RADIAZIONE
. Si conoscono in natura molti tipi di radiazioni. Prima di tutto la luce; poi le radiazioni calorifiche, che un corpo emette cedendo calore a un ambiente più freddo; i raggi X, che si ottengono, per es., facendo urtare contro una lastrina di rame un fascio di elettroni veloci. Inoltre: elettroni relativamente lenti, emessi per effetto termoionico; tutte le radiazioni emesse nelle disintegrazioni, naturali o artificiali. E si potrebbe continuare in questa esemplificazione; ma senza esaurirla, perché si può dire che ogni nuovo processo fisico che si scopre può rivelare l'esistenza d'una radiazione che per qualche carattere fisico - potere penetrante, effetti sugli atomi colpiti, ecc. - si distingue dagli altri tipi conosciuti.
In generale si parla di radiazione sempre che ci si trovi di fronte a un fenomeno in cui qualche cosa, che faceva parte integrante d'un corpo, lo abbandona stabilmente e dimostra la sua presenza nello spazio circostante, agendo su altri corpi distanti dal primo. Questo qualcosa che si stacca dalla sorgente radiante può essere o no un corpuscolo materiale, potendosi così distinguere due categorie di radiazioni: radiazioni materiali (atomi, elettroni, ecc.) e radiazioni eteree o elettromagnetiche (luce, raggi X, ecc.).
Ma in ogni caso una certa quantità di energia, con la massa che le corrisponde (v. inerzia: Inerzia dell'energia) si libera dal corpo emittente e se ne allontana con velocità finita, finché non viene assorbita, totalmente o in parie, da altri corpi, che in tal modo vengono anche ad agire come rivelatori della radiazione.
Questo è quello che succede sempre, sia che della luce cada su una lastra fotografica o su una cella fotoelettrica, sia che le particelle emesse da una sostanza radioattiva urtino contro uno schermo fluorescente, provocando uno scintillamento.
Le modalità con cui avvengono questi scambî d'energia permettono di precisare nei varî casi la natura fisica della radiazione, mentre rimane caratteristica generale del fenomeno quella di una azione a distanza del corpo radiante, un'azione però di natura tale che l'effetto integrale - cioè l'effetto che si ottiene pensando che lo strato assorbente costituisca la superficie d'una sfera vuota, nel cui centro è la sorgente radiante - non diminuisce con il crescere della distanza degli atomi colpiti; con essa variando solo il tempo necessario perché l'azione si propaghi sino al punto in cui effettivamente si esplica.
Quanto al modo della propagazione, esso si presenta, per ambedue i tipi di radiazioni, sotto un duplice aspetto: di propagazione per onde e per corpuscoli. Questa doppia natura, ondulatoria e corpuscolare, comune alle radiazioni materiali e alle radiazioni elettromagnetiche, porta a una stretta somiglianza nel comportamento di un raggio di luce e di un fascio di elettroni in moto; ed è stata questa l'idea direttiva che ha condotto, prima, a fondare la meccanica ondulatoria, e poi a scoprire tutta una serie di fenomeni, come la diffrazione dei raggi elettronici, molecolari, ecc. (v. elettrone).
Altre proprietà comuni dimostrano il parallelismo esistente tra fenomeni luminosi e fenomeni in cui agiscono particelle materiali: allo stesso modo che l'energia di un gruppo di elettroni è la somma delle energie da questi singolarmente possedute, l'energia d'un raggio luminoso è la somma di numeri interi di unità elementari dette fotoni o quanti di luce.
Ma sarebbe un errore spingere troppo oltre quest'analogia, perché c'è un'ineliminabile, sostanziale differenza tra luce e materia, che si mostra già nel fatto che, mentre la velocità della luce nel vuoto non dipende dalle condizioni sperimentali ed ha il valore costante di 3.1010 cm./sec., la velocità di un corpuscolo materiale varia con l'energia posseduta. Anzi si può fare sempre in modo, se non agiscono forze esterne, che la velocità d'una particella materiale, in un certo sistema di riferimento, sia zero, venendo così a mancare una distinzione assoluta tra stati di quiete e di moto (v. relatività, teoria della). E anche nella nuova meccanica quantistica, che permette di trattare allo stesso modo elettroni e quanti di luce, sia che scegliamo la rappresentazione ondulatoria, sia che rimaniamo sul piano della rappresentazione corpuscolare, si manifesta la diversità dei due fenomeni nelle condizioni, diverse, da imporre nei due casi, e il cui contenuto essenziale è: che gli elettroni obbediscono alla statistica di Fermi-Dirac e i quanti di luce alla statistica di Bose-Einstein (v. statistica, meccanica; quantistica, meccanica).
