BRANDOLINI, Raffaele Lippo
Nacque a Firenze intorno al 1465; fu figlio di Matteo e fratello minore dell'umanista Aurelio. Detto, come Aurelio, "Lippus Florentinus" o "Lippus Brandolinus" perché soggetto a una grave malattia agli occhi, compare talora con la denominazione di iunior. Ancora bambino seguì la famiglia a Napoli, dove studiò e frequentò l'Accademia del Pontano, che nel De fortitudine parla di lui tra coloro che da forti sopportarono la cecità, ricordando come, pur avendo perduto la vista nella prima adolescenza, il B. frequentasse tuttavia assiduamente le scuole di retorica e di filosofia, e come fosse ammirevole l'allegria del ragazzo che, tormentato dalla cecità e dalla miseria, sembrava non dar loro alcun peso.
Il raffinato ambiente culturale napoletano dell'epoca dovette esercitare una notevole influenza sulla formazione del giovane B., che probabilmente dal Pontano mutuò l'elegante libertà della sua migliore prosa latina; e col Pontano, il Sannazzaro e i dotti che facevano loro corona mantenne a lungo, dopo aver lasciato Napoli, cordiali rapporti epistolari. Tornato a Firenze si fece agostiniano, come farà più tardi anche Aurelio; ordinato sacerdote, ebbe la nomina a insegnante di teologia prima a Firenze, poi a Venezia, infine nel 1491 a Roma, dove conseguì il dottorato il 16 ag. 1493.
Tornato poco tempo dopo a Napoli, il B. ebbe verosimilmente da re Alfonso II l'incarico di educarne il figlio Alfonso duca di Bisceglie; ma alla discesa di Carlo VIII i rapporti con gli Aragona non gli impedirono d'ingraziarsi il conquistatore recitando in sua presenza un'Oratio de laudibus Caroli VIII regisFrancorum che, improvvisata in prosa e seduta stante resa in versi, gli valse le lodi del re e un vitalizio annuo di 100 ducati d'argento sulla dogana di Napoli, concesso con diploma del 18 apr. 1495.
Nello stesso anno, al ritorno degli Aragonesi, si stabilì definitivamente a Roma dove, entrato in contatto con l'ambiente della Curia, si procurò di che vivere con le orazioni sacre e profane commissionategli da papi e cardinali; tra il 1496 e il 1497 lo raggiungeva Aurelio, che però morì di peste nell'ottobre del 1497. Ma per quanto avesse più volte l'incarico di predicare nella Sistina alla presenza di Alessandro VI, rimase a lungo in stato di indigenza; nell'attesa che qualcuno degli illustri personaggi con cui era in relazione gli donasse di che condurre una vita tranquilla, integrava i non lauti proventi dei sermoni e delle orazioni funebri con l'insegnamento privato: verso il 1503 Antonio Del Monte gli affidò l'educazione del nipote Giovanni Maria, il futuro Giulio III, che sempre poi conserverà grata memoria dell'antico precettore. Giulio II gli venne incontro nominandolo suo cubiculario, dispensandolo dall'impedimento della cecità, con bolla del 5 nov. 1507, per poter ricevere benefici ecclesiastici e accordandogli nel contempo una pensione di 60 ducati d'oro sulle rendite dell'abbazia benedettina di S. Pietro nella diocesi di Lucca.
Da Leone X, infine, fu nominato professore di retorica all'università con lo stipendio di 250 fiorini, ebbe alloggio, come cubiculario, nel palazzo pontificio e una qualche influenza a corte, se presso di lui nel 1514 Giannantonio Flaminio mandò il figlio Marcantonio perché fosse presentato al papa e se, nelle sue lettere arriva a chiamarlo "oculus Pontificis".
