RADIAZIONE (XXVIII, p. 675)
Lo straordinario sviluppo che negli ultimi anni si è avuto nel campo delle ricerche sulle r. ionizzanti è stato ed è tuttora principalmente rivolto all'acquisizione di dati sul comportamento dei corpi materiali e degli organismi viventi sottoposti ad irraggiamento: dati estremamente importanti da quando il progresso nella tecnica degli acceleratori di particelle e dei reattori nucleari ha consentito di disporre di fasci estremamente intensi di r. elettromagnetiche e corpuscolari. Si sono così grandemente sviluppate due discipline specializzate, la radiobiologia, che studia gli effetti delle r. sugli organismi viventi, e il danneggiamento per radiazioni (ingl. radiation damage), che si riferisce agli effetti sui corpi materiali nei varî stati di aggregazione; questi ultimi sono trattati. per uniformità espositiva, nella voce radiochimica. Rinviamo pertanto a radiobiologia e a radiochimica, in questa App., per ciò che attiene alle r. ionizzanti; nella prima di queste voci il lettore troverà anche notizie aggiornate sulla classificazione, sulle unità dì misura energetiche e dosimetriche e sulle sorgenti di r. ioniz2anti.
Radiazione cosmica (XXVIII, p. 677; App. II, ii, p. 644).
La r. cosmica è costituita, come è noto, da una r. primaria che incide dallo spazio interplanetario sull'atmosfera terrestre, e da una r. secondaria che dalla prima ha origine attraverso urti contro i nuclei atomici dell'atmosfera stessa. Mentre le nostre conoscenze sulla r. cosmica secondaria hanno raggiunto un elevato grado di sviluppo (v. App. II, 11. p. 644), lo studio della r. cosmica primaria è poco più che all'inizio, e costituisce uno degli argomenti più ricchi di problemi.
Alcune delle proprietà della r. cosmica primaria possono venire dedotte indirettamente dallo studio della r. cosmica secondaria eseguito a quote montane o al livello del mare o, addirittura, in profondità entro la crosta terrestre. Viceversa, osservazioni dirette sulla r. cosmica primaria richiedono l'invio di strumenti fuori dell'atmosfera terrestre o per lo meno a quote così elevate da poter considerare trascurabili, o quasi, gli strati di materia sovrastanti.
I veicoli che si usano per il trasporto degli strumenti a tali quote sono: i palloni-sonda, che permettono di mantenere per tempi dell'ordine di varie decine di ore a 30-35 km di altezza strumenti del peso di varie decine di kg; i missili che permettono di raggiungere centinaia o addirittura migliaia di km, per tempi dell'ordine di minuti, con carichi utili anche dell'ordine di centinaia di kg, e infine i satelliti artificiali i quali superano i precedenti veicoli certamente per i tempi utili all'osservazione, e, talvolta, per le distanze raggiunte e per il carico utile trasportato.
Gli strumenti di rivelazione dei raggi cosmici, sia primarî che secondarî, sono sostanzialmente gli stessi che vengono usati nella fisica nucleare per la rivelazione dei corpuscoli subatomici dotati di alta energia. Essi sono le camere di ionizzazione, i contatori di Geiger, i contatori proporzionali, i contatori a scintillazione, i contatori di Čerenkov, la camera di Wilson o camera a nebbia, la camera a diffusione e le emulsioni nucleari.
Allo scopo di mettere meglio in luce l'andamento dell'intensità della r. cosmica con l'altezza sul livello del mare, riproduciamo nella fig. 1 i risultati ottenuti da Gangnes, Jenkins e Van Allen nel 1949, con un contatore di Geiger posto nella testa di un missile il quale ha raggiunto la quota di 150 km. Il numero N di impulsi al secondo registrati dal contatore è proporzionale all'intensità della r. totale, ossia primaria + secondaria, alla quota del missile. Il numero costante di corpuscoli osservato fra 150 e 50 km corrisponde al flusso delle particelle primarie. Sotto i 50 km, l'atmosfera terrestre comincia ad essere sufficientemente densa per dar luogo a urti sempre più frequenti fra i corpuscoli primarî e i nuclei delle molecole dell'aria; viene così generata la r. cosmica secondaria alla quale si deve il massimo osservato a circa 20 km di altezza. Al di sotto di 20 km il numero di corpuscoli diminuisce a causa del processo di assorbimento che tutte le componenti della r. primaria e secondaria subiscono nell'attraversare l'atmosfera.
