RADIOPROPAGAZIONE
Con questo termine, di relativamente recente introduzione, si indica il complesso dei fenomeni attinenti alla propagazione delle radioonde, cioè alla propagazione delle onde elettromagnetiche utilizzate nei sistemi di radiocomunicazione.
La trattazione dell'argomento risulta divisa in due parti. Nella prima di esse viene svolto ciò che attiene alle leggi e ai fenomeni generali della r. nei mezzi omogenei; viene considerato il caso generale dei mezzi illimitati e, come casi particolari di mezzi limitati, viene considerata la propagazione nelle guide d'onda e nelle linee di trasmissione.
Nella seconda parte è considerata invece la propagazione delle radioonde nell'atmosfera terrestre, cioè nell'ambiente fisico in cui effettivamente si svolgono i circuiti di radiocomunicazione attualmente in uso.
Propagazione delle radioonde nei mezzi omogenei.
Generalità. - Alla base di tutte le svariate e sempre più importanti applicazioni della radiotecnica sta la proprietà del campo elettromagnetico di propagarsi da una regione all'altra dello spazio.
Com'è noto, lo stato elettromagnetico in un generico punto è caratterizzato da quattro grandezze vettoriali: il campo elettrico E, il campo magnetico H, lo spostamento elettrico D, l'induzione magnetica B. Queste grandezze sono legate fra loro e inoltre alle correnti e alle cariche elettriche che generano il campo (sorgenti) mediante le equazioni di Maxwell (v. vol. XIII, p. 710). Escludendo per ora i mezzi anisotropi e ferromagnetici e facendo uso del sistema MKSA razionalizzato, si ha D = εE e B = μH, essendo ε la costante dielettrica del mezzo e μ la permeabilità magnetica. Inoltre nei mezzi conduttori si ha una densità di corrente di conduzione J legata al campo elettrico dalla relazione J = Eσ, essendo σ la conduttività.
Una volta nota la distribuzione di ε, μ, σ e delle sorgenti, le equazioni di Maxwell permettono di determinare il campo elettromagnetico ad ogni istante. Risulta appunto che, in generale, il campo elettromagnetico, una volta creato in una zona dello spazio, si propaga via via ad altre zone con velocità elevatissima, dell'ordine di quella della luce nel vuoto. Si dimostra poi che il campo immagazzina energia, che può pensarsi distribuita in parte sotto forma elettrica con la densità εE2/2 e in parte sotto forma magnetica con la densità μH2/2; inoltre in ogni punto l'energia scorre nella direzione e con la densità di flusso individuate dal vettore di Poynting
Fra le leggi di variazione cui può ubbidire il campo elettromagnetico ha particolare importanza per la r. quella in cui i vettori del campo dipendono dal tempo in modo sinusoidale; l'espressione dei vettori stessi contiene allora il tempo t attraverso fattori del tipo sen ωt o cos ωt, essendo ω la pulsazione, legata dalla relazione ω = 2πf alla frequenza f (in hertz). Campi di questo tipo, con frequenza compresa tra circa 3 103 e circa 3 1012Hz, costituiscono per l'appunto le radioonde (per la classificazione di queste, v. radiocomunicazioni, in questa App.).
Propagazione nei mezzi omogenei illimitati. - Ammettiamo che il mezzo sia illimitato e omogeneo, ovvero che ε, μ, σ non dipendano dal posto.
a) Dielettrici. - In un dielettrico ideale si ammette che la conduttività sia nulla (σ = 0). In una zona dello spazio priva di sorgenti le equazioni di Maxwell ammettono allora la fondamentale soluzione detta delle onde piane.
Riferendosi a una terna di assi cartesiani x, y, z tale soluzione può mettersi nella forma particolare:
essendo E diretto secondo l'asse x e H secondo l'asse y (fig. 1). La costante E0 si chiama ampiezza, l'argomento del seno fase. La fase è costante su qualsiasi piano parallelo al piano xy (superficie d'onda). L'intera configurazione si sposta nella direzione positiva dell'asse z (direzione di propagazione) con una velocità vf = fλ, detta velocità di fase. La lunghezza d'onda λ rappresenta la minima distanza fra due piani della stessa fase. La costante Z si chiama impedenza intrinseca del mezzo e si misura in ohm. Dalle equazioni di Maxwell risulta poi:
Le onde piane si dicono trasversali perché E e H sono perpendicolari alla direzione di propagazione. L'energia elettrica e quella magnetica immagazzinate nel campo sono eguali e il vettore di Poynting è diretto nella direzione di propagazione; l'onda trasporta pertanto energia nella direzione di propagazione.
I vettori E e H oscillano mantenendosi sempre paralleli a se stessi (polarizzazione lineare). Ma sovrapponendo due onde piane aventi le direzioni di prepagazione c incidenti, i vettori perpendicolari fra loro e le fasi diverse, si può far sì che l'estremo del vettore rappresentativo del campo elettrico (o magnetico) risultante, relativo a un dato punto, ruoti descrivendo un'ellisse (polarizzazione ellittica) o in particolare una circonferenza (polarizzazione circolare).
Il vuoto è un particolare dielettrico, per il quale ε = 8,854 10-12 farad/m e μ = 1,257 10-6 henry/m. Ne risulta che la velocità di fase vf assume un valore assai prossimo a 3 108 m/s e precisamente coincidente con la velocità c della luce nel vuoto, mentre l'impedenza intrinseca vale Z0 = 377 ohm.
Negli altri dielettrici μ ha un valore praticamente eguale a quello del vuoto, mentre la costante dielettrica è maggiore che nel vuoto: ne consegue che la velocità di fase vf è minore che nel vuoto. Il rapporto n = c/vf si chiama indice di rifrazione del mezzo. Un'indagine approfondita mostra poi che la costante dielettrica ε varia con la frequenza dell'onda; pertanto onde di frequenza diversa si propagano con diversa velocità di fase (fenomeno della dispersione).
Oltre alle onde piane si possono considerare onde di altra forma. Particolarmente importanti sono le onde sferiche, delle quali un caso particolare è rappresentato dalle onde emesse da un dipolo elettrico oscillante. In prossimità della sorgente, cioè del dipolo, queste onde hanno una struttura molto complicata, ma a distanza grande rispetto alla lunghezza d'onda assumono una forma abbastanza semplice, con superfici d'onda sferiche. L'ampiezza è inversamente proporzionale alla distanza dalla sorgente, mentre l'energia trasportata è inversamente proporzionale al quadrato di tale distanza.
In generale si può dire che qualsiasi onda, a distanza grande dalle sorgenti e su un'estensione sufficientemente limitata si comporta come un'onda piana; per questo le proprietà e la terminologia relative alle onde piane hanno portata generale.
b) Conduttori. - Quando è σ ??? 0 il mezzo è conduttore. La propagazione assume caratteristiche diverse a seconda dell'ordine di grandezza di σ.
