologiaquotidiana, racconti (Palermo 1930); L'equilibrista, romanzo (Firenze 1934); Giorni di vela (Ancona 1936).
Suoi lavori sono raccolti nelle antologie di E. Falqui - E. Vittorini, Scrittori nuovi, Lanciano 1930, pp. 273-279; Solaria - Letteratura - Campo di Marte, a cura di A. Folin, Treviso 1973, pp. 31-33, 233; Poeti futuristi dadaisti e modernisti in Italia, a cura di G. Viazzi - V. Scheiwiller, Milano 1974, pp. 108 s.
Fonti e Bibl.: Necr. in: La Fiera letteraria, 1° maggio 1949; A. Franci, in Il Mondo, 21 maggio 1949; Scena illustrata, maggio 1949; P. Bargellini, in Mattino, 22 apr. 1950; G. Antonini, Il romanzo contemporaneoin Italia, Aquila 1928, pp. 284-290; C. Pellizzi, Le lettere italiane del nostro secolo, Milano 1929, pp. 412 s.; G. Marzot, Pagine su R. F., in La Nuova Italia, III, febbraio 1932, pp. 57-61; A. Viviani, Giubbe rosse, Firenze 1933, pp. 205-212; B. Tecchi, Maestri ed amici, Pescara 1934, pp. 191-196; G. De Robertis, in Scrittori del Novecento, Firenze 1940, pp. 319-324; V. Bodini, Due libri di R. F., in Meridiano di Roma, 5 sett. 1943; B. Tecchi, rec. al "Mercante di quadri", in L'Italia che scrive, XXVI (1943), 3-4, p. 52; G. Antonini - G.B. Angioletti, Narratori d'oggi, Firenze 1943, p. 33; E. Falqui, Pezze d'appoggio vecchie e nuove, Roma 1951, pp. 26, 121, 233, 303; L. Fava Guzzetta, "Solaria"e la narrativa italiana intorno al 1930, Ravenna 1973, pp. 58-61, 191 e passim; S. Briosi, Il problema della letteratura in "Solaria", Milano 1976, pp. 18-28, 295-299 e passim; P. Conti, La gola del merlo, Firenze 1983, ad Indicem; G. Tomasella, Il"Baretti" e il dibattito artistico italiano degli anni Venti, in Studi piemontesi, 1991, n. 3, pp. 11-19; Diz. critico della letteratura italiana (UTET), I, p. 517; II, pp. 605, 632; III, pp. 292, 403; IV, pp. 202, 206 s., 279; Diz. della letteratura ital. del Novecento (Einaudi), p. 234; Diz. encicl. della letteratura italiana (Laterza), II, 1966, p. 536; Diz. generale degli autori italiani contemporanei (Vallecchi), I, pp. 538 s.; Diz. stor. della letteratura italiana (Paravia), 1959, p. 489; Letteratura italiana (Einaudi), II, p. 820; IX, pp. 45, 268, 518; Storia letteraria d'Italia, Il Novecento, a cura di G. Luti, Padova 1989-93, I, pp. 274, 276, 284, 397; II, pp. 784 s., 842, 871, 905, 963, 1051, 1100, 1191, 1681.