SIMMACO, Quinto Aurelio Memmio
– Nato attorno alla metà del V secolo, apparteneva a una delle più illustri e facoltose famiglie senatorie romane, che aveva annoverato, tra gli altri, il celebre oratore e scrittore Quinto Aurelio Simmaco (340-420), probabilmente suo bisnonno. Suo padre, pure di nome Quinto Aurelio Simmaco, era stato console nel 446.
Ebbe fama tra i suoi contemporanei di uomo di vasta e profonda cultura, capace, con altri intellettuali come Boezio, Cassiodoro, Ennodio, Cetego, Probino, di perpetuare la tradizione classica e i valori della civilitas romana nel regno dei Goti. Fu autore di una Historia romana in sette volumi, oggi perduta, tra le fonti dei Getica di Iordanes, che ne cita un lungo passo.
Accanto all’ossequio per l’eredità culturale e civile di Roma, che era ancora patrimonio vivo dell’aristocrazia senatoria nel V-VI secolo, Simmaco fu noto anche per la sua fede cattolica: Cassiodoro, nel riferire che egli era ben conosciuto anche a Costantinopoli, lo descrisse come «filosofo» e «degno emulo di Catone», in grado però di superare il modello antico per le virtù cristiane.
Due delle sue tre figlie, Galla e Proba, si ritirarono a vita monastica. La terza, Rusticiana, andò in moglie a Boezio, il filosofo che, rimasto orfano, era stato allevato proprio nella casa di Simmaco.
Già praefectus urbi nel 476 (e poi di nuovo nel 491) e console nel 485, sotto Odoacre, Simmaco ebbe un ruolo di primo piano nel successivo regno dei Goti, instaurato in Italia da Teoderico l’Amalo nel 493, fino ad ascendere al rango di caput Senatus e a svolgere importanti funzioni pubbliche, compresa una legazione a Costantinopoli. La sua presenza è testimoniata anche in occasione di un processo contro alcuni senatori accusati di pratiche magiche e in un caso di parricidio; figura pure come tutore di alcuni giovani aristocratici a lui affidati.
Nei primi anni del dominio teodericiano, contraddistinti da una sostanziale collaborazione nel nuovo ordine istituzionale tra l’aristocrazia gota e quella romana e da rapporti pacifici del regno con l’Impero d’Oriente, Simmaco sembra aver mantenuto sempre una posizione di equilibrio nelle vicende più controverse, rimanendo leale verso l’autorità regia e non lasciandosi coinvolgere nelle lotte intestine delle famiglie senatorie romane, che controllavano anche la carica papale, tanto da acquisire una riconosciuta autorevolezza. In occasione del contrasto, sin dal 498, fra i due pretendenti al titolo pontificio Simmaco e Lorenzo, sostenuti da fazioni senatorie rivali e carico di implicazioni politiche generali, Simmaco si adoperò affinché le tensioni non generassero atteggiamenti di ostilità verso Teoderico, fino a propendere per il candidato papa suo omonimo, che infine prevalse, ritenuto in maggior sintonia rispetto a Lorenzo con il potere goto. E quando nel 509 scoppiarono a Roma disordini tra le fazioni del circo, alimentati dai fratelli Teodoro e Importuno, della potente famiglia dei Deci, egli si mantenne estraneo al conflitto, guadagnandosi per questo le lodi di Ennodio. Per tutto ciò, durante la delicata trattativa avviatasi fra Teoderico e l’Impero, anche per il tramite del nuovo papa Ormisda (in carica dal 514), mirata a ripristinare un’intesa in grado di preservare la sopravvivenza politica del regno goto e le sue relazioni con Costantinopoli e a garantire la pace religiosa tra cattolici e ariani nell’Impero e in Italia, Simmaco fu elevato al rango di caput Senatus al posto di Festo, perché quest’ultimo era ritenuto troppo vicino alle posizioni imperiali.
