RADICE (fr. racine, sp. raiz, ted. Wurzel, ingl. root)
Botanica. - Dei tre membri fondamentali del corpo delle piante Cormofite, dette appunto trimembri, la radice è quello che nello sviluppo filogenetico di esse si è differenziato per ultimo, quando nel passaggio dalla vita acquatica a quella terrestre si è reso necessario un organo che le fissasse al suolo e ne assorbisse l'acqua e i materiali in essa disciolti, funzioni per le quali nelle Cormofite bimembri cioè con soli fusto e foglie (Briofite o Muscinee) e nelle Tallofite (Alghe, Funghi, Licheni) bastano dei semplici peli, detti perciò "rizoidi".
Comparsa per la prima volta nelle Pteridofite, la radice è presente anche in tutte le Fanerogame tranne rarissime eccezioni, quali la Wolffia arrhiza, una delle lenti di palude, che galleggia negli stagni, e alcune piante parassite, come la Cuscuta, in cui la radice scompare prestissimo e viene sostituita dagli "austorî" (v.), più adatti al suo tenor di vita.
I caratteri specifici della radice, che servono quindi a distinguerla sicuramente dal fusto e dalla foglia, sono i seguenti:
1. La radice è un'appendice del fusto, nonostante che ne sembri la continuazione diretta formando con esso l'asse geometrico della pianta.
2. Il suo apice vegetativo, che ha accrescimento potenzialmente indefinito come quello del fusto, se ne distingue per essere coperto da un particolare involucro in forma di cuffia, detto "pileoriza" o "caliptra".
3. La radice non produce mai foglie e non è quindi divisa in nodi e internodî.
4. Salvo rarissime eccezioni, non peranco sicure, la radice ha origine endogena, ossia da parti profonde dei membri generatori; per tale motivo le radici laterali si vedono comparire solo a una certa distanza dall'apice della radice madre, non essendo prima visibili, perché nascoste nell'interno di essa.
5. L'estremità di una radice intatta presenta tre zone distinte, che si succedono nell'ordine seguente: l'apice, coperto dalla cuffia, una zona liscia, più o meno breve, che è la zona d'accrescimento, a cui segue una terza zona irta di peli, detta zona pilifera o assorbente.
L'apice è conico, e la cuffia che lo riveste varia di aspetto secondo che si tratta di radice terrestre, acquatica o aerea. Poco visibile nel primo caso, nonostante che sia spessa ed estesamente aderente all'apice, essa, man mano che si logora all'esterno per l'attrito col terreno, si rinnova dall'interno a spese dell'apice, mantenendo costante il suo spessore. Assai più visibile, per essere molto estesa e talora persino di colore diverso, è la cuffia delle radici acquatiche, che a guisa di un sottile dito di guanto riveste l'apice aderendovi solo all'estrema punta, per cui facilmente se ne stacca, lacerandosi o svaginandosi, come accade nell'Azolla.
Anche le radici aeree, per difendere l'apice dal disseccamento, hanno pileoriza assai vistosa, formata da tanti cappucci sovrapposti, che poi si sfogliano (es. Pandanus).
In certi casi la pileoriza manca, perché non si è formata sin da principio, essendo inutile, come nella Cuscuta già ricordata.
La zona d'accrescimento è quel breve tratto in cui, con intensità diversa nei suoi diversi punti, è localizzato il crescere in lunghezza della radice, onde, se tale zona si asporta, come accade spesso nel terreno per opera di animali sotterranei (talpe, insetti), la radice che ne è rimasta priva non può più crescere in lunghezza e produce in compenso radici laterali più numerose e più lunghe. Di tale comportamento approfittano i giardinieri per la coltura di piante in vaso, mozzando ad esse la giovane radice, che così produce un ciuffo di radici laterali naturalmente più adatte all'ambiente poco profondo del vaso.