Se ε è molto piccola (p. es. 10-4 siemens/m), si ha semplicemente un dielettrico "non perfetto" (dielettrico con perdite). La conseguenza è che su ogni tratto di percorso una parte dell'energia trasportata dalle onde viene assorbita, ossia trasformata in calore. Le onde hanno sostanzialmente la stessa forma che nei dielettrici perfetti, salvo che l'ampiezza decresce esponenzialmente nella direzione di propagazione. Precisamente, se l'onda si propaga nella direzione dell'asse z, l'ampiezza viene moltiplicata per eaz, essendo α la costante di attenuazione, pari a σZ/2, ed e la base dei logaritmi naturali.
Quando invece σ non è molto piccola, la propagazione diviene più complicata che nei dielettrici. In generale le onde piane divengono dissociate: si hanno piani di eguale fase e piani di eguale ampiezza non coincidenti, ovvero si ha una direzione nella quale si propaga la fase e un'altra direzione nella quale si attenua esponenzialmente l'ampiezza.
La velocità di fase diviene notevolmente inferiore a c (elevato indice di rifrazione) e l'attenuazione è molto rapida.
Si chiama, in particolare, profondità di penetrazione la lunghezza p da percorrere nella direzione di attenuazione affinché l'ampiezza si riduca nel rapporto 1/e. Essa dà un'idea della profondità alla quale un'onda proveniente dall'esterno può penetrare in un corpo conduttore. La profondità di penetrazione aumenta con la lunghezza d'onda; per onde non troppo corte (λ 〉〉 σ/60) si ha approssimativamente p = 0,03
Si comprende quindi che nel caso di buoni conduttori metallici, per i quali σ è dell'ordine di 107 siemens/m, le onde elettromagnetiche non possono praticamente penetrare all'interno. Spesso, passando al limite, si pone per i conduttori metallici σ = ∞ e si parla di conduttori perfetti; in tal caso il campo all'interno di essi è sempre nullo.
c) Gas ionizzati. - Com'è noto, un gas si dice ionizzato quando, per effetto di radiazioni o di urti di particelle energetiche, una parte delle sue molecole ha perduto degli elettroni. Il gas rimane così costituito da un miscuglio di molecole neutre, di elettroni e di ioni. La propagazione delle onde elettromagnetiche in seno ai gas ionizzati ha grande importanza data l'esistenza di mezzi naturali di tale tipo, come la ionosfera terrestre, le atmosfere stellari, i gas interplanetarî.
Gli elettroni, molto più leggeri delle altre particelle, si muovono quasi liberamente in seno al gas, il loro moto essendo peraltro limitato dagli urti che ogni tanto avvengono con le particelle circostanti (molecole e ioni). Se un'onda elettromagnetica investe il mezzo ionizzato, il campo elettrico dell'onda induce un movimento di oscillazione forzata negli elettroni; negli urti che questi subiscono parte dell'energia di oscillazione coerente col campo dell'onda viene tramutata in energia di agitazione, disordinata. Con considerazioni statistiche si giunge a concludere che la propagazione si svolge come se il mezzo avesse una costante dielettrica ε e una conduttività σ date, rispettivamente, dalle relazioni:
dove ε0 indica la costante dielettrica del vuoto, N il numero di elettroni per unità di volume, e la carica, m la massa dell'elettrone, e ν il numero di urti che un elettrone subisce in media per unità di tempo. Poiché σ è relativamente piccola, il mezzo si comporta come un dielettrico con perdite. Inoltre v'è dispersione, perché ε dipende dalla frequenza, differendo da ε0 tanto più quanto più piccola è la frequenza medesima. È interessante notare che anche σ dipende dalla frequenza ed è tanto maggiore quanto questa è minore; le onde lunghe vengono assorbite più delle onde corte. Tutto questo ha riflessi importantissimi nella r. ionosferica (v. la seconda parte di questa voce).
Può destare sorpresa il fatto che, essendo ε 〈 ε0, l'indice di rifrazione risulta minore dell'unità e pertanto la velocità di fase vf è maggiore di c. Ma si può dimostrare che l'energia si propaga invece con la cosiddetta velocità di gruppo vg = c2/vf, che non è mai maggiore di c in accordo con un fondamentale postulato della teoria della relatività.
Speciale importanza riveste il caso in cui il mezzo ionizzato sia soggetto a un campo magnetico uniforme esterno, di induzione B0. Per es., ciò si verifica per la ionosfera, immersa nel campo magnetico terrestre, che, su ampie estensioni, può considerarsi uniforme. Il campo magnetico esercita sugli elettroni in movimento con velocità v la cosiddetta forza di Lorentz, pari a ev⋀B0. Ciò ha per effetto che gli elettroni acquistano un moto a spirale attorno alle linee di forza di B0, rotando con una frequenza f0 (girofrequenza) indipendente dalla velocità e data da:
Se si sovrappone a B0 il campo di un'onda elettromagnetica in arrivo, avvengono fenomeni molto complicati. Lo spostamento D e la corrente di conduzione J non risultano più semplicemente proporzionali ad E: si trova che le loro componenti sono combinazioni lineari delle componenti di E. Il mezzo diventa anisotropo, con una certa analogia a quanto avviene per la propagazione ottica nei cristalli. Per esempio, se la propagazione avviene lungo le linee di forza di B0, si trova che lungo la direzione di propagazione possono propagarsi indipendentemente due onde piane diverse, dette, per analogia col fenomeno della birifrangenza ottica, onda ordinaria e onda straordinaria, polarizzate circolarmente con senso di circolazione opposto e con velocità di fase diversa. Se s'inizia con un'onda polarizzata linearmente, questa si può pensare scomposta nelle due onde polarizzate circolarmente in verso opposto. Data la diversa velocità di fase, dopo un certo tratto la differenza di fase fra le due onde sarà variata; pertanto, ricomponendo le due onde in una sola polarizzata linearmente, si trova che la direzione di polarizzazione di quest'ultima è rotata di un certo angolo rispetto a quella originaria (effetto Faraday).
Nel caso poi che la direzione di propagazione sia qualsiasi rispetto a B0, si trova che lungo di essa possono propagarsi due onde polarizzate ellitticamente con diverse velocità di fase e diverse costanti di attenuazione. L'assorbimento diviene particolarmente elevato, per una sorta di risonanza, quando la frequenza dell'onda coincide con la girofrequenza.
Riflessione e rifrazione delle radioonde. - È molto importante il caso in cui due mezzi omogenei di costanti diverse siano a contatto lungo una superficie Σ piana. Dalle equazioni di Maxwell si deduce che le componenti di E parallele a Σ (componenti tangenziali) devono avere eguale valore dalle due bande di Σ. Le componenti tangenziali di H possono anche avere valore diverso purché lungo Σ scorra una corrente che dia luogo a un campo magnetico pari alla differenza delle componenti medesime; ciò è possibile solo se uno dei due mezzi è conduttore. Queste condizioni di continuità sono sufficienti in ogni caso per fissare la soluzione.
