MAZIO, Raffaele.
– Primogenito dei tre figli di Giacomo e Anna Maria Trezza, nacque a Roma il 24 ott. 1765.
Il padre, dapprima impiegato nell’amministrazione del Monte di pietà e poi nominato da Benedetto XIV nel 1749 soprintendente generale della Zecca pontificia, fu il vero iniziatore dell’ascesa di questa famiglia di proprietari immobiliari giunta dalla Svizzera.
Riservata ai figli minori, Francesco e Giovanni, la continuazione della sua attività nel campo economico-finanziario, Giacomo assecondò la vocazione religiosa del M. che, compiuta la prima formazione sotto la guida dei gesuiti G. Mazzolari e F.S. Rezza, proseguì gli studi nel Collegio romano. Qui acquisì quella solida preparazione, specialmente in lingua latina, diritto canonico e teologia, che gli permise nel 1785 di sostenere, a vent’anni, una pubblica disputa teologica nella chiesa di S. Ignazio, poi stampata in opuscolo: Argumenta ex theologia quae honori Gullielmi Pallottae cardinalis amplissimi ad disputandum proposuit Raphael Matius…, Romae 1785.
Ordinato sacerdote il 20 sett. 1788 nella basilica di S. Giovanni in Laterano, nell’ottobre 1790 il M. fu nominato da Pio VI maestro delle cerimonie pontificie e quindi canonico di S. Maria in Trastevere. Dopo la parentesi della Repubblica Romana del 1798-99, fu lui a scrivere – secondo A. Cretoni – le Memorie da servire per il Diario di Roma in tempo della rivoluzione e di sede vacante. Altre del conclave tenuto in Venezia per l’elezione di Pio VII e del principio del Principato e permanenza del papa in Venezia, conservate manoscritte nella Biblioteca apostolica Vaticana (Vat. lat., 10629, cc. 107-219) e ritenute di grandissimo rilievo perché integrano e ampliano quelle di G.A. Sala e A. Galimberti.
Su invito di C. Brancadoro, nunzio apostolico in Belgio, di cui era agente in Roma, nel dicembre 1799 il M. fu appunto a Venezia per partecipare ai cerimoniali del conclave in cui fu eletto Pio VII, che seguì poi nel ritorno a Roma. L’apprezzamento del nuovo pontefice non tardò: nel 1801 il M. fu nominato segretario della congregazione Cerimoniale e poi fu scelto tra i consiglieri del card. G.B. Caprara, legato a latere in Francia per l’esecuzione del concordato. Qui il M. dimostrò le sue capacità di mediazione soprattutto il 16 apr. 1802 quando, a due giorni dalla proclamazione solenne del concordato in Notre-Dame, riuscì a evitare la rottura tra le parti proponendo una soluzione concordata in merito alla ritrattazione dei vescovi costituzionali (Leflon).
Nel giugno 1803 gli giunse a Parigi la notizia della morte del fratello minore, Giovanni, in seguito a un’epidemia, e di un grave dissesto finanziario per investimenti azzardati in attività commerciali che diede un duro colpo al patrimonio di famiglia. Messe a disposizione del fratello Francesco tutte le risorse economiche personali e fattosi carico del mantenimento della vedova Matilde Sartori e dei suoi figli, Giacomo, Salvatore e Giulia, il M. cercò di anticipare il suo ritorno a Roma per fronteggiare meglio la situazione. Infruttuose però si rivelarono sia le richieste in suo favore del card. J. Fesch al segretario di Stato E. Consalvi per ottenergli una nuova carica in Curia (prima, come segretario dei Brevi ai principi, poi come segretario delle Lettere latine), sia la sua domanda di ritorno, inoltrata il 12 apr. 1804 e accolta soltanto nel 1805.
Quando finalmente tornò a Roma si adoperò per riordinare la situazione familiare, coadiuvò per diversi anni il cardinale M. Di Pietro nella segreteria della congregazione degli Affari ecclesiastici e fu agente a Roma di vari vescovi di Francia e dei Paesi Bassi. Come procuratore, appunto, del card. G.B. Belloy, arcivescovo di Parigi, fece restaurare la chiesa di S. Giovanni a Porta Latina, di titolarità del cardinale.
