SCEVOLA, Quinto Mucio (Q. Mucius P. f. Scaevola)
Nacque verso il 140 a. C.; dal 115 fu pontefice; nel 110 questore; nel 106 tribuno; da edile più tardi diede splendidi giuochi. Dopo la pretura (nel 98 al più tardi), fu console nel 95. Con L. Licino Crasso promulgò nel 95 la legge Licinia Mucia: questa poneva rigidi limiti all'acquisto della cittadinanza da parte dei Latini: e ciò contribuì a preparare la guerra sociale. Proconsole nel 94 in Asia, la sua integrità divenne proverbiale, ma attirò su lui e sui suoi collaboratori le ire dei pubblicani. Nell'89 divenne pontefice massimo; dall'87, tra i giovani che lo frequentavano, fu anche Cicerone. Durante le guerre di Mario e Silla non lasciò Roma, benché minacciato: nell'86 fu ferito da sicarî di C. Mario; nell'82 cadde vittima di Mario figlio.
Come giurista fu non soltanto il maggiore della sua casata, ma anche la prima grande figura di studioso: facendo due secoli dopo la storia della giurisprudenza, Pomponio dice che Quinto ius civile primus constituit, nel senso che per primo ne disegnò il sistema. In particolare, mentre i predecessori - P. Mucio Scevola, (v.), e contemporanei - si erano sostanzialmente limitati a presentare e commentare i negozî giuridici solenni nei varî atteggiamenti che subivano per adattarsi ai fini voluti dalle parti, Q. Mucio si sforzò di definire e classificare i diversi negozî e i rapporti giuridici che ne derivavano, e di ordinare la conoscenza giuridica secondo un piano informato alla sua larga cultura filosofica e filologica. Il suo trattato iuris civilis, in 18 libri, era preso ancora nel secondo secolo d. C. (da Lelio Felice, Gaio, Pomponio) come testo da commentare e mettere al corrente. È invece oggidì controverso se gli appartenga quel Liber singularis ὅρων o delle definizioni, di cui qualche brano è stato accolto nel Digesto giustinianeo.
Risalgono all'attività pratica di S. istituti giuridici notevoli, quali la cautio Muciana, destinata a rendere possibile l'esazione dei legati sottoposti a condizione potestativa negativa, e la cosiddetta praesumptio Muciana, per cui tutto ciò che si trova in possesso della moglie è considerato nel dubbio come appartenente al marito, e perciò soggetto al procedimento esecutivo intentato dai creditori di lui.
Bibl.. F. D. Sanio, Zur Geschichte der römischen Rechtswissenschaft, Lipsia 1853, p. 41 seg.; O. Lenel, palingenesia iuris civilis, I, Lipsia 1889, c. 757 segg.; id., Das Sabinussystem, Strasburgo 1892, p. 11 segg.; C. Arnò, Scuola Muciana e Scuola Serviana, in Archivio giuridico, LXXXVII (1922), p. 34 segg.; P. Bonfante, Storia del diritto romano, 3ª ed., I, Torino 1923, p. 372; G. Lepointe, Q. M. Scaevola, Parigi 1926; P. De Francisci, Storia del dir rom., II, 1, Roma 1929, p. 195 segg.; H. Krüger, Römische Juristen und ihre Werke, in Studi in onore di P. Bonfante, II, Milano 1930; p. 337.