Se un'onda piana incide su Σ provenendo dal primo mezzo, si genera un'onda piana riflessa, che torna nel primo mezzo, e un'onda piana rifratta, che penetra nel secondo. Le direzioni di propagazione di queste tre onde obbediscono alle leggi della riflessione e della rifrazione dell'ottica. È importante conoscere il coefficiente di riflessione r, cioè il rapporto fra l'ampiezza dell'onda riflessa e l'ampiezza dell'onda incidente.
Nel caso di due dielettrici, indicando con i e i′ gli angoli d'incidenza e di rifrazione rispettivamente, r risulta espresso dalle formule di Fresnel:
La prima vale quando E è parallelo a Σ, la seconda quando H è parallelo a Σ.
Se invece il primo mezzo è un dielettrico e il secondo un buon conduttore, la condizione di continuità esige che la componente tangenziale di E sia nulla alla superficie del conduttore, come lo è necessariamente all'interno. Se ne deduce che la riflessione è totale, cioè che l'onda riflessa ha la stessa ampiezza dell'onda incidente e che l'energia non penetra all'interno del conduttore. Quanto alla condizione per H, essa, come detto dianzi, esige che alla superficie del conduttore nasca una corrente superficiale, che compensi la discontinuità del campo magnetico.
Dispositivi ottici per radioonde. - La riscontrata perfetta analogia tra le leggi della r. e le leggi dell'ottica ordinaria conduce alla conclusione che possono realizzarsi anche per le onde elettromagnetiche dispositivi del tutto analoghi a quelli ottici convenzionali. Poiché, peraltro, le dimensioni di tali dispositivi sono, com'è ben noto, legati alla lunghezza d'onda, la pratica realizzabilità di essi nel campo delle radioonde rimane ristretta, per evidenti ragioni, alle onde di breve lunghezza e precisamente alle onde metriche e alle microonde (lunghezze d'onda dell'ordine del metro o meno). In questo campo la serie dei dispositivi ottici di ogni genere (specchi, lenti, prismi, polarizzatori, ecc.) si è costantemente arricchita in questi ultimi anni, mostrando anzi una varietà di realizzazioni assai più ampia di quella riscontrabile nell'ottica tradizionale.
L'esigenza che più spesso si presenta nella pratica è quella di dover inviare un fascio di radioonde in una direzione ben definita: ciò può essere ottenuto collimando le radioonde in questione mediante lenti o specchi.
La collimazione può essere effettuata mediante lenti dielettriche, analoghe a quelle di vetro dell'ottica; il dielettrico, anziché essere vetro, è normalmente una materia plastica. Una sorgente approssimativamente puntiforme (illuminatore) è posta nel fuoco della lente. L'illuminatore può essere, per esempio, costituito da una guida d'onda a (fig. 2, A) terminata da una "tromba" b, che irradia un fascio abbastanza aperto da illuminare tutta la lente c; i raggi incidenti, divergenti, vengono trasformati dalla lente in raggi paralleli. Un inconveniente di queste lenti è il peso notevole, dovuto al fatto che il loro diametro, anche per microonde, è dell'ordine del metro. Si può allora ricorrere alle lenti zonate, a gradini cilindrici concentrici (fig. 2, B): il cammino ottico dei raggi che hanno percorso gradini adiacenti differisce di una lunghezza d'onda, così che tutti i raggi risultano in fase.
In certi casi si richiede che non un solo punto all'infinito, ma tutti i punti all'infinito abbiano immagine perfetta. Si può allora ricorrere alla lente di Luneberg o alle sue varianti. La lente di Luneberg è costituita da una sfera dielettrica a (fig. 3) nella quale l'indice di rifrazione n è funzione della distanza r dal centro; se si prende per unità il raggio della sfera, si ha precisamente
Si dimostra allora che qualunque punto sulla superficie della sfera ha immagine perfetta all'infinito. La sfera a indice di rifrazione variabile non è realizzabile con la precisione necessaria per le onde luminose, mentre è possibile in varî modi di costruirla per le microonde.
Un'ulteriore, interessante possibilità è poi costituita, nel campo delle microonde, dalle lenti con dielettrico artificiale e dalle lenti metalliche (v. App. II, 1, pp. 190 e 191).
Il mezzo di collimazione più usato nelle applicazioni è, peraltro, lo specchio parabolico, basato sulla nota proprietà geometrica della parabola, per cui tutti i raggi provenienti dal fuoco vengono riflessi parallelamente all'asse.
La superficie dello specchio può essere costituita da una lamina metallica continua o da strisce giustapposte o da una rete metallica con maglie piccole rispetto alla lunghezza d'onda. La sua forma è, in generale, quella di un paraboloide di rivoluzione. Se però si vuole collimare il fascio soltanto in senso orizzontale, lasciando che si apra a ventaglio in senso verticale, si usano superfici cilindriche a sezione parabolica. In tal caso lo specchio può anche essere limitato da due basi piane perpendicolari alle generatrici del cilindro poste a breve distanza l'una dall'altra. Fra le due basi il campo si propaga come in una guida d'onda e viene riflesso dallo specchio. Le due basi terminano al piano focale, formando una bocca dalla quale il campo viene irradiato (fig. 4). Simili specchi a scatola vengono spesso usati come "sorgenti lineari", per es. per alimentere un successivo specchio cilindrico, che collima i raggi nel piano verticale. L'insieme ha l'effetto di uno specchio a paraboloide di rotazione.
Gli specchi parabolici possono essere anche usati in ricezione, per formare l'immagine di un oggetto puntiforme lontano e individuarne la direzione. Questo impiego diviene sempre più importante con la radioastronomia e con la tecnica dei missili spaziali. È da notare che, poiché uno specchio parabolico è corretto soltanto per il fuoco, è necessario, in queste applicazioni, seguire l'oggetto mantenendo sempre l'asse del paraboloide puntato verso di esso.
Per altre notizie sugli specchi paraboloidici, si rinvia alla voce antenna (App. II, 1, p. 188, e in questa Appendice).
Casi particolari di propagazione di mezzi omogenei limitati. - Guide d'onda. - L'avvento di efficienti generatori di microonde persistenti ha fatto diventare di attualità un tipo di r. la cui possibilità teorica era già nota nel secolo scorso. Si tratta della propagazione guidata, per cui le radioonde possono propagarsi all'interno di un tubo metallico, detto, molto espressivamente, guida d'onda. Le dimensioni trasversali della guida (che può essere, per es., a sezione rettangolare o circolare) devono essere dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d'onda; perciò tale tipo di propagazione è praticamente impossibile per le radioonde di relativamente grande lunghezza d'onda.
Per studiare teoricamente una guida d'onda bisogna trovare delle soluzioni delle equazioni di Maxwell valevoli all'interno della guida, per le quali le componenti tangenziali di E si annullino sulle pareti. È un classico problema di valori al contorno della fisica matematica. Si trova, in generale, che, per una data guida d'onda, sono possibili varie soluzioni o modi, ciascuna rappresentante una speciale onda piana che si propaga lungo l'asse della guida. A differenza delle onde piane libere, i modi di una guida d'onda non sono, in generale, trasversali: o H o E hanno una componente longitudinale, cioè parallela alla direzione di propagazione. Nel primo caso si parla di modi TE (trasversali elettrici), nel secondo caso di modi TM (trasversali magnetici). Solo eccezionalmente, quando la sezione della guida non è semplicemente connessa (ossia quando la guida è formata da più conduttori distinti), si può avere un modo del tutto trasversale (modo TEM, trasversale elettromagnetico), come le onde piane libere.
