QÏZÏLBĀSH (in alfabeto turco-latino Kïzïlbaş)
In turco "testa rossa"; soprannome che dall'inizio del sec. XVI appare applicato ai Turcomanni dell'Anatolia orientale e dell'Āzerbāigiān persiano, seguaci degli scià ṣafawidi di Persia. Questo nome, che sembra. derivato da un copricapo o berrettone rosso usato dai Turcomanni e servì dapprima a designare i membri di un'organizzazione politico-militare, è rimasto fino ad oggi a indicare gli aderenti di una setta musulmana sciita, ancora diffusa fra i Turchi e i Curdi dell'Anatolia orientale; ciò si spiega considerando che già i Qïzïlbāsh seguaci degli scià ṣafawidi erano imbevuti di dottrine della setta sciita, estremamente eterodossa, degli Ahl-i Ḥaqq (v. II, p. 18). Essi designano sé stessi con il nome di ‛Alawī (v.), ossia seguaci di ‛Alī, al quale attribuiscono natura divina e pare lo identifichino con Cristo; hanno pure grande venerazione per Ḥusain figlio di ‛Alī e per i dodici imām; hanno una gerarchia di uomini di religione (dede, sayyid e murshid); considerano come libri sacri il Corano, il Vecchio e il Nuovo Testamento, e sembra che posseggano anche loro libri sacri speciali; conservano pratiche naturistiche, come la preghiera verso il sole al mattino e la venerazione di piante.
All'inizio di questo secolo studiosi e viaggiatori europei calcolavano che fossero circa un milione. Mancano statistiche ufficiali per il tempo presente. Sui Qïzïlbāsh del vilâyet di Erzingiān fornisce alcune notizie ‛Alī Kemālī nel volume Erzincan, in turco, (Costantinopoli 1932, pp. 181-183). Le informazioni dei viaggiatori europei fino all'inizio del sec. XX sono riassunte da F. W. Hasluck, (Christianity and Islām under the Sultans, Oxford 1929, I, pp. 139-158). I Qïzïlbāsh dell'Afghānistān sono immigrati turcomanni e appartengono alla borghesia. Cfr. anche F. Grenard, in Journal Asiatique, ser. 10ª, III, 1904, pp. 511-522.