QUIRINO (Quirīnus)
Divinità italica di oscura origine, successivamente assimilata dai latini a Romolo (v.) e a Marte (v.). La scoperta di un santuario italico a Ercole Curino presso Sulmona (v.), può sollevare il problema della identità fra Q. e Curino.
Anche il suo nome, di formazione aggettivale, rimane di incerta etimologia, essendo assai dubbie le due ipotesi emesse già dagli autori classici, di una derivazione dalla parola sabina curis = lancia, oppure dalla città pure sabina di Curis. Entrambi questi etimi sabini sono il frutto dell'erudizione varroniana, mentre il carattere sabino attribuito all'antichissimo dio Q. riceve un completamento mitologico nella narrazione di Dionigi di Alicarnasso, che fa fondare la città di Curis da un Fabidio, figlio di Q. congiuntosi con una vergine sabina, ad evidente ricalco dell'unione di Marte e Rhea Silvia (v.) e delle origini di Roma.
Probabilmente Q. era la divinità locale della tribù stanziata sul colle che dal dio prese appunto il nome di Quirinalis, e dal cui sinecismo con gli abitatori del Palatino sorse la città di Roma. Già gli autori romani hanno perduto il ricordo delle più antiche caratteristiche del dio, che alla fine della Repubblica è identificato con Romolo, mentre la sua paredra Hora viene fusa con Ersilia, la moglie di quello nella versione enniana. Un passo di Servio (ad Aen., i, 292): Mars enim cum saevit Gradivus dicitur, cum tranquillus est Quirinus, unito alla notizia che il flamen Quirinalis prendeva parte a due feste di carattere agricolo, le Consualia e le Robigalia, inclina a far ritenere che Q. fosse in origine un dio della fertilità della terra e acquistasse caratteristiche guerriere solo dopo la sua identificazione con Romolo e quindi con Marte.
Dell'antichissima localizzazione del culto di Q. sul Quirinale, rimane la testimonianza in un sacello, trasformato in tempio nel 293 a. C. su lascito del console L. Papirio Cursore; distrutto da un incendio, il tempio fu riedificato da Augusto nel 16 a. C., come informa il Monumentum Ancyranum; questa più recente costruzione, di ordine dorico, diptera, con Otto colonne sulla fronte, appare in un frammento di bassorilievo dell'età di Caracalla, ora al Museo Nazionale Romano: sul frontone è la leggenda di Romolo e Remo, rappresentati come divinità locali, con accanto rispettivamente Giove (?) e la Vittoria, Mercurio e Silvano; le figure semicancellate sullo sfondo, fra gli dèi in piedi, sono reputate essere quella di Marte (dalla parte di Romolo) e di Faustolo (dalla parte di Remo).
L'immagine di Q. non è affatto frequente nelle monete di età repubblicana, almeno per quanto ci si aspetterebbe dopo la sua identificazione con due delle figure divine più venerate dai Romani; in una moneta del 110 a. C. è rappresentato un personaggio in veste di flamine del dio; ma la testa di Q. compare solo su una moneta di G. Memmio (verso il 60 a. C.) e in altri pochissimi esemplari: il dio ha aspetto sereno e solenne, un'ampia barba fluente a riccioli e la corona di alloro le cui tenie ricadono sulla nuca.
Bibl.: G. Wissowa, in Roscher, IV, 1909-15, c. 10-18, s. v.; N. Turchi, in Enc. Ital., XXVIII, 1935, p. 645, s. v.; G. Dumezil, Jupiter, Mars, Quirinus, Parigi 1942, p. 74 ss. Sul tempio di Q.: Ch. Hülsen, Zur Topographie des Quirinals, in Rheinisches Museum für Philologie, XLIX, 1894, pp. 405-07; P. Hartwig, Ein Römisches Monument der Kaiserzeit mit einer Darstellung des Tempels des Quirinus, in Röm. Mitt., XIX, 1904, pp. 23-37, tav. IV; E. Strong, Roman Sculpture from Augustus to Constantine, Londra-New York 1907, p. 301 ss., tav. XCIII. Sulle monete: E. Babelon, Monnaies consulaires, I, Parigi-Londra 1885, p. 484, fig. 11; II, 1886, p. 218, fig. 9; G. G. Belloni, Le monete romane dell'età repubblicana, Milano 1960, p. 206, n. 1851, tav. XLIX.