I modi vengono convenzionalmente individuati mediante due parametri, m, n, che assumono valori interi positivi, compreso lo zero, e che vengono apposti come indici al simbolo del modo; si avranno così modi TEmn e TMmn. Ciò è in relazione al fatto che in una sezione della guida perpendicolare all'asse le componenti del campo vengono rappresentate da funzioni che hanno un doppio sistema di linee nodali o linee di zero. I parametri m e n indicano quante linee nodali dell'uno e dell'altro sistema sono comprese nella sezione della guida.
Quando esiste il modo TEM, la sua velocità di fase è c, come per le onde libere. Per tutti gli altri modi la velocità di fase vf lungo l'asse della guida è maggiore di c, e aumenta all'aumentare dei valori di m ed n. Similmente la lunghezza d'onda λf nella direzione dell'asse della guida è maggiore della lunghezza d'onda λ nello spazio libero e aumenta con m ed n. Fissando un determinato modo e facendo diminuire la frequenza, si nota che vf e λf aumentano, fino a diventare infinite per una certa frequenza critica fc; al di sotto di tale frequenza il modo non si propaga nella guida. La frequenza critica è tanto più elevata quanto più grandi sono i valori di m e n e quanto più piccole sono le dimensioni trasversali della guida (per altre notizie sulle guide d'onda, e, in particolare, sui dispositivi che da esse derivano, v. microonde, in questa App.).
Come nel caso dei mezzi ionizzati, si trova per le guide d'onda che l'essere la velocità di fase vf maggiore di c non contraddice alla relatività; l'energia si propaga infatti con la velocità di gruppo vg, che, per essere legata alla prima dalla relazione vfvg = c2, è sempre più piccola di c.
Linee di trasmissione. - Un caso particolarmente importante di guida d'onda a due conduttori distinti è rappresentato dal cavo coassiale. si tratta di una guida d'onda circolare, all'interno della quale si trova un cilindro conduttore coassiale; il campo sussiste e si propaga fra i due cilindri. In questo caso la sezione retta non è più una figura semplicemente connessa ed è possibile un modo TEM (modo principale). Precisamente si trova che E è diretto in senso radiale, mentre H è tangente a circonferenze coassiali con i cilindri. La discontinuità della componente tangenziale di H sulle pareti fa sì che sui due cilindri compaiano delle correnti dirette in senso assiale, cioè parallele alle generatrici. Le correnti sui due cilindri in corrispondenza di una data sezione hanno eguale intensità I e versi opposti. Nella stessa sezione è presente anche una differenza di potenziale V fra il cilindro esterno e quello interno. Il rapporto Zg = V/I, che risulta indipendente dalla sezione considerata, si chiama impedenza caratteristica del cavo. Si ha precisamente: Zg = (Z0/2π)loge(r2/r1), dove Z0 è l'impedenza intrinseca dello spazio libero e r1, r2 sono i raggi del cilindro interno ed esterno rispettivamente.
Siamo così passati dalla considerazione di una guida d'onda a quella di una linea di trasmissione classica, costituita da due conduttori nei quali fluiscono correnti eguali e opposte, e fra i quali sussiste una differenza di potenziale. Si può dimostrare infatti che il caso tradizionale di due fili metallici paralleli è perfettamente analogo a quello del cavo coassiale. Si hanno due punti di vista diversi, ma ambedue legittimi. Se si considera il campo elettromagnetico guidato dai due conduttori, si parla di "guida d'onda"; se invece si considera la corrente che fluisce nei due conduttori e la differenza di potenziale fra essi, si parla di "linea di trasmissione". Con opportune convenzioni si può definire un'impedenza caratteristica (per ciascun modo) anche per le guide d'onda semplicemente connesse, cioè per le guide d'onda ordinarie; con ciò qualsiasi guida d'onda può essere considerata come una linea di trasmissione.
Un caso interessante, assai frequente nella pratica, è quello nel quale si devono connettere in serie due linee di trasmissione diverse. L'esigenza che V e I siano continue fa nascere alla connessione una riflessione dell'onda proveniente dalla prima linea. Il fenomeno è perfettamente analogo a quello che si ha nel passaggio di un'onda elettromagnetica da un mezzo omogeneo a un altro. Si dimostra che se Z′g e Z″g rappresentano le impedenze caratteristiche della prima e della seconda linea rispettivamente, il coefficiente di riflessione della corrente è dato da
Poiché quasi sempre nella pratica si vuol trasmettere tutta l'energia in arrivo, senza riflessioni, bisogna procedere all'adattamento d'impedenza. Ciò si può effettuare in vari modi. Per es., un artificio che conduce allo scopo è quello d'introdurre fra le due linee, e in serie con esse, un tratto, lungo un quarto di lunghezza d'onda, di una terza linea avente impedenza caratteristica eguale alla media geometrica di Z′g e Z″g (adattatore d'impedenza o trasformatore d'impedenza; v. anche App. II, 1, p. 192 e microonde, in questa App.).
Bibl.: J. A. Stratton, Electromagnetic theory, New York 1941; S. A. Schelkunoff, Electromagnetic waves, ivi 1943; N. Marcuvitz, Waveguide handbook, ivi 1951; J. Brown, Microwave lenses, Londra 1953: G. Toraldo di Francia, Onde elettromagnetiche, Bologna 1953.
Propagazione troposferica e ionosferica delle radioonde.
Generalità. - L'intensità del campo elettromagnetico prodotto a una certa distanza da un'antenna trasmittente è in generale ben diversa da quella che si può calcolare, relativamente al caso della propagazione libera fra due punti dello spazio, in base ai risultati della teoria delle onde elettromagnetiche.
La presenza della superficie terrestre, con le sue proprietà dielettriche e conduttrici insieme, come anche la presenza dell'atmosfera influiscono infatti in varie maniere sulla propagazione delle onde.
Effetti del terreno. - Per ragioni di semplicità, inizieremo l'esame del problema prescindendo dagli effetti dell'atmosfera, ossia supponendo che essa sia omogenea e presenti un indice di rifrazione praticamente uguale ad uno; ammetteremo inoltre chè la superficie terrestre sia perfettamente liscia e dotata di un certo potere riflettente per le radioonde.
Le onde emesse dall'antenna posta in T (fig. 5) possono allora giungere al ricevitore R seguendo il cammino indicato da TR, diretto, oppure quello indicato da TSR, derivante dalla riflessione dell'onda in S: l'intensità del campo elettromagnetico che si produce in R dipende allora dalla differenza di fase che si è venuta a creare fra i due fasci di onde per il fatto stesso che essi hanno percorso cammini diversi.
