QUADRI (Trebula)
Centro in provincia di Chieti, situato a 690 m s.l.m. sulla sinistra del fiume Sangro; a 3 km circa dall'abitato sono ubicati i resti della chiesa medievale della Madonna dello Spineto che, costruita sul podio di un tempio sannitico, dà il nome alla località. Qui sono state rinvenute nel secolo scorso due epigrafi che attestano l'esistenza nella zona sia di un vicus, denominato Trebula, non documentato altrimenti, sia di una necropoli risalente al I sec. a.C.
La prima epigrafe (CIL, IX, 2923), oggi dispersa, contiene la dedica dei conscripti Trebulani all'imperatore Adriano, indicato con l'epiteto di Giove Trebulano (Mommsen). Di recente altri autori (Coarelli, Letta) hanno individuato in Giove Trebulano la divinità cui era consacrato il tempio. La seconda (CIL, IX, 2824) è leggibile sulla stele funeraria di Ofinia Arista, del tipo a pseudo-edicola con ritratto, datata agli ultimi decenni del I sec. a.C. e collocata all'ingresso del Museo Archeologico Nazionale dell'Abruzzo a Chieti.
Studiosi locali (Cremonese e Verlengia), tra la prima metà del secolo scorso e i primi decenni dell'attuale, hanno riferito sull'esistenza della chiesa medievale in rovina, costruita sul podio di un tempio, e sulla presenza di resti antichi, tra cui i gradini di un teatro simile a quello di Iuvanum. Recentemente si è sostenuto (La Regina, 1989) che Trebula sia, insieme a Cluviae e Iuvanum, il terzo municipio fondato dopo la guerra sociale, pertinente ai Samnites Carricini ascritti alla tribù Arnensis, e che i Trebulani si identifichino con i Caretini Supernati del passo pliniano (Nat. hist., III, 106).
Nel 1990 e nel 1991 la Soprintendenza Archeologica dell'Abruzzo ha condotto due campagne di scavo, che hanno interessato l'area sacra e una limitata zona adiacente. L'indagine fin qui condotta ha in parte confermato quanto già noto e ha permesso di acquisire dati completamente nuovi e interessanti.
Del santuario sannitico è stato individuato in alcuni tratti il recinto in opera poligonale, che presenta un simbolo fallico a rilievo nell'angolo NE e delimita un'area di m 52,25 X 43,17, pari a 190 X 157 piedi sannitici. Nella zona antistante il tempio, l'area sacra, che si apre a terrazza con vista verso il Sangro,, è pavimentata con basoli poligonali, alcuni dei quali nella riquadratura leggermente rilevata e in linea con l'ingresso al tempio mostrano i segni della lavorazione per la posa in opera del basamento dell'altare. Del tempio, con orientamento N-S, si conservano in situ il podio, e della cella (m 14,10 X 9,20) alcune lastre di pavimentazione in corrispondenza della fondazione della parete anteriore e due blocchi per parte delle pareti laterali.
Tipologicamente il tempio s'inquadra tra i templi sannitici, in cui si riconoscono caratteristiche di derivazione ellenistica, mediate dall'ambiente campano. Il podio (approssimativamente alto m 2,21, largo m 14,50, lungo m 19,70, pari a piedi 71 X 52 X 8), in cattivo stato di conservazione, presenta modanature fortemente aggettanti ed è composto in successione da plinto, cornice di base a gola diritta, parete e cornice superiore a gola rovescia.
Sono stati contrassegnati per l'assemblaggio con lettere osche blocchi della cornice inferiore, strutturalmente fondamentali; sono incise una V nel blocco dell'angolo SO e una ⊟ nel blocco a sinistra della scalinata, sovrapposto a quello del plinto in cui si apprezzano le tracce dei gradini che vi si addossavano. II calcare impiegato per la costruzione del santuario proviene da una cava poco distante a O, individuata grazie ai piani di distacco e ai fori di preparazione visibili in massi affioranti dal terreno. Allo stato delle ricerche, soltanto il confronto stilistico con il tempio maggiore di Schiavi d'Abruzzo (v.) permette di datare il santuario tra la fine del III e gli inizî del II sec. a.C.