La zona pilifera è caratterizzata dalla presenza di peli, che si sviluppano tutt'attorno normalmente all'asse della radice formando una specie di manicotto e che si mettono in intimo rapporto con le particelle del terreno per assorbirne il velo d'acqua che le circonda. Nelle radici acquatiche i peli mancano, perché superflui, e così pure nelle aeree, dove talora (Orchidee, Aracee epifite) sono sostituiti dal cosiddetto "velo radicale" adatto ad assorbire il vapor acqueo dell'atmosfera. I peli, anche nelle radici terrestri, dove normalmente sono presenti, hanno breve durata e, mentre quelli spuntati per primi avvizziscono e cadono, altri se ne producono nella parte più giovane prossima alla zona d'accrescimento, per cui la zona pilifera si sposta in avanti accompagnando per così dire l'allungarsi della radice e mantenendosi sempre a ugual distanza dall'apice.
Forma. - Normalmente è la cilindro-conica, ben visibile nelle radici acquatiche ed aeree, mentre nelle terrestri viene più o meno deformata dal terreno attraverso al quale devono aprirsi la strada.
Colore. - È vario secondo l'ambiente: biancastro, gialliccio, bruniccio nelle terrestri, più chiaro nelle acquatiche, spesso verde nelle aeree o bianco-argenteo in conseguenza del velo.
Consistenza. - Può essere erbacea, carnosa, legnosa, specialmente in rapporto con la loro durata, che varia a seconda che la pianta è annuale, biennale o perenne.
Dimensioni. - Corrispondono approssimativamente a quelle del sistema aereo della pianta, salvo nei casi in cui questo ha uno sviluppo molto grande e rapidissimo, come nelle zucche e piante rampicanti in genere, dove esso soverchia anche di molto quello del sistema radicale.
Modi di vegetazione. - Sono sostanzialmente due: la radice a fittone e la radice fascicolata o affastellata. Nel primo caso la radice principale si allunga assai più dei suoi rami ossia delle sue radici laterali, secondo il tipo di ramificazione laterale a grappolo; nel secondo, invece, essa rallenta o cessa del tutto di allungarsi - spesso perché le venne asportata la zona d'accrescimento - e allora le sue radici laterali la oltrepassano in lunghezza, formando un ciuffo più o meno copioso, che in fatto di ramificazione è da ascriversi al tipo della cima multipara.
Origine. - Prescindendo dall'origine endogena, di cui già si è detto, la radice può inoltre avere, come il fusto, origine normale o avventizia. Sono normali la radice principale, che proviene direttamente dalla radichetta dell'embrione, e tutte le radici, di qualsiasi ordine, che provengono da essa. Sono invece avventizie quelle che nascono da un altro membro e soprattutto dal fusto, poiché il caso di radici nate da foglie è tuttora controverso. Tra le radici avventizie del fusto, che sono molto frequenti, si possono ancora distinguere due tipi: quello in cui nascono sempre spontaneamente in punti determinati di esso, e preferibilmente ai nodi, e quello dove hanno origine in punti qualsiasi di esso, ma solo in seguito all'avverarsi di circostanze speciali, soprattutto traumatiche. Le prime si chiamano radici accessorie, come, ad es., quelle dell'edera, del mais, degli stoloni; alle seconde si riserva il nome di radici avventizie propriamente dette e sono dovute a quel processo dell'accrescimento detto "restituzione", cioè alla nuova formazione di parti, che la pianta ha perdute in seguito a mutilazione e che non avrebbe mai avuto luogo nella pianta intatta. Un fusto reciso e messo in condizioni opportune può sviluppare nuove radici in vicinanza della ferita per sostituire quelle, venutegli a mancare, della pianta da cui fu staccato, e su tale processo è basata la nota pratica di moltiplicazione somatica detta per "talea" o "barbatella", che in certe piante (vite, salici, pelargonî ed altre), dà risultati rapidi e sicuri.