Nel 1809, con la nuova occupazione francese, il M. fu condotto in esilio a Piacenza, poi a Bologna, dove il 24 sett. 1812 fu imprigionato, e infine, il 14 maggio 1813, alla rocca di Cento. Durante la detenzione affidò il nipote Giacomo – di nove anni, che aveva portato con sé per assicurargli l’assistenza e lo studio – alla marchesa Girolama Sampieri Lepri e ad altri amici che lo ospitarono a Bologna e a Imola.
Dopo la scarcerazione e il ritorno a Roma, nella primavera del 1814 il M. fu convocato a Cesena da Pio VII che gli affidò l’incarico di accompagnare Consalvi nella missione a Parigi, a Londra e al congresso di Vienna. Il migliore riconoscimento in quel periodo gli venne dalla nomina, il 1° ott. 1814, di segretario delle Lettere latine e, ancor più, dalle lusinghiere parole usate da Consalvi nei suoi confronti nella lettera del 12 giugno 1815 in cui comunicava al card. B. Pacca di affidare al suo collaboratore l’incarico di portare a Pio VII la grande notizia del reintegro dello Stato pontificio con la restituzione delle Legazioni e delle Marche: «Io non posso rendere abbastanza giustizia a questo stimabilissimo Prelato, per l’ajuto che mi ha prestato in tutta questa lunga ed infinitamente spinosa negoziazione. Io lo raccomando caldissimamente alla bontà e clemenza della Santità Sua» (La missione Consalvi e il congresso di Vienna, pp. 631 s.). È evidente che una simile dichiarazione di fiducia e di stima, che traeva la sua origine dai tempi del conclave di Venezia, rappresentava la conferma del sodalizio e il preludio di una più intensa collaborazione.
Giunto a Roma il 21 giugno 1815, il M. unì alla nomina ufficiale di segretario delle Lettere latine anche quella di prelato domestico e mantenne le precedenti cariche fino al 10 ag. 1816, anno in cui fu nominato, rispettivamente il 13 e 17 aprile, canonista della Penitenzieria e correttore del tribunale della medesima. Nel dicembre successivo ricevette dal re di Spagna Ferdinando VII, tramite Consalvi, il brevetto relativo al canonicato della basilica di S. Maria Maggiore e il 6 apr. 1818 fu promosso segretario della congregazione Concistoriale, conservando la carica di segretario delle Lettere latine che, non essendo stata accettata dal successore designato, gli fu riconfermata il 15 genn. 1819. Il 19 marzo dello stesso anno entrò a far parte del capitolo di S. Pietro in Vaticano, di cui fu poi anche segretario e camerlengo maggiore, come pure fu segretario della Pontificia Accademia teologica romana, della quale scrisse anche una storia in latino, rimasta inedita e andata perduta. Fu pubblicata, invece, l’orazione funebre che il M. pronunciò nel 1817 dinanzi al pontefice, nella cappella papale in Vaticano, in onore della regina Maria I del Portogallo: In funere Mariae I Lusitaniae reginae fidelissimae (Romae 1817).
Benché numerosi, i suddetti incarichi non danno la misura dell’attività svolta dal M. la quale, superandoli ampiamente, rappresentò una fra le componenti principali del sistema di governo di Consalvi. Costui, infatti, per attuare il suo moderato programma di riforma dello Stato, contro le forti resistenze degli «zelanti» e degli altri oppositori, depotenziò dal di dentro la forma collegiale di governo in funzione di un modello centralizzato fondato sulla collaborazione di pochi uomini capaci e fidati.
Tra questi collaboratori negli affari ecclesiastici, insieme con F. Capaccini, G.A. Sala, L. Lambruschini e altri, si distinse appunto il M. che, nell’ambito della strategia del segretario di Stato, tendente a limitare la convocazione della congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari con il ricorso di volta in volta alla nomina di congregazioni particolari di varia composizione, vi esercitò molto spesso la funzione di segretario con ampie attribuzioni di azione e di collegamento. Egli divenne così il braccio destro del segretario di Stato nei principali affari diplomatici del tempo: fu al centro delle trattative concordatarie con la Baviera, concentrò nelle sue mani gli affari relativi alla vita della Chiesa nei Paesi Bassi e, tra le altre numerose incombenze, ebbe larga parte nelle questioni ecclesiastico-politiche del Piemonte, del Lombardo-Veneto, della Germania, della Svizzera, della Spagna e dell’America Latina.
