Aria, Qualità Della
Nel dicembre 1952, in poche settimane, morirono prematuramente a Londra migliaia di persone, principalmente tra soggetti anziani con problemi respiratori e cardiovascolari: 4000 secondo le stime dell’epoca, circa 12.000 secondo studi più recenti che includono nel conto un secondo picco registrato prima che il tasso di mortalità tornasse ai livelli medi del periodo (Bell, Davis, Fletcher 2004).
In quei giorni l’emissione di sostanze tossiche, principalmente diossido di zolfo e materiale particolato, prodotte dai riscaldamenti domestici, dalle industrie e dalle centrali elettriche a carbone, coincise con un intervallo prolungato di stabilità atmosferica. La combinazione di questi due fenomeni portò le concentrazioni in aria di SO2 e particolato sospeso a livelli altissimi se paragonati agli standard odierni.
Non era il primo caso in cui l’inquinamento atmosferico causava perdite di vite umane (ricordiamo l’episodio della Valle della Mosa in Belgio, dic. 1930, o di Donora negli Stati Uniti, ott. 1948, dove ci furono decine di morti e centinaia di ricoveri in ospedale) e fu solo il più eclatante di quelli registrati nella stessa Londra dalla seconda metà del 19° sec. agli anni Sessanta del 20° sec., ma da questa tragedia dello sviluppo si può dire che sia nata, in Europa, l’attenzione per la qualità dell’aria.
Con l’espressione qualità dell’aria si intende la valutazione qualitativa e quantitativa degli inquinanti presenti nell’atmosfera, ossia di quelle sostanze, pericolose per la salute degli esseri viventi o dannose per i materiali, emesse direttamente da attività umane e da eventi naturali (inquinanti primari) o prodotte successivamente in seguito a reazioni in atmosfera tra sostanze presenti in essa (inquinanti secondari). Sono considerati inquinanti atmosferici sostanze gassose, come gli ossidi di zolfo o di azoto, o sospensioni colloidali di particelle liquide e solide dette aerosol o materiale particolato.
Per inquadrare correttamente la valutazione della q. dell’a. è bene partire da un concetto non intuitivo: le concentrazioni dei gas che compongono oggi l’atmosfera terrestre sono per oltre il 99% le stesse che avremmo trovato milioni di anni fa. Innumerevoli eventi naturali, anche catastrofici, e l’attività antropica con la comparsa, due secoli fa, dell’industria ne hanno modificato solo in minima parte la composizione.
L’atmosfera terrestre è composta principalmente da azoto (circa il 78% del volume), ossigeno (circa il 21%) e argon (meno dell’1%), oltre al vapore acqueo, la cui concentrazione nella bassa atmosfera è altamente variabile e può arrivare al 3% del volume. L’insieme delle emissioni di sostanze inquinanti va a modificare la composizione dei soli componenti minori dell’atmosfera, che, tuttavia, giocano un ruolo fondamentale nelle sue proprietà chimiche e nel bilancio radiativo terrestre.
Delle conseguenze di queste modificazioni dell’aria che respiriamo si è acquisita generalmente consapevolezza quando si sono consolidate le evidenze scientifiche dei loro effetti nocivi: solo negli anni Cinquanta del 20° sec. è stato chiaro che gli scarichi dei veicoli a motore contribuivano in modo determinante allo smog nelle aree urbane e soltanto negli anni Settanta che le emissioni di clorofluorocarburi dalle cosiddette bombolette spray e dai frigoriferi giocavano un ruolo determinante nella deplezione dello strato di ozono stratosferico.
La complessità di questi fenomeni risiede nel fatto che la presenza e la permanenza in aria delle specie minori sono fortemente intrecciate tra loro a causa delle reazioni chimiche e dei processi fisici che ne influenzano la rimozione e ne cambiano la natura. Malgrado l’apparente immutabilità della sua composizione complessiva l’atmosfera è un sistema dinamico, i cui componenti vengono scambiati continuamente con la vegetazione, gli oceani, le specie animali e l’uomo. Gas e particelle sono prodotti e immessi in atmosfera da reazioni chimiche, attività biologica, emissioni vulcaniche, decadimenti radioattivi e attività umane; sono rimossi da reazioni chimiche, attività biologica, da fenomeni di deposizione sulle superfici e assorbimento negli oceani.
