QUEBRAQHO
. Nome collettivo per indicare una serie di piante dei generi Aspidosperma, Acacia, Schinopsis, Quebrachia; sotto questo nome vanno anche una Santalacea e una Lauracea. Però in medicina è importante solo il Quebracho blanco, e nell'industria il Quebracho colorado.
Il Quebracho blanco (Aspidosperma quebracho blanco Schlecht) è pianta della famiglia Apocinacee: è un grande albero dal bel portamento alto fin oltre 30 m. col tronco dritto e slanciato, del diametro anche di 1 m., a legno duro e compatto, donde il nome di quiebra-hacha (da cui quebracho), che significa "che spezza la scure". I rami sono penduli come quelli del salice piangente; le foglie opposte lanceolate acute sono coriacee e simili a quelle dell'oleandro. I fiori monoclini, riuniti in cime terminali, sono pentameri con lobi corollini acuti. Il pistillo consta di due ovarî distinti, sormontati da uno stilo filiforme terminante con uno stimma clavato. Il frutto è formato da due follicoli obovati compressi, polispermi con pericarpo legnoso: i semi suborbicolari sono peltati compressi e muniti di un'ala membranacea striata. Questa pianta vive nel Brasile meridionale e abbonda in Argentina.
L'uso medico della sua corteccia fu introdotto nel 1879 ed essa è officinale in Svizzera, in Austria, in Grecia, in Serbia, in Spagna; in commercio si trovano i pezzi di corteccia dei tronchi più vecchi; essa raggiunge lo spessore anche di 3 cm., molto screpolata all'esterno, di colore grigio giallastro o grigio rossastro.
Il Quebracho colorado è fornito da due piante della famiglia Anacardiacee: Schinopsis Lorentzii Engl. (Quebrachia Lorentzii Gris.) e S. Balansae Engl. (Q. Balansae Gris.) che vivono nel Chile, in Argentina e nel Paraguay: grandi boschi di queste piante si trovano specialmente nel Paraguay e nell'Argentina settentrionale (territorio del Chaco, provincie di Santiago del Estero, di Santa Fé e di Corrientes). Il legno di queste piante è di colore rosso carne e all'aria acquista una intensa colorazione rosso sangue donde il nome di colorado dato a questo quebracho. Contiene 18-20% di tannino che è, come avviene anche nell'Acacia catechu, una produzione del durame.
Col nome di quebracho flojo va il legno e la corteccia della Jodina rhomboidalis Hook et Arn., Santalacea del Brasile meridionale, che si spinge fino all'Argentina e all'Uruguay.
Estratto di quebracho. - Si prepara dal legno del Quebracho colorado (v. sopra), previamente sminuzzato a macchina, per estrazione con acqua bollente e poi per evaporazione in apparecchi di concentrazione nel vuoto (v. concia: Estratti concianti). Si mette in commercio liquido o secco, secondo il grado di concentrazione subito. Allo stato liquido contiene il 35-38% di tannini; allo stato secco, come generalmente viene preparato per l'esportazione nelle fabbriche dell'Argentina e del Paraguay, dove ha dato luogo a una fiorentissima industria, contiene il 60-75% di tannini e viene foggiato in pani di 50 kg. Quest'ultimo tipo viene sciolto, per l'uso, in acqua calda (estratti di quebracho solubili a caldo): in tal modo, però, precipitano alcune sostanze che restano, così, inutilizzate. Per ovviare a tale inconveniente si preparano, ora, estratti di quebracho solubili a freddo, preparati con solfiti e bisolfiti, i quali solubilizzano tutte le sostanze contenute nell'estratto secco. Gli estratti di quebracho sono specialmente usati per la concia delle pelli e si adoperano in generale misti con altri estratti (castagno, quercia, ecc.); si usano anche in tintoria.
Farmacologia. - La droga farmaceutica costituita dalla corteccia del Quebracho blanco contiene varî principî alcaloidici, tra i quali, per importanza farmacoterapeutica, primeggiano l'aspidospermina e la quebrachina. Il medicamento, soprattutto in forma di estratto, ha goduto fama in particolare contro l'asma nervoso essenziale o secondario ad affezioni dell'apparato circolatorio e respiratorio. Senza entrare in particolari sulla discussa virtù terapeutica della droga, si può considerare come rimedio sintomatico, che, al pregio di una discreta efficacia, unisce quello di essere meno pericoloso di altri farmachi suggeriti, anche sotto forma di specialità commerciali, nelle medesime contingenze morbose. Dal punto di vista farmacologico sperimentale l'argomento fu in Italia studiato da G. Coronedi: i principî attivi della corteccia rappresentano, a dosi terapeutiche, farmachi vasodilatatori e quindi possono facilitare la circolazione sanguigna principalmente nel letto vasale polmonare, senza deprimere, anzi piuttosto stimolando l'azione del cuore. Dosi più forti possono provocare nausee, vomiti, vertigini, convulsioni e aritmia. Il preparato più in uso è la tintura, che si suole somministrare da sola o associata ad altre sostanze medicamentose.