Il favore di Teoderico per Simmaco trova riscontro in diversi atti di cui è conservata memoria nelle fonti. Nel 522 il re conferì il doppio consolato ai due figli di Rusticiana e Boezio, Flavio Simmaco e Flavio Boezio, quale gesto eccezionale di onore rivolto al loro nonno e all’intero Senato. A Simmaco il monarca goto affidò anche l’incarico di sovrintendere ai lavori di restauro (finanziati dalla cassa privata del monarca) del teatro di Pompeo, uno dei più celebri monumenti di Roma, che versava allora in uno stato di grave degrado.
L’intervento rientrava nel quadro della politica di evergetismo pubblico condotta a emulazione degli imperatori romani dall’Amalo, il quale nella circostanza si lamentò con Simmaco del fatto che gli spettacoli di pantomimi che si svolgevano nel teatro avessero troppo spesso contenuti lascivi e inopportuni.
Un diverso caso di iniziativa di Simmaco, in campo edilizio, lascia intuire anche l’entità del suo patrimonio. Si tratta delle case da lui fatte costruire nel suburbio di Roma e che erano celebri per la loro bellezza.
Con il progressivo deteriorarsi dei rapporti fra Teoderico e Costantinopoli, soprattutto dopo l’avvento dell’imperatore Giustino nel 518 e l’avvio da parte sua di persecuzioni contro gli ariani in Oriente, e con il conseguente inasprirsi anche delle relazioni tra il monarca goto (che diede il via per ritorsione a persecuzioni anticattoliche) e il Senato romano, Simmaco ostentò il proprio riserbo e la propria prudenza, rifiutando ulteriori cariche e rimanendo appartato dalla vita pubblica, per dedicarsi agli studi. Ciò nonostante, egli rimase travolto dal precipitare degli eventi, che produsse la definitiva drammatica frattura tra il potere goto e i romani del regno e costituì la premessa dell’imminente conflitto, infine dichiarato nel 535 dal successore di Giustino, Giustiniano, fino alla disfatta dei Goti. Nell’autunno del 523 Boezio, il genero di Simmaco, venne incarcerato dopo aver preso le difese di fronte al consistorium, la corte suprema competente sugli affari dei romani, di Albino, che era stato accusato di tradimento da Cipriano (capo, con il fratello Opilione, di una fazione di corte avversa a ogni accordo con l’Impero) per aver trasmesso a Costantinopoli lettere critiche dell’operato di Teoderico. Nell’estate seguente Boezio fu giustiziato in carcere, così come Albino, mentre anche il prefetto di Roma Eusebio veniva convocato con l’inganno a corte e qui arrestato, torturato e ucciso; l’intento del re goto era quello di stroncare ogni opposizione e colpire tutti gli elementi dell’aristocrazia senatoria romana da lui ritenuti ormai schierati con Costantinopoli. Forse nel corso del 525, o al più tardi l’anno seguente, la medesima sorte occorse a Simmaco, che fu assassinato secondo l’Anonimo Valesiano per il timore nutrito da Teoderico che egli intendesse vendicare il genero.
Solo dopo la morte di Teoderico, avvenuta nel 526, la figlia Amalasunta, reggente per il figlioletto Atalarico, tentò un riavvicinamento al Senato e a Costantinopoli, alla lunga infruttuoso, che comportò anche la restituzione agli eredi di Simmaco e di Boezio dei beni di famiglia confiscati al momento della condanna dei loro padri. Un’estrema notizia riferibile alla discendenza di Simmaco si può rintracciare nell’anno 547, quando la figlia Rusticiana, la vedova di Boezio, è raffigurata da Procopio di Cesarea come mendica a Roma, in seguito al sacco della città compiuto dal re goto Totila.
