RADIOASTRONOMIA
Branca dell'astronomia che ha per oggetto l'osservazione dei corpi celesti mediante metodi radioelettrici e che, in particolare, studia l'emissione radioelettrica dei corpi celesti.
La prima osservazione di radioonde emesse dalla Galassia si deve a K. G. Jansky (1932) nel corso di esperienze sui disturbi prodotti dalle scariche elettriche atmosferiche sulle trasmissioni ad onda corta; otto anni più tardi G. Reber con un radiotelescopio di 9 m di diametro da lui costruito tracciava la prima carta radioelettrica del cielo sulla frequenza di 460 MHz.
Durante la guerra 1939-45 fu scoperto da I. S. Hey, sulla base di alcune anomalie riscontrate nel funzionamento dei radar, che il Sole è una potente sorgente di radioonde nel campo delle onde metriche. Analoga scoperta veniva fatta da G. C. Southworth, negli S. U. A., nel campo delle onde decimetriche e centimetriche. Queste scoperte rimasero peraltro segrete, per ragioni militari, fino alla fine della guerra. Le successive tappe dello sviluppo di questa scienza sono segnate dall'individuazione della prima "radiostella", nella costellazione del Cigno, fatta da J. S. Hey e collaboratori in Inghilterra (1946), e dalla conferma sperimentale, ad opera di H. I. Ewen e E. M. Purcell (1951), dell'esistenza di una riga di emissione su 21 cm di lunghezza d'onda dovuta all'idrogeno galattico.
A differenza delle onde elettromagnetiche visibili o rivelabili con mezzi ottici, che sono emesse in conseguenza di processi intraatomici o intramolecolari, le radioonde cosmiche vengono emesse, invece, in seguito ad interazione di elettroni liberi con ioni del plasma stellare e interstellare. Le radioonde cosmiche presentano uno spettro continuo, del quale è ricevibile alla superficie terrestre soltanto una parte che si estende su un intervallo di lunghezze d'onda tra circa 20 m e circa 2 cm (fig.1); questa limitazione è dovuta, da un lato, alla riflessione verso l'esterno da parte della ionosfera, dall'altro, all'assorbimento da parte dei gas atmosferici e principalmente del vapor d'acqua e dell'ossigeno.
Le radioonde cosmiche vengono emesse da tutto il cielo in maniera non uniforme. Si hanno dei massimi di intensità in corrispondenza della Via Lattea e inoltre in corrispondenza di altri punti dello spazio, non sempre occupati da un oggetto visibile. Queste zone di massima emissione individuano le cosiddette "radiosorgenti", impropriamente anche dette "radiostelle" (fig. 2); fra queste, particolarmente intensa è il Sole. Nel seguito ci limitiamo a ricordare i dispositivi sperimentali, rinviando per ulteriori notizie sui risultati delle osservazioni alla voce universo e, in particolare, alle voci solare sistema e sole.
Radiotelescopio. - È un sistema costituito da un'antenna e da un ricevitore (fig. 3) capace di rivelare e misurare la radioemissione dei corpi celesti. Poiché questa non è costituita da segnali coerenti, essendo in massima parte generata dai movimenti disordinati degli elettroni in seno al plasma stellare o interstellare, un serio limite alle possibilità di un radiotelescopio è posto dal rumore di fondo proprio dello strumento. Per avere un favorevole rapporto segnale/disturbo occorre usare antenne ad alto guadagno e ricevitori a basso rumore; notevoli benefici si conseguono altresì mediante l'adozione di particolari tecniche di misurazione e di registrazione. La forma e la disposizione delle antenne variano a seconda delle prestazioni richieste: per es. nel campo delle onde metriche vengono spesso usate cortine di dipoli o di eliche, mentre nel campo delle microonde è ormai comune l'uso di specchi paraboloidici, nel cui fuoco si trova l'antenna vera e propria (ricettore). Lo specchio presenta il vantaggio di una maggiore flessibilità d'impiego in quanto cambiando il ricettore si può usare l'apparecchio per la ricezione di varie lunghezze d'onda. Strettamente dipendente dalle caratteristiche dell'antenna è, oltre l'intensità del segnale captato, anche il potere separatore del radiotelescopio.
Nei radiotelescopî ad antenna orientabile sono usati in generale dei paraboloidi; la montatura può essere, come nei telescopî ottici, altazimutale oppure equatoriale. Il maggiore radiotelescopio orientabile oggi esistente è quello di Jodrell Bank, presso Manchester (v. tav. t. f.), che usa uno specchio paraboloidico del diametro di 76 m in montatura altazimutale e che può essere impiegato per onde fino a 15 cm di lunghezza. Altri radiotelescopî del diametro di 25 o 30 metri sono attualmente in funzione in diverse parti del mondo. Alla possibilità di realizzare superfici riflettenti sempre più regolari e precise è legata la possibilità di estendere le ricerche al campo delle onde centimetriche e millimetriche. Così, per es., con il radiotelescopio dell'università del Michigan (che ha uno specchio paraboloidico di 25 m di diametro), è stato già possibile raggiungere il limite di 3 cm di lunghezza d'onda.
