RABIRIO (Rabirius)
Fiorì negli ultimi decennî precedenti l'era volgare. Ovidio (Pont., IV, 16, 5) lo dice poeta di grande eloquenza; Velleio Patercolo (II, 36, 3) lo pone accanto a Virgilio; Quintiliano invece (X, I, 90) ritiene che sia da leggere quando s'abbia tempo. Soggetto del poema, che gli diede fama, era la campagna d'Azio e la morte di Cleopatra. Su tali avvenimenti si svolge un frammento anonimo di 67 versi conservato da un papiro d'Ercolano. Che si tratti d'un brano di Rabirio è ipotesi, se non sicurissima, molto probabile. I frammenti con il suo nome sono costituiti da cinque versi ed emistichi tra i quali una sentenza di Antonio sconfitto, citata da Seneca (De benef., VI, 3, 1): Hoc habeo quodcumque dedi, "non ho più che ciò che ho dato".
Edizioni:W. Morel, Fragmenta poetarum latinorum, Lipsia 1927, p. 120. Il frammento del papiro d'Ercolano fu pubblicato la prima volta da N. Ciampitti, Herculanensium volumina quae supersunt, vol. II, p. v11 segg., e da ultimo da G. Ferrara, Poematis latini reliquias ex volumine Herculanensi evulgatas denuo recognovit, nova fragmenta edidit, Pavia 1908.
Bibl.: M. Schanz, Geschichte der römischen Litteratur, II, 4ª edizione, pagine 267 e 268.