Ad di fuori di ogni questione di principio, è possibile distinguere in pratica un gruppo di elettroni in moto da un raggio di luce, facendo agire su di essi un campo esterno, elettrico o magnetico. Gli elettroni sono deviati, mentre i quanti di luce proseguono indisturbati nel loro cammino.
È ben nota l'esperienza con cui si dimostra la complessità delle radiazioni emesse da sostanze radioattive. Un forte campo elettrico, applicato nella direzione perpendicolare al raggio, lo scompone in tre gruppi di raggi, detti rispettivamente raggi α, β, γ. I primi due, deviati in senso contrario, portano cariche elettriche opposte, mentre il terzo è una radiazione in tutto simile ai raggi X.
In tempi recenti la circostanza che il campo magnetico terrestre dovrebbe avere un certo effetto su una radiazione di origine extraterrestre, se questa anche solo in parte fosse costituita di particelle cariche, ha avuto grande importanza nello studio della radiazione penetrante, di cui solamente si sapeva che arriva a noi in misura sensibilmente eguale da ogni parte del cielo. Dalle variazioni osservate, nell'intensità, da punto a punto della superficie terrestre si sono potute dedurre molte notizie sul segno delle cariche, sull'energia dei corpuscoli, ecc. (v. appresso: Radiazione cosmica).
Un altro criterio per decidere sulla natura fisica di una radiazione - l'esperienza con un campo esterno può non essere probante, dato che in natura esistono anche particelle elementari elettricamente neutre, i neutroni - è fornito dallo studio dell'assorbimento da parte di atomi materiali. Vale la regola che, a parità d'energia, un quanto di luce ha maggiore probabilità che una particella materiale di attraversare uno strato sottile di materia: una lastrina di piombo, dello spessore tra 3 e 4 mm., arresta quasi completamente le particelle α e β emesse dalle sostanze radioattive, ma non arresta i raggi γ. I neutroni hanno un potere penetrante ancora più grande, perché essi, non risentendo l'azione del campo elettrico, perdono energia soltanto per urti molto stretti contro i nuclei atomici. L'energia, che la radiazione primaria perde nel suo tragitto, si ritrova come lavoro di ionizzazione degli atomi presenti nel volume attraversato (v. ionizzazione). Ne risulta un progressivo frenamento nel moto delle particelle veloci di una radiazione corpuscolare. Nel caso della luce, oltre alle perdite d'energia per l'effetto Compton, si ha di più il fenomeno dell'annichilamento del fotone alla fine del suo percorso, per effetto fotoelettrico. Questa circostanza è caratteristica dei quanti di luce, di cui si può dire che essi esistono solo nel tempo compreso tra l'atto dell'emissione, con cui sono creati, e l'atto del finale assorbimento, che li distrugge. Un corpuscolo materiale invece conserva tutte le sue proprietà fisiche, prima e dopo l'emissione dalla sorgente sotto forma di radiazione; quindi la teoria di una radiazione materiale rientra nel quadro generale delle leggi conosciute (classiche e quantistiche) dei corpi in movimento, e non presenta perciò nessuna novità concettuale. Non è così per la teoria delle radiazioni elettromagnetiche, che ha una sua speciale fisionomia.
Prima di esporre le linee essenziali di quest'ultima teoria, o teoria della radiazione, come si dice usualmente in fisica, riportiamo qui l'elenco delle principali radiazioni conosciute:
1. Radiazioni elettromagnetiche. - Sono, distinte per lunghezza decrescente: a) onde radiotelegrafiche (lunghe, medie, corte e ultracorte) emesse da antenne marconiane; b) raggi infrarossi, emessi da molecole di corpi allo stato solido e liquido portati a temperature elevate; c) radiazioni luminose, emesse dagli elettroni esterni degli atomi; d) raggi X, emessi dagli elettroni interni degli atomi; e) raggi γ emessi dai nuclei nelle disintegrazioni artificiali e naturali; f) raggi ultra-γ, che formano una componente della radiazione penetrante.