La sistemazione urbana del sito, nel periodo romano, è confermata dal rinvenimento, nel terrazzo sottostante a O del recinto sacro, di un anfiteatro di modeste dimensioni (assi dell'arena: m 33,80 x 30,60) con l'asse maggiore orientato N-S, le cui murature presentano il paramento in quasi reticolato.
Dell'anfiteatro sono stati riportati alla luce parte dell'arena scavata nel terreno, l'ingresso principale a S, nel lato minore, e un ingresso secondario a O. Dei setti radiali, relativi alla gradinata occidentale della cavea, restano alcuni allineamenti di pietre a secco.
L'impianto di questo monumento ha comportato la riqualificazione dell'area, precedentemente occupata da un edificio raso al suolo, di cui si sono rinvenuti sotto lo strato di arena i primi filari di posa, pertinenti a tratti di fondazioni. Allo stato attuale delle ricerche, non potendo affidarsi alla stratigrafia, per l'epoca di costruzione dell'anfiteatro si può proporre, sulla base della tecnica edilizia e della diffusione del tipo monumentale nel mondo romano, un arco di tempo compreso tra l'età augustea e il primo periodo imperiale.
Il fatto che l'anfiteatro sia posto a confine col santuario, di cui assume l'orientamento, probabilmente perché condizionato dalla viabilità esistente, suggerisce l'ipotesi che in qualche modo lo leghi al santuario la sua funzione di edificio per spettacoli e che quindi sia stato utilizzato anche per sacre rappresentazioni.
Il complesso medievale, la cui fase più antica si può far risalire al IX sec., ha occupato completamente l'area sacra del santuario, sconvolgendone la sequenza stratigrafica relativa.
Bibl.: Th. Mommsen, Da lettera del sig. Cremonese di Agnone (provincia di Molise) al dottor Mommsen, in Bulllnst, II, 1847, pp. 151-154; F. Verlengia, I resti dell'antica Trebula e la Badia di S. Maria dello Spineto presso Quadri, in Rivista Abruzzese, XI, 1958, 3, pp. 93-98; L. Gasperini, Sedi umane e strade d'Abruzzo in via di sviluppo, Pisa 1970, in part. pp. 113-124; A. La Regina, Note sulla formazione dei centri urbani in area sabellica, in Studi sulla città antica. Atti del Convegno di Studî sulla città etrusca e italica preromana, Bologna 1966, Bologna 1970, pp. 191-207; F. Rebecchi, Considerazioni sulla stele di tipo corniciato, in AttiMemModena, s. X, VIII, 1972, pp. 191-192; A. La Regina, Cluvienses Carricini, in ArchCl, XXV-XXVI, 1973-1974 (1975), pp. 331- 340; id., Il Sannio, in P. Zanker (ed.), Hellenismus in Mittelitalien. Kolloquium Göttingen 1974, Gottinga 1976, pp. 219-254; V. Pierantonio, Il monachesimo benedettino nell'Abruzzo e nel Molise, Chieti 1976, p. 263 s.; V. Cianfarani, L. Franchi Dell'Orto, A. La Regina, Culture adriatiche antiche di Abruzzo e di Molise, Roma 1978, p. 499, tav. CCCXXV; A. Maranca, Una stele funeraria con ritratto da Quadri (CH), in QuadChieti, II, 1981, pp. 65-75; M. J. Strazzulla, Le terrecotte architettoniche. La produzione dal IV al I a.C., in Società romana e produzione schiavistica, II. Merci, mercati e scambi nel Mediterraneo, Bari 1981, p. 206, n. 71; F. Coarelli, A. La Regina, Abruzzo, Molise (Guide Archeologiche Laterza, 9), Roma-Bari 1984, p. 316 s.; E. T. Salmon, Il Sannio e i Sanniti, Torino 1985, passim; A. La Regina, I Sanniti in Italia, Milano 1989, p. 362 s.; C. Letta, I santuarî rurali nell'Italia centro-appenninica: valori religiosi e funzione aggregativa, in MEFRA, CIV, 1992, pp. 115, 117, nota 45, 123; C. Piraino, Un esempio di sovrapposizione cultuale in Abruzzo: il monastero di S. Maria dello Spineto presso il santuario italico-romano di Quadri (CH), in AMediev, XIX, 1992, pp. 523-547; S. Lapenna, Quadri. Scavi e scoperte Abruzzo, in StEtr, LVIII, 1993, p. 644 s.