QUARTETTO
. Questo termine designa, a datare dalla metà del sec. XVIII, una composizione strumentale per due violini, viola e violoncello, costruita nella forma della Sonata. Nella presente trattazione non si illustrerà che questo tipo, alle cui leggi obbediscono, d'altra parte, le composizioni da camera per 4 strumenti (archi, fiati, misti, con o senza pianoforte, ecc.), e quasi sempre anche quelle a meno o a più strumenti. Questo tipico genere d'arte raggiunse la sua perfezione attraverso una lenta trasformazione operatasi, dalla fine del Seicento in poi, nella musica da camera e che si manifestò con il graduale liberarsi dalla servitù del basso continuo affidato al cembalo e con l'evolversi della forma della Suite. Il basso continuo, dapprima sostegno immancabile e necessario dell'edifizio armonico delle composizioni musicali, sul quale venivano realizzati gli accordi destinati ad accompagnare il canto degli strumenti ad arco (di solito due violini o due violini e un violoncello), perdette sempre di più la sua importanza a mano a mano che gli archi si coordinarono in un complesso autonomo, omogeneo per timbro e, nello stesso tempo, proporzionatamente vario per tessitura dei singoli strumenti. Molte composizioni di questo periodo di transizione indicano già come facoltativa l'esecuzione sul cembalo dal basso continuo, il quale interveniva soltanto nei passaggi di forza o quando non si voleva utilizzare il basso di viola o il violoncello. In altri casi si permetteva di eseguire il basso continuo (senza realizzare gli accordi indicati dai numeri) sullo strumento ad arco più profondo di tessitura, lasciando da parte il cembalo. Si giunse infine ad escludere il continuo dal complesso degli strumenti ad arco. Contemporaneamente a questa trasformazione di mezzi strumentali veniva a modificarsi anche la forma delle composizioni musicali. La Suite, la più diffusa forma strumentale di quest'epoca, consistente in una successione di varî pezzi di danza (Allemanda, Corrente, Sarabanda, Minuetto, Gavotta, Rigaudon, Giga, ecc.), tutti impiantati nella stessa tonalità, basati, ciascuno di essi, su un solo tema (forma monotematica) e costituiti generalmente di due parti separate da un ritornello e svolte in senso opposto per ciò che riguarda la modulazione (forma bipartita), subì a poco a poco sensibili varianti e precisamente le seguenti: limitazione a tre o quattro pezzi soltanto; abbandono dei caratteri originarî di danza e sostituzione con altri ritmicamente più espressivi (Allegro, Adagio, Vivace, Presto, ecc.); diversità di impianto tonale dei pezzi (il primo e l'ultimo nella stessa tonalità, quelli intermedî in tonalità vicine); ampliamento, infine, dell'architettura dei pezzi (tempi) e specialmente di quella del primo con cui s'iniziava il ciclo, il quale venne ad assumere attraverso progressive modificazioni, la struttura bitematica e tripartita, la forma cioè tipica del "primo tempo di Sonata". Le composizioni per quartetto di quest'epoca presentano generalmente la fisionomia classica seguente: I Tempo: scritto ordinariamente in un movimento moderato (Allegro, Mosso, ecc.), presenta un primo tema disegnato, nella maggior parte dei casi, con contorni decisi, spesso vigorosi, quando non siano invece di una gaiezza ingenua e spensierata, il quale si allaccia a mezzo di un brano episodico modulante ad un secondo tema, di natura contrastante al primo, di solito largamente cantabile. A questo primo periodo di presentazione dei temi principali (che spesso viene integralmente ripetuto a mezzo di un ritornello) segue un periodo di elaborazione, nel quale i due temi vengono in vario modo svolti, contrapposti ed anche sovrapposti l'uno sull'altro seguendo un piano tonale in continuo movimento di modulazioni, sinché un terzo periodo di ripetizione presenta nuovamente i due temi principali nella loro formazione primitiva (salvo una modificazione di tonalità nel secondo tema) e li raccoglie in una perorazione finale che serve di conclusione all'intero tempo. II Tempo: è il movimento lento del quartetto (Adagio, Largo, Andante, ecc.) e ne rappresenta la parte contemplativa e meditativa. La passionalità che spesso anima tumultuosa il primo tempo, qui si placa, si raddolcisce e si eleva, spogliandosi quasi di ogni elemento profano, sino a raggiungere talvolta la luminosità di una visione mistica ed ultraterrena. La forma di questo tempo è quella dell'Aria, spesso a due riprese, talora tracciata liberamente senza ripetizioni. In varî casi si presenta anche nella forma di un tema con variazioni. III Tempo: un minuetto o uno scherzo o un pezzo liberamente concepito in una forma che partecipi del carattere dell'uno o dell'altro. È il tempo più breve dell'intero quartetto, ed anche il più lieve come contenuto: quello che con la sua grazia e vivacità riposa dalla tensione spirituale occorsa prima a seguire il pensiero musicale denso e profondo del secondo tempo, e serve di sicuro contrasto al finale successivo. IV Tempo: movimento rapido di natura impetuosa oppure leggiera e vivacissima, ma in ogni caso sempre di carattere conclusivo dell'intera composizione. La sua forma è spesso quella del Rondò, talvolta quella del primo tempo di Sonata (ma di movimento più rapido), o, più raramente, quella di un tema con variazioni.
