QUESTORE (quaestor)
Nome di una magistratura romana, e precisamente - a quanto pare - della più antica fra le magistrature minori. Mentre infatti non ha nessun valore qualche tardivo accenno all'esistenza di questori in epoca regia, Cicerone (De rep., 2, 35, 60) li menziona a proposito del processo che si sarebbe svolto a carico di Spurio Cassio nel 485 a. C. La notizia potrebbe anche essere inesatta, come tutto ciò che si riporta ai primi sessant'anni della magistratura consolare (510-452 a. C.; v. Pretore): in particolare, chi pensa che il consolato sia stato storicamente preceduto dalla dittatura può vedere nel fatto che nessun questore è assegnato ai dittatori dell'epoca storica la prova di un'origine meno antica della magistratura della quale parliamo. Comunque, da quando vi furono due consoli, ciascuno ebbe come ausiliare un questore, che in origine, secondo una tradizione accolta da Tacito (Ann., XI, 22), si sarebbe scelto egli stesso. Fino dal 424 a. C. il numero totale sarebbe stato portato a quattro, secondo il criterio che ogni console ne avesse due a sua disposizione, l'uno nell'esercizio del governo in città (imperium domi) e l'altro nel comando dell'esercito (imperium militiae): poco dopo, a partire dal 409, si sarebbero ammessi a questa magistratura i plebei, il che verrebbe a coincidere, forse, col nuovo principio dell'elezione nell'assemblea popolare. Nel 267, estendendosi il territorio romano nella penisola, furono aggiunti altri quattro questori. L'aumento progressivo delle provincie, con la conseguente necessità di assegnare un aiutante a ciascun governatore (proconsole, pretore e propretore), fece aumentare ancora a più riprese il numero dei posti. La legge Cornelia di L. Silla, che fissò il numero totale a venti e che è parzialmente conservata in un'iscrizione custodita nel Museo Nazionale di Napoli, ebbe anche lo scopo di facilitare il normale incremento del senato (nel quale si entrava appunto all'uscita dalla carica di questore), nonché di lasciare una certa libertà di scelta quando, dopo l'intervallo prescritto dal cursus honorum, si dovessero riempire i quattordici posti del grado superiore (quattro edili e dieci tribuni della plebe); il numero fu raddoppiato da Cesare (45 a. C.), ma Augusto ritornò alla misura sillana.
Almeno nell'epoca repubblicana avanzata, le elezioni dei questori si fanno nei comizî tributi e in estate: gli aspiranti debbono dimostrare di avere servito dieci anni nelle legioni, e sembra che la legge Villia annalis del 180 a. C. fissasse l'età minima ai 25 anni; la legge di Silla portò quest'ultimo limite più innanzi, al trentesimo o trentunesimo anno. In deroga al principio della coincidenza fra l'anno magistratuale e l'anno solare, quelli fra i nuovi eletti che sono destinati a prestare servizio in città entrano in funzione il 5 dicembre, forse perché si mettano al corrente della pubblica finanza prima di trovarsi di fronte alle richieste dei nuovi consoli.
Magistrati minori, i questori non hanno la sella curulis ma una semplice sedia senza spalliera (sella), più volte rappresentata nelle monete; e non hanno littori ma viatores disarmati, oltre a numerosi scribae e apparitores: ai ruoli e ai modi di scelta di questo personale dipendente si riferiscono i citati resti epigrafici della lex Cornelia de XX quaestoribus.
Le provinciae quaestoriae, cioè i varî impieghi da assegnarsi annualmente ai singoli questori, sono numerosi, ma non pare che, almeno a partire dalla legge di Silla, siano mai state in numero superiore a quello dei questori eletti; perciò la proroga è in questa magistratura molto rara, e i pochi proquestori di cui le fonti fanno menzione rispondono ad altre e improvvise necessità. La ripartizione degl'impieghi è fatta in senato nell'autunno.