2. Radiazioni materiali. - Possono essere:
a) elettroni o negatroni (carica − e, essendo e = 4,77.10-10 unità elettrostatiche). Posseggono energie diverse: emessi da superficie metalliche incandescenti hanno energie cinetiche dell'ordine di 1/10 di Volt-elet. Accelerati artificialmente (sino a 106 Volt-elet.) formano i raggi catodici. Costituiscono i raggi β uscenti da sostanze radioattive, con energie tra 105 e 106 Volt-elet. Nella radiazione penetrante hanno energie tra 107 e 1010 Volt-elet.;
b) neutroni (carica nulla) emessi, per es., da un preparato di Be + Po. Radiazioni molto penetranti; entrano nei nuclei provocando fenomeni complessi di radioattività;
c) elettroni positivi o positroni (identici all'elettrone ma con carica + e). Emessi specialmente nei processi d'assorbimento delle radiazioni ultra-γ. Hanno una vita media limitata;
d) protoni (carica + e): nuclei di H. I raggi protonici d'alta o di bassa energia (sino a 106 Volt-elet.) s'ottengono accelerando ioni di H;
e) deutoni (carica + e; massa doppia del protone). Anch'essi vengono accelerati artificialmente;
f) raggi α (carica + 2 e; nuclei di He) emessi nelle disintegrazioni nucleari; hanno energie di ~ 106 Volt-elet. Anch'essi si possono produrre artificialmente, con energie diverse;
g) atomi e molecole: proiezioni relativamente lente a spese dell'energia termica della sorgente; formano allora i cosiddetti raggi atomici e i raggi molecolari.
Teoria della radiazione. - 1. Se ci domandiamo dopo tante vicende di scoperte teoriche e sperimentali, avvenute principalmente dopo il 1900, qual è il contenuto fisico della teoria della radiazione, dobbiamo convincerci che questo è rimasto quello che era già stato scoperto e formulato da C. Maxwell neì 1873 (v. luce). La teoria della radiazione è, nella sua essenza, ancora oggi, solo una derivazione dal concetto dell'azione elettrica, come essa è ordinariamente descritta con un campo elettrico e un campo magnetico; e sono leggi classiche dell'elettrostatica e dell'elettrodinamica le leggi che permettono di descrivere l'interazione tra luce e materia. È pure vero, difatti, che queste leggi per il modo come sono dedotte - sperimentando con sfere metalliche cariche, conduttori percorsi da corrente, ecc. - rendono le peculiarità dell'interazione elettrica solo per grandi distanze delle cariche interagenti, ma è anche vero che i raggi degli atomi (~10-8 cm.) sono tanto grandi rispetto ai raggi dei nuclei e degli elettroni (~10-13 cm.) da potere pensare che la forza, agente tra due sfere egualmente cariche d'elettricità e sufficientemente lontane, sia in tutto analoga a quella agente tra due elettroni dello stesso atomo o d'atomi diversi.
Per queste ragioni, avvenendo lo scambio d'energia tra atomo emittente e atomo assorbente, appunto in base all'interazione elettrica delle loro cariche, si capisce perché la teoria della radiazione sia tutta costruita sulle equazioni di Maxwell-Lorentz; mentre queste non sono altro che l'espressione differenziale delle leggi integrali del campo macroscopico (teorema di Gauss sul flusso elettrico, leggi di Neumann e di Ampère), con una leggiera modifica, però di grande importanza, per comprendere anche il caso di correnti non stazionarie (per questo e anche per le notazioni adoperate v. elettricità).
2. Definendo il vettore elettrico E e il vettore magnetico B per mezzo del potenziale vettore A e del potenziale scalare ϕ:
le equazioni di Maxwell-Lorentz assumono la forma, essendo ρ la densità e υ⃗ la velocità nel punto P ⊄ x, y, z:
Di più tra A e ϕ esiste la relazione:
Ora le equazioni (2) sono ben conosciute in fisica-matematica come tipiche per definire un'azione ritardata. Difatti le loro soluzioni, che scriviamo nel caso per noi interessante d'un gruppo di cariche puntiformi ek, sono:
ed è notevole che in queste espressioni, per i potenziali A e ϕ, nel punto P e al tempo t, rk e vk sono rispettivamente la distanza da P e la velocità ritardate della carica ek, cioè compaiono nelle formule (4) con i valori che avevano al tempo t′ = t − r/c. Questo significa che una carica elettrica non agisce contemporaneamente in tutti i punti dello spazio, e che il campo elettrico, da essa prodotto, si propaga con velocità eguale alla costante c, che compare nelle (2). Nello stesso tempo la circostanza che c coincida con la velocità, misurata sperimentalmente, della luce, è una prima conferma della natura elettromagnetica delle radiazioni luminose.
