STERN, Raffaele.
– Nacque a Roma il 13 maggio 1774 da Giovanni (1734-1794), architetto, a sua volta figlio di Ludovico, pittore di figura (v. la voce in questo Dizionario), e da Maria Giuseppa Prò da Traffé, di nazionalità francese; il fratello minore Ludovico (1780-1861) fu un incisore.
Della sua formazione giovanile sono state reperite notizie alquanto scarse: dagli studi più recenti, basati su nuove acquisizioni documentarie, si evince che intraprese in giovane età la pratica dell’architettura, con tutta probabilità a fianco del padre. Nel 1788 fornì i disegni relativi a un intervento di sopraelevazione di una casa in via Zucchelli di proprietà delle carmelitane scalze del convento di S. Giuseppe a Capo le Case, realizzato dal capomastro Giovan Battista Ceccherelli (Sturm, 2012); dal Diario ordinario si apprende che il suo progetto per un palazzo da erigersi in Pietroburgo, dotato «di nobili, e doppi appartamenti, che avessero comunicazione fra di loro; di varie Gallerie di Pitture e di Statue; Sala grande di Ballo co’ respettivi suoi Usi: Teatro con le Abitazioni de’ Comici: Cavallerizza coperta, e scoperta, Archivio, ed altre Annesse abitazioni per le respettive Famiglie, e Guardie addette al servizio del Principe», fu prescelto per l’esecuzione e premiato con 300 zecchini (7 febbraio 1793, n. 1890, p. 23). La cronaca dell’evento riferiva che il diciannovenne romano, «dopo essersi fatto un regolare studio delle Matematiche, e dopo essersi istruito sotto i migliori Maestri di Disegno, si è dedicato già da molti anni all’Architettura, seguendo i precetti dell’Architetto Giovanni Stern suo padre parimenti Romano, il quale ora comincia a mietere frutto della diligente, ed amorosa coltura verso una Pianta, che giovane ancora ci previene di maggiore aspettazione» (pp. 24 s.).
Il 1° ottobre 1795 Raffaele fu nominato architetto revisore delle misure e dei conti della Reverenda Fabbrica di S. Pietro in luogo di Giuseppe Valadier, a sua volta designato architetto soprastante. Tale nuova mansione non gli impedì di intraprendere ulteriori attività: recentemente attribuito a lui è il progetto di una fornace di maiolica (1797) situata «dietro il Seminario Vaticano, nella contrada detta la Fonderia, al principio della salita detta Scaccia diavoli che conduce a Porta Pertusa» di proprietà della medesima Fabbrica (Archivio di Stato di Roma, Trenta notai capitolini, uff. 38, 1797, c. 75, notaio G. Cherubini, in Santuccio, 2008, p. 26).
Nel 1796, identificata in quel luogo una «vena di creta atta a formare Mattoni e Majoliche» (ibid.), i ceramisti Romualdo Chiari e Raimondo Vannutelli, insieme al giovane Stern, cui evidentemente non facevano difetto qualità imprenditoriali, avevano fatto richiesta di poterla sfruttare utilizzando all’uopo, opportunamente adattati, un edificio ivi situato e altre rimesse poste nei pressi da adibirsi a fornaci per i laterizi e il vetro, nonché di impiantarvi un «ordegno mosso ad acqua per macinare vernici, pestare le Fritte, e tutt’altro per la Fornace medesima» (ibid., p. 27). Accolta favorevolmente la richiesta, nel dicembre del 1798 la Reverenda Fabbrica aveva concesso loro in enfiteusi i beni suddetti «ed altri comodi» per una durata di diciotto anni (Archivio di Stato di Roma, ibid., 1798, cc. 531-543, in Santuccio, 2008, p. 27).
In qualità di architetto revisore della basilica Vaticana, incarico ricoperto fino al 1814 allorché fu designato architetto municipale di I classe, è documentato l’apporto di Stern nell’allestimento di un apparato per il S. Sepolcro e in occasione dei restauri delle pavimentazioni e di vari interventi di ripristino e manutenzione a fianco di Valadier e di Giuseppe Bernasconi, architetto misuratore (White, 2008b, p. 282).
A partire dal 1800, divenuto architetto della Reverenda Camera apostolica, Stern prese a occuparsi delle fabbriche e degli opifici camerali in Tivoli e Ronciglione, della Zecca e delle salnitrare e polveriere in Roma e nello Stato pontificio (ibid.). Tra il 1800 e il 1805 curò il progetto di una fabbrica per le armi da fuoco e da taglio (Archivio di Stato di Roma, Soldatesche e galere, Miscellanea, b. 741-S, f. 11).
