Vedi PYRGI dell'anno: 1965 - 1996
PYRGI (Πύργοι, Pyrgi)
Città dell'Etruria meridionale costiera, ai piedi delle pendici dei Monti della Tolfa, presso l'attuale Castello di Santa Severa. Ne ignoriamo il nome etrusco.
Sorta sul mare a circa 3 km e mezzo da una stazione dell'Età del Bronzo, sita sulle colline dell'entroterra (Pian Sultano), è designata dalla tradizione antica come base navale (ἐπίνειον) di Cerveteri, da cui dista circa 13 km: la strada, che vi conduceva, era accompagnata nel suo ultimo tratto da maestosi tumuli di età orientalizzante (Montetosto e Zambra). Fiorente al tempo della talassocrazia etrusca, quando è qualificata addirittura come metropolis, con riferimento all'attività marinara di Cerveteri, ospitava un santuario di rinomanza mediterranea, consacrato ad una divinità femminile, che i Greci "interpretavano" come Leucotea. La sua origine veniva riportata ai Pelasgi, che la tradizione considerava fondatori di Agylla-Caere. Occupata di sorpresa nel 384 a. C. da una squadra navale siracusana, agli ordini di Dionisio I, vide battuti i Ceretani moventi in soccorso e spogliato il tesoro della dea di un valore assommante a mille talenti. Dopo l'annessione a Roma del litorale ceretano vi fu dedotta, probabilmente già nella prima metà del III sec. a. C., una colonia maritima, non del tutto priva di importanza, come sembra potersi arguire dalle speculazioni armatoriali di un M. Postumio durante la seconda guerra punica e dalla fama delle scorta Pyrgensia. L'ultima menzione del santuario trovasi in Strabone. Nel II sec. d. C. il porto, definitivamente soppiantato da Centumcellae, sopravviveva come base di pescherecci, mentre il suburbio era venuto popolandosi, come del resto tutto questo settore del litorale tirrenico, di ville private. Adriano donò una conduttura d'acqua alla città, che un secolo dopo vediamo affidata ad un curator. Sono testimoniati epigraficamente l'ordo decurionum, un collegio di quattro ministri ed i culti del Pater Pyrgensis, di Esculapio e di Sol Iuvans. Al principio del V sec. l'abitato si configurava, alla pari della vicina Alsium, come un agglomerato di ville, ma l'esistenza del porto è documentata ancora nell'XI-XII secolo. L'identificazione della località si deve al Cluverio.
1. Avanzi etruschi. L'abitato dell'epoca, composto, come può osservarsi sul taglio della scarpata di erosione marina, da case in mattoni crudi su zoccolo di ciottoli più o meno elevato, si addensava nella parte più riparata della piccola baia, in cui è da riconoscere l'antico porto. Un breve promontono (Castello), in parte divorato dal mare, lo proteggeva dai venti di N-O. Al limite meridionale dell'insediamento, presso la spiaggia, a circa 400 m dal Castello, gli scavi in corso dal 1957 hanno permesso di individuare una estesa area sacra, occupata da un tempio a tre celle di tipo tuscanico (m 24 × 34,40), orientato a S-O, con pronao verosimilmente dodecastilo e celle laterali fornite di àdyton (cfr. i templi sicelioti). La pianta, conservata al livello delle possenti fondazioni continue di tufo ceretano (l'alzato era in mattoni crudi, come appare dalle tracce di intonaco dipinto), è la più sicura finora nota per un tempio tuscanico: le accresce importanza l'essere datata con sufficiente approssimazione, a differenza di tutti gli altri esemplari del tipo, dai cocci raccolti nel riempimento di fondazione (primi decennî del V sec. a. C.). Restano abbondanti avanzi dei rivestimenti e delle sovrastrutture fittili della copertura lignea, ma qualche incertezza, motivata dalle modeste proporzioni, riguarda la pertinenza ad esso di un pregevole altorilievo di probabile natura frontonale, raffigurante a tre quarti del vero una gigantomachia, cui partecipano la dea Menrva, forse alata, e giganti armati (v. etrusca, arte, vol. iii, p. 476). Databile stilisticamente al 480-470 a. C., l'opera esprime una vigorosa concezione del movimento e dello scorcio, che è nella migliore tradizione greca dell'arcaismo maturo. Ad edifici più antichi, di cui non conosciamo la pianta, vanno riferite alcune antefisse prive di nimbo ed altre con figure intere a rilievo su campo variamente sagomato (uomo alektrynpròsopos, Pòtnia hippòn, Gorgone). Sono state inoltre recuperate due dediche vascolari alla dea Uni, un gruzzoletto di monete greche del V sec. a. C. ed una stipe votiva tardo-ellenistica, che è la più recente testimonianza di vita del santuario, la cui identificazione con quello ricordato dalle fonti è praticamente sicura. All'inizio dell'estate del 1964 sono state rinvenute tre lamine d'oro iscritte, due in etrusco e una in punico, con dediche a Uni-Astarte da parte del "re" di Caere, Thefarie Velianas, (prima metà del V sec. a. C.).
2. Avanzi romani. Tra la fase etrusca e quella romana, anziché esservi continuità, esiste uno hiatus, dovuto probabilmente ad una devastazione violenta. L'abitato romano si sovrappose a quota più alta su di un settore solo della città etrusca, corrispondente all'incirca al promontorio. Le mura di cinta, in parte discretamente conservate, costruite con blocchi poligonali di arenaria lavorati secondo la "terza maniera", descrivono un rettangolo largo m 220 e lungo almeno 250, orientato a S-O. Manca qualsiasi indizio di torri o bastioni, delle porte si riconosce solo quella che guarda verso il santuario. Un porto artificiale, descritto per la prima volta da L. Olstenio e ricostruito del tutto fantasticamente dal Canina, fu sistemato sull'asse del promontorio. Nei dintorni si osservano avanzi di almeno due ville. Dalla località di Prato Rotatore proviene il mosaico monocromo con scena di pugilato e l'iscrizione in lettere greche e latine Neilodoros (v.), ora nella Collezione Albertini (Torre in Pietra, Roma).
Bibl.: L. Canina, in Ann. Inst., XII, 1941, p. 34 ss., tav. E-F; G. Dennis, The Cities and Cemeteries of Etruria, 3a ed., Londra 1883, p. 289 ss.; F. Castagnoli-L. Cozza, in Papers of the British School at Rome, XXV, 1957, p. 16 ss.; M. Pallottino, in Arch. Class., IX, 1957, p. 206 ss.; X, 1958, p. 315 ss.; XI, 1959, p. 251 ss.; XIII, 1961, p. 240 ss.; A. Ciasca, G. Colonna, G. Foti, in Not. Scavi, 1959, p. 143 ss.; G. Colonna, ibid., 1961, p. 363 ss., e in Atti del Congresso Intenaz. di Numismatica, Roma 1961, II, in corso di stampa.