Ulteriori modificazioni nella forma della composizione quartettistica si hanno in epoca posteriore (dalla seconda metà del sec. XIX in poi) sia con l'adottare una maggiore libertà d'impianti e di sviluppi tematici, sia con l'accogliere il procedimento del richiamo dei temi principali nell'elaborazione dei varî tempi, sia col dare la massima unità di stile e di concezione con lo svolgere l'intero lavoro su un unico tema generatore. Per quanto riguarda lo stile del quartetto si può affermare che esso sia prevalentemente polifonico e cioè costituito sulla base di quattro individualità concertanti e legate fra loro da una necessaria coesione tematica. Non sarebbe infatti concepibile esteticamente un quartetto interamente scritto alla maniera di un canto accompagnato: si verrebbe in questo modo a stabilire ininterrottamente una supremazia di questa o quella parte cantante sulle altre, le quali sarebbero limitate ad un subordinato ufficio di semplice sostegno armonico. Vero è che vi sono passi così concepiti in ogni quartetto di ogni epoca, ed alcuni fra essi belli e pieni di suggestiva liricità, ma non rappresentano che la parte minore rispetto all'intero lavoro, ed acquistano tanto risalto in quanto sono in contrasto con altri passi trattati in stile polifonico. Si può osservare che la natura stessa della composizione è quella che determina questo o quel modo di trattare la disposizione e l'andamento delle parti. Ad esempio, il periodo di presentazione dei temi del I Tempo di quartetto, l'esposizione del tema del Largo (II Tempo) sono di preferenza passi costruiti armonicamente (canto accompagnato), mentre i periodi di elaborazione tematica di ogni tempo sono prevalentemente polifonici. A completare questa disamina dello stile quartettistico bisogna aggiungere che una composizione per quattro solisti ha un carattere ben diverso da quella destinata a un'esecuzione orchestrale. Mentre in quest'ultima occorrono le grandi linee e le grandi masse onde costituire una vasta architettura, nella musica di quartetti invece prevale il particolare.