Le funzioni più importanti sono quelle dei due quaestores urbani, destinati a rimanere tutto l'anno in città. Dall'aiuto che fin dall'origine essi hanno prestato ai consoli, forse attraverso la delegazione permanente, certe attribuzioni si sono determinate come loro proprie, limitando l'indifferenziata competenza consolare. La più delicata di tali attribuzioni, quella che probabilmente dà nome alla carica (quaesitor da quaero "inquisire"), è la giurisdizione in materia penale: vero è che si discute se i quaestores parricidii, originariamente giudici e poi accusatori per i crimini contro la persona (v. parricidio), siano stati in origine magistrati speciali, distinti dai questori che normalmente seguivano i consoli sulle varie fronti di guerra; ma per l'età storica essi s'identificano coi quaestores urbani di cui parliamo. La ragione per cui la delicata attribuzione, certamente connessa in origine con la magistratura suprema, divenne propria dei questori, va ricercata nell'istituto dell'appello al popolo, per cui la giurisdizione dei magistrati si trasformò in facoltà di portare l'accusa davanti al comizio, onde si sarebbe potuto vedere nell'assoluzione pronunciata da questo una diminuzione del prestigio dei consoli.
I questori urbani hanno inoltre la gestione del pubblico tesoro, aerarium populi Romani, sotto il controllo ma eventualmente anche in contraddittorio dei consoli. Con tale gestione è connessa la custodia del tempio di Saturno, dove le chiavi dell'erario erano depositate, e di tutto ciò che, appunto per metterlo sotto la salvaguardia dei questori, vi si trovava chiuso; così le insegne militari, i conî delle monete, le leggi e proposte di leggi, i senatoconsulti, le liste dei magistrati e senatori, ecc. La riscossione delle entrate comprende il controllo dei conti dei pubblicani, l'esazione delle ammende giudiziarie e delle indennità di guerra, i procedimenti contro i debitori dello stato nelle forme della sectio bonorum; ma appartiene anche ai questori la vendita dei beni dello stato e la concessione di terre a privati. Quanto alle spese, i questori non provvedono di loro arbitrio che a quelle di ordinaria amministrazione; ogni erogazione importante, p. es. le spese di guerra o i donativi ai veterani, dev'essere ordinata dai consoli, e dal sec. III in poi anche questi non agiscono che in conformità dell'indirizzo dato dal senato. Soltanto nell'età del principato l'amministrazione finanziaria passa in altre mani: dapprima i pretori, poi (dopo un breve intervallo nel quale Claudio ritornò almeno formalmente all'antico sistema con i quaestores aerarii Saturni) i praefecti aerarii Saturni, funzionarî di nomina imperiale.
I due questori che seguono i consoli al comando in guerra hanno nell'esercito la posizione più importante dopo quella dei generali; e ne assumono anche le funzioni in caso di morte o d'impedimento. Ma in massima anche qui le attribuzioni dei questori sono finanziarie e amministrative: ricevere le somme inviate dai loro colleghi urbani, pagare il soldo, provvedere alle spese di guerra, dirigere i varî magazzini; un'attività che si accentra nella loro tenda (quaestorium), situata in una posizione eminente dell'accampamento.
Come il governo delle provincie è tutto un'esplicazione del comando in guerra, così i questori si ritrovano, con le loro solite funzioni, uno per ogni provincia; soltanto la Sicilia, divisa nei due distretti orientale e occidentale, ne ha due. Qui alle funzioni finanziarie, che importano anche la riscossione diretta delle imposte non appaltate a pubblicani, si unisce quella della sovrintendenza sui mercati, che a Roma è propria degli edili; quindi anche l'esercizio di uno ius edicendi, che a Roma i questori non hanno e che in provincia si riduce a ripubblicare invariato l'editto edilizio. Dalla reciproca fiducia che deve esistere fra il governatore e il questore derivava la conseguenza che ciascuno fosse coinvolto nelle responsabilità attribuite all'altro, specie in tema di concussione; per ovviare a quest'ultima, una legge Giulia del 59 a. C. ordinò che prima della partenza di ogni governatore un rendiconto finanziario fosse preparato dal questore e depositato nelle due principali città della provincia.
Più particolare è la funzione dei quattro questori italici, o classici, istituiti, come si è detto, nel 267. Il loro nome allude alla funzione di riunire i contingenti dovuti dagli alleati per la preparazione della flotta, e di sorvegliarne l'allestimento; ma naturalmente rientra nella loro competenza la polizia delle coste, il comando delle operazioni militari che possano derivarne e, specie in certe sedi e in certi periodi, la vigilanza sul commercio annonario. Il primo fra i questori classici risiedeva ad Ostia, il secondo a Cales in Campania, il terzo sulla costa Adriatica, a Ravenna o a Rimini, il quarto in località incerta, secondo il Mommsen a Lilibeo in Sicilia.