A breve distanza di tempo dal momento della sua morte, la figura di Simmaco venne recuperata in due elaborazioni letterarie destinate a una vasta e duratura fortuna, tese entrambe a condannare Teoderico per la persecuzione dei romani e dei cattolici da lui compiuta. La prima di queste si trova nei Dialogi di papa Gregorio Magno, in cui si narra del sogno prodigioso di un santo eremita dell’isola di Lipari, il quale, proprio nel momento in cui Teoderico moriva, ebbe la visione del re goto, scalzo, vestito di stracci e con le mani legate, che veniva trascinato da Simmaco e dal papa Giovanni I fino al bordo del cratere di un vulcano, simbolo della porta dell’inferno, per esservi gettato dentro dalle sue vittime e consegnato così al fuoco eterno. L’altro racconto è contenuto invece nel Bellum Gothicum di Procopio di Cesarea, in cui si riferisce come, subito dopo l’assassinio di Boezio e di Simmaco, Teoderico si fosse fatto servire a cena un grosso pesce nella cui testa egli scorse le fattezze del volto di Simmaco, con i denti conficcati nel labbro inferiore e gli occhi accesi da uno sguardo di rimprovero e di minaccia. A causa della terribile visione l’Amalo fu colto da brividi che lo costrinsero a rifugiarsi nel letto sotto un mucchio di coperte per vincere il gelo della paura; e quando confidò ciò che aveva visto al medico di corte Elpidio, scoppiò in un pianto di rimorso per la consapevolezza del crimine commesso, prima di morire a sua volta.
Il nome di Simmaco è ricordato anche in un’iscrizione rinvenuta a Roma presso il Colosseo e datata agli anni 476-483 (Corpus inscriptionum latinarum, VI, Inscriptiones urbis Romae latinae, a cura di W. Henzen - G.B. de Rossi - E. Bormann, 1876, n. 32161) e nella sottoscrizione autografa a una copia del Commentario di Macrobio al Somnium Scipionis ciceroniano, in cui egli stesso dichiara di aver emendato il testo (Hedrick, 2000, p. 183).
Fonti e Bibl.: Corpus inscriptionum latinarum, VI, Inscriptiones urbis Romae latinae, a cura di W. Henzen - G.B. de Rossi - E. Bormann, Berolini 1876, n. 32161; Fragmenta historica ab Henrico et Hadriano Valesio primum edita (Anonymus Valesianus), a cura di R. Cessi, in RIS, XXIV, 4, Città di Castello 1912-1913; Procopii Caesariensis De bello Gothico, in Eiusdem Opera omnia, II, De bellis libri V-VIII, a cura di J. Haury, Lipsiae 1963; Magni Aurelii Cassiodori Variarum libri XII, a cura di A.J. Fridh, Turnholti 1973; Gregoire le Grand, Dialogues, a cura di A. de Vogüé, IV, 31, Paris 1978-1980; The prosopography of the later Roman Empire, a cura di J.R. Martindale - J. Morris, II, Cambridge 1980, pp. 1044-1046; Magno Felice Ennodio, Panegirico del clementissimo re Teoderico (opusc. 1), a cura di S. Rota, Roma 2002.
O. Bertolini, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, Bologna 1941; H. Wolfram, Geschichte der Goten, München 1979 (trad. it. Roma 1985);Teoderico il grande e i Goti d’Italia. Atti del XIII Congresso... Milano... 1992, Spoleto 1993; G. Zecchini, Ricerche di storiografia latina tardo antica, Roma 1993; B. Saitta, La «civilitas» di Teoderico. Rigore amministrativo, «tolleranza» religiosa e recupero dell’antico nell’Italia ostrogota, Roma 1994; C.W. Hedrick, History and silence, Austin 2000; P. Mastrandrea, Vita dei principi e Storia Romana tra Simmaco e Giordane, in Il calamo della memoria. Riuso di testi e mestiere letterario nella tarda antichità, a cura di L. Cristante - S. Ravalico, Trieste 2011, pp. 207-245; G. Polara, Memmio Simmaco e il teatro, in Ways of approaching knowledge in late antiquity and the early Middle Ages. School and scholarship, a cura di A.P. Farmhouse - D. Panagua, Nordhausen 2012; C. Azzara, Teoderico, Bologna 2013.