puritanesimo
Indirizzo confessionale sorto all’interno dell’anglicanesimo, a partire dagli anni Cinquanta del 16° sec., e sviluppatosi in Inghilterra e nelle colonie americane anche in chiave di riformismo sociale, politico ed economico. Il p. rappresentò in origine, in un ambito esclusivamente teologico ed ecclesiale, il tentativo di riorganizzare la Chiesa inglese sul modello riformato svizzero (calvinista, in specie). Il termine p. divenne appunto sinonimo di rigoroso e intransigente programma riformatore, finalizzato a liberare la Chiesa dal controllo politico (a purificarla), ad allontanarla cioè dall’influenza della Corona, mediata dalla gerarchia episcopale anglicana (struttura di potere che rappresentava la più importante eredità del cattolicesimo). Il quadro storico in cui nacque il p. fu quello dei processi di riassetto della nuova Chiesa nazionale d’Inghilterra, frutto dello scisma anglicano (1534), atto di nascita di una nuova figura di monarca. A partire da Enrico VIII il sovrano era divenuto primate della Chiesa inglese, coadiuvato, in questo ruolo, dall’arcivescovo di Canterbury. A questa impostazione, il p. contrapponeva il progetto presbiteriano, ossia la creazione di un organo ecclesiastico supremo: un consiglio di anziani espresso unicamente dalla comunità dei fedeli. La reazione antipuritana ebbe inizio con i Tudor (la repressione attuata dalla cattolica Maria, la supremazia sul governo della Chiesