QUARANTENA
. Periodo di segregazione e di osservazione, al quale vengono sottoposte persone e cose ritenute in grado di portare con sé i germi di malattie infettive esotiche. Si applica alle provenienze per via di mare, ed è il caso più comune (quarantena marittima), ma non il solo; si ha anche una quarantena fluviale o lacuale e una quarantena di terra. Un tempo le provenienze infette o sospette (si trattava di solito della peste, che recava maggiori danni e destava più vivi allarmi) erano d'ordinario respinte senza discriminazione alcuna, con gravi conseguenze per il commercio e spesso con dispregio delle ragioni di umanità. Siffatta condizione durò per quasi tutto il Medioevo come norma e poté verificarsi in seguito, benché sempre più raramente, e, per eccezione, anche in tempi molto vicini. Comunque, è merito incontestabile della Repubblica veneta (alla quale fin dal 1347 si doveva l'elezione di tre "savı" o provveditori di terra, che poi si trasformarono in magistrati di sanità) di avere, nella prima metà del sec. XV, istituito una vera e propria polizia sanitaria marittima, confinando i navigli infetti o sospetti nei canali di Fisolo e Spignon, tra il porto di Malamocco e Poveglia, e le persone nell'isola di Santa Maria di Nazareth, detta Nazarethum. Ivi nel 1422 (secondo la cronaca del Sanudo) si era ridotto a ospedale un convento di eremitani soliti a ricevere i pellegrini infermi, che giungevano di Terrasanta. E già nel 1403 quell'isola era destinata al ricovero e all'osservazione dei malati o sospetti di peste provenienti per via di mare. Luoghi consimili furono poi istituiti a Pisa "fuori porta al parlascio rimpetto alla chiesa di San Lazzaro" nel 1464, a Genova nel 1467 o 1477. Lazzaretti di terra si ebbero poco più tardi a Firenze (1479) e Milano (1489).
Data da quell'epoca una disciplina delle quarantene, così chiamate dall'abituale durata del periodo di segregazione e osservazione, in origine e per lungo tempo fissata in quaranta giorni, forse in omaggio a uguali periodi di purificazione religiosa. Invero, mentre non mancava chi avrebbe voluto protrarre tale durata, altri si chiese ben presto se non fosse possibile ridurne i termini senza danno. Lodovico Settala, il protofisico milanese ricordato dal Manzoni (1552-1633), era già di questo parere; ma si deve soprattutto a Paolo Zacchia, il grande instauratore della medicina pubblica (1584-1659), di avere sostenuto che il periodo di quaranta giorni era affatto arbitrario e che a stabilire rettamente la durata del sequestro era necessario tenere conto di varî elementi, e in particolare di due decisivi. Di questi, l'uno relativo alle persone, corrisponde a quello che oggi chiamiamo periodo d'incubazione dell'infezione, l'altro, relativo soprattutto alle cose, è in rapporto con la persistenza in vita del virus, e, per conseguenza, con le pratiche di disinfezione compiute o no all'inizio della quarantena ("quadragenarius terminus respectu vestium et aliarum rerum de peste suspectarum aut non est sufficiens, aut est nimis excedens"). Con tutto ciò, e benché il magistrato veneto fosse solito variarne la durata a seconda delle circostanze e della "maggiore o minore lontananza dell'infezione", la quarantena continuò a essere imposta senza direttive razionali e sotto l'unico impero della paura. Nessuna meraviglia pertanto che un sistema, il quale rappresentava un progresso indubbio sulla condizione anteriore, venisse con il crescere dei commerci a costituire un gravame intollerabile, mentre, sia per i tentativi di elusione frequenti, nonostante le gravi pene comminate ai trasgressori, sia per l'applicazione non uniforme e incompleta, anche se vessatoria, non riusciva a raggiungere gli scopi che si proponeva.
Le epidemie di colera, che, dall'inizio del sec. XIX, colpirono a tante riprese e per diverse vie l'Europa, portarono al convincimento che occorreva in questa materia collegare gli sforzi e coordinare gli assetti difensivi. Si viene così al periodo delle conferenze internazionali per la profilassi dei morbi esotici, che s'inizia nel 1851, con la prima conferenza di Parigi. Ne derivarono in principio accordi di portata circoscritta, poi grandi convenzioni internazionali, con le quali si cercò di disciplinare sempre meglio la materia, naturalmente soggetta a continue revisioni, da un lato per l'aprirsi di nuove vie al traffico e per i mutati sistemi di navigazione, dall'altro per le grandi acquisizioni scientifiche e le deduzioni profilattiche che a mano a mano ne scaturivano.
Bibl.: P. Zacchia, Quaetiones medico-legales, Roma 1621-1634; H. Gastaldi, Tractatus de avertenda et profliganda peste, Bologna 1684; L. A. Muratori, Del governo della peste, Modena 1714; M. Kirchner, Die deutschen Quarantänanstalten, in Med. Anstalten a. d. Gebiete d. Volks- und Gesundheitspflege in Preussen, Jena 1907; F. Norman White, L'incidence des maladies épidémiques ainsi que l'organisation et le fonctionnement des services sanitaires des ports en extrême Orient (Rapport au Comité d'Hygiène de la Société des Nations), Ginevra 1924.