Per valutare l’effetto che le emissioni antropiche possono avere sulla q. dell’a. è essenziale comprendere i cicli atmosferici delle sostanze in traccia, poter distinguere tra fonti naturali e antropiche e descrivere i meccanismi di rimozione dominanti.
Nel trasporto attraverso l’atmosfera, una sostanza non inerte può essere modificata dalla radiazione solare (reazione fotochimica), oppure attraverso reazioni chimiche che producono nuove specie. Questi processi possono trasformare lo stato di aggregazione di una sostanza e la sua forma, modificandone le caratteristiche. Prodotti di trasformazione possono differire dai loro precursori per tossicità e possono essere rimossi dall’atmosfera in modo molto diverso. Per es., quando una sostanza originariamente emessa come gas si trasforma in una particella, la rimozione è solitamente più veloce. Tipicamente in atmosfera le sostanze chimiche tendono a ossidarsi e questa trasformazione è accompagnata da un aumento di polarità (e quindi solubilità in acqua). Un esempio tipico è la trasformazione del SO2 in acido solforico (H2SO4), molto più solubile del precursore.
In atmosfera un numero incalcolabile di specie viene continuamente introdotto e rimosso su una vasta scala spaziale e temporale (fig. 1). Le scale di moto nell’atmosfera variano da piccole perturbazioni di pochi centimetri a enormi movimenti di masse d’aria di dimensioni continentali e il tempo di permanenza in atmosfera può variare da pochi secondi a milioni di anni (Seinfeld, Pandis 20062).
La concentrazione degli inquinanti nell’atmosfera è regolata dalle emissioni e dalle trasformazioni chimico-fisiche cui vengono sottoposti, ma anche dai fenomeni meteorologici che, più dei primi due fattori, permettono di comprendere le dinamiche della q. dell’a. e, il più delle volte, di spiegare gli eventi di picco. Fenomeni meteorologici importanti sono il vento, che causa il trasporto orizzontale, la temperatura, l’intensità della radiazione solare e le inversioni termiche che, nel loro alternarsi, producono il rimescolamento nei bassi strati o l’aumento delle concentrazioni degli inquinanti. La stabilità atmosferica può durare ore o giorni causando quei periodi favorevoli all’accumulo degli inquinanti tali da indurre ai numerosi sforamenti dei limiti di legge che si ripetono, con regolarità, specie nel periodo invernale.
Dal punto di vista della valutazione della q. dell’a. le specie con un tempo di permanenza in atmosfera lungo mostrano una forte uniformità spaziale su larga scala, quindi la loro distribuzione spaziale e gli andamenti temporali possono essere determinati con un numero relativamente basso di siti di campionamento; le specie con un tempo di vita in atmosfera breve hanno invece una notevole variabilità nel tempo e nello spazio, che per essere descritte necessitano di un adeguato numero di punti di misura opportunamente posizionati.
Oggi il monitoraggio della q. dell’a. è realizzato principalmente attraverso stazioni di misura puntuali che costituiscono reti e che idealmente dovrebbero disporre di un numero di rilevatori costante, essere basate su criteri di progetto (distribuzione e numero dei punti di misura) e di classificazione omogenei e fornire una copertura temporale dei dati completa. Nella realtà ciò non sempre accade, causando problemi di rappresentatività e comparabilità dei risultati ottenuti (Spangl, Schneider, Moosmann et al. 2007).
Secondo la normativa europea, adottata da tutti i Paesi membri dell’Unione, la classificazione delle stazioni di una rete per il monitoraggio deve essere basata su due caratteri fondamentali: la zona di collocazione e le emissioni dominanti. Nel primo caso si distinguono zone urbane (edificate in modo continuo), suburbane (aree in cui insediamenti continui di edifici si mescolano ad aree non urbanizzate) e zone rurali (quelle aree che non soddisfano i criteri precedenti). La classificazione basata sulle fonti di emissioni prevede stazioni di traffico (situate in posizione tale che il livello di inquinamento sia influenzato prevalentemente da emissioni provenienti da strade limitrofe), industriali (stazioni situate in posizione tale che il livello di inquinamento sia influenzato prevalentemente da singole industrie o zone industriali) e di fondo (stazioni non influenzate direttamente dal traffico o dalle attività industriali). Si hanno quindi stazioni di traffico urbano, fondo urbano e così via.