Nel 1805, con Giuseppe Palazzi e Giuseppe Camporese, sovrintese, per conto del tribunale delle Acque e Strade, ai lavori di costruzione e mantenimento della via «che da Porta del Popolo conduce a Ponte Molle», dati in appalto a tale Angelo Antonio Mascetti; nello stesso anno all’imprenditore furono affidate le opere di «nuova costruzione ad imbrecciata» del tratto della via Flaminia da porta del Popolo a ponte Milvio, con la clausola che egli, ancora sotto la direzione dei tre architetti, provvedesse per vent’anni al suo mantenimento (White, 2008b, pp. 282, 288 nota 12).
Sempre nel 1805, poco più che trentenne, Stern fu eletto tra gli accademici di merito dell’Accademia di S. Luca. Il Catalogo degli artisti stabiliti, o attualmente dimoranti in Roma compilato da Giuseppe Antonio Guattani (1806) dà notizia, tra l’altro, della sua qualifica di architetto di fiducia di Luciano Bonaparte, per il quale in quegli anni curò la sistemazione della nuova residenza romana di palazzo Nuñez in via Bocca di Leone e della villa di Canino; su suo progetto furono inoltre eseguite le opere di rinnovamento degli spazi e delle decorazioni della villa alla Rufinella presso Frascati. Una fonte dell’epoca riferisce che in quella località, durante lo scavo di una forma, furono riportati alla luce il tracciato di un’antica strada, i resti di una scala e «diversi nobili avvanzi di muri e pavimenti a mosaico», individuati da Guattani quali «ossame di una non magnifica, ma assai decente abitazione di campagna», la cui pianta fu rilevata e delineata dallo stesso Stern (Gazzetta romana, 1808).
Dal 1806 l’architetto curò gli interventi di restauro e consolidamento statico del Colosseo.
Fu il cesenate Barnaba Chiaramonti, divenuto pontefice con il nome di Pio VII (1800-23), a promuovere una concreta azione di salvaguardia dell’anfiteatro dopo i danni subiti dal sisma del 1703. Il progetto di restauro aveva preso l’avvio, all’indomani dell’estensione del chirografo del pontefice (1° ottobre 1802) Sulle antichità, e belle arti in Roma, e nello Stato ecclesiastico, con una serie di indagini e scavi volti a verificare le condizioni di stabilità dell’anello esterno dell’anfiteatro, all’epoca il solo visibile. I lavori non conobbero sospensioni durante il governo napoleonico (1809-14); la presenza di Stern è documentata nel 1809 in occasione degli interventi di sterro e di demolizione delle superfetazioni.
In particolare alcune arcate verso il Laterano presentavano, nel secondo e terzo ordine, profonde lesioni con rotazione dei piedritti e abbassamento del concio in chiave. Stern ideò uno sperone di muratura di mattoni – in gran parte di spoglio – il quale, posto a contrasto con la parete dissestata, avrebbe potuto esercitare una controspinta, impedendone il crollo. Per conferire maggiore efficacia all’intervento, le arcate terminali furono chiuse mediante una tamponatura con la quale la condizione di dissesto veniva, almeno visivamente, mantenuta.
Gli interventi condotti da Stern sono stati oggetto di un’ampia disamina storico-critica volta a individuare tanto «la presunta autonomia delle scelte tecniche e formali [...] rispetto agli orientamenti ben espressi dagli amministratori francesi, quanto a sottolineare la modernità delle sue soluzioni tecniche e formali rispetto a quelle adottate più tardi dal Valadier» (White, 2008b, pp. 283 s.)
La stima e il prestigio di cui godeva malgrado l’ancor giovane età, unitamente alla protezione accordatagli da Antonio Canova, avrebbero portato Stern a ricoprire incarichi di notevole rilevanza che mantenne anche negli anni dell’occupazione napoleonica: fino alla prematura scomparsa egli poté rivestire «un ruolo attivo nella definizione di quegli interventi che, sul piano architettonico e urbanistico, avrebbero reso Roma città nuova e moderna» (White, 2008b, pp. 283 s.).
Dal 1812 al 1820 fu docente di architettura teorica presso le scuole dell’Accademia di S. Luca: l’impostazione didattica di Stern fece proprio quanto già espresso da suo padre Giovanni sull’imitazione «mai pedissequa» e sull’approccio critico ai modelli. Le lezioni tenute alle scuole accademiche furono trascritte dal suo allievo Antonio Sarti e in parte pubblicate: «il testo rappresenta una sorta di costante riferimento all’attività pratica e la lettura dei singoli passi, dedicati alle diverse tipologie di edifici, assume il carattere di esemplificazione teorica a sostegno delle soluzioni architettoniche adottate» (p. 284).