Le due funzioni che spettano alla radice, quella meccanica di sostegno e quella assorbente, sono per lo più compiute nello stesso tempo da ogni radice terrestre; in alcuni casi tuttavia interviene una divisione di lavoro, per cui in una medesima pianta si hanno radici di solo sostegno ed altre esclusivamente assorbenti. Così nell'edera, dove la radice che sta nel terreno ha il compito assorbente e le numerosissime radici aceessorie che spuntano sul fusto servono esclusivamente ad abbarbicarlo al sostegno, tanto che se si recide il fusto alla base, privandolo della radice assorbente, la pianta si dissecca e muore.
In alcune piante tropicali (Ficus religiosa e altre specie) le radici aeree, che in gran numero pendono dai rami dell'albero, quando raggiungono il suolo, vi s'impiantano e la loro parte aerea funge da pilastri (radici colonnari) per il sostegno dei rami.
In altri casi (Pandanus, Rhizophora mangle ed altre piante formanti il gruppo delle Mangrovie) le radici aeree, che nascono dalla parte inferiore del fusto, si dirigono obliquamente nel terreno e penetrandovi sostengono la pianta sollevata dal suolo in modo caratteristico, tanto da giustificare il nome di "trampoliere" dato a tali piante dal Delpino.
Morfologia interna. - La molfologia interna della radice varia col variare della regione che si considera.
All'apice risulta di tessuti meristematici (caliptrogeno, dermatogeno, periblema, pleroma) che derivano, nelle Felci, da un'unica cellula iniziale e nelle Fanerogame da più iniziali: essi, differenziandosi, dànno i tessuti definitivi e precisamente, mentre il caliptrogeno produce la cuffia, per la protezione del giovane apice, gli altri tre dànno le regioni caratteristiche della struttura primaria: l'epidermide, il cilindro corticale o corteccia primaria e il cilindro centrale o stele.
Tale struttura è uguale per tutte le piante fornite di radice. L'epidermide fatta di un solo strato di cellule, in rapporto alla sua funzione di assorbimento, è caratterizzata dalla presenza di numerosi peli radicali, dall'assenza di cuticola e di stomi. Essa si trova solo in corrispondenza della zona assorbente e col crescere dell'organo si rinnova continuamente verso l'apice mentre si distrugge verso la base; allora, per proteggere i tessuti sottostanti, le serie di cellule più esterne del cilindro corticale suberificano le loro membrane e formano uno strato particolare detto esoderma. Nelle radici aeree delle piante epifite delle regioni tropicali (Aracee e Orchidee) l'epidermide è pluristratificata e forma il velo radicale, che ha la funzione di assorbire l'acqua di pioggia e forse anche di condensare il vapore aequeo dell'atmosfera.
Il cilindro corticale generalmente è molto spesso, risulta di cellule parenchimatiche più grandi verso la periferia, più piccole e in file radiali all'interno e termina con l'endodermide, strato di cellule prismatiche, rettangolari, provviste d'ispessimenti suberificati, che in sezione trasversale si mostrano o soltanto sulle pareti radiali in forma di piccoli ingrossamenti (punti del Caspary) oppure sulle pareti radiali e su quella interna in modo da assumere l'aspetto di un U. In tal caso però non tutte le cellule dell'endodermide hanno le pareti suberificate: alcune, per permettere il passaggio dei liquidi, conservano le membrane sottili e si chiamano cellule permeabili.
In alcune piante (Pandanus), in cui le radici hanno funzione di sostegno, nel parenchima del cilindro corticale si sviluppano numerosi cordoni di fibre sclerenchimatiche.