Un ampio elenco degli scritti latini del B. è nel Vat. lat. 3590, intitolato Quae in Raphaelis Lippi B. scriptis continentur, donato da Baldovino Del Monte al fratello Giulio III, che aveva manifestato il proposito di pubblicare l'opera dell'antico precettore. Secondo l'Enea, che stese il catalogo, il corpus brandoliniano comprendeva trecentosessantacinque lettere divise in cinque libri e riunite in un manoscritto di circa 231 cc.; diciotto laudationes, di cui le tre più antiche sacre e le rimanenti funebri, scritte dal 1497 al 1511; tredici Demonstrativae orationes, cinque Disputationes, cinque Scholae (In principio Laeli et Iuvenalis,Georgicarum,Sallusti et Horatii,Officiorum Ciceronis,Ciceronis Rhetoricorum), cinque dialoghi: Leo,De circumspecto homine,Laurentius in difesa di L. Valla contro F. Lucano, De nobilitate in lode del cardinale Oliviero Carafa e De musica et poetica (che in realtà non è affatto un dialogo). Inoltre l'estensore ricorda che il B. affermava di aver composto un dialogo De auctoritate, di cui egli non ha notizie. Di questi scritti si può oggi rintracciare solo piccola parte: dell'epistolario il Vat. lat. 3460 ci ha conservato, sotto il titolo di R. B. Lippi Sanctiss. ac Beatiss. Iulii III Pont. Max. ab ineuente eius aetatis praeceptoris Epistolarum liber primus, venticinque lettere, notevoli per limpidezza e freschezza di stile, ripetute anche nel Vat. lat. 7852 a cc. 1-39v. Il volumetto, dedicato nel 1551 da A. F. Rainerio a Baldovino Del Monte, raccoglie ventiquattro lettere del 1500-1501 e una del 1503; di esse, le dieci di maggiore importanza furono pubblicate da G. Brom, Einige Briefe von R. B. Lippi, in Römische Quartalschrift..., II (1888), pp. 182-206. Assai note sono le due, piene d'indignazione e di dolore, indirizzate nel 1500 a M. de Manfredis, in cui il B. narra il mortale attentato compiuto dal Valentino contro Alfonso d'Aragona, già suo alunno, e quella del 1503 in cui descrive minutamente ad Antonio Del Monte l'educazione umanistica che sta impartendo al futuro Giulio III. Quasi tutte le altre lettere mostrano il vivissimo interesse dell'autore per gli avvenimenti politici contemporanei, per cui talora sono fonte degna per la serietà e l'accuratezza dell'informazione. Oltre a queste, del B. conosciamo unicamente una lettera di scarso interesse al cardinale Egidio da Viterbo, conservataci con la risposta di quest'ultimo dal carteggio del cardinale nel ms. 1001, c. 5r, della Biblioteca Angelica di Roma; la lettera di un Lippo Brandolini al Poliziano, intitolata De Demetrio Lucensi B. Platinae alumno,et de nonnullis Platinae lucubrationibus... nel Laur. Gadd. 37, Plut. 90 sup., f. 60v (edita da A. M. Bandini, Catalogus codicum latin. Bibl. Mediceae Laurentianae..., III, Florentiae 1776, coll. 536 s.), è attribuibile con maggiori probabilità ad Aurelio.
Quantitativamente, gran parte della produzione letteraria del B. è rappresentata da orazioni di vario genere e argomento, generalmente di scarso interesse. Fra queste, la più antica di cui abbiamo notizia è l'Oratio de laudibus Caroli VIII regis Francorum, segnalata dal Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés. alla Nazionale di Parigi senza indicazioni di segnatura; il Liber notarum del Burckard dà notizia di sermoni sacri, dei quali nulla ci è pervenuto. Delle orazioni funebri alcune ci sono pervenute manoscritte o a stampa, mentre di altre ci resta solo la menzione del Burckard: esse sono l'Oratio parentalis de obitu M. Mariani Genazanensis Augustini eremitae universi ordinis praefecti, ms. 714 dell'Angelica di Roma, pronunziata il 3 genn. 1499 e inviata con una dedicatoria al cardinale L. Puccio; l'orazione funebre del vescovo Giorgio di Mylopotamos, che il Burc:kard ricorda pronunziata il 7 ott. 1499; l'Oratio parent. de obitu Guillelmi Perrierii causarum apostolicarum auditoris, Romae 1500, detta il 1º dic. 1500 e pubblicata con lettera di dedica a N. Avogadro canonico ferrarese; la Parent. oratio de obitu Dominici Ruvere,Sancti Clementis presbyteri cardinalis, Romae 1501; la R. B. Lippi iunioris parent. oratio in obitu Laurentii Cibae card. Beneventani Romae in templo divae Mariae de populo ad Patres habita pridie Idus Ian., detta il 12 genn. 1504, nel Barb. lat. 1868, dedicata al cardinale A. Pallavicino; le orazioni funebri per A. Spiriti protonotario apostolico e per A. Carafa duca d'Aviano, pronunziate ambedue il 19 febbr. 