3. Calcolo dell'irraggiamento d'un atomo o d'una molecola secondo E. Hertz. - Se il punto P è sufficientemente lontano, le distanze rk delle singole cariche da P sono poco diverse dalla distanza
del centro O della molecola o dell'atomo, a cui quelle cariche appartengono. Per velocità non molto grandi, introducendo le distanze qk di ek dal centro O, si ha in prima approssimazione:
Se si eseguono le differenziazioni indicate della (1), tenendo conto però che ρk e vk sono funzioni del tempo ritardato t′ = t − r/c e quindi implicitamente di x, y, z, si ottiene l'espressione effettiva di E ed H. A meno di termini in 1/r2 e 1/r3, trascurabili per r grande - dànno l'azione elettrostatica d'un dipolo e l'ordinario campo magnetico indotto da un elemento di corrente - si ha:
Di notevole in queste formule c'è che i vettori E ed H, eguali in grandezza, sono normali tra di loro e al raggio r; di più: in esse compare l'accelerazione v???k delle cariche, e quindi questi termini si annullano nel caso di moti rettilinei uniformi o, comunque, per una distribuzione statica di cariche. Calcolando adesso dal teorema di Poynting il flusso d'energia uscente dalla sfera di raggio r, si ha evidentemente, se c'è, l'energia
che l'atomo perde nell'unità di tempo:
Quest'ultima espressione ci dice che il flusso che attraversa la superficie sferica non varia con r; si può anzi affermare: rimane costante il flusso uscente da una sfera che si dilata con velocità c (basta per questo pensare che v???k è funzione del tempo ritardato) sino ad occupare tutto lo spazio. In questo caso dunque si ha un vero e proprio fenomeno d'irraggiamento.
Da tutto ciò si conclude: una carica che si muove di moto accelerato o ritardato irraggia energia elettromagnetica; le vibrazioni di E e di H, che costituiscono le onde sferiche che si staccano dalla sorgente, sono vibrazioni trasversali; inoltre le frequenze di queste vibrazioni sono le frequenze proprie del moto delle cariche.
4. Il calcolo precedente è dovuto a E. Hertz, che l'applicò al caso di un'antenna percorsa da corrente ad alta frequenza, gettando così le basi teoriche delle future trasmissioni radiotelegrafiche.
È evidente l'importanza teorica dei risultati ottenuti: essi permettono da una parte di calcolare le frequenze e le intensità della radiazione, quando siano conosciute le distribuzioni delle correnti elettriche di un certo sistema di cariche; dall'altra, permettono di risalire, dai dati sperimentali sulla luce emessa da un atomo, al calcolo effettivo del moto delle sue cariche, della loro distribuzione nello spazio, ecc. Così si è potuto stabilire, p. e., che le particelle emittenti sono elettroni.
Per la teoria dei processi d'assorbimento si procede in modo analogo: dalla forza che agisce per effetto del campo dell'onda luminosa incidente, si calcola l'energia, cinetica, assorbita dagli elettroni. I fenomeni di dispersione della luce rientrano facilmente in questa teoria, perché si possono considerare come processi di assorbimento e successiva riemissione di luce da parte degli atomi del corpo disperdente. Lo stesso vale per il fenomeno della risonanza ottica, che è un caso particolare di dispersione, in cui cioè la frequenza della luce incidente coincide con una frequenza propria dell'atomo, e per i fenomeni di doppia rifrazione magnetica e in genere per tutti i fenomeni già spiegati dalla teoria ondulatoria di Fresnel.
