COPPOLA, Raffaele
Nato a Capua il 14 maggio del 1841, da umili genitori, la sua vicenda biografica non è contrassegnata da particolari avvenimenti.
La famiglia Coppola era di origini povere ed il giovane si arruolò per ovviare alle difficoltà della situazione, entrando nel 65° reggimento di cavalleria, ove apprese a suonare il flauto, partecipando all'attività della banda. Studi regolari non ne compì mai, ma probabilmente da autodidatta completò le lacune con studi tenaci e continui. Giunse più tardi ad iniziare un trattato di strumentazione, di cui dà notizia la Gazzetta musicale di Milano (la quale, presentando una sua composizione, ne tracciò un preciso profilo biografico). Di tale fatica non parla lo Schmidl, né, per quanto si siano compiute ricerche, si è riusciti ad appurare qualcosa di più. Sulla serietà della sua formazione musicale può testimoniare la critica alle sue opere: il C. non fu mai accusato di scarsa preparazione, anzi pare eccellesse specie nell'arte dello strumentare. Divenuto capo della banda del reggimento, venne trasferito con quello a Torino, dove cercò di legarsi agli ambienti musicali della città piemontese, acquisendo sempre più una sua propria dignità di compositore.
Tuttavia i rapporti con gli ambienti musicali torinesi che il C. mantenne per tutta la vita, non dovettero mai essere tali da imporlo alla cerchia culturale della città. Solo in questo senso si spiega il silenzio del Depanis, il quale non lo nomina mai e., pur segnalando l'esecuzione dell'ouverture del Cristoforo Colombo nel sessantaduesimo concerto popolare, non spreca neppure una parola su di lui nei pur folti due volumi dedicati alla vita musicale di Torino, vera selva di nomi e di personaggi.
Nel 1877 il C. ottenne l'incarico di comporre una Messa da requiem da eseguirsi in memoria del defunto Carlo Alberto e l'incarico di direttore della banda musicale di Cremona, carica tenuta fino allora da A. Ponchielli. Da questo momento la sua attività si svolse costantemente su due filoni: l'impegno di direttore della banda e quello di compositore, dedito ad ogni genere di composizione. Preferendo l'opera, non trascurava l'attività sinfonica. Si ha infatti notizia di un suo poema sinfonico dal titolo Aminta, premiato dall'Accademia di Bruxelles. Il 4 dic. 1877 fece rappresentare al teatro Vittorio Emanuele l'opera Demetrio (libretto di ignoto), di ambiente russo, in cui si ritrovano affinità con il Boris Godunov, almeno per quanto riguarda la protagonista femminile. Andò in scena pare con ottimo successo e il C. ebbe venticinque chiamate.
Tra il 1877 ed il 1880 compose il Cristoforo Colombo, la cui prima rappresentazione avvenne al teatro Concordia di Cremona nella stagione di carnevale del 1880. Dal 1882 intanto, secondo quanto sostenuto dal Santoro, che cita ripetutamente il C., il compositore lavorava a Il Cid, che fece rappresentare nel 1884 al teatro Concordia di Cremona, di cui il C. stese anche il libretto. La sua opera ottenne un attento successo di pubblico e segnalazioni di critica non solo dai giornali locali; il Clément, pur riconoscendo i limiti del lavoro, sottolineò un gran duo, un'aria per soprano, una per baritono e l'ouverture quali pezzi degni di considerazione.
Tra il 1884 ed il 1905, data della rappresentazione di un altro suo lavoro l'avvenimento più rilevante è l'abbandono della banda musicale, lasciata tra le polemiche di chi lo accusava di essere un maestro invecchiato nelle idee e di chi lo difendeva per i ventidue anni di costante servizio. Il Santoro ci informa puntualmente dei particolari della contesa, che assunse toni da strapaese richiamando alla mente l'altra più celebre questione, suscitata per Verdi organista dai Bussetani. Lasciata Cremona nel 1905, il C. si trasferì a Torino; sempre al teatro Vittorio Emanuele fece rappresentare la sua ultima opera, La fidanzata di Corinto (libretto di G. Principe e G. Dallarchi, 10 genn. 1905).
Morì a Torino il 12 nov. 1910.
Di carattere schivo e riservato viene descritto come un lavoratore indefesso e attento. Le sue opere, che non si sollevarono da un livello corrente, assumono forme abituali nel melodramma italiano del periodo della scapigliatura. Non a caso il Terenzio, nel suo volume sull'Ottocento, si sente in dovere di terminare il capitolo dedicato a Ponchielli e a Boito citando il Coppola. L'ansia di un affrancamento dalle forme del grande romanticismo operistico italiano e dalla prepotente figura di Verdi sono dunque presenti anche nella sua opera. Purtroppo, mancanza di chiarezza nell'impostare una vicenda e assenza di una certa personalità nellIndividuazione dei personaggi furono i difetti che la critica di allora, per quel poco che di lui si occupò, sembrava non aver esitato ad imputargli. Pure la sua produzione testimonia di un'attività musicale tutt'altro che indotta anche se certo provinciale, unico, di fatto, fermento musicale nel panorama culturale della provincia musicale italiana dell'800.
Fonti e Bibl.: Notizie in Gazz. mus. di Milano, 4 dicembre, 9 dicembre, 16 dic. 1877, e 21 settembre 1884; F. Clément-P. Larousse, Dict. des Opéras, Paris 1905, pp. 236 s.; G. Depanis, I concerti popolari ed il Teatro Regio di Torino..., Torino 1915, p. 209; G. Gaspare, Catal. della Bibl. del Liceo musicale di Bologna, V, Bologna 1943, p. 143; U. Manferrari, Diz. univ. delle opere melodrammatiche, Firenze 1954, p. 272; A. Caselli, Catalogo delle opere liriche pubblicare in Italia, Firenze 1959, pp. 122 s.; E. Santoro, Il Teatro di Cremona, III, Cremona 1971, pp. 146, 154, 157, 163; V. Terenzio, La musica italiana nell'Ottocento, Milano 1976, I, p. 352; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 368.