Una gamma così vasta di influenze si prestava a invasioni di campo e sovrapposizioni che potevano suscitare disagi e malumori, come quelli confidati a mons. Capaccini, il 30 nov. 1822, da P. Caprano, segretario della congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari, che, sentendosi esautorato dal M., prometteva «di non pretendere mai di soppiantare o cacciare dal luogo che occupa mons. Mazio», e tuttavia non nascondeva di provare «un interno rammarico» per la scarsa considerazione ricavatane (Pásztor, 1968, p. 247).
In seguito ai moti del 1820-21 nel Regno delle Due Sicilie e in Piemonte, fu ancora il M. ad accompagnare il cardinale G. Spina ai congressi di Lubiana e di Verona. Alla morte di Pio VII, in qualità di segretario della congregazione Concistoriale e del Sacro Collegio, diresse la segreteria di Stato durante la sede vacante e fu segretario del conclave da cui uscì eletto Leone XII (2-28 sett. 1823) che lo nominò, il 28 dic. 1824, assessore della congregazione del S. Uffizio. Sotto il suo pontificato e con l’avvento alla segreteria di Stato del card. G.M. Cavazzi della Somaglia, già in età avanzata, il M. fu ancora al centro, come segretario, di importanti congregazioni particolari, ma pian piano la sua influenza andò diminuendo anche a causa del progressivo recupero di centralità da parte della congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari.
Emblematico fu l’andamento delle trattative per il concordato con i Paesi Bassi: partito come figura principale, quale segretario della congregazione particolare ad hoc, e in contatto diretto con il papa, il M. non ebbe una parte determinante nella fase conclusiva condotta, invece, dagli incaricati pontifici muniti di pieni poteri, il cardinale M. Cappellari e monsignor Capaccini, il quale ultimo fu poi segretario della congregazione particolare che pervenne all’accordo. Il M. fu invitato alla seduta definitiva del 15 giugno 1827, presente il papa, ma soltanto «come persona pienamente istruita degli affari ecclesiastici del Belgio» (ibid., p. 259).
In realtà il M., che con Consalvi aveva tenuto una posizione moderata di mediazione tra le parti, si era andato gradualmente uniformando a quanti nella Curia erano meno disposti a fare concessioni al potere civile in materia religiosa. In tal modo si dimostrava sempre più influenzato dalle numerose relazioni che aveva con il clero di opposizione in Belgio e dalle lunghe lettere allarmanti e intransigenti che gli inviava il conte P. van der Vrecken, notaio apostolico e agente confidenziale pontificio, con cui intratteneva una lunga amicizia personale e familiare fin dal conclave di Venezia. Sintomatica in proposito la lettera che questi gli inviò il 7 maggio [1828], prima della missione Capaccini in Olanda, segnalandogli le proprie preoccupazioni per il futuro: «mi scrive un amico da Roma, ch’Ella ed il Card. Nas[alli] (suppongo anche il canonico Belli) entrano poco ne’ nostri affari. Perché allontanare le persone, che per tanti anni ne hanno pratica? Sono persuaso di tutti i talenti e buone intenzioni dell’E.mo Capp[ellari], ma conosce egli abbastanza le astuzie e la mala fede de’ Governi Calvinisti» (Arch. segr. Vaticano, Segreteria di Stato, Spogli Curia, Mazio, b. 1A, f. B).
D’altronde, che la sua posizione stesse mutando è confermato anche dalle lettere dello stesso amico datate giugno e 20 ott. 1826, secondo le quali il M. aveva da poco declinato la nomina di nunzio a Madrid e nell’estate dello stesso anno aveva dovuto soggiornare a Napoli, in compagnia del nipote Giacomo, per motivi di salute. Finalmente, però, in riconoscimento delle sue benemerenze, nel concistoro del 15 marzo 1830 Pio VIII lo creò cardinale dell’ordine dei preti con il titolo di S. Maria in Trastevere e il 5 luglio lo annoverò tra i membri delle congregazioni del Concilio, Concistoriale, dei Riti e degli Affari ecclesiastici straordinari. Ma ormai, colpito da epilessia con disturbo alla parola, il M., perduta la sua autonomia, necessitava dell’assidua assistenza del nipote Giacomo che, nel dicembre dello stesso anno, lo accompagnò nel conclave da cui uscì eletto Gregorio XVI.
Il M. morì a Roma il 4 febbr. 1832 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria in Trastevere.