Per ciò che riguarda l'impiego dei quattro strumenti ad arco componenti il quartetto, si può dire che le risorse che questi strumenti offrono sono svariatissime e dipendono dalla diversa tessitura e timbro particolari a ciascuno di essi. Al primo violino compete di solito la preminenza melodica, quando un canto sia impostato nella regione superiore dei suoni, o comunque la priorità dell'esposizione tematica, quando essa sia affidata al violino. Tuttavia esso deve, al momento opportuno, essere trattato come parte di secondo piano, e cioè quando ad altro strumento venga affidato il pensiero melodico principale. In questi casi la graduazione prudente del colorito, la minore importanza del disegno musicale e la scelta della tessitura meno brillante contribuiranno efficacemente a smorzare la vivacità e potenza dello strumento in modo da sottometterlo a quello che detiene l'idea tematica principale. Il secondo violino, pure possedendo identiche qualità di suono e di tessitura, in complesso viene a trovarsi di fronte al primo in una posizione di minore importanza. Ad eccezione di quando gli viene affidato un passo che debba in qualche modo predominare (ciò che avviene spesso nei passi polifonici), di solito esso ha l'incombenza di coadiuvare il primo violino o d'associarsi nella figura di accompagnamento agli strumenti di tessitura più grave. La viola, strumento intermedio tra il violino e il violoncello, ha la doppia possibilità di servire come collegamento armonico tra le note supe riori ed inferiori dell'armonia e quello di emergere, quando è il caso come parte cantante, riuscendo in ciò molto più efficacemente del secondo violino in identiche condizioni di tessitura (a parità di tessitura la viola è molto più intensa di suono, senza tenere conto della sua voce di carattere velato e malinconico). Infine il violoncello, l'elemento forse più prezioso del quartetto, dopo il primo violino, rappresenta per la massima parte della composizione il fondamento armonico dell'edifizio strumentale, ciò che non toglie ad esso la possibilità di emergere come voce cantante, vibrante e appassionata con tale intensità da soverchiare, nella sua tessitura acuta, tutti gli altri strumenti a corda.
Compositori di quartetto degni di essere ricordati:
Fra i precursori: G. Tartini (1692-1770), G. Latilla (1713-1789 circa), G. Stamitz (1714-1761), F. Giardini (1716-1796), G. B. Sammartini (1730-1770 circa), T. Giordani (1740 circa, 1806), L. Boccherini (1743-1805), G. G. Cambini (1746-1825), A. B. Bruni (1759-1823).
Fra quelli che hanno consolidato la forma tipica del quartetto: F. G. Haydn (1732-1809) autore di 76 quartetti, nei quali la ricchezza dei caratteri del suo stile e l'espressione serena della sua creazione musicale vengono raggiunte con i mezzi più sempliei e la forma più concisa. Il primo quartetto da lui scritto risale al 1755, ma soltanto con l'opera 33 (1781) egli incominciò a dare una più elaborata e contrappuntistica forma a questo genere strumentale. W. A. Mozart (1756-1791) con 23 quartetti di forma perfetta. I primi derivano direttamente da quelli di Haydn, mentre i successivi si differenziano per alcuni evidenti caratteri drammatici che tradiscono l'autore di opere destinate al teatro. L. Beethoven (1770-1827) con 18 quartetti. I primi sei (op. 18) pure allacciandosi allo stile di Haydn e di Mozart, lasciano già intravvedere quella intensità di pensiero e quel senso tragico della vita che pervaderanno interamente i lavori posteriori. La forma degli ultimi quartetti (op. 127, 130, 131, 132, 135) si allontana sensibilmente dallo schema originario della Sonata per acquistare una libertà di concezione e una varietà di linguaggio dominate soltanto dalla inesauribile fantasia dell'autore. Le possibilità tecniche degli strumenti ad arco, portate quasi fino all'estremo limite, la polifonicità sempre più serrata e l'individualità delle singole parti sempre più indipendenti da rapporti timbrici, unitamente all'espressione della più profonda meditazione lirica, sono le caratteristiche di questi ultimi lavori. Dal 1781 (secondo aspetto dello stile quartettistico di Haydn) al 1826 (Quartetto in do ♯ minore di Beethoven) la forma del quartetto ha completato il suo prodigioso sviluppo e raggiunto il suo splendore.
Fra i compositori dell'epoca post-beethoveniana: F. Schubert (1797-1828), F. Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847), R. Schumann (1810-1856), notevoli per la peculiare individualità del loro stile romantico più che per innovazioni di forme. J. Brahms (1833-1897), che raggiunse nei suoi tre quartetti per archi una felice fusione dello stile classico con quello romantico unitamente a una perfezione formale e a un sentimento intimamente profondo. C.A. Franck (1822-1890) uno dei primi sperimentatori della forma ciclica, nella quale i varî tempi sono collegati intimamente dalla presenza di un'idea tematica fondamentale. Il suo quartetto in re minore è interessante inoltre per la vastità della costruzione e per taluni effetti strumentali che ricordano l'orchestra. A. Borodin (1834-87) autore di tre quartetti ricchi di melodiosa ispirazione, di cui il secondo è il più noto, specialmente per il delizioso notturno. A. Dvořák (1841-1904) autore di otto quartetti di forma classica, di facile melodiosità e con richiami di melodie popolari nazionali. B. Smetana, C. Saint-Saëns, J. Sibelius, J. Raff, C. Sinding, G. Sgambati, G. Martucci, A. Scontrino, E. Elgar; E. Grieg (1843-1907) con due quartetti, di cui il secondo incompleto; il primo ricco di eccellenti effetti strumentali, se anche non troppo organico di costruzione; è degno di nota per il fatto che tutti i temi derivano da quello d'introduzione, il che riconduce questo quartetto alla forma ciclica.