Il valore del coefficiente di riflessione delle onde sulla superficie terrestre dipende dalla natura del suolo, dall'angolo d'incidenza e dallo stato di polarizzazione dell'onda. Nel caso di onde corte polarizzate orizzontalmente e riflesse dalla superficie del mare, il coefficiente di riflessione si avvicina all'unità; nel caso di onde corte polarizzate verticalmente e riflesse dal suolo, esso può scendere a valori bassissimi per angoli d'incidenza piuttosto elevati.
Oltre alla riflessione, un altro effetto importante prodotto dalla presenza del terreno è l'assorbimento di una parte dell'energia delle onde, in conseguenza delle perdite legate alle correnti indotte nel terreno stesso dal campo elettromagnetico.
L'assorbimento dipende fortemente dalle caratteristiche elettriche (conduttività σ costante dielettrica relativa εr) del terreno e risulta comunque rapidamente crescente al diminuire della lunghezza d'onda, cioè al crescere della frequenza (fig. 6).
Considerando la superficie terrestre come piana e liscia, si ha che il campo E (espresso in mV/m), prodotto alla distanza D (espressa in chilometri) da un'antenna verticale che irradia una potenza W (in kW), è dato con buona approssimazione dalla seguente relazione:
ove A è un fattore di attenuazione, che decresce con la distanza e che dipende dalla conducibilità del suolo (per onde medie e lunghe, su mare, A è assai vicino all'unità).
Per distanze superiori a quelle dell'orizzonte ottico, un altro fenomeno influisce sull'intensità del campo elettromagnetico: data la forma sferica della Terra, si verifica infatti una diffrazione delle radioonde attorno alla superficie terrestre.
Per dare un'idea dell'entità di tale effetto su onde di varia lunghezza, riportiamo nella fig. 7 l'andamento dell'intensità del campo (espressa in microvolt per metro) in funzione della distanza dall'antenna trasmittente T posta a 100 m sul suolo; l'antenna trasmittente è un'antenna verticale e irradia 1 kW. Nella parte inferiore della fig. è riportata la configurazione geometrica del percorso; alla distanza di 35 km passa l'orizzonte geometrico per un osservatore che si trovi in T. Si noti come nei punti situati al di là dell'orizzonte l'energia elettromagnetica arrivi in misura tanto maggiore quanto più elevata è la lunghezza d'onda, grazie appunto a fenomeni di diffrazione.
Rifrazione atmosferica; atmosfera standard; superrifrazione. - L'indice di rifrazione dell'atmosfera per le onde radioelettriche è superiore all'unità soltanto di alcuni decimillesimi; esso, a pressione normale e a 0 °C, vale 1,000294 per aria secca e 1,000319 per aria umida satura, e normalmente diminuisce con l'altezza. L'incurvamento verso il basso che i raggi di propagazione delle onde stesse subiscono, per quanto piccolo, diviene peraltro importante su lunghi percorsi, specie per le onde di frequenza superiore a 30 MHz (cioè per le onde metriche e per le microonde).
Quando l'atmosfera sia in condizioni di evuilibrio termodinamico e la temperatura e l'umidità presentino un gradiente esclusivamente verticale (cioè esse abbiano lo stesso valore nei varî punti di una stessa superficie orizzontale), anche l'indice di rifrazione varia solianto con la quota.
In base ai numerosi rilievi sinora eseguiti, si è assunto un valore medio, detto "standard", del gradiente dell'indice di rifrazione atmosferico corrispondente alle anzidette condizioni di equilibrio; tale valore è − 3,9 10-8 m-1, ossia corrisponde a una diminuzione dell'indice di rifrazione di 39 miliardesimi di unità per ogni metro di aumento dell'elevazione sul suolo. Un'atmosfera che sia caratterizzata da queste condizioni viene chiamata correntemente atmosfera standard.
Si può calcolare facilmente l'incurvamento che in un'atmosfera del genere, subisce il raggio di propagazione. Si trova che se l'onda lascia l'antenna trasmittente con un angolo di elevazione sul piano orizzontale nullo o molto piccolo, il raggio di curvatura della traiettoria risulta uguale a circa 4 volte il raggio terrestre.
Le comunicazioni fra due punti distinti vengono, com'è ovvio, facilitate dall'incurvamento per rifrazione.
Nelle condizioni "standard", la distanza massima D (in km) a cui possono comunicare per onda diretta (cioè in visibilità radio) due punti alti h1 e h2, (in m) rispettivamente sulla superficie terrestre (sempre ammesso che questa sia sferica e che non vi siano rilievi lungo il percorso) è data dalla formula:
Se non esistesse la rifrazione atmosferica, il coefficiente si ridurrebbe da 4,14. a 3,57.
Come risulta indirettamente da questa formula, si ha un aumento del campo a distanza se si aumenta la quota delle antenne: tale guadagno di altezza risulta, a parità di ogni altra condizione, rapidamente decrescente al crescere della lunghezza d'onda.
Sulla base della considerazione degli effetti di rifrazione in atmosfera standard sono state costruite per le varie frequenze, a cura del Comitato Consultivo Internazionale delle Radiocomunicazioni (C.C.I.R.), delle serie di curve di propagazione, che danno, in funzione della distanza e per alcuni valori di h1 e h2 (dell'ordine di quelli che si possono incontrare in pratica), il campo prodotto da un dipolo che irradî 1 kW.
Le condizioni standard si verificano assai di rado nella bassa atmosfera.
In particolare, avviene abbastanza frequentemente che in prossimità del suolo o in quota si formi uno strato d'inversione termica, cioè uno strato in cui la temperatura cresca con l'altezza, anziché diminuire, come d'ordinario; si può avere allora che la diminuzione dell'indice di rifrazione con l'altezza sia assai superiore a quella normale, specie se l'umidità atmosferica diminuisce rapidamente con l'altezza.
In queste condizioni l'incurvamento verso il basso del raggio di propagazione diviene assai superiore al normale e ciò facilita le comunicazioni (condizioni di superrifrazione), La curvatura, a volte, può essere così accentuata che il raggio incida sul suolo a distanza relativamente piccola da T, venga quivi riflesso e poi, nuovamente incurvato per rifrazione atmosferica, ritorni al suolo. Se le condizioni di superrifrazione si mantengono durante tutto il percorso, questo processo si può ripetere più volte: l'energia resta allora incanalata in quello che viene appunto chiamato un condotto troposferico e si può propagare anche a distanze assai notevoli al di là dell'orizzonte.
Propagazione troposferica. - Come precedentemente accennato, l'influenza della rifrazione atmosferica e, in generale, delle condizioni esistenti nella bassa atmosfera è sensibile soltanto per le onde di breve lunghezza, all'incirca al di sotto di 10 m. D'altro canto i fenomeni di riflessione e di rifrazione che avvengono nell'alta atmosfera, e precisamente nella ionosfera, hanno importanza, come vedremo fra poco, soltanto per le onde la cui frequenza è non maggiore di un certo valore massimo oscillante, a seconda delle condizioni ionosferiche, fra 25 e 50 MHz. Appare pertanto naturale assumere, come abitualmente si fa, il valore di 30 MHz come valore discriminante tra il dominio della r. troposferica e quello della r. ionosferica. In quel che segue ci riferiremo pertanto, parlando della propagazione troposferica, a onde la cui frequenza sia maggiore di 30 MHz.