Il numero dei siti è fortemente cresciuto negli anni per l’aumentata sensibilità al tema e per l’obbligo di adeguamento alle nuove normative e nel 2012 si contavano in Italia circa 500 stazioni per monitoraggio della qualità, con diverse dotazioni strumentali e variamente distribuite da Nord a Sud.
Dagli anni Novanta del 20° sec. in tema ambientale i Paesi della Comunità europea devono allinearsi alle direttive dell’Unione. Nel 2014, per la q. dell’a. sono in vigore le direttive 2004/107/CE (arsenico, cadmio, mercurio, nichel e idrocarburi policiclici aromatici) e la 2008/50/CE (materiale particolato PM10 e PM2.5, ozono e suoi precursori, NO2, NOX, SO2, CO, benzene e piombo), entrambe attuate in Italia dal d. legisl. 13 ag. 2010 nr. 155 (modificato dal d. legisl. 24 dic. 2012 nr. 250) che stabilisce valori limite da non superare e soglie di valutazione per la caratterizzazione del territorio per SO2, NO2, benzene, piombo, CO, PM10 e PM2,5; livelli critici e soglie di valutazione per piante ed ecosistemi per SO2 ed NOX e valori obiettivo, da conseguire entro una data prestabilita, per ozono, benzo(a)pirene, arsenico, nichel e cadmio, dei quali ultimi tre si riporta anche la categoria di cancerogenicità secondo la classificazione IARC (International Agency for Research on Cancer), agenzia intergoverativa dell’OMS che definisce le linee guida sul rischio relativo ai tumori di agenti chimici e fisici: gruppo 1, cancerogeno accertato per l’uomo; gruppo 2A, probabile cancerogeno per l’uomo; gruppo 2B, sospetto cancerogeno per l’uomo; gruppo 3, non classificato per cancerogenicità sull’uomo; gruppo 4, probabilmente non cancerogeno per l’uomo (v. tabella). I valori fissati sono il frutto di un processo articolato che parte dalle evidenze scientifiche di rischi per la salute e di effetti dannosi per gli ecosistemi, passa per la valutazione delle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (WHO 2006) e dei livelli correnti registrati in aria e riflette la reale disponibilità di tecnologie atte a evitare, o almeno ridurre, le conseguenze dell’inquinamento atmosferico (Brunekreef, Maynard 2008).
La normativa indica anche quali sono i metodi di riferimento per il campionamento e l’analisi degli inquinanti dell’aria e rimanda a norme internazionali di standardizzazione per i criteri che definiscono i metodi equivalenti (ossia in grado di fornire una misura confrontabile con il metodo di riferimento) che possono essere usati in alterativa ai primi.
La misura del diossido di zolfo è basata sul principio della fluorescenza UV, quella degli ossidi di azoto (NO2 e NOX) sulla chemiluminescenza, per il benzene si usa la gascromatografia, per il monossido di carbonio la spettro-fotometria IR e per l’ozono l’assorbimento UV.
Il materiale particolato viene campionato in base al diametro aerodinamico tramite sistemi di selezione delle particelle (teste di prelievo) collegate a campionatori a portata controllata e raccolte su filtri. È così possibile distinguere tra PM10 e PM2,5 (particelle con diametro aerodinamico inferiore, rispettivamente, a 10 μm e 2,5 μm). Sul filtro viene misurata la concentrazione in massa attraverso determinazione gravimetrica (oggi quasi del tutto abbandonata nelle reti di monitoraggio) o con sistemi automatici a raggi beta o a microbilancia oscillante. Sui filtri raccolti possono essere successivamente determinati il piombo, l’arsenico, il cadmio, il nichel e il benzo(a)pirene.
A integrazione delle misure realizzate con le stazioni in siti fissi la normativa prevede che possano essere usate misure indicative e tecniche modellistiche. Le prime possono essere realizzate in modo discontinuo mediante gli stessi analizzatori impiegati nei siti fissi, ma collocati su mezzi mobili, o con campionatori diffusivi (privi di un sistema di prelievo a portata controllata). Le tecniche modellistiche vengono utilizzate per estendere la rappresentatività spaziale delle misure realizzate in siti fissi in aree dove non sono presenti stazioni di monitoraggio, discriminare i contributi delle sorgenti alle concentrazioni degli inquinanti in una determinata area e descrivere i fenomeni transfrontalieri e gli eventi di trasporto a lunga distanza. Misure indicative e modelli pagano i vantaggi in termini di praticità ed economicità con una maggiore incertezza del dato rispetto alle misure in continuo realizzate in siti fissi.
