Viviani, Quirico
Letterato (Farra di Soligo, Treviso, 1784 - Padova 1835). Nella storia delle edizioni dantesche un posto famigerato più che famoso occupa La D.C. giusta la lezione del codice Bartoliniano (Udine 1823-28), alla quale non mancarono consensi e successo (fu ristampata nel 1853 a Lipsia), ma in maggior numero critiche molto severe, e non certo infondate, a partire da quelle ben note che si leggono nel Discorso sul testo del poema di Dante di Ugo Foscolo. Autore di questa edizione l'abate Domenico V. (per vezzo letterario aveva mutato in Quirico il nome di battesimo), allievo del Cesarotti e fino al 1821 professore di letteratura e storia nel liceo di Udine, poeta, romanziere, traduttore dalle lingue classiche e moderne, infine filologo dantesco discutibile e discusso.
I primi due volumi dell'opera, apparsi nel 1823, contengono le tre cantiche, precedute da una Lettera introduttiva al marchese G. G. Trivulzio, da una Tavola de' testi a penna ed a stampa del poema consultati per questa edizione (si tratta di 77 numeri), dagli Argomenti dei canti, tratti dal codice Trivulziano; il terzo, diviso in due parti e pubblicato nel 1828, contiene una prefazione, in cui sono discusse alcune accuse mosse ai primi due volumi; il Ragionamento sopra D. di Francesco Torti, tratto dal Prospetto del Parnaso italiano, e il Comento storico di Ferdinando Arrivabene; il Dizionario etimologico compilato dal V. ove le parole del poema sono accompagnate dalle corrispondenti nei vari dialetti specie settentrionali; gli Indici del Comento storico dell'Arrivabene; un Supplimento alla Tavola de' testi a penna ed a stampa della Divina Commedia.
La prima forzatura del V. fu di ritenere più antico e più autorevole di quel che fosse in realtà il codice Bartoliniano (così detto da Giov. Antonio Bartolini, che lo aveva acquistato nel 1817; ora è il cod. 50 della biblioteca Arcivescovile e Bartoliniana di Udine). Questa sua convinzione sostenne, senza addurre prove convincenti, affermando nella lettera-prefazione al Trivulzio di essere stato spinto a occuparsi del codice da varie circostanze: " il sapere questo stato tesoro del celebre monsignor del Torre, vescovo d'Adria; l'averlo egli rinvenuto in Cividale sua Patria; l'essere ivi stato un Palazzo dei Patriarchi d'Aquileia, l'uno dei quali fu protettore di Dante; il libro serbar fama di antica patriarca) pertinenza ". Sulla base di alcune storie e cronache friulane (i Commentari Aquileiesi di Giovanni Candido, editi a Venezia nel 1521, ma composti nel sec. XV; una Cronica di Monticoli, rinvenuta manoscritta nella raccolta del Bartolini; una storia, manoscritta anch'essa, della casa Torriani di Giacomo Valvasone di Maniaco) riteneva che D. avesse soggiornato presso il patriarca Pagano Torriani e fosse stato a Tolmino, " dove più volte da Udine si portava per istarsene meditando e scrivendo fra quelle Alpi romite ". Di qui - ma già il Foscolo metteva in dubbio l'autorevolezza delle fonti storiche di tali notizie - era tratta la conclusione che i codici friulani fossero senza dubbio più antichi e autorevoli di quelli di altre regioni, particolarmente dei toscani. Il codice poi che aveva per le mani appariva al V. pregevolissimo per antichità e fedeltà di lezione: solo perché era impossibile riconoscere i caratteri di D. non si poteva parlare di autografo e solo per scrupolo critico non concludere " che un codice scritto in Friuli al tempo di Dante, ed uscito fuor d'un palazzo de' Patriarchi, dovesse essere o scrittura o dettatura dello stesso autore ". In verità gli anelli della trasmissione del Bartoliniano non risalivano che fino al Settecento, quando capitò nelle mani del dotto vescovo d'Adria: il V., collegando questo momento con i tempi del patriarca Torregiani, copriva con un'illazione gratuita il vuoto di diversi secoli nella storia del codice. Circa poi le evidenti correzioni del testo, che il V. ritenne segno del lavorìo di lima del poeta, va ricordato che a successivi esami apparvero attestare il passaggio del codice per più mani e apparvero distinguibili in antiche e recenti, queste ultime una maldestra contraffazione, che per primo dal poeta Besenghi degli Ughi poi da altri dantisti, con più ampie e convincenti prove dal Fiammazzo, fu attribuita al poco scrupoloso editore, che avrebbe cercato di onestare così certe sue arbitrarie lezioni. Del resto il Monti, che pure gli era amico, disapprovava senza mezzi termini il modo di procedere del V. nella scelta delle varianti. Eppure erano stati da lui dichiarati criteri editoriali rigidi, in armonia con la proclamata autorevolezza del codice. La collazione del testo del Bartoliniano con ben altri 65 manoscritti - fra cui in primo luogo i friulani: il Fontaniniano, il Florio, il Torriano, il Claricini - avrebbe dovuto servire solo a mostrare la superiorità di questo testimone, non a contaminarne la lezione. Il testo risultò in realtà a tratti contaminato o contraffatto. Così la giustificazione delle singole scelte spesso non è affidata a ragioni paleografiche o filologiche, ma a motivi di ordine psicologico ed estetico o a pura sottigliezza speciosa. Naturalmente la bizzarria del V. non era certo mancante d'ingegno: si possono spigolare fra le chiose considerazioni persuasive e felici, come, ad esempio, quella che accompagna la lezione marturi preferita a maturi (If XIV 48), e ripristinata ora dall'edizione Petrocchi. Del resto proprio in questi singoli particolari va cercato il valore ancora positivo di un'edizione che, salutata entusiasticamente al suo apparire da alcuni (Acerbi, Lampredi, ecc.), fu ben presto tacciata d'insicurezza e di falso, e di cui diffidò anche chi, come il Witte, l'esaminò al di là di ogni spirito polemico.
Bibl. - U. Foscolo, Discorso sul testo del poema di D., Londra 1825 (sezioni XI-XIV, e LXIX); V. Monti, Epistolario, V, Firenze 1930, 515; C. Witte, La D.C. ricorretta sopra quattro dei più autorevoli testi a penna, Berlino 1862, XXXVII; D. De Hassek, Besenghi degli Ughi, Poesie e Prose, Trieste 1884; G. Bianchi, Del preteso soggiorno di D. in Udine o in Tolmino, Udine 1884; A. Fiammazzo, I codici friulani della D.C., Cividale 1887 (Il codice Bartoliniano, pp. XIII-XLII; V. e Foscolo, pp. LXXIX-LXXXI; V. e Ditte, pp. LXXXI-LXXXIII); ID., Raccolta di lettere inedite, Udine 1891, 43 ss.; Mambelli, Annali 87-88; A. Vallone, La critica dantesca nell'Ottocento, Firenze 1958, 61 e 133.