5. Teoria quantistica della radiazione. - Rimanevano fuori da questa teoria - anche senza parlare del problema della stabilità dell'atomo - tutti i fenomeni in cui si mostra il carattere corpuscolare della radiazione. Soltanto nello schema generale della meccanica quantistica e nel senso indicato dal principio d'indeterminazione di W. Heisenberg è divenuto possibile, per opera principalmente di P.-A.-M. Dirac, dare un quadro, completo e con una sua logica coerenza, dei fenomeni luminosi.
Le difficoltà che ancora ci sono (struttura dell'elettrone, assorbimento della radiazione penetrante, ecc.) sembrano piuttosto denunciare una nostra non completa conoscenza delle leggi del campo che un'insufficienza propria della teoria.
Sulla base del concetto dei quanti di luce, il campo di radiazione viene considerato da Dirac come un sistema ad infiniti gradi di libertà. Le variabili corrispondenti sono i numeri interi Ns dei quanti di una specie s, contenuti nel volume V che si considera. D'altra parte un quanto di luce è perfettamente definito dalla frequenza ν o dall'energia E = hν, e dalla direzione di propagazione, che è anche la direzione dell'impulso
(a meno della costante
con h costante di Planck).
In questo schema le grandezze classiche E, ϕ, H ed A si presentano come operatori quantistici, che operano sulle variabili NS. Ciò secondo il criterio che la grandezza classica, densità locale di energia 1/8 (E2 + H2), dev'essere riguardata piuttosto come una misura della probabilità di trovare in quel punto il quanto di luce corrispondente.
Si ottiene una corrispondenza precisa con tutte le evidenze sperimentali se, avendo posto ϕ = 0, nell'espressione classica dello sviluppo in serie di Fourier del potenziale vettore:
(dove il vettore fk, ρ dà la direzione di vibrazione del campo elettrico, k è l'impulso, ρ definisce la polarizzazione; l'ampiezza ak, ρ coincide con il complesso coniugato di ia+k, ρ), le grandezze akρ e a+kρ rappresentano operatori che obbediscono alle relazioni quantistiche:
e operano sulle variabili Nk, ρ (Nk, ρ numero dei quanti di polarizzazione ρ e impulso k).
Perciò in tutta questa teoria, se pure valgono ancora le relazioni classiche del campo, ha un significato l'ordine con cui le varie grandezze si presentano nelle formule. D'altra parte la distribuzione di carica elettrica negli atomi va calcolata dalla funzione d'onda Ψ, definita dall'equazione quantistica:
dove H è la funzione hamiltoniana degli atomi in presenza del campo elettromagnetico. Così possono esser trattati tutti i fenomeni d'interazione tra luce e materia, comprendendo in una teoria unitaria sia, p. es., i processi classici d'interferenza, sia le condizioni di Bohr per le frequenze proprie degli atomi (v. atomo).
Bibl.: Per le radiazioni materiali le singole voci. Per la teoria della radiazione elettromagnetica, v. gli articoli di W. Pauli, in Handbuch der Physik, 2ª ediz. XXIV, i e di E. Fermi, in Review of Modern Physics, 1932.
Radiazione cosmica.
Si indica col nome di radiazione cosmica (o "radiazione penetrante") un agente ionizzante di origine extraterrestre, capace di provocare la ionizzazione del gas contenuto in un recipiente chiuso e protetto con schermi sufficientemente spessi per trattenere tutte le altre radiazioni ionizzanti note.
Non è facile assegnare una data precisa e una paternità alla scoperta della radiazione cosmica. L'esistenza di questa radiazione andò precisandosi poco alla volta attraverso gli studî sulla ionizzazione spontanea dell'atmosfera, i quali mostrarono come le cause precedentemente note di tale ionizzazione (ossia, principalmente, le radiazioni delle sostanze radioattive contenute nelle rocce e nelle acque o diffuse nell'aria) fossero insufficienti a spiegare la totalità della ionizzazione stessa. D. Pacini fu uno dei primi a richiamare l'attenzione su questo fatto (1908-1911); ma spetta a V. Hess il merito di aver chiaramente separato la radiazione cosmica dalle radiazioni ionizzanti di provenienza terrestre, mostrando, con ascensioni in pallone, che la sua intensità cresce notevolmente con l'aumentare dell'altezza sul livello del mare, mentre l'intensità delle radiazioni di origine radioattiva diminuisce (1912). I risultati del Hess vennero confermati ed estesi da altri sperimentatori e principalmente da W. Kolhörster, che raggiunse in pallone un'altezza di 9000 m. (1914). Dopo la guerra mondiale gli studî sulla radiazione cosmica vennero ripresi da varie parti. Misure sulla dipendenza dell'intensità dall'altezza sul livello del mare e sulla penetrazione della radiazione nell'acqua vennero compiute da R. A. Millikan, da E. Regener (al quale si debbono le determinazioni più estese e più precise al riguardo), da A. Piccard, ecc.; misure sulla dipendenza dalla posizione geografica vennero compiute da J. Clay, R. A. Millikan, W. Bothe e W. Kolhorster, A. H. Compton, ecc.; misure sulla dipendenza dall'ora solare o siderale e dai fattori meteorologici vennero compiute da W. Kolhörster, R. A. Millikan, A. Corlin, G. Hoffmann, V. Hess, ecc.
