DE CARO, Raffaele
Nacque a Benevento il 29 marzo 1883 da Paolo e da Fulvia Cocca (non Ciocca o De Cecco). Laureatosi in giurisprudenza, divenne avvocato e ricoprì cariche amministrative nella sua città. Nel 1910 fu consigliere provinciale scolastico e nel 1914 membro della Giunta provinciale anuninistrativa di Benevento. Come ufficiale dei bersaglieri il D. prese parte nel 1911 alla guerra di Libia e poi alla guerra del 1915-18. Fu decorato al valor militare. Nel 1919 fu eletto deputato nel collegio di Campobasso.
Aderì al gruppo parlamentare del Rinnovamento, costituito dai deputati eletti con l'appoggio dell'Associazione nazionale combattenti, quando questo gruppo veniva discostandosi dall'impostazione originaria, pacifista e riformatrice, datagli da Salvemini. In seno al Rinnovamento, il D. assunse posizioni oltranziste sulla questione adriatica e poi, insieme con altri deputati in gran parte meridionali, ne uscì per dar vita alla formazione di Democrazia sociale.
Nel 1920 fu eletto consigliere provinciale di Benevento. Nel 1921 tornò alla Camera essendo stato eletto per la circoscrizione di Benevento. Dal 1921 al 1923 fu membro della commissione permanente Esercito e Marina. Nel 1923 fu implicato a Benevento in un conflitto tra fascisti e membri della locale sezione dei combattenti, che venne perciò chiusa dai prefetto. Nell'aprile 1924 il D. fu rieletto alla Camera quale rappresentante della Campania nella lista capeggiata da Giovanni Amendola.
Il 20 maggio dello stesso anno il D., insieme con altri esponenti della Democrazia liberale come Guido De Ruggiero e Vincenzo Arangio Ruiz, ad ex combattenti, ad elementi della massoneria ed anche a fascisti dissidenti, prese parte al convegno costitutivo dell'Unione meridionale, formazione politica che poi confluì nell'Unione nazionale di Amendola.
In seguito al delitto Matteotti, il D. partecipò alla protesta dell'Aventino e si impegno nella mobilitazione dei combattenti della zona di Benevento in opposizione 9.1 fascismo. In quanto "aventiniano", il 9 sett. 1926 il D. fu dichiarato decaduto dal mandato parlameritare. Nel 1928 venne sottoposto a vigilanza da parte dell'autorità di polizia. Nel dicembre 1933 venne condannato ad un anno di reclusione con la condizionale per oltraggio ad un pretore.
Ritiratosi dalla vita politica, il D. si dedicò esclusivamente alla sua professione di avvocato. Non mancò tuttavia di manifestare aperta adesione al regime fascista, offrendo tra l'altro il suo medagliere parlamentare in occasione della raccolta dell'"oro alla patria". Il 17 marzo 1940 il suo nome venne cancellato dal novero dei sovversivi e, in qualità di ex combattente, il D. richiese l'iscrizione al Partito nazionale fascista.
Dopo la caduta del fascismo, il 24 sett. 1943, il D. costituì con altri esponenti politici prefascisti, come Epicarmo Corbino e Vito Reale, il Partito democratico liberale.
Questa formazione politica esprimeva gli interessi degli agrari meridionali e i suoi esponenti venivano considerati da B. Croce "pseudoliberali" contaminati "di preconcetto conservatorismo, di preconcetto monarchismo e simili". 1 demoliberali concorsero alla formazione del primo governo Radoglio.
Lo stesso D. entrò a far parte della compagine governativa: prima, dal 16 nov. 1943 all'11 febbr. 1944, come sottosegretario ai Lavori pubblici e poi, in seguito alla revoca dall'incarico a Domenico Romano, come titolare del dicastero. Rimase ministro fino al 22 aprile, mantenendo in seno all'esecutivo un atteggiamento contrario al processo epurativo dell'amministrazione statale dei responsabili fascisti.
Il Partito democratico liberale, dopo essersi -fuso con altre formazioni minori, prese il nome di Partito della democrazia liberale e, l'8 ag. 1944, si fuse a sua volta con il Partito liberale italiano (P.L.I.), condizionandone l'indirizzo politico in senso nettamente conservatore e filomonarchico.
Nei mesi successivi alla Liberazione, quando il P.L.I. partecipava al governo Parri, il D. fu tra i più decisi assertori della fine della collaborazione tra i sei partiti antifascisti. Al III congresso del partito, svoltosi a Roma dal 29 aprile al 3 maggio 1946, il D. venne nominato insieme a Nicolò Carandini vicepresidente del partito (presidente era B. Croce). Nel giugno dello stesso anno il D. risultò eletto all'Assemblea costituente nel collegio unico nazionale. Nel dicembre 1947, al IV congresso liberale, il D. venne nominato presidente del P.L.I. ed in questa carica venne successivamente riconfermato nei congressi del 1949, 1953, 1955 e 1959. La sua permanenza ai vertici del partito era indicativa degli orientamenti di questo, dqto che il D. continuava a rappresentarne l'ala più conservatrice, ostile alla politica di riforme e all'intervento dello Stato nell'economia.
Il 18 apr. 1948 il D. venne eletto alla Camera per la circoscrizione di Benevento-Avellino-Salerno riportando 32.921 voti di preferenza. Nel corso della prima legislatura repubblicana fl D. fece parte della giunta per le elezioni e della commissione Lavori pubblici. Fu altresì nominato presidente del gruppo parlamentare liberale, carica che mantenne anche nel corso della seconda e terza legislatura. Nelle elezioni del 7 giugno 1953 il D. fu rieletto per la medesima circoscrizione con 16.164 voti preferenziali. Nella seconda legislatura fu vicepresidente della giunta per le elezioni e membro della commissione Difesa. Il 10 febbr. 1954 tornò al governo, come ministro senza portafoglio per i rapporti con il Parlamento, nella compagine guidata da Mario Scelba. Fu confermato nello stesso incarico anche nel successivo governo presieduto da Antonio Segni, dal 6 luglio 1955 al 18 maggio 1957. Nelle elezioni del 25 maggio 1958 fu rieletto alla Camera sempre per la circoscrizione Benevento-Avellino-Salerno, ottenendo 20.834 voti di preferenza. Fu presidente del Consiglio dell'Ordine forense di Benevento.
Il D. mori a Torino il 3 giugno 1961.
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