QUILICHINO da Spoleto
QUILICHINO da Spoleto (Vilichinus). – Quasi tutto quello che si sa di questo personaggio, che fu giudice e poeta in latino al tempo di Federico II, si ricava da alcuni versi conclusivi, trasmessi solo da un ramo della tradizione testuale, della sua Alexandreis o Historia Alexandri Magni, scritta in distici elegiaci.
L’opera, adeguando la sua narrazione a una delle tante ramificazioni del romanzo dello Pseudo-Callistene (cioè la redazione I 3 della cosiddetta Historia de proeliis), tratta delle leggendarie gesta di Alessandro Magno. Essa ebbe una certa diffusione manoscritta (ne sono sopravvissuti una ventina) e, nel XIV secolo, fu usata come base di volgarizzamenti in tedesco e in italiano da Domenico Scolari.
Dopo un proemio in cui l’autore spiega che la sua opera vuole integrare il libro dei Maccabei, la materia è, secondo l’edizione critica, divisa in 4 libri, dalla lunghezza assai diseguale. Successivamente vi è aggiunto un dialogo teologico-morale tra Dio e il poeta, il quale chiede al Creatore di tutte le cose perché, pur essendo costante e immutabile, le abbia generate incostanti e mutevoli, adducendo l’esempio di Alessandro, che, pur essendo potentissimo, non riuscì a proteggersi da una piccola goccia di veleno. Infine, ci sono alcuni versi conclusivi che costituiscono quasi un paragrafo a parte, recando anche il titolo «de dictatore huius historie» («lo scrittore di questa storia»).
È da essi (vv. 3899-3914) che ricaviamo la maggior parte delle notizie sul personaggio. L’autore si presenta, oltre che con il nome (nella forma Vilichinus), anche con il titolo professionale di giudice e con la provenienza geografica: «iudex officio, genitus de gente Spoleti» (v. 3901); in alcuni manoscritti, l’indicazione è accompagnata dalla glossa non pienamente perspicua «apud Recanatum». Afferma, poi, che scrisse la sua opera nel 1236, e che la corresse l’anno successivo. Immediatamente dopo questa indicazione, ricorda che all’epoca «sceptra tenebat» (v. 3907) Federico II di Svevia, del quale sono ricordati il titolo imperiale e quelli regi di Sicilia e Gerusalemme. Questo è l’unico punto dell’opera in cui, sebbene superficialmente, viene compiuta un’associazione tra Alessandro Magno e Federico II, tematica che pure, in qualche caso, trovò un certo sviluppo – certamente non enorme – nella pubblicistica di natura politica ed encomiastica. La connessione, dunque, risulta ‘posticcia’ e sembra spingere a ritenere che l’intento encomiastico non era prioritario per l’autore. Il riferimento a Federico è specificamente collocato cronologicamente a «quando devicit reprobos stravitque rebelles» (v. 3909: «quando sconfisse i malvagi e abbatté i ribelli»). È fuori dubbio che qui si faccia riferimento alla vittoria di Cortenuova, che Federico II riportò trionfalmente contro i Comuni dell’Italia settentrionale il 27-28 novembre 1237: al di là della data indicata esplicitamente dall’autore, tale considerazione, dunque, offre un terminus post quem piuttosto preciso per la composizione definitiva dell’opera, o almeno della parte «de dictatore huius historie», che, avendo anche tradizione specifica, potrebbe essere stata aggiunta in un secondo momento. In effetti, i versi seguenti (v. 3911: «non omnes caruere fide...») appaiono quasi come la preoccupata dichiarazione di sottomissione di chi teme punizioni per atti di infedeltà. D’altra parte, un’attestazione di fedeltà appare anche il distico finale in cui si dice che «sunt alibi scripta preconia principis huius, / Que Vilichinus edidit ipse metris» (vv. 3913 s.); ovvero che è contenuto in altra opera l’elogio di Federico II, che Quilichino pure scrisse in versi.