Accanto a questi studî di carattere prevalentemente geofisico, nei quali la radiazione cosmica viene considerata semplicemente come un agente ionizzante, vennero iniziate, circa il 1930, ricerche dirette a chiarire la natura fisica della radiazione cosmica e le modalità della sua interazione con la materia; problemi, d'altronde, alla cui indagine le ricerche geofisiche più sopra ricordate offrono un potente ausilio. Notevoli risultati sono stati ottenuti in questo campo da W. Bothe e W. Kolhörster, B. Rossi, P. M. S. Blackett e G. Occhialini, C. D. Anderson e altri sperimentatori; tali risultati, pur non permettendo ancora di dare un quadro completo di tutto l'insieme dei fenomeni, hanno fissato alcuni punti fondamentali e hanno mostrato come il comportamento della radiazione cosmica sia essenzialmente diverso da quello di tutte le altre radiazioni note.
Gli apparecchi principalmente usati per lo studio della radiazione cosmica sono: a) la camera di ionizzazione; b) il contatore a tubo di Geiger e Müller; c) la camera di Wilson.
a) La camera di ionizzazione (fig. 1) consiste essenzialmente di un recipiente metallico contenente un gas (a pressione normale o ad alta pressione), nel cui interno si trova un elettrodo isolato dalle pareti e comunicante con un elettrometro, che permette di misurarne la carica. La camera di ionizzazione può venir usata in due modi: 1. ponendo a terra l'involucro metallico e comunicando una certa carica all'elettrodo isolato, questo allora attira gli ioni di segno opposto a quello della sua carica, generati dalla radiazione in seno al gas contenuto nella camera, e si va quindi gradualmente scaricando; 2. mantenendo l'involucro metallico ad un certo potenziale e ponendo inizialmente a terra l'elettrodo centrale; questo raccoglie allora gli ioni di segno eguale a quello del potenziale dell'involucro e, dal momento in cui si toglie la connessione con la terra, si va quindi gradualmente caricando. In ambedue i casi la rapidità di spostamento dell'indice dell'elettrometro, che indica la rapidità di scarica o di carica dell'elettrodo centrale, è proporzionale al numero di coppie d'ioni generate dalla radiazione nel gas per unità di tempo (quando la differenza di potenziale fra l'involucro e l'elettrodo è sufficientemente elevata). La camera di ionizzazione, nella forma in cui viene usata per lo studio della radiazione cosmica, è sensibile anche ai raggi γ delle sostanze radioattive (i raggi α e i raggi β non hanno una penetrazione sufficiente per attraversare la parete, spessa generalmente qualche millimetro). Per distinguere la radiazione cosmica dai raggi γ, si ricorre al suo maggior potere di penetrazione; si circonda cioè la camera di ionizzazione con schermi metallici di qualche centimetro di spessore, che eliminano quasi completamente i raggi γ, mentre non assorbono che una piccola frazione della radiazione cosmica.
b) Il contatore a tubo di Geiger e Müller (fig. 2) consiste essenzialmente di un tubo metallico T chiuso alle estremità con due tappi isolanti E, lungo l'asse del quale è teso un sottile filo pure metallico, F. Nell'interno del tubo l'aria è rarefatta fino a una pressione dell'ordine del decimo di atmosfera; fra la parete del tubo e il filo assiale è posta una differenza di potenziale piuttosto elevata (circa 1500 Volt), il polo positivo della batteria di alta tensione B essendo congiunto col filo attraverso una forte resistenza. La pressione del gas e la differenza di potenziale vengono regolate in modo che non si produca spontaneamente la scarica fra il tubo e il filo, ma che sia sufficiente la formazione di una sola coppia di ioni nell'interno del tubo per innescarla. (Il funzionamento è analogo a quello del contatore a punta di Geiger; v. elettriche, scariche).