Uno degli aspetti più interessanti della r. cosmica è il valore eccezionalmente elevato dell'energia che spesso si trova concentrata in un singolo corpuscolo. Un corpuscolo dotato di i GeV è assolutamente normale; spesso si osservano corpuscoli dotati di energie cento o mille volte maggiori o addirittura un miliardo di volte più grandi. A titolo di confronto si pensi che le più grandi macchine acceleratrici che vengono oggi costruite dall'uomo permettono di produrre protoni di circa 30 GeV.
1. La radiazione primaria. - È costituita prevalentemente da protoni (o nuclei di idrogeno) e da nuclei di altri elementi leggeri e medî dotati di altissime energie. Nella tabella è riportata l'abbondanza relativa, rispetto ai protoni, dei diversi nuclei costituenti la r. primaria per energie fra 109 e 1012 eV. Nella stessa tabella sono riportate le abbondanze dei corrispondenti atomi nell'Universo, quali si deducono dall'analisi degli spettri ottici delle stelle e dalla composizione chimica della crosta terrestre e dei meteoriti.
I dati delle due colonne risultano molto simili fra loro, tanto da aver fatto sorgere l'idea che i raggi cosmici primari non siano altro che un "campione" della materia di cui è costituito l'Universo, a cui è stata impressa un'elevata energia attraverso qualche meccanismo ancora non ben chiaro (v. oltre). Le differenze non sono tuttavia trascurabili e possono derivare da un'effettiva differenza di composizione esistente fin dall'origine. Esse, tuttavia, possono essere attribuite (almeno in parte) ad un processo di frammentazione subìto dai corpuscoli primarî in urti con i nuclei della materia esistente, sia pure con bassissima densità (circa 1 protone/cm3), negli spazî interstellari e di quella degli strati più esterni dell'atmosfera terrestre. Le misure riportate nella tabella sono state eseguite a mezzo di palloni sonda e pertanto i primarî avevano attraversato uno strato di atmosfera piccolo ma non trascurabile, prima di giungere agli strumenti di misura. In particolare sembra che i nuclei di litio, berillio, e boro osservati nella r. cosmica possano essere prodotti, almeno in buona parte, nell'aria per frammentazione di nuclei di elementi più pesanti.
Non vi è fino ad oggi alcuna prova che nelle vicinanze della Terra fra i primarî della r. cosmica vi siano anche elettroni: ciò che si può dire è che, se vi sono, essi hanno, nello stesso intervallo di energia, un'intensità almeno cento volte inferiore a quella dei protoni. Vi sono invece argomenti per ritenere che in altre regioni dello spazio, in particolare in almeno alcune delle presunte sorgenti di raggi cosmici, vi siano elettroni dotati di alta energia.
I nuclei primarî dei diversi elementi hanno pressoché lo stesso spettro, qualora come variabile si prenda il rapporto ε tra l'energia del nucleo e il numero di nucleoni che lo costituiscono.
Il cosiddetto spettro integrale, ossia il numero di particelle incidenti di dato numero atomico z dotate di energia superiore ad ε, è rappresentato assai bene dalla formula empirica
dove ε è espresso in GeV/nucleone e la costante Kz può venir determinata tenendo presente che il numero totale di corpuscoli primari di qualunque Z e di energia superiore a 1 GeV è di circa
Lo spettro di energia [1] si estende, seguendo all'incirca la stessa legge, fino a energie superiori a 109 GeV, ma in questa regione spettrale nulla è praticamente noto sulla composizione dei primarî.
L'intensità [2] si riferisce alla r. cosmica nelle vicinanze della Terra, ma a una distanza sufficientemente grande per poter trascurare l'effetto del campo magnetico terrestre. Questo, infatti, agisce sulle particelle primarie incurvandone la traiettoria tanto più quanto minore è la loro energia. Ne segue che non tutti i corpuscoli primarî possono entrare nell'atmosfera terrestre e produrre così dei corpuscoli secondarî; per ogni latitudine geomagnetica e per ogni direzione di arrivo esiste un valore minimo p* della quantità di moto del corpuscolo al disotto del quale esso si riallontana dalla Terra prima di aver raggiunto l'atmosfera terrestre (fig. 2).
Per particelle primarie di carica elettrica Ze che giungono nella direzione verticale, si ha
dove λ è la latitudine geomagnetica della località considerata e c è la velocità della luce nel vuoto. Come conseguenza di questo fatto l'intensità della r. primaria che incide sull'atmosfera è diversa (fig. 3) a seconda della latitudine, risultando maggiore al polo che all'equatore geomagnetico (effetto di latitudine). Inoltre il numero di particelle incidenti sull'atmosfera dalle direzioni orientali è minore del numero delle particelle provenienti dalle direzioni occidentali (effetto est-ovest: v. App. II, ii, p. 645).