Nominato nel 1811 architetto dei palazzi imperiali, Stern studiò le modifiche da apportarsi agli appartamenti nel palazzo del Quirinale, nuova residenza dei Bonaparte. Degli interventi di abbellimento elaborò tre soluzioni progettuali caratterizzate da differenti gradi di invasività. Essendo stata prescelta quella di più rapida attuazione, l’operato di Stern si limitò all’esecuzione di alcuni restauri all’esterno del palazzo; quindi, designato membro, con Canova, di una commissione costituita all’uopo, curò il rinnovo degli apparati decorativi «secondo il moderno gusto neoclassico» (ibid.). In tale circostanza lavorò alla trasformazione della galleria di Alessandro VII, nella quale furono ricavati alcuni ambienti per farne la residenza dell’imperatrice Maria Luigia, ultimata nel 1813. Le mutate circostanze politiche non consentirono il compimento dei lavori nel palazzo, che, mai abitato dai Bonaparte, tornò al pontefice nel 1814.
Numerose e importanti le questioni urbanistiche che in quel periodo l’architetto fu chiamato ad affrontare in qualità di membro di una commissione appositamente istituita dal governo francese, la Consulte extraordinaire pour les Etats Romains.
Nel 1809, a seguito di un decreto promulgato da questo organismo, partecipò alla redazione del piano, non realizzato, per la sistemazione della zona tra il ponte Milvio e la porta del Popolo, ribattezzata villa Napoleone. Analogamente sulla carta rimase il progetto per la costruzione dei muraglioni lungo il tratto del Tevere tra Castel Sant’Angelo e il porto di Ripa grande, redatto nell’ambito degli studi per la navigabilità del fiume.
Ancora nel 1809, con Camporese, fu incaricato di reperire le aree sulle quali edificare due luoghi di sepoltura con tombe monumentali, cappelle e fosse comuni in forma di cripta, secondo il modello di Ferdinando Fuga (Bertolaccini, 2005, p. 202). I luoghi prescelti furono l’area adiacente alla basilica di S. Lorenzo fuori le Mura e il pigneto Sacchetti.
Al ritorno del pontefice, nel 1814, i lavori furono sospesi; l’inumazione apud ecclesiam rimase in auge fino al 1830, quando, a seguito dei gravi problemi di ordine igienico-sanitario, si stabilì di riprendere l’edificazione del cimitero di campo Verano (ibid.).
Nel 1814 Stern, ricominciata l’attività al servizio del governo pontificio, tornò a occuparsi dei lavori all’interno del Quirinale. Al 1818 è dato compiuto il nuovo apparato decorativo della cappella Paolina, per le pareti della quale, fino allora disadorne, egli delineò una partitura architettonica dipinta con nicchie inquadrate da lesene e raffigurazioni degli Apostoli. Sulla piazza antistante al palazzo collocò una fontana, portando così a compimento l’originario progetto di Giovanni Antinori.
A partire dal 1817 diede avvio al progetto di restauro dell’arco di Tito, compiuto negli anni successivi da Valadier.
Nel luglio 1818 fu designato componente, con Camporese, Valadier e Giambattista Martinetti, del Consiglio delle fabbriche dello Stato.
Nel 1819 ebbero inizio, nei Musei vaticani, i lavori per la costruzione del Braccio nuovo del Museo Chiaramonti, progettato da Stern ma ultimato da Pasquale Belli: l’efficacia delle soluzioni spaziali «trova, ancora una volta, perfetto riscontro con le impostazioni teoriche inserite nelle sue Lezioni di architettura civile dettate agli allievi delle scuole in Accademia in materia di regole valide per l’esposizione di oggetti d’arte e giusti criteri per la loro corretta illuminazione, prevista solo dall’alto» (White, 2008b, p. 286).
Nel 1820 Stern fu nominato vicepresidente dell’Accademia di S. Luca; poco dopo, il 30 dicembre dello stesso anno, morì per le conseguenze di una caduta. Le esequie solenni si tennero nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina, ove fu sepolto.