Il passaggio di ogni corpuscolo ionizzante attraverso il tubo è quindi accompagnato da una scarica, la quale può venire facilmente registrata (p. es., collegando il filo del contatore con un elettrometro); il brusco abbassamento della differenza di potenziale fra il tubo e il filo, che, per effetto dell'elevata resistenza inserita nel circuito, si produce all'atto della scarica, è sufficiente per interrompere la scarica stessa; cosicché il contatore, dopo una piccola frazione di secondo, è di nuovo pronto a funzionare. Come la camera di ionizzazione, così il contatore a tubo è del pari sensibile sia alla radiazione cosmica, la quale (v. appresso) si manifesta mediante corpuscoli ionizzanti che attraversano liberamente le pareti del contatore, sia ai raggi γ, i quali generano nella parete stessa del contatore (per effetto fotoelettrico o per effetto Compton) degli elettroni secondarî. Si può tuttavia con i contatori distinguere facilmente la radiazione cosmica dai raggi γ, applicando il metodo delle coincidenze: quando due o più contatori vengano disposti uno di seguito all'altro, accade spesso che un corpuscolo della radiazione cosmica li attraversi tutti, provocando una scarica praticamente simultanea di essi (coincidenza). Il medesimo fenomeno non può essere prodotto da un raggio γ, perché da un lato un elettrone secondario di un raggio γ non ha una penetrazione sufficiente per attraversare le pareti dei varî contatori, mentre d'altro lato la probabilità che un raggio γ generi nella parete stessa di tutti i contatori altrettanti elettroni secondarî è estremamente piccola. Il metodo delle coincidenze (che è stato reso di pratica applicazione mediante l'introduzione di sistemi automatici per la selezione delle coincidenze stesse) non serve solo a separare la radiazione cosmica dalle altre radiazioni, ma permette altresì d'investigare la direzione di provenienza dei corpuscoli, di studiarne l'assorbimento nella materia (interponendo lo schermo assorbente fra i contatori), di rivelare l'arrivo simultaneo di più corpuscoli associati, ecc.
c) Nella camera di Wilson si trae partito della proprietà che hanno gli ioni di servire come centri di condensazione del vapor acqueo soprasaturo (v. ionizzazione) per fotografare la scia di ioni che i corpuscoli della radiazione cosmica lasciano lungo il loro cammino. Eseguendo le esperienze in un campo magnetico, i corpuscoli della radiazione cosmica si distinguono da quelli delle altre radiazioni per il fatto che subiscono una deflessione assai minore.
I risultati più significativi finora acquisiti nello studio della radiazione cosmica sono i seguenti:
A) Carattere generale del fenomeno. - L'intensità della radiazione cosmica (che viene generalmente misurata mediante il numero di coppie d'ioni generate in un secondo entro un centimetro cubo d'aria alla pressione di 760 mm.) non mostra, in un dato punto della Terra, sensibili variazioni in relazione con l'ora solare, con l'ora siderale o con la stagione.
Per quel che riguarda la dipendenza dell'integrità della radiazione dai fenomeni meteorologici, è stata accertata finora soltanto una leggiera diminuzione dell'intensità stessa all'aumentare della pressione barometrica ("effetto barometrico").
Per una data posizione geografica, l'intensità della radiazione cosmica registrata dai nostri apparecchi di misura aumenta rapidamente innalzando gli apparecchi stessi nell'atmosfera, mentre diminuisce trasportandoli sotto terra o affondandoli nell'acqua; tale intensità risulta dunque tanto maggiore, quanto minore è la quantità di materia sovrastante il luogo di osservazione. Ciò si spiega nel modo più semplice ammettendo (come, del resto, è confermato da altri fatti sperimentali) che la radiazione cosmica abbia origine al di fuori dell'atmosfera e venga gradualmente assorbita dalla materia che deve attraversare per raggiungere gli apparecchi di misura (il potere assorbente dell'aria e dell'acqua per la radiazione cosmica risulta semplicemente proporzionale alle rispettive densità). A questo stesso assorbimento viene poi ovviamente ricondotto anche l'effetto barometrico, mentre l'uniformità dell'intensità della radiazione nel tempo dimostra che la sua distribuzione nello spazio, a grande distanza dai corpi celesti, è praticamente uniforme ed isotropa.