Cicerone parla pure di una provincia aquarum d'incerta interpretazione: si tratterebbe secondo alcuni di vigilanza sugli acquedotti, mentre altri considerano l'espressione dell'oratore come relativa all'una o all'altra delle questure classiche.
A partire dalla fondazione del principato, due dei questori furono normalmente assegnati al servizio dell'imperatore (evidentemente in forma del suo imperium proconsulare): usando della sua facoltà di raccomandare al senato, ormai solo competente a eleggere i magistrati superstiti della costituzione repubblicana, un certo numero di nomi, il principe designava appunto annualmente i due questori che voleva per sé, e questi portavano anche dopo l'elezione il nome di quaestores candidati principis. Come tali essi godevano del privilegio di poter saltare nel cursus honorum il grado intermedio di tribuno o edile, per porre direttamente la cadidatura ai posti di pretore. La funzione principale è di tenere i rapporti tra principe e senato, comunicando a quest'ultimo i suggerimenti e le proposte del capo dello stato.
A parte questa innovazione, le attribuzioni dei questori, come di tutti i magistrati repubblicani, perdono sotto il principato la loro importanza. La giurisdizione criminale, già notevolmente ridotta nell'ultimo secolo della repubblica in seguito alla sempre maggiore diffusione delle quaestiones perpetuae, è ora battuta in breccia dalla concorrente giurisdizione del principe e dei funzionarî suoi delegati, come il praefectus urbi e il praefectus praetorio; l'amministrazione finanziaria passa, come si è detto, ai praefecti aerarii Saturni; fra le provincie, le sole lasciate da Augusto a disposizione del senato (pr. senatorie) hanno un questore, rigidamente controllato, come il governatore da cui dipende, dal governo centrale. Ai membri del collegio che rimangono nella capitale si affidano funzioni speciali, come la cura della pavimentazione cittadina e la direzione dei giuochi pubblici.
Nella costituzione municipale, che imita le istituzioni della città sovrana, si trovano anche, all'inizio della carriera politico-amministrativa, i quaestores. Le loro funzioni sono qui esclusivamente finanziarie, e non sempre l'avere rivestito la questura è titolo sufficiente per essere ammessi al senato locale o curia; anzi vi sono perfino municipî dove la questura, invece d'essere una carica elettiva e ambita, è attribuita come un munus o liturgia ad uno o più cittadini abbienti.
Il titolo di quaestor ricompare più volte, ma senza connessione con l'antica magistratura, nella terminologia burocratica del basso impero. In particolare va ricordato qui il quaestor sacri palatii, istituito da Costantino e considerato nella Notitia dignitatum come uno degli altissimi funzionarî a cui spetta il titolo di illustris. È qualche cosa come un ministro guardasigilli, che riferisce su tutte le istanze rivolte direttamente all'imperatore, controfirma i rescritti, redige le costituzioni. È noto che appunto in questa qualità Triboniano presiedette le commissioni legislative a cui dobbiamo la grande compilazione giustinianea.
Bibl.: Wagner, De quaestoribus populi Romani, Marburgo 1848; Mantey, De statu et gradu quaestorum in municipiis coloniisque, Halle 1882; Th. Mommsen, Römisches Staatsrecht, II, i, 3ª ed., Berlino 1887, p. 511 segg.; id., Juristische Schriften, III, ivi 1907, pp. 454, 475; I. N. Madvig, Verfassung und Verwaltung des römischen Staats, I, Lipsia 1881, p. 438 segg.; O. Karlowa, Römische Rechtsgeschichte, I, ivi 1885, p. 255 segg.; C. Rotondi, Leges publicae populi Romani, Milano 1912, p. 354 segg.; Ch. Lécrivain, in Daremberg e Saglio, Dict. des antiquités gr. et rom., IV, i, p. 798 segg.; P. Fraccaro, I decem stipendia e le leges annales repubblicane, in Per il XIV centenario della codificazione giustiniana, Pavia 1935, p. 473 segg.
Per il questore moderno, funzionario di polizia, v. polizia: Ordinamento della pubblica sicurezza in Italia.