I dati di q. dell’a. più recenti su scala europea sono quelli relativi al 2012. In Europa e in Italia, negli ultimi anni, gli inquinanti che fanno registrare i livelli più alti e più numerosi superamenti dei limiti di legge sono, invariabilmente, il materiale particolato, l’ozono troposferico, il diossido di azoto e il benzo(a)pirene, mentre sono ormai sotto controllo il diossido di zolfo, il monossido di carbonio, il piombo e il benzene.
I cittadini europei residenti nei centri urbani o in prossimità di grandi insediamenti industriali respirano spesso aria che non rispetta gli standard di qualità. Gli andamenti sul medio periodo indicano che tra il 2003 il 2012 le concentrazioni di PM10 e NO2 sono leggermente diminuite, fatto che segue l’andamento delle rispettive emissioni, pur risultando largamente sopra i limiti di legge in vaste zone (fig. 2), mentre il PM2,5 (che si misura con regolarità da meno tempo) ha registrato livelli stabili tra il 2006 e il 2012.
L’esposizione all’ozono è rimasta più o meno costante tra il 2003 e il 2012, con lievi variazioni interannuali, pur essendo scese nello stesso periodo le emissioni dei suoi precursori. L’esposizione a livelli elevati di benzo(a)pirene interessa circa un quarto della popolazione europea e desta preoccupazione l’aumento del 21% delle emissioni per questo inquinante tra il 2003 e il 2012 (con un 24% in più di emissioni dovute alla combustione domestica).
Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente il materiale particolato fine è stato causa, nel solo 2011, di circa 430.000 morti premature nei 28 Stati dell’Unione (64.500 in Italia) e più di 16.000 morti premature (3400 in Italia) sarebbero da attribuire nello stesso anno agli alti livelli di ozono (EEA 2014).
Per migliorare la q. dell’a. possono essere realizzate azioni di risanamento che, quando sono strutturali, hanno un reale effetto sull’inquinamento atmosferico, come dimostrano i cambiamenti nelle caratteristiche dei carburanti (scelta degli additivi e contenuto di zolfo) nei casi di diossido di zolfo, benzene e piombo. Si tratta di interventi spesso non confrontabili con le iniziative descritte nei piani di risanamento della q. dell’a. che, per es. in Italia per il settore trasporti, prevedono misure come la razionalizzazione nella distribuzione delle merci, la promozione dell’uso dei mezzi pubblici e le limitazioni straordinarie alla circolazione delle auto private. Quando non del tutto inefficaci, queste misure hanno effetti limitati che a volte si confondono con le ricadute che i cicli economici hanno sui consumi privati e sulle attività industriali e con le conseguenze di alcune scelte urbanistiche perseguite negli ultimi anni che, trasferendo masse di cittadini di grandi città italiane in nuovi insediamenti periferici non dotati di adeguate reti di trasporto pubblico, promuovono il pendolarismo portando a un aumento del traffico privato e delle relative emissioni.
J.H. Seinfeld, S.N. Pandis, Atmospheric chemistry and physics. From air pollution to climate change, New York 1998, Hoboken (N.J.) 20062; M.L. Bell, D.L. Davis, T. Fletcher, A retrospective assessment of mortality from the London smogepisode of 1952. The role of influenza and pollution, «Environmental health perspectives», 2004, 112, 1, pp. 6-8; W. Spangl, J. Schneider, L. Moosmann et al., Representativeness andclassification of air quality monitoring stations. Final report, Wien 2007; B. Brunekreef, R.L. Maynard, A note on the 2008 EU standards for particulate matter, «Atmospheric environment»,2008, 42, 26, pp. 6425-30.
WHO (World Health Organization), Air quality guidelines. Global update 2005, Copenaghen 2006 (http://www.who. int/phe/health_topics/outdoorair/outdoorair_aqg/en/, 28 genn. 2015); EEA (European Environment Agency), Air quality in Europe 2014 report, Copenaghen 2014 (http://www.eea.europa.eu/publications/air-quality-in-europe-2014, 28 genn. 2015).