Un lungo dibattito si è acceso, nel corso del Novecento, sull’identificazione di questi Preconia principis in onore di Federico II, che erroneamente si è voluto spesso, anche in tempi molto recenti, riconoscere nel rhythmus il cui incipit è «Cesar, Auguste, multum mirabilis». È inutile qui tornare sulla questione, che ormai si può dire risolta, in maniera definitiva, in favore di Terrisio di Atina, un importante dictator della corte federiciana. Basti dire che l’attribuzione a Quilichino si basa sul dato che in uno dei due codici che lo tramanda (Napoli, Biblioteca nazionale, V B 37) il rhythmus segue l’Alexandreis. Tuttavia, come si è detto, la redazione dell’Alexandreis dovrebbe essere stata completata al massimo entro il 1237 e il rhythmus dovrebbe essere stato, conseguentemente, composto prima di quella data: una serie di riferimenti interni, però, fa pensare che esso risalga al 1241 circa. D’altra parte, nell’altro codice (Palermo, Biblioteca della Società siciliana per la storia patria, I B 25, noto anche come codice Fitalia), che immediatamente prima del rhythmus riporta altre lettere di Terrisio, si legge la rubrica esplicita, che non dà adito a dubbi: «Hos quidem versiculos fecit idem magister Terrisius et misit eos domino imperatori contra eius officiales».
A Quilichino, in passato, è stato attribuito in maniera parimenti erronea anche un De providentia divina, il cui incipit «O Deus, alme pater, audet cui dicere nullus», però, corrisponde al v. 3825 dell’Alexandreis. Attribuibile, invece, con certezza a Quichilino (o Bichilino) da Spello il trattato di ars dictaminis intitolato Pomerium rethorice.
Non è possibile trovare alcun altro riferimento documentario a lui riferibile. Assolutamente da escludere è ogni tipo di rapporto che colleghi il nostro Quilichino con il Guilichinus, cursor del vescovo Pagano di Volterra, menzionato in un documento datato a Vechenna (presso Castelnuovo Val di Cecina) il 15 febbraio 1234.
Fonti e Bibl.: Quilichinus de Spoleto, Historia Alexandri Magni. Nebst dem Text der Zwickauer Handschrift der Historia de Preliis Alexandri Magni – Rezension I 3, a cura di W. Kirsch, Skopje 1971, edizione critica completa dell’unica opera che risulta essere pervenuta; in precedenza, alcuni frammenti erano stati pubblicati in P. Pfister, Die Historia de preliis und das Alexanderepos des Quilichinius, in Münchener Museum für Philologie des Mittelalters und der Renaissance, I (1911-1912), pp. 249-301.
S. Endlicher, Die “Alexandreis” des Qualichino von Arezzo, in Jahrbücher der Literatur, LVII (1832), pp. 13-18; E. Neuling, Die deutsche Bearbeitung der lateinischen Alexandreis des Quilichinus de Spoleto, Halle 1884; Id., Die deutsche Bearbeitung der lateinischen “Alexandreis” des Quilichinus de Spoleto, in Beiträge zur Geschichte der deutschen Sprache und Literatur, X (1885), pp. 315-383; S. Ferri, Per l’edizione dell’Alessandreide di Wilichino da Spoleto, in Bollettino della R. Deputazione di storia patria per l’Umbria, XXI (1915), pp. 211-219; P. Lehmann, Quilichinus von Spoleto, in Berliner philologische Wochenschrift, XXXVIII (1918), coll. 812-815; S.H. Thomson, The “Preconia Frederici II” of Quilichinus of Spoleto, in Speculum, X (1935), pp. 391-393; T. Ferri, Appunti su Q. e le sue opere, in Studi Medievali, n.s., XV (1936), pp. 239-250; W. Kirsch, Quilichinus oder Terrisius? Zur Autorschaft des Rhythmus ‘Cesar Auguste multum mirabilis’, in Philologus, CXVII (1973), pp. 250-263; H.M. Schaller, Zum ‘Preisgedicht’ des Terrisisus von Atina auf Kaiser Friedrich II., in Geschichtsschreibung und geistiges Leben im Mittelalter, a cura di K. Hauck - H. Mordek, Köln-Wien 1978, pp. 511-514 (ristampato in Id., Stauferzeit, Hannover 1993, pp. 85-101); V. Licitra, Introduzione a Il “Pomerium rethorice” di Bichilino da Spello, a cura di V. Licitra, Firenze 1979, pp. X-XIV; F. Rädle, Literarische Selbstkonstituierung oder Kulturautomatik: Das Alexanderepos des Quilichinus von Spoleto, in Alexanderdichtungen im Mittelalter, a cura di J. Cölln - S. Friede - H. Wulfram, Göttingen 2000, pp. 332-353; T. Gärtner, Quellenkritische und Überlieferungsgeschichtliche Bemerkungen zu Quilichinus de Spoleto “Historia Alexandri Magni”, in Revue d’histoire des textes, XXX (2000), pp. 263-276; F. Delle Donne, Il potere e la sua legittimazione: letteratura encomiastica in onore di Federico II di Svevia, Arce 2005, pp. 131 s.