QUANTITÀ (fr. quantité; sp. cantitad; ted. Quantität; ingl. quantity)
Filosofia. - È, tra le categorie aristoteliche la terza, dopo la sostanza e la qualità: e da Aristotele è definita come natura di "ciò che è divisibile in elementi, ciascuno dei quali costituisca un'unità determinata". A fondamento del concetto di quantità sta, cioè, la misurabilità in funzione di un elemento di paragone: la quantità è quindi sempre, in atto o in potenza, "quantità discreta", cioè numerata o numerabile secondo parti in potenza designabili in atto e in tal caso immediatamente si presenta in atto come "quantità continua". Dal punto di vista della quantità, d'altronde, il reale risulta privo di determinazioni qualitative: o, meglio, da queste determinazioni si prescinde, presupponendo l'assoluta omogeneità del misurabile, che non sarebbe tale se non fosse possibile determinare un'identità delle sue unità di misura. Ciò non toglie che sia impossibile concepire un quantum che non sia nello stesso tempo un quale, mentre si può ben concepire un quale anche senza considerarlo come un quantum: e ciò corrisponde alla relativa astrattezza che, a paragone della concreta esperienza del reale, presenta quella considerazione matematica, che è appunto esclusivamente fondata sul concetto della quantità. Donde il tentativo di risolvere sempre più la qualità in quantità, che contraddistingue tutto lo sviluppo della scienza fisico-matematica della natura. Dopo i saltuarî saggi che ne aveva dati il pensiero antico (pitagorismo, atomismo), questa considerazione quantitativa si afferma nella scienza moderna fin dal Rinascimento, specialmente per opera di Kepler, Galilei e Descartes; e da allora in poi non l'abbandona più, essendo costitutiva di quello stesso matematismo che ne forma il peculiare linguaggio. Alla determinazione dei limiti del concetto di quantità, specialmente rispetto a quello di qualità, lavora invece la filosofia moderna: e singolare tra le altre è a questo proposito la concezione del Kant, che, con procedimento analogo a quello seguito per il concetto di qualità, considera la quantità come una delle quattro categorie principali, subordinando ad essa le tre dell'unità, della molteplicità e della totalità; ed è indotto a ciò dalle distinzioni della logica aristotelico-scolastica, la quale separava i giudizî, dal punto di vista della "quantità", in individuali ("Socrate è ateniese"), particolari ("alcuni uomini sono ateniesi") e universali ("tutti gli uomini sono mortali"). Nell'idealismo dialettico dei postkantiani il problema della quantità diventa quello della sua collocazione in seno al sistema deduttivo delle categorie: così, p. es., lo Schelling la deduce direttamente dalla riflessione dell'intelligenza su sé stessa, mentre il Hegel la definisce come "il puro essere, in cui la determinatezza non è più identica con l'essere, ma è posta come superata o indifferente". Nel pensiero contemporaneo il problema della quantità (sempre in quanto cada nel campo della misurabilità discreta e continua) si è risolto in quello della gnoseologia delle matematiche e delle scienze fisico-matematiche, nel loro carattere essenzialmente quantitativo.