Quantitativamente, l'andamento dell'intensità della radiazione cosmica nell'atmosfera è rappresentato dalla curva della fig. 3, che è stata ottenuta dal Regener nei pressi di Stoccarda con osservazioni eseguite per mezzo di palloni-sonda ed estendentisi dal livello del mare fino a circa 28 km. d'altezza (in ascissa è riportata la pressione, in mm. di mercurio, esistente alle varie altezze sul livello del mare ed in ordinata la corrispondente intensità della radiazione cosmica in coppie di ioni per centimetro cubo d'aria a pressione normale e per secondo). La fig. 4 rappresenta i risultati ottenuti dallo stesso Regener sott'acqua (in ascissa è riportata la profondità in metri, aumentata dello spessore di uno strato d'acqua avente, per unità di superficie, la medesima massa dello strato d'aria sovrastante il luogo d'osservazione, e in ordinata l'intensità della radiazione cosmica nella solita misura).
Per una data altezza sul livello del mare, l'intensità della radiazione cosmica diminuisce gradualmente procedendo dal polo geomagnetico verso l'equatore ("effetto di latitudine") e in vicinanza dell'equatore essa è di circa il 14% minore che nelle alte latitudini. L'effetto di latitudine si spiega mediante l'azione del campo magnetico terrestre.
B) Natura fisica della radiazione. - La causa immediata della ionizzazione osservata è una radiazione corpuscolare elettricamente carica. I corpuscoli che la costituiscono (e che si suole chiamare "corpuscoli cosmici") creano (direttamente) circa 40 coppie di ioni per ogni centimetro di percorso nell'aria a pressione normale; al livello del mare ne cade circa 1 ogni secondo sopra ogni decimetro quadrato di superficie orizzontale; la maggior parte di essi giunge da direzioni vicine alla verticale.
Il potere di penetrazione medio dei corpuscoli cosmici è molto superiore a quello di tutte le altre radiazioni corpuscolari note. Alla loro volta poi essi si distinguono nettamente in due gruppi: un gruppo "duro", avente un potere di penetrazione medio di qualche metro di piombo, e un gruppo "molle", avente un potere di penetrazione medio di qualche centimetro di piombo.
I corpuscoli appartenenti al gruppo duro costituiscono una componente della radiazione cosmica primaria. Ciò è provato dal fatto che essi risentono l'azione del campo magnetico terrestre, la quale si manifesta mediante l'effetto di latitudine, a cui già abbiamo accennato, e mediante l'"effetto azimutale". Quest'ultimo consiste in una dissimmetrica distribuzione d'intensità dei corpuscoli cosmici rispetto al piano del geomeridiano magnetico ed è particolarmente accentuato in vicinanza dell'equatore: precisamente, si trova che i corpuscoli cosmici del gruppo duro giungono più numerosi da occidente che da oriente del meridiano, e da ciò si deduce che la loro carica è (prevalentemente almeno) positiva.
I corpuscoli appartenenti al gruppo molle costituiscono invece una radiazione secondaria, ossia vengono generati nella materia stessa che ci circonda (in particolare, nell'aria). Essi prendono origine per lo più in gruppi assai numerosi e complessi detti "sciami", che sembrano composti in parti circa eguali di elettroni negativi e di elettroni positivi.
Gli sciami, per la maggior parte almeno, non sono generati dai corpuscoli cosmici primarî, costituenti il gruppo duro; ma da una radiazione di natura tuttora sconosciuta (forse una radiazione ultragamma), la quale viene assorbita dalla materia assai più rapidamente che la radiazione corpuscolare primaria e inoltre in misura assai diversa secondo il numero atomico dell'assorbente. Quanto all'origine della radiazione che produce gli sciami, vi sono indizî in favore dell'ipotesi che essa sia, almeno in parte, una componente della radiazione cosmica primaria.