1504, e quella per G. Sacchi vescovo di Ragusa del 26 marzo 1505, tutte ricordate dal Burckard; l'orazione per le esequie del Burckard stesso, detta il 17 maggio 1506. Ci restano inoltre l'Oratio consolatoria ad card. N. Fliscum pro morte nepotis, datata 25 gennaio 1512, nel ms. 252 dell'Angelica di Roma, e quella De laudibus Cosmi Medicei,ad Leonem X P. M. et Patriae P. in Dd. Cosmi et Damiani Martyrum celebritate habita V Kal. Octobr. [127 sett.] 1515, ms. II, Plut. 46 della Laurenziana di Firenze, con una dedicatoria a Leone X (pubblicata dal Fogliazzi a pp. 141-143 della sua edizione del Leo) in cui l'autore ringrazia il pontefice per i benefici ricevuti. Menzione a parte merita l'Oratio ad Lateranense Concilium excogitata (ms. E. 104 dell'Ambrosiana di Milano), scritta, come appare chiaramente dal titolo e dalla dedicatoria (pubblicata dal Fogliazzi, pp. 143-144), come esercitazione oratoria. Il fulcro dell'ampio discorso è nella veemente denuncia dei costumi depravati della Curia e del clero mondano, e nell'invocazione di una riforma della Chiesa; sì che qui il B. sembra farsi portavoce di quelle correnti che cercavano di spingere Leone X ad un deciso rinnovamento morale del clero. Analoghe preoccupazioni compaiono nell'unico rimastoci dei suoi dialoghi, il Leo, pubblicato col titolo: R. B. Lippi Iunioris Flor. Dialogus Leo nuncupatus... notis illustratus,auctoris vita,aliisque additamentis auctus a F. Fogliazzi, Venetiis 1753. L'opera è preceduta da due dedicatorie, una al cardinale A. Farnese (il futuro Paolo III) in cui si illustra l'occasione del dialogo, l'altra in cui l'autore esorta il pontefice a portare a buon fine i benefizi che già ha cominciato a riversare sulla comunità cristiana. Il De musica et poetica (ms. 805 della Casanatense di Roma), scritto in forma di lettera a Corradolo Stanga protonotario apostolico verso il 1513, è la rielaborazione di un trattatello De laudibus musicae et poeseos che il B. aveva scritto per difendere tali arti dalle accuse di chi le avrebbe volute lontane dalle mense dei prelati. L'opera, tra le cose migliori del B., esalta la musica come prima delle arti liberali e la poesia come fonte di civiltà, dà un'acuta interpretazione allegorica dei miti degli antichi, difendendo la poesia dalle accuse di paganesimo, traccia infine a grandi linee una storia della musica trattando ampiamente di quei poeti, dall'antichità ai suoi tempi, che furono anche musicisti.
Delle capacità poetiche del B. ci è rimasto un saggio di scarso valore nel codice Urb. lat. 739, il De laudibus beatissimi Sisti IIII di Aurelio, che il B. offrì, con una dedicatoria del 25 nov. 1505, al cardinale Galeotto Della Rovere: alle cc. 117r-118v sono due poesie in metro elegiaco, in cui il poeta invoca il cardinale come suo mecenate promettendo di eternarlo nei suoi versi e ricordandogli le benemerenze di Aurelio. Il B. curò anche il trattato in tre libri De comparatione reipublicae et regni di Aurelio (Firenze, Bibl., Laurenziana, cod. II, Plut. 77 n. 3), premettendovi una dedica (pubblicata dal Fogliazzi, pp. 139-41) a Giovanni de' Medici. Altro di lui non ci è giunto, se non due opere riferibili alla sua attività di professore di retorica: i Commentaria in Georgica Vergilii Maronis nel Vat. lat. 2740 e i Grammatices institutionum compendia della Nazionale di Firenze, ms. Magliab. cl. I n. 22.
Nel 1515 la sua fama d'improvvisatore fu, come ricorda il Giraldi, offuscata da una sconfitta subita nella gara col, famoso A. Marone, voluta dal pontefice il 27 settembre, festa dei ss. Cosma e Damiano. La notizia di tale sconfitta è l'ultima di lui: morì, a quanto si afferma nella prefazione del Vat. lat. 3590, a Roma nell'anno 1517.
Fonti e Bibl.: G. Pontano, De Fortitudine, I, Neapoli 1490, I. II, cap. VIII; J. Burckard, Liber notarum, a cura di E. Celani, II, Città di Castello 1911, p. 50 e passim; Il Ruolo della Corte di Leone X (1514-1516), a cura di A. Ferraioli, Roma 1911, p. 17; L. G. Giraldi, De poetis nostrorum temporum, Lugduni Batavorum 1696, col. 140; G. A. Flaminio, Epistolae familiares, V, Bononiae 1744, pp. 208-209, 218-20; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2017-22; G. Tiraboschi, Storia della letter. ital., Venezia 1796, VI, pp. 884-886; G. Brom, Einige Briefe..., in Römische Quartalschrift..., II (1888), pp. 175-82; W. H. Woodward, C. Borgia, London 1913, pp. 180-81; D. A. Perini, Bibl. Augustiniana..., I, Firenze 1929, pp. 153-156; F. Flamini, IlCinquecento, Milano s.d., p. 116; M. Quartana, Un umanista minore della corte di Leone X: Raphael Brandolinus, in Atti della Soc. ital. per il progresso delle scienze, XX (1932), n. 2, pp. 464-72; P. O. Kristeller, Iter italicum, I-II, ad Indices.