Fra i compositori moderni: C. Debussy (1862-1918) uno dei più importanti esponenti della musica da camera moderna: autore di un quartetto pieno di delicata poesia e ricco di colori, ottenuti con mezzi raffinati e nello stesso tempo molto semplici. M. Ravel (nato 1875) con un aristocratico quartetto, che rappresenta una riuscita fusione dello stile classico con quello impressionista; armonie ricercate e proporzioni eleganti nella forma. M. Reger (1873-1916), autore di cinque quartetti, interessanti per la ricca e talvolta potente polifonia, ma sovraccarichi di armonie cromatiche e spesso prolissi. A. Schonberg (nato 1874) con tre quartetti, tra cui quello in re minore, di grandi dimensioni, composto di quattro tempi collegati fra loro; individualità delle parti spinta al più alto grado, effetti di colore ottenuti con sistemi quasi orchestrali. E. Bloch (nato 1880) con tre quartetti può figurare fra i maggiori esponenti delle tendenze moderne arginate però da una stretta logica formale. B. Bartok (nato 1881) con due quartetti, che mostrano l'amore dell'autore per i canti popolari del suo paese; armonie audaci e interessanti movenze ritmiche. I. Stravinskij (nato 1882) con due composizioni per quartetto (Tre pezzi e Concertino) caratteristiche per ardimenti ritmici ed armonici di ogni genere; rappresentano ciò che di più rivoluzionario si sia scritto nel genere quartetto. P. Hindemith (nato 1895) con quattro quartetti, di cui due atonali. A. Haba (nato 1893) con tre quartetti, di cui due a intervalli inferiori al semitono.
Fra i compositori italiani moderni ricorderemo: F. Alfano con due quartetti, esuberanti per liricità e dinamica e con effetti di sonorità orchestrale; il secondo è più intimo. I. Pizzetti, con due quartetti, notevoli per l'inflessione vocale delle idee musicali come per la serenità e la liricità meditativa che vi sono diffuse. A. Casella con due lavori per quartetto (Cinque pezzi, Concerto), che sono l'esponente del movimento neoclassico in Italia, caratterizzato dal ritorno al contrappunto lineare. G. F. Malipiero, con quattro lavori per quartetto d'archi, in una forma libera che s'avvicina a quella della Suite, e composta di molti brevi pezzi, indipendenti per l'idea tematica, ma collegati idealmente fra loro. V. Tommasini con due quartetti, O. Respighi con due quartetti, M. Castelnuovo-Tedesco, A. Bustini, A. Lualdi, A. Gasco, V. Rieti, M. Labroca, F. Lattuada e C. Iachino con tre quartetti, dei quali il secondo è costruito interamente su un unico tema e il terzo su un sistema armonico a quarte sovrapposte.
Quintetto. - Questo termine designa una composizione a cinque strumenti (due violini, viola, violoncello e pianoforte, oppure: due violini, viola e due violoncelli, o anche: due violini, due viole e violoncello; qualche quintetto è composto da uno strumento a fiato più il quartetto ad archi, più raramente da tutti strumenti a fiato). La forma della composizione per quintetto è quella stessa del quartetto ad archi. Quasi tutti i compositori di musica da camera hanno lavorato anche a questo genere.
Bibl.: E. Sauzay, Haydn, Mozart, Beethoven: Étude sur le Quatuor, Parigi 1884; A. Bonaventura, Boccherini, Milano-Roma 1931; M. Pincherle, Feuillets d'histoire du Violon, Parigi 1927; P. Bekker, La Musique, ivi 1929; A. Galli, Estetica della musica, Torino 1900.