PUTEALE (Puteal, περιστόμιον ϕρέατος)
Nel senso proprio vèra o bocca di pozzo. Normalmente erano di forma circolare corrispondente a quella degli orifizi di pozzi e cisterne, ma non mancano esempi esternamente rettangolari o a forma svasata o composta. La maggior parte dei p. conservati sono fatti di pietra, il materiale più adatto a tale scopo. Erano scolpiti da un blocco o costruiti con elementi appositamente lavorati od anche con pietrame piccolo. Attrezzi di diversa forma erano fissati su alcuni p. o accanto ad essi per la sospensione della corda col secchio. In altri casi si osservano le tracce delle funi all'interno della bocca. Si sono anche trovati coperchi di Varia fattura, che proteggevano la bocca.
Resti di un p. dell'età arcaica si trovano nel santuario eleusinio, ad E dei propilei esterni. Costruita interamente di pietra eleusinia sopra un pozzo a paramento poligonale, la bocca consiste di un basamento di otto conci che portano il corpo cilindrico composto da quattro blocchi a foggia di settore d'anello. Oggi manca almeno una seconda fila di tali pietre. Il taglio netto e l'uso di grappe a doppio T fanno datare il monumento nella seconda metà del VI secolo. Fu ritenuto fin qui il καλλίχορον ϕρέαρ, di cui parla Pausania.
La maggioranza dei p. di pietra esistenti sono lavorati in un solo pezzo. Così è il p. sul Foro Triangolare di Pompei, scolpito in tufo, che avrà servito ai riti intorno al tempio dorico. Si erge su una piattaforma ed era circondato da otto colonne doriche che sorreggevano una trabeazione e probabilmente un tetto, forse anche una trave con carrucola per la sospensione del secchio.
Probabilmente molte vère di pozzo erano fatte di terracotta, sebbene siano giunti a noi pochi esemplari a causa della deperibilità del materiale. Lo stesso vale forse per quelle composte da assi di legno. I ritrovamenti sembrano attestare che la regione più ricca di p. di terracotta sia stata la Sicilia. È su questi che si trovano le prime decorazioni a rilievo che sono da principio più libere nella scelta del soggetto e nell'esecuzione di quelle posteriori sul p. di pietra. Un p. a Gela consistente di una parte bassa cilindrica ed un orlo quadrangolare è munito di maschere di Gorgoni e di volti maschili contorti in brutte smorfie. Ambedue avranno avuto fini piuttosto apotropaici che decorativi. Lo stile delle Gorgoni insieme con altri indizi permettono di riferire il monumento alla seconda metà del IV secolo. Frammenti probabilmente di p. dello stesso periodo da Siracusa mostrano decorazioni fitomorfe ed architettoniche d'incomparabile ricchezza. Mtri p. di terracotta, però per lo più lisci, si trovano nel Museo Nazionale di Siracusa.
In epoca ellenistica invalse l'uso di abbellire i p. di motivi architettonici, cimase, ovuli, dentelli, fregi di triglifi, scanalature ed altri elementi; numerosi esempî si vedono nelle rovine di città ellenistiche come Delo o Pompei. A Pompei specialmente si può seguire lo sviluppo graduale della decorazione suddetta dal periodo del tufo in poi. Accanto ai motivi architettonici appaiono nei p. decorazioni desunte da are e basi rotonde, ovvero ghirlande, bucranî, teste di buoi e patere. A Pompei si trovano sugli esemplari di terracotta diversi motivi come rami di piante, teste e figure umane ed animali, atlanti ecc., tutto senza grande valore estetico. Soltanto verso la fine dell'età ellenistica i p. di pietra venivano stimati degni di decorazione artistica. Furono prodotti innanzitutto dall'arte neo-attica, sempre più preferita per la decorazione di basi di statue, lastre di rivestimento, grandi crateri marmorei, oscilla ed altri oggetti simili usati per l'abbellimento di ville, giardini e palazzi. A questo proposito è interessante il passo di una lettera di Cicerone scritta al suo amico Attico (Ad Att., i, 10) ad Atene, dove lo prega di procurargli per la sua villa fra l'altro putealia sigillata duo, due p. adorni di rilievo. Che si trattasse appunto di prodotti delle officine neoattiche di Atene, è più che verosimile. La maggior parte degli esemplari conservati proviene dall'Italia centrale e si scagliona cronologicamente dalla fine del II sec. a. C. all'età antonina, ossia durante tutta la durata dell'arte neo-attica. I temi delle rappresentazioni sono quelli comuni a tutti i rilievi neo-attici senza qualsiasi preferenza. Così figurano per esempio Posidone ed Atena disputantisi il possesso dell'Attica, la nascita di Atena, la processione degli dèi olimpici, ninfe danzanti e satiri vendemmiatori, soggetti dunque senza relazione con acque e pozzi. Oire ai tipi neoattici si incontrano su alcuni p. rilievi di stile tipicamente romano, per esempio due vère nel Museo Nazionale di Napoli attribuibili al I sec. dell'età imperiale. Una è coperta di tralci di vite, l'altra di rami d'ulivo fra bucranî, ambedue testimoni del vivo senso romano per il gradevole effetto decorativo delle forme vegetali. Quando un p. si trovava in un santuario, era anch'esso sacro; un esempio è quello coll'iscrizione dedicatoria davanti all'edicola di Giuturna sul Foro Romano. P. o corpi formalmente corrispondenti a bocche di pozzo furono adibiti al coronamento di pozzi sacri d'indole speciale od alla recinzione di luoghi sacri, sia per tenere il luogo aperto al cielo o per impedire che venisse calpestato, sia per immetterci sacrifici ed offerte. Un luogo sacro perché colpito da un fulmine era sul Foro Romano quello, sul quale fu eretto, probabilmente nell'ultimo secolo della Repubblica, il puteal Scribonianum, così denominato da Scribonio Libone, il magistrato incaricato dell'espiazione. Era dunque un bidental, forse con un pozzo dove si seppellì il materiale toccato dalla folgore, quale fu trovato in un bidental a forma di p. sul Foro di Minturno. Il puteal Scribonianum è perduto, ma ne esistono rappresentazioni su denari di L. Scribonio Libone, che mostrano un monumento rotondo ornato di cetre, ghirlande e degli strumenti di Vulcano. Una replica non molto fedele di questa decorazione si ha inoltre in una base di statua nel Museo Lateranense. Il basamento di un altro p. sacro si trova sul Foro Romano dentro il recinto del Lacus Curtius. Si vedono ancora lastre di tufo attorniate dai blocchi di una recinzione dodecagonale.