Il cilindro centrale presenta i fasci vascolari semplici, legnosi e cribrosi, regolarmente alternantisi alla periferia di esso. I fasci legnosi, sviluppati radialmente, con gli elementi del protoxilema verso l'esterno e quelli del metaxilema verso l'interno, conferiscono alla stele un aspetto stellato, per cui le è stato dato il nome di actinostele: si trovano in genere impiantati di fronte alle cellule permeabili dell'endodermide e possono o no raggiungere il centro; in questo secondo caso il parenchima fondamentale, che non manca mai tra i fasci, costituisce, al centro della stele, il midollo. Alla periferia della stele invece, nel parenehima fondamentale si distingue una regione, ordinariamente fatta da un solo strato di cellule, che è il periciclo o strato rizogeno, perché qui, per divisione di alcune delle sue cellule, prendono origine le radici secondarie. La stele, a seconda del numero delle lamine vascolari (che possono essere da due a molte) si dice diarca, triarca, tetrarca..., poliarca.
Nelle radici delle Monocotiledoni si trovano talora strutture anomale in seguito alla formazione di grandi elementi vascolari e cordoni cribrosi soprannumerarî. Verso la base, le radici delle Gimnosperme e delle Angiosperme Dicotiledoni fornite di struttura secondaria nel caule, presentano anch'esse struttura secondaria, la quale è dovuta all'azione di due meristemi di origine secondaria: il cambio e il fellogeno. Il primo si forma a spese del parenchima fondamentale della stele e, appena si differenzia, risulta di un anello sinuoso che passa al di sotto dei fasci cribrosi e al di sopra delle lamine vascolari. Questo cambio funziona in modo analogo a quello del caule, dando corteccia verso l'esterno e legno verso l'interno; dapprima però esso è attivo solo in corrispondenza dei fasci cribrosi, ove quindi, per la produzione dei nuovi elementi, viene a spostarsi verso l'esterno così che da flessuoso diventa circolare; allora comincia a funzionare anche in corrispondenza delle lamine vascolari, dove però produce solo parenchima secondario in modo da costituire tanti raggi midollari, all'estremità interna dei quali si vengono a trovare i fasci legnosi della struttura primaria. Come nel caule, il cambio, quando ha funzionato per un certo tempo, segna il limite tra il corpo corticale all'esterno e il corpo legnoso all'interno: il primo risulta della corteccia secondaria, dei fasci cribrosi primarî, che hanno subito uno schiacciamento, del periciclo e del cilindro corticale compresa l'endodermide, il secondo invece del legno secondario, delle lamine vascolari primarie e del midollo. In questo stadio la struttura della radice differisce da quella del caule solo per le lamine vascolari primarie che persistono verso il centro, all'estremità dei raggi midollari: inoltre il legno secondario della radice ha elementi vascolari ordinariamente più ampî di quelli del caule e in genere non presenta molto nette le cerchie annuali. Per anomalia, in alcune piante a radici carnose (es. barbabietola) si formano cambî successivi, che dànno zone concentriche di legno e di corteccia, le quali sono visibili anche ad occhio nudo.
Nella struttura secondaria della radice partecipa anche il fellogeno, che generalmente ha origine profonda, dal periciclo, e allora tutto il cilindro corticale muore e si distacca, mentre il fellogeno, ad attività bilaterale, produce sughero all'esterno e felloderma all'interno.
Nelle Monocotiledoni la radice presenta eccezionalmente struttura secondaria (Dracaena) e il meristema che la produce ha origine nel cilindro corticale, all'esterno dell'endodermide. Esso, comportandosi in modo identico a quello del caule, funziona dapprima solo sul lato interno, dove forma parenchima secondario e fasci vascolari concentrici perixilematici, poi diventa ad attività bilaterale e sul lato esterno produce parenchima secondario. Contemporaneamente, nel cilindro corticale si forma un fellogeno che dà, alla periferia, uno strato di sughero.
Bibl.: G. Bonnier e H. Leclerc du Sablon, Cours de botanique, Parigi 1905; Ph. van Tieghem e J. Costantin, Éléments de botanique, ivi 1918; E. Strasburger, Trattato di botanica, 4ª ed. ital., Milano 1928.