Un altro aspetto molto importante della r. primaria è che essa nelle vicinanze della Terra (ma a distanze sufficientemente grandi da poter trascurare l'effetto del campo magnetico terrestre) è praticamente isotropa, ossia arriva con eguale intensità in tutte le direzioni.
2. Le variazioni temporali. - Il flusso della r. cosmica primaria non si mantiene costante nel tempo, ma è soggetto a variazioni, sia per quanto riguarda il numero delle particelle incidenti, sia per quanto riguarda il loro spettro di energia. Nello studio delle variazioni temporali primarie per mezzo di registrazioni al suolo di componenti secondarie, che sono le uniche misure che garantiscono una continuità di sorveglianza dei varî fenomeni, particolare importanza riveste la misura dell'intensità della componente nucleonica. Questa è stata individuata di recente ed è costituita da protoni e neutroni che si moltiplicano attraverso urti nucleari nell'atmosfera, a partire dai protoni primari. Le sue variazioni, che sono associate alle variazioni dei corpuscoli primarî di energia media minore di circa 10 GeV, risultano notevolmente più ampie rispetto alle contemporanee variazioni della componente mesonica, che sono invece associate ai cambiamenti di intensità dei primarî di energia media più elevata.
Allo stato attuale delle conoscenze, i principali processi che danno luogo a variazioni temporali di intensità dei raggi cosmici primarî si fanno risalire più o meno direttamente all'attività solare e si possono raggruppare in due categorie.
a) Emissione solare di raggi cosmici di bassa energia. - Aumenti occasionali di intensità associati ai brillamenti solari, sono stati osservati al suolo e, più frequentemente, alle quote raggiunte dai palloni. L'entità dell'aumento, variabile da un evento all'altro, ha raggiunto talvolta valori altissimi, fino ad un fattore 50 nell'intensità della componente secondaria, e a un fattore 1000 nell'intensità della componente primaria. Caratteristiche di tali aumenti (di cui un esempio è riportato in fig. 4) sono l'estrema rapidità della salita, il breve ritardo rispetto al brillamento e l'anisotropia della radiazione: esse costituiscono altrettanti argomenti a favore di una diretta provenienza solare dell'eccesso della r. Lo spettro integrale di energia di tali raggi cosmici solari, a differenza di quello della r. cosmica "normale", può essere rappresentato da una legge
L'esponente più alto che figura in tale spettro, rispetto a quello della [1] indica che in esso le particelle di bassa energia sono proporzionalmente molto più abbondanti che nello spettro normale. Si deve inoltre notare che negli eventi finora osservati non figurano praticamente particelle di energia maggiore di circa 30 Gev.
b) Effetti di modulazione dei raggi cosmici nello spazio extraterrestre. - In questa categoria rientrano variazioni sia a carattere occasionale sia a carattere periodico o quasi periodico.
Le "diminuzioni di Forbush" sono abbassamenti bruschi d'intensità che spesso si presentano in associazione a perturbazioni geomagnetiche e aurorali. La discesa (ampiezza osservata fino a circa il 15%) avviene per lo più in poche ore, mentre il ritorno al valore normale avviene in tempi dell'ordine di giorni o di settimane (fig. 5). L'interpretazione oggi generalmente accettata è basata sull'ipotesi che l'arrivo di nuvole di plasma solare, dotate di velocità dell'ordine di 1000-2000 km/sec e contenenti campi magnetici "congelati", produca un effetto di schermo sulla r. cosmica nelle vicinanze della Terra. Nessun modello del meccanismo di tale effetto è per ora completamente soddisfacente.
Una variazione ciclica dell'intensità primaria con periodo undecennale in anticorrelazione coll'attività solare è stata osservata su due interi cicli di attività: l'intensità media dei raggi cosmici è massima quando è minimo il numero delle macchie solari (numero di Wolf), e viceversa (fig. 6). Il fenomeno si interpreta come un processo di modulazione dell'intensità galattica dei raggi cosmici per effetto di una ciclica variazione dello stato elettromagnetico dell'intero spazio interplanetario. In questa visione solo in condizioni di minimo dell'attività solare il flusso galattico imperturbato è osservabile nelle vicinanze della Terra. Il valore del flusso primario di circa 0,3 particelle (cm2 sec steradiante)-1 riportato in [2], si riferisce appunto a misure eseguite durante il minimo di attività solare del 1954.