Benché più fastoso delle vère di pozzo nel suo aspetto architettonico, deve essere menzionato qui un monumento del santuario della Fortuna a Palestrina, che stava sulla terrazza degli emicicli. Aveva la forma di un piccolo monoptero con sette colonne corinzie poggianti sul parapetto cilindrico. C'era un tetto probabilmente come sul p. del Foro Triangolare a Pompei. Gli intercolumnî però erano chiusi da plutei ed inferriate. Il pozzo sotto questo p. apparentemente non poteva servire per la raccolta di acque, anche perché non c'era né polla né conduttura d'acqua. Così è verosimile l'opinione (del Kaehler) che si tratti del locus religiose saeptus menzionato da Cicerone (De divin., 2, 86), dove Numerius Suffustius aveva trovato le sorti di quercia dell'oracolo della Fortuna; era dunque un ἄβατον, come il puteal Libonis.
Se in un p. sacro si versavano libagioni o si deponevano sacrifici od offerte, esso assumeva le funzioni di altare, altare a pozzo, come lo chiama lo Yavis. Tale funzione è da postulare per il p. ellenistico ornato di gruppi di giovinette che adornano di bende un festone d'alloro. Questo monumento stava probabilmente nel centro della thòlos di Marmarià a Delfi. Altri esempî sono conosciuti in diverse parti del mondo greco, uno già dell'età micenea trovato nel recinto rotondo delle tombe reali a Micene, e che quasi certamente serviva al culto eroico. Nel mondo romano tale uso di p. o monumenti simili non è dimostrabile, benché sia forse esistito.
Alcuni monumenti rotondi, esternamente identici a veri p., hanno il fondo chiuso di modo che non potevano servire da bocca di pozzo, ma piuttosto da bacino. Un esempio noto è il p. con rilievo neoattico con scene bacchiche a Madrid.
Monumenti considerati. - P. di Eleusi: G. Mylonas, Eleusis and the Eleusinian Mysteries, Princeton 1961, pp. 97-99; F. Noack, Eleusis, Berlino-Lipsia 1927, pp. 73-74. Pompei, Foro Triangolare: J. Overbeck, Pompeji, Lipsia 1876-78, pp. 89-90; E. Pernice, Hellenistische Tische, etc., Berlino 1932, pp. 14; 36. Gela: D. Adamesteanu, in Not. Scavi, 1960, pp. 134-137; P. Orlandini, in Arch. Class., ix, 1957, pp. 69-70, tavv. 37-38. Frammenti da Siracusa: R. Kekulé-L. Otto, Die Terracotten von Sizilien, Berlino-Stoccarda 1884, pp. 56-57, 84, tav. 61. P. di legno: Saalburg-Jahrbuch, ii, 1911, pp. 54-55. Delo: W. Déonna, Le mobilier délien, in Explor. Délos, 18, pp. 93-96, tavv. 37-38. Pompei: E. Pernice, op. cit., pp. 12-37, tavv. 7-23. P. di terracotta: H. von Rohden, Die Terracotten von Pompeji, Stoccarda 188o, pp. 40-41, tav. 27. P. neoattici: W. Fuchs, Die Vorbilder der neuattischen Reliefs, Berlino 1959, p. 164 ss.; F. Hauser, Die neuattischen Reliefs, Stoccarda 1889, pp. 115-116. Napoli, Museo Naz.: V. Spinazzola, Le arti decorative in Pompei, Milano 1928, tavv. 45-46. Roma, Foro Romano: p. di Giuturna: G. Lugli, Roma antica, Roma 1946, pp. 183-184. P. Scribonianum: id., ibid., pp. 91-92; E. Welin, Studien zur Topographie des Forum Romanum, Lund 1953, p. 9 ss.; E. Strong, Scultura romana, Londra 1907, pp. 49-50, fig. 27. Lacus Curtius: E. Nash, Bildlexikon zur Topographie des antiken Rom, Tubinga 1961, s. v. Minturno: J. Johnson, Excavation at Minturnae, i, Roma 1933, pp. 29-36. Palestrina: F. Fasolo-G. Gullini, Il santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina, Roma 1953, p. 147 ss.; H. Kaehler, Das Fortunaheiligtum von Palestrina-Praeneste, Saarbrücken 1958, pp. 201-203. "Altari a pozzo": C. Yavis, Greek Altars, S. Louis 1949, § 76, 77, 15, limitatamente § 35. Delfi: id., ibid., § 77, 2. Micene: id., ibid., § 15, 1. P. bacchico a Madrid: A. García y Bellido, in Archivo Esp. Arq., xxiv, 1951, pp. 117-154.
Bibl.: J.A. Hild, in Dict. Ant., IV, p. 778, s. v.; K. Schneider, in Pauly-Wissowa, XXIII, 2, 1959, cc. 2034-2036, s. v.