Propagazione troposferica fra punti in visibilità. - È questo il tipo di propagazione sul quale si basano, per esempio, i servizî di trasmissione televisiva e di radiodiffusione a modulazione di frequenza, nonché i ponti radio detti per l'appunto "in visibilità" (v. ponte radio, in questa Appendice).
L'intensità del campo prodotto a una distanza di D metri da un trasmettitore che applichi una potenza di P watt a un'antenna di guadagno G risulta espressa, in V/m, dalla seguente formula, che è peraltro valida nel caso di una superficie terrestre sferica e perfettamente liscia e in una atmosfera omogenea:
dove ρ è il coefficiente di riflessione del suolo, δ un coefficiente che tiene conto della divergenza provocata sul fascio riflesso dalla sfericità della superficie terrestre, ϕ è lo sfasamento introdotto dalla riflessione sul suolo e j è l'unità immaginaria.
I valori sperimentalmente osservati divergono però, anche notevolmente, da quelli teoricamente prevedibili, per mezzo della precedente relazione; la causa di ciò va ricercata soprattutto nell'irregolarità (rilievi naturali, manufatti) della superficie terrestre.
Inoltre, il campo ricevuto presenta normalmente fluttuazioni, anche assai ampie, d'intensità (fading), la cui causa va generalmente ricercata in fluttuazioni dell'indice di rifrazione atmosferica dovute a variazioni nei parametri meteorologici; nel caso in cui intervengono riflessioni sul mare, il fading può essere causato anche dal moto ondoso del mare stesso.
Gli inconvenienti del fading vengono ovviati in buona parte con l'adozione di opportuni sistemi di modulazione (App. II, 11, p. 656) e mediante i sistemi di ricezione cosiddetti "in diversità spaziale" (cioè combinando opportunamente i segnali ricevuti da due antenne poste a conveniente distanza l'una dall'altra) o "in diversità di frequenza" (cioè comunicando contemporaneamente su due frequenze convenientemente separate).
Propagazione troposferica al di là dell'orizzonte. - Alcune particolari strutture della troposfera consentono di stabilire comunicazioni abbastanza stabili fra due punti situati a distanze sensibilmente superiori a quella dell'orizzonte.
Nel caso delle onde metriche (cioè per frequenze fra 30 e 300 MHz circa), il fenomeno sembra legato alla presenza di estese superfici orizzontali di discontinuità nel gradiente verticale della temperatura e dell'umidità, e quindi anche dell'indice di rifrazione dell'atmosfera per le radioonde; tali superfici presentano altezze variabili fra alcune centinaia di metri e 1500 ÷ 2000 metri, e sembrano corrispondere alle zone di separazione fra masse d'aria di origine diversa e che siano dotate di direzioni di movimento diverse.
Data la discontinuità dell'indice di rifrazione, le radioonde, quando incontrano tali superfici, subiscono una riflessione parziale, e parte dell'energia riflessa può così essere raccolta dall'antenna ricevente, anche al di là dell'orizzonte (basta che le due antenne, trasmittente e ricevente, "vedano" la stessa superficie riflettente).
Nel caso delle microonde (frequenze superiori a 300 MHz) la propagazione al di là dell'orizzonte pare che sia invece determinata da disomogeneità dell'indice di rifrazione dell'atmosfera fra i 1000 e i 2000 m circa di altezza, dovute ai moti turbolenti dell'aria: le fluttuazioni nei valori dell'indice di rifrazione avvengono, in tal caso, in tutti i sensi e non si ha una superficie di discontinuità ben definita. Le microonde, propagandosi in tale mezzo disomogeneo, subiscono una diffusione (ingl.: scatter) di parte della loro energia in tutte le direzioni; l'energia diffusa sotto piccoli angoli rispetto alla direzione di emissione è tale da consentire la realizzazione di sistemi di comunicazione fra due punti al di là dell'orizzonte ottico. Questi sistemi di comunicazione, detti per diffusione troposferica, possono coprire distanze sino a 600 ÷ 700 m, con l'impiego di antenne altamente direttive (riflettori a paraboloide di grandi dimensioni) e potenze di decine di kW nei trasmettitori (v. anche ponte radio. in questa App.). L'attenuazione di propagazione delle onde nella troposfera rispetto alla propagazione nello spazio libero può essere valutata, in tali sistemi, nell'ordine da 80 a 100 dB.
Propagazione ionosferica. - Riflessione ionosferica delle radioonde. - Come già si è accennato, per le onde di frequenza inferiore a un valore limite che varia fra i 25 e i 50 MHz circa, l'intensità del campo elettromagnetico prodotto a una certa distanza dall'antenna trasmittente dipende dai fenomeni di riflessione che tali onde subiscono nelle regioni ionizzate dell'alta atmosfera (ionosfera).
Nel caso più generale, schematizzato nella fig. 8, le onde emesse dall'antenna trasmittente T possono giungere in R seguendo il percorso TR, lungo la superficie terrestre (onda diretta o superficiale o di terra), e il percorso TSR, riflettendosi, in S, sulla ionosfera (onda ionosferica o spaziale); analogamente a quanto accade nella propagazione con riflessione sul suolo (fig. 5), il campo in R dipende dalle intensità assolute e dallo sfasamento relativo delle due onde. L'influenza della riflessione ionosferica si fa particolarmente sentire al di là di una certa distanza dal trasmettitore, allorché l'onda diretta è tanto attenuata che la sua intensità sia confrontabile con quella dell'onda spaziale. Poiché, come si vedrà in seguito, l'attenuazione dell'onda ionosferica diminuisce all'aumentare della frequenza, mentre, come s'è visto, il contrario accade per l'onda diretta, avviene che, per una certa distanza di R da T, la propagazione si svolga in pratica per sola onda diretta su frequenze relativamente basse, per sola onda ionosferica su frequenze relativamente alte. su distanze valutabili nell'ordine delle centinaia di chilometri o anche maggiori, si può ritenere che la propagazione si svolga essenzialmente per onde ionosferiche al di sopra di circa 3 MHz.
Il dominio della propagazione ionosferica rimane in tal modo ristretto, almeno nell'ambito di quelle che sono in concreto le sue pratiche applicazioni, tra circa 3 e circa 30 MHz, cioè al campo delle onde cosiddette corte e cortissime. Prevalentemente per onda diretta si svolge invece la propagazione delle onde usate nei servizî di radiodiffusione circolare a modulazione d'ampiezza, la cui frequenza va, com'è noto, da 0,5 a circa 2 MHz e, in generale, delle onde la cui frequenza è inferiore a 3 MHz (v. anche radiocomunicazioni, in questa App.); per determinare i parametri di propagazione di queste onde ci si avvale delle anzidette curve di propagazione del C.C. I. R.