L'effetto diurno (variazione con periodo di 24 ore e fase dipendente del tempo locale) finora è stato misurato essenzialmente nelle stazioni al suolo. La piccola ampiezza (al massimo circa i % nella componente nucleonica) e l'estrema variabilità del fenomeno ne rendono difficile lo studio e l'interpretazione. L'effetto, e quindi anche la piccola anisotropia nella r. che esso rivela, è notevolmente accresciuto in occasione di perturbazioni geomagnetiche; pertanto esso pure va essenzialmente, anche se indirettamente, ricondotto all'attività solare.
È tuttora oggetto di studio anche la ricorrenza di 27 giorni, cioè la tendenza, presentata da massimi e minimi di intensità poco pronunciati, a riprodursi più volte a distanza di 27 giorni. Tale ricorrenza, che presenta alcune caratteristiche comuni con l'analoga ricorrenza osservata in geomagnetismo, viene ricollegata al periodo sinodico della rotazione solare e quindi probabilmente a zone particolari del Sole, di vita superiore a 1 rotazione, che si presentano periodicamente al meridiano centrale solare.
3. Origine dei raggi cosmici. - L'arrivo occasionale sulla Terra dei raggi cosmici di origine solare dà l'unica prova diretta finora acquisita riguardo alle possibili sorgenti di raggi cosmici. Tale effetto è però ben lungi dal risolvere il problema dell'origine; infatti la rarità degli eventi, l'energia media relativamente bassa, rispetto a quella dei raggi cosmici "normali", la notevole anisotropia della r., sono tutti argomenti contrarî all'ipotesi che la totalità della r. cosmica possa essere di origine solare. Si ritiene quindi generalmente che i raggi cosmici siano prodotti da diverse sorgenti sparse nella Galassia, e che siano resi isotropi dall'azione dei campi magnetici interstellari prima di arrivare nel sistema planetario.
Un'emissione da parte di stelle ordinarie, analoga o più intensa dell'emissione solare, potrebbe fornire almeno una parte dei raggi cosmici primarî nell'intervallo più basso di energia, mentre una possibile sorgente di raggi cosmici nell'intervallo di energia fino a 1012 eV è stata recentemente individuata nelle esplosioni delle supernovae. Tali eventi, che si presentano nella nostra galassia una volta per secolo, danno origine all'emissione di una radiazione elettromagnetica con spettro continuo e fortemente polarizzata nel campo del visibile e in quello delle radioonde. Si riconoscono in questa r. le caratteristiche di una radiazione di sincrotrone, da attribuirsi cioè ad elettroni relativistici che spiralizzano intorno alle linee di forza di campi magnetici. Si fa allora l'ipotesi che negli inviluppi delle supernovae siano accelerati ad energie elevatissime non solo gli elettroni, la cui presenza si rivela attraverso la r. elettromagnetica di sincrotrone, ma anche protoni e altri nuclei atomici (i raggi cosmici primarî) che, a parità di energia, non sarebbero osservabili con le stesse tecniche: infatti l'energia irraggiata da una particella secondo tale meccanismo è inversamente proporzionale alla quarta potenza della massa di riposo della particella stessa. La perdita di energia per irraggiamento, molto maggiore per gli elettroni che per i protoni e i nuclei, giustificherebbe anche la bassa proporzione, certo inferiore all'uno per cento, di elettroni presenti nella radiazione primaria misurata nelle vicinanze della Terra. Per spiegare l'accelerazione di elettroni e di nuclei atomici alle energie dei raggi cosmici negli inviluppi delle supernovae risulta a grandi linee attendibile un meccanismo proposto inizialmente da Fermi per l'accelerazione negli spazî interstellari; singole particelle cariche e veloci che urtino contro nuvole di plasma contenenti campi magnetici, acquistano in media nei varî urti energia cinetica a spese dell'energia magnetica delle nuvole; con i valori dei parametri attribuibili al plasma nelle vicinanze delle supernovae, il meccanismo risulterebbe abbastanza efficiente per produrre l'accelerazione alle energie postulate dalla teoria.
Per le energie più alte di 1012 eV occorre invocare o ulteriori processi di accelerazione negli spazî interstellari, o addirittura sorgenti extragalattiche di potenza ancora più spettacolare.
Bibl.: B. Rossi, High energy particles, New York 1952; S. F. Singer, Progress in cosmic ray physics, IV, Amsterdam 1958, pp. 205-335; V. L. Ginzburg, Progress in cosmic ray physics, IV, Amsterdam 1958, pp. 335-421; B. Peters, Progress in cosmic ray research since 1947, in Journal of geophysical research, LXIV (1959), p. 155-173.