I ricevitori si sono giovati dei notevolissimi progressi compiuti in questi ultimi anni dalla radiotecnica nel campo delle altissime frequenze. Sono così oggi disponibili ricevitori a larga banda e con basso rumore di fondo. Nel campo delle microonde molto ci si attende dall'uso degli amplificatori parametrici e molecolari (v. amplificatore, in questa App.).
Radiointerferometro. - È un radiotelescopio dotato di due antenne in montaggio interferometrico; si consegue in tal modo un potere separatore assai più elevato di quello dei radiotelescopî veri e proprî. Fondamentalmente consiste di due antenne o di due sistemi di antenne fisse distanziate fra loro e collegate al medesimo ricevitore (fig. 4 A). La radiazione arriva alle due antenne dopo aver percorso cammini leggermente diversi; a causa dell'interferenza tra i segnali raccolti dalle due antenne, il diagramma complessivo di ricezione risulta a più lobi (fig. 4 B): lo strumento presenta quindi dei massimi e dei minimi di sensibilità in diverse direzioni. La larghezza e la separazione dei lobi di sensibilità è determinata dalla distanza fra le antenne ("base" dell'interferometro) in rapporto alla lunghezza d'onda. Allorché una radiosorgente entra nel campo dello strumento, essa, in virtù del suo moto apparente sulla volta celeste, viene successivamente intercettata dai varî lobi del diagramma spaziale di ricezione: il segnale ricevuto presenta un andamento caratteristico (del tipo di quello indicato nella fig. 4 C), dal quale possono essere dedotte l'ascensione retta, la declinazione e l'intensità della sorgente.
Si può realizzare un interferometro anche con una sola antenna, purché a una distanza conveniente da questa si trovi una vasta superficie riflettente per le radioonde, per es. un bacino acqueo (fig. 5); questo tipo di interferometro è analogo a quello ottico di Lloyd.
Trattandosi di impianti fissi, le difficoltà tecniche di costruzione di un radiointerferometro sono minori di quelle che si incontrano nella costruzione di un radiotelescopio che dia le stesse prestazioni; tuttavia l'interpretazione dei risultati non è così immediata come nel caso dei radiotelescopî; in qualche caso, assai utile è la possibilità di variare la distanza fra le antenne: notevole è, al riguardo, l'interferometro del California Institute of Technology, costituito da due paraboloidi di 27 m di diametro, 1nontati su carrelli ferroviarî che ne permettono lo spostamento lungo una base di qualche chilometro.
Altri grandi interferometri con distanza fissa tra le antenne sono quello del Mullard Radio Observatory, presso Cambridge, in Inghilterra (quattro specchi cilindroparabolici di 900 m2 ciascuno, disposti ai vertici di un rettangolo di 570 × 51 m); quello di Nançay a sud di Parigi (interferometro multiplo per studî solari con una base di 1500 m) e quello presso Sydney, che è del tipo detto Mills Cross (v. antenna, in questa App.); in realtà quest'ultimo strumento pur essendo basato sul principio dell'interferenza delle onde, funziona come un radiotelescopio fisso in quanto il cono di accettazione della radiazione è molto stretto.
In Italia abbiamo attualmente (1960) uno strumento con specchio cilindro-parabolico di 7 m di apertura e 100 m di lunghezza, installato dall'università di Bologna presso Medicina, che è da considerarsi come un impianto pilota per un apparato del tipo Mills Cross di 1500 m di apertura, in corso di progettazione.
Radiospettrografo. - È principalmente costituito da un'antenna a larga banda e da uno o più ricevitori per le diverse frequenze della banda. Opportuni dispositivi consentono di esplorare, a mezzo di questi ricevitori, l'intera gamma in un tempo dell'ordine del secondo; si ottiene così un vero e proprio spettro della radioemissione, di cui si può seguire l'evoluzione nel tempo. Questo genere di osservazioni ha dato notevolissimi risultati nello studio della radioemissione solare.
Un altro radiospettrografo, che si differenzia dal precedente per la maggiore larghezza della banda esplorata e per la maggiore sensibilità, è quello impiegato per lo studio della riga di emissione dell'idrogeno a 21 cm. Si tratta in questo caso di ricostruire il profilo della riga, cioè di misurare l'intensità del segnale in una stretta banda di frequenze che si sposta periodicamente intorno alla frequenza centrale della riga. Altra soluzione adottata è quella di impiegare numerosi ricevitori a banda stretta che coprano completamente la banda di frequenze in studio.
Radiopolarimetro. - Serve per misurare lo stato di polarizzazione del segnale; è costituito normalmente da due dipoli a 900 nel fuoco di un paraboloide; i segnali raccolti dai due dipoli vengono separatamente rilevati. In luogo di dipoli sono talora usate antenne a tromba e talvolta antenne ad elica. vedi tav. f. t.
Bibl.: J. L. Pawsey e R. N. Bracewell, Radioastronomy, Oxford 1935; R. Coutrez, Radioastronomie, Ukkel 1956; I. Shlowsky, Radioastronomie, Mosca 1958; M. Hack, La radioastronomia, Bari 1960; A. Boischot, La radioastronomie, Parigi 1960; J. L. Steinberg e J. Lequeux, Radioastronomie, ivi 1960.