Com'è noto (v. ionosfera, in App. II, 11, p-56; atmosfera, in questa App.), a partire da circa 80 km di altezza sul suolo si ha un aumento graduale della densità elettronica (numero di elettroni liberi per unità di volume) dell'atmosfera. A un'altezza di poco superiore a 100 km si osserva un primo massimo di densità elettronica (regione E della ionosfera); altri massimi, superiori al primo, si osservano ad altezze maggiori, e di essi il più importante è quello che corrisponde alla cosiddetta regione F2 (altezza reale variabile fra 200 e 350 km circa). A norma delle precedenti formule [3] e [4], la presenza di elettroni liberi fa sì che la costante dielettrica relativa εr = ε/ε0 e quindi anche l'indice di rifrazione n
dell'atmosfera si riduca da un valore di pochissimo superiore a uno (quale si ha in assenza di ionizzazione) a un valore tanto più piccolo quanto più elevata è la densità elettronica N e tluanto più bassa è la frequenza f delle onde incidenti.
Consideriamo ora il raggio di propagazione di una radioontla emessa da T. che incida sul bordo inferiore della ionosfera sotto l'angolo ϕ0 (fig. 9, A). Sino alla quota h0 del bordo stesso la propagazione risulta rettilinea, poiché l'indice di rifrazione n si mantiene praticamente sempre costante e uguale all'unità. Ma al disopra di ho, la diminuzione graduale di n fa sì che il raggio si incurvi. Nel punto in cui l'indice di rifrazione si riduce al valore
la tangente al raggio diviene orizzontale; al di là di questo punto il raggio è diretto verso il basso. Si ha quindi una vera e propria riflessione totale dell'energia elettromagnetica.
Se il raggio di propagazione è diretto verticalmente verso l'alto (ϕ = 0), la riflessione avviene nel punto in cui n si annulla (fig. 9, B). In tali condizioni le formule [3] e [4] forniscono la seguente relazione esistente tra la frequenza f dell'onda e la densità elettronica N della zona in cui l'onda stessa si riflette:
Alla frequenza fc che, secondo questa relazione, corrisponde alla densità elettronica massima Nmax di una certa regione ionosferica si dà il nome di frequenza critica della regione in questione: essa è la massima frequenza delle onde a incidenza verticale che possono essere riflesse dalla regione medesima.
È peraltro da osservare che, a causa della birifrazione conseguente alla presenza del campo magnetico terrestre, si hanno in realtà due frequenze critiche, una per il raggio ordinario, l'altra per il raggio straordinario dell'onda, differenti fra loro, a seconda delle modalità della propagazione, per un ammontare pari alla girofrequenza elettronica locale [5] o alla metà di essa la frequenza critica "ordinaria" obbedisce alla relazione precedentemente scritta.
La determinazione delle frequenze critiche delle varie regioni ionosferiche e quindi, a norma della [9], della densità elettronica massima delle regioni stesse, viene effettuata mediante i cosiddetti radiosondaggi ionosferici: ci si serve all'uopo di appositi ricetrasmettitori a impulsi, a frequenza variabile, detti ionosonde. Queste forniscono altresì la misura del tempo impiegato dall'onda per percorrere il tragitto dal trasmettitore alla zona di riflessione e da qui di nuovo al suolo: da questa misura si può poi ricavare la quota della zona di riflessione.
Si dimostra che se la densità elettronica è tale da riflettere verticalmente un'onda a incidenza verticale di frequenza fv, in quel punto può riflettersi anche un'onda incidente obliquamente la cui frequenza f soddisfi la relazione:
essendo, al solito, ϕ0 l'angolo d'incidenza dell'onda. In altri termini, in quello stesso punto può riflettersi un'onda di frequenza f maggiore di fv purché essa incida sotto un angolo ϕ0 tanto più elevato quanto più alto è il rapporto fra f e fv.
In particolare, assegnati due punti T e R della superficie terrestre, a distanza D tra loro risulta determinato il valore massimo fmax della frequenza delle onde che, emesse da T, possono raggiungere R riflettendosi su una determinata regione ionosferica; a fmax, che, secondo la [10], è in relazione con la frequenza critica della regione considerata nella verticale del punto di mezzo dell'arco di cerchio massimo congiungente T e R, si dà il nome di massima frequenza utilizzabile, (simbolo: MUF, abbreviazione dall'espressione inglese Maxmum Usable Frequency) relativa alla distanza D.
Numerosi osservatorî geofisici, sparsi in tutto il mondo, rilevano regolarmente i valori delle frequenze critiche per le principali regioni ionosferiche (E ed F). Questi valori variano con la posizione geografica, con l'ora del giorno, con la stagione, e col ciclo solare; studî statistici condotti su tali variazioni consentono peraltro di formulare previsioni con varî mesi di anticipo circa i valori mediani (probabili al 50%) di frequenza critica in un determinato luogo e in un'epoca determinata.
Sulla base dei valori (attuali o previsti) di frequenza critica è possibile calcolare, in base alla relazione dianzi scritta, le massime frequenze utilizzabili su distanze assegnate per una determinata regione ionosferica. I dati che maggiormente interessano sono quelli relativi alla regione F2, alla quale corrispondono i valori più elevati di densità elettronica, e la distanza che viene generalmente considerata è quella di 4000 km. Nella fig. 10 sono riportate, a titolo indicativo, mappe di previsione per la regione F2 delle MUF su 4000 km per i mesi di gennaio 1953 (periodo di bassa attività solare) e gennaio 1958 (periodo di alta attività solare), elaborate dal Central Radio Propagation Laboratory di Washington. Le mappe in questione sono valide per collegamenti il cui punto di mezzo cada nella zona compresa all'incirca tra i meridiani 10° O e 40° E. Infatti, a causa dell'influenza del campo magnetico terrestre sui movimenti e sulla distribuzione degli elettroni, esiste un "effetto di longitudine" sulla distribuzione delle MUF della regione F2; agli effetti delle previsioni, si è trovato pertanto conveniente suddividere il globo in varie zone di longitudine (4 in genere), per le quali vengono elaborate mappe distinte.
Per distanze inferiori a 4000 km, opportuni abachi consentono il calcolo della MUF sulla base di fc e della MUF per 4000 km, dedotte dalle mappe anzidette. Per distanze superiori a 4000 km, sono necessarie una o più riflessioni intermedie sul suolo perché il radiocollegamento si stabilisca; in questi casi vengono adottati particolari criterî di calcolo, sempre basati peraltro sull'uso delle mappe di previsione.
In base agli elementi suaccennati è pertanto possibile stabilire quali frequenze massime possano essere usate in un dato radiocollegamento. Varî altri fattori, però, intervengono a determinare il grado di efficienza della comunicazione; i principali sono: l'assorbimento delle radioonde nella bassa ionosfera, il disturbo arrecato alla ricezione dalle scariche elettriche atmosferiche, dalle radioonde di origine cosmica e dalle interferenze con altri radiocollegamenti, e, infine, le perturbazioni ionosferiche.