Fonti e Bibl.: Necr., in Diario di Roma, 8 febbr. 1832; Arch. segr. Vaticano, Carte Mazio (riguardanti l’attività ecclesiastico-politica del M., ordinate e inventariate da L. Pásztor); Segr. di Stato, Spogli Curia, Mazio, bb. 1A, 1B (corrispondenze di argomento vario e in particolare con i Paesi Bassi); Roma, Biblioteca nazionale, Autografi (carte della famiglia Mazio: per la collocazione cfr. lo schedario cartaceo); Ibid., Museo centrale del Risorgimento, bb. 171, n. 19; 336, nn. 62, 63; Arch. di Stato di Roma, Misc. delle famiglie, b. 193, f. 16; Roma, Arch. stor. del Vicariato, Libro delle ordinazioni, n. 40 (1779-89), ad indicem. Si vedano inoltre: G. Mazio, Elogium Raphaelis Matii…, Romae 1832; A. Angelini, Della vita e degli scritti del p. Giacomo Mazio della Compagnia di Gesù, Roma 1859, pp. 13 s., 44, 50; M. De Camillis, Il card. R. M., in L’Osservatore romano, 12 luglio 1940; Bibliografia della Repubblica Romana del 1798-1799, a cura di V.E. Giuntella, Roma 1957, p. 42; R. Colapietra, La Chiesa tra Lamennais e Metternich: il pontificato di Leone XII, Brescia 1963, ad ind.; L. Pásztor, La Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari tra il 1814 e il 1850, in Archivum historiae pontificiae, VI (1968), pp. 191-318 passim; R. De Cesare, Roma e lo Stato del papa. Dal ritorno di Pio IX al 20 settembre, Milano 1970, p. 106; A. Cretoni, Roma giacobina. Storia della Repubblica Romana del 1798-99, Roma-Napoli 1971, ad ind.; J. Leflon, La crisi rivoluzionaria (1789-1815), in Storia della Chiesa dalle origini ai giorni nostri, XX, 1, a cura di G. Zaccaria, Torino 1971, pp. 365s.; S. Rebecchini, Gli ultimi «zecchieri» dello Stato pontificio: i Mazio, in Strenna dei Romanisti, XXXIII (1972), pp. 305 s.; La missione Consalvi e il Congresso di Vienna, III, a cura di A. Roveri - M. Fatica - F. Cantù, Roma 1973, ad ind.; A. van de Sande, La Curie romaine au début de la Restauration…, ’s-Gravenhage 1979, ad ind.; A. Denis, Relations de voyage de Paul van der Vrecken (1777-1868)…, Bruxelles-Rome 1980, ad ind.; C. Falconi, Il giovane Mastai, Milano 1981, ad ind.; J.P. de Valk, De curieprelaat R. M., zijn zuidnederlandse relaties en het konflikt om de grondwet, 1814-1818 (Il prelato di curia, i suoi rapporti con l’Olanda del Sud e il conflitto sulla Costituzione, 1814-18), in Colloquium over de geschiedenis van de belgisch-nederlandse betrekkingen tussen 1815 en 1945 (Colloquio sulla storia delle relazioni belghe-olandesi tra il 1815 e il 1945), Brussel… 1980, Acta, Gent 1982, pp. 53-86; F. Capaccini, Lettres… (1828-1831), a cura di J.P. de Valk, Bruxelles-Rome 1983, ad ind.; L. Pásztor, Il card. R. M. e il suo archivio, in Studi in onore di Leopoldo Sandri, Roma 1983, pp. 707-734; Id., La segreteria di Stato e il suo archivio (1814-1833), Stuttgart 1984, passim; Ph. Boutry, Souverain et pontife: recherches prosopographiques sur la Curie romaine à l’âge de la Restauration (1814-1846), Rome 2002, pp. 426 s.; A.M. Mazio, R. M. prelato e diplomatico nell’epopea napoleonica, in Strenna dei Romanisti, LXIV (2003), pp. 435-453; H. Wolf, Prosopographie von römischer Inquisition und Indexkongregation 1814-1917, II, München-Wien-Zürich 2005, pp. 975-978; D. Rezza - M. Stocchi, Il capitolo di S. Pietro in Vaticano dalle origini al XX secolo, I, Città del Vaticano 2008, ad ind.; G. Moroni, Diz. d’erudizione storico-ecclesiastica, Indici, ad nomen; Enc. cattolica, VIII, p. 523; Hierarchia catholica…, VIII, ad indicem.