Fonti e Bibl.: Diario ordinario, 7 febbraio 1793, n. 1890, pp. 22-25; G.A. Guattani, Catalogo degli artisti stabiliti, o attualmente dimoranti in Roma, disposti per ordine di alfabeto, in Id., Memorie enciclopediche romane sulle belle arti, antichità ec., IV, Roma 1806, pp. 140-158 (in partic. p. 155); Gazzetta romana, 7 maggio 1808, p. 87; G. Valadier, Narrazione artistica dell’operato finora nel ristauro dell’Arco di Tito, Roma 1822, pp. 7 s.; P. Righetti, Descrizione del Campidoglio, II, Roma 1836, pp. 140 s. e tav. CCCXXXV; A. G., R. S., in L’Album. Giornale letterario e di belle arti, III (1837), pp. 9 s.; F. Gasparoni, R. S. architetto, in L’architetto girovago. Opera piacevole ed instruttiva, II, Roma 1842, pp. 5-8; A. La Padula, Roma e la regione nell’epoca napoleonica. Contributo alla storia urbanistica della città e del territorio, Roma 1969, passim; J. Vernacchia Galli, L’archiginnasio romano secondo il diario del prof. Giuseppe Settele, 1810-1836, Roma 1984, passim; A. White, Giovanni e R. S. davanti ai monumenti del passato: alcuni elementi e qualche considerazione, in Esperienze di storia dell’architettura e di restauro, a cura di G. Spagnesi, Roma 1987, pp. 315-320; C. Nardi, Napoleone e Roma. La politica della Consulta romana, Roma 1989, pp. 13, 132, 152 s., 174; M. Natoli, R. S. e l’allestimento degli appartamenti imperiali al Quirinale, in Il Palazzo del Quirinale. Il mondo artistico a Roma nel periodo napoleonico, a cura di M. Natoli - M.A. Scarpati, I, Roma 1989, pp. 1-82; A. Pasqualini, Gli scavi di Luciano Bonaparte alla Rufinella e la scoperta dell’antica Tusculum, in Xenia Antiqua, I (1992), pp. 161-186; C. Marchegiani, La lezione di R. S. sul teatro. Regole e idee sulla sala di spettacolo dal carteggio Poletti - Aleandri (1823), in Opus. Quaderno di storia dell’architettura e restauro, VI (1999), pp. 387-416; V. White, L’insegnamento dell’architettura teorica nelle scuole di belle arti dell’Accademia di San Luca. Le “Lezioni di Architettura Civile” di R. S. (1812-1820), in Le Scuole mute e le scuole parlanti. Studi e documenti sull’Accademia di San Luca nell’Ottocento, a cura di P. Picardi - P.P. Racioppi, Roma 2002, pp. 99-132; M. Antonucci, Le sedi della Zecca di Roma dall’antichità ad oggi, in Rivista italiana di numismatica e scienze affini, CIV (2003), pp. 117-164; C. Marchegiani, La via antica per un teatro nuovo: un decalogo di R. S. per gli architetti neoclassici, in Il Teatro Nuovo di Spoleto, a cura di G.C. Capici, Roma 2003, pp. 69-94; G. Pandolfini, L’origine di un metodo: i restauri di Stern e Valadier a Roma nei primi decenni del XIX secolo, in Storia del restauro archeologico. Appunti, a cura di D. D’Angelo - S. Moretti, Firenze 2004, pp. 13-18; A. Basile, La storia conservativa del Colosseo: lo sperone di Stern, tesi di laurea, Università degli studi Roma Tre, a.a. 2004-05; L. Bertolaccini, Roma: cimiteri e sepolture urbane durante l’occupazione francese, in Gli spazi della memoria. Architetture dei cimiteri monumentali europei, a cura di M. Felicori, Roma 2005, pp. 199-219 (in partic. pp. 202, 206, 209 s., 217); F. Ambrosi de Magistris, R. S. e i volumi della Biblioteca Romana Sarti, in Contro il barocco. Apprendistato a Roma e pratica dell’architettura in Italia, 1780-1820 (catal.), a cura di A. Cipriani - G.P. Consoli, S. Pasquali, Roma 2007, pp. 327-332; S. Pasquali, R. S., 1774-1820, ibid., pp. 469-475; S. Casiello, Conservazione e restauro nei primi decenni dell’Ottocento, in Verso una storia del restauro. Dall’età classica al primo Ottocento, a cura di S. Casiello, Firenze 2008, pp. 267-310 (in partic. pp. 288, 290, 292, 294, 305); G. Santuccio, La pianta della fornace della maiolica fabbricata dietro S. Pietro in Vat.no l’anno 1797. Un disegno inedito. Dalla donazione di Enrico Galuppi al Museo civico di Urbania, in Accademia Raffaello. Atti e studi, n.s., VII (2008), 1, pp. 25-32; V. White, Stern Giovanni, in Architetti e Ingegneri a confronto, III, L’immagine di Roma fra Clemente XIII e Pio VII, a cura di E. Debenedetti, in Studi sul Settecento romano, XXIV (2008a), pp. 276-281; Ead., S. R., ibid., 2008b, pp. 281-295; S. Sturm, L’architettura dei carmelitani scalzi in età barocca, II, La ‘Provincia Romana’ Lazio Umbria e Marche (1597-1705), Roma 2012, p. 98 nota 39; M.G. Barberini - L. Fei, Arredo urbano a Roma tra XVIII e XIX secolo attraverso alcuni disegni della Collezione Lanciani, in Rivista dell’Istituto nazionale d’archeologia e storia dell’arte, s. 3, XL (2017), 72, pp. 109-155.