Assorbimento delle radioonde nella ionosfera. - Com'è stato già accennato nella prima parte di questo articolo, la ionosfera è assimilabile perciò che concerne la r., a un dielettrico con perdite: le onde che si propagano in essa subiscono una perdita di energia la cui entità risulta proporzionale allä conducibilità σ data dalla formula [4], cioè proporzionale, in definitiva, al prodotto della densità elettronica N per la frequenza ν delle collisioni tra elettroni liberi e particelle circostanti. Mentre N, come s'è visto, aumenta con l'altezza (almeno nella bassa ionosfera), ν diminuisce con essa: al crescere dell'altezza decresce infatti la densità dell'atmosfera e quindi anche ν. Il prodotto Nν (e con esso l'assorbimento) risulta pertanto avere un massimo ben definito a quote fro circa 70 e circa 90 km, cioé in corrispondenza della regione D della ionosfera (fig. 1,1).
Poiché la ionizzazione della bassa ionosfera è dovuta soprattutto alle radiazioni solari più penetranti (ultraviolette estreme e X), l'assorbimento delle radioonde che vengono riflesse dall'alta ionosfera, e che debbono pertanto attraversare due volte lo strato D, cresce con l'altezza del Sole sull'orizzonte, presentando un massimo diurno circa al mezzodì locale, e un massimo annuo nei mesi estivi.
Un'importante caratteristica dell'assorbimento, anch'essa desumibile dalla formula [4], è che esso decresce al crescere della frequenza dell'onda; di qui deriva la convenienza di scegliere una frequenza di lavoro la più vicina possibile alla massima frequenza utilizzabile nel radiocollegamento considerato. Nella pratica, per tener conto delle fluttuazioni irregolari della densità elettronica della regione F si assume una frequenza ottima di lavoro pari all'85% della MUF: si ritiene che una tale frequenza possa assicurare il collegamento per il 90% del tempo di trasmissione.
I servizî di previsione ionosferica forniscono anche dati relativi all'assorbimento ed è così possibile calcolare, in base alle caratteristiche tecniche degli impianti e alla potenza usata in emissione, i valori del campo elettromagnetico prodotto alla stazione ricevente.
Livello dei disturbi. - In base a lunghe serie di osservazioni sono state costruite carte che danno la distribuzione mondiale, sulle varie frequenze, dei valori medî del campo di rumore generato da scariche elettriche atmosferiche e da radioonde provenienti dal Sole e dagli spazî cosmici: questi ultimi disturbi (rumore cosmico) sono sensibili peraltro sulle frequenze relativamente elevate (generalmente sopra i 25-30 MHz).
Naturalmente, nel progettare un radiocollegamento occorre tener conto della necessità di mantenere il livello dei segnali al di sopra di quello dei disturbi; è quest'ultimo, in definitiva, che, assieme all'assorbimento, determina il valore della potenza da irradiare, una volta accertato che le condizioni di rifrazione ionosferica sono tali da soddisfare le caratteristiche geometriche del collegamento.
Perturbazioni ionosferiche. - Si osservano talora perturbazioni improvvise e di breve durata, indicate col simbolo SID (dall'ingl.: Sudden Ionospheric Disturbances, disturbi ionosferici a inizio brusco) e che consistono in aumenti improvvisi dell'assorbimento delle radioonde nella parte di ionosfera illuminata dal Sole: sono dovuti alla ionizzazione provocata nella bassa ionosfera da intensa radiazione X e ultravioletta, emessa in corrispondenza di eruzioni solari. Queste perturbazioni, note anche come effetto Dellinger o Mögel-Dellinger, portano generalmente alla completa interruzione dei radiocollegamenti su onde corte e cortissime, per durate di alcune decine di minuti.
Un altro tipo di perturbazioni (tempeste ionosferiche), a più lento decorso, è invece legato alle tempeste magnetiche. Queste perturbazioni consistono in una diminuzione della densità elettronica della regione F, particolarmente sensibile alle latitudini medie; se la perturbazione non è molto forte, i radiocollegamenti possono essere mantenuti diminuendo opportunamente le frequenze di lavoro.
Preavvisi di perturbazioni ionosferiche, elaborati in base alle osservazioni solari e del campo magnetico terrestre, sono regolarmente diramati da varî enti pubblici e privati interessati alle radiocomunicazioni.
Propagazione per diffusione ionosferica. - Negli ultimi anni sono stati realizzati radiocollegamenti per via ionosferica su frequenze superiori alle MUF, sfruttando la diffusione che le radioonde subiscono per opera delle disomogeneità nella distribuzione spaziale della densità elettronica, esistenti tra 75 e 95 km di altezza; tali disomogeneità sarebbero dovute, secondo taluni, a moti turbolenti dell'alta atmosfera, o, secondo altri, all'azione ionizzante delle meteore. Segnali utili si possono ottenere su distanze dell'ordine di 1000 ÷ 2000 km, usando però antenne a elevatissimo guadagno (20 ÷ 30 dB) e potenze notevoli in emissione (dell'ordine delle decine di kW); le frequenze usate vanno da circa 30 a circa 70 MHz (v. anche ponte radio, in questa App.). Tale modo di propagazione, detto anche, con termine inglese, "per scatter ionosferico" ha il grande pregio di essere praticamente insensibile alle perturbazioni ionosferiche: esso però presenta l'inconveniente di produrre forti interferenze in altri servizî, e di essere facilmente disturbato da altre emissioni.
Propagazione per riflessione sulle tracce meteoriche. - Un altro recente sistema di radiocomunicazione per via ionosferica, anch'esso utilizzante frequenze maggiori delle MUF, è quello che utilizza la riflessione delle radioonde sulle colonne ionizzate prodotte, a circa 80 ÷ 100 km di altezza, dalle meteore (v. anche meteore, in questa App.). Utilizzando onde di frequenza compresa all'incirca nel campo 30 ÷ 60 MHz, può stabilirsi per questa via una comunicazione fra due punti della superficie terrestre a distanze dell'ordine di 1000 km. Poiché gli elettroni prodotti nelle colonne suddette diffondono rapidamente nell'atmosfera, la durata dei segnali riflessi da esse è relativamente breve: essa varia da qualche decimo di secondo a qualche secondo, dipendentemente dalla massa della meteora. La frequenza d'arrivo di meteore utili per un assegnato collegamento è però tale che, con opportuni sistemi automatizzati, si è riusciti a stabilire comunicazioni con un tempo utile medio dell'ordine del 15% del tempo totale di trasmissione.
L'interesse di un tale sistema sta soprattutto nella sua segretezza; lo stabilirsi del collegamento è infatti legato così rigidamente all'orientamento delle traccie meteoriche rispetto ai terminali trasmittenti e riceventi, che l'intercettazione è possibile soltanto negli immediati dintorni dei terminali medesimi.
Bibl.: H. Bremmer, Propagation of electromagnetic waves, in Handbuch der Physik, XVI, Berlino 1958, p. 423; id., Terrestrial radio waves, New York 1949; D. E. Kerr, Propagation of short radio waves, New York 1951; K. Rawer, The Ionosphere, New York 1957; Ionospheric radio propagation, circ. n. 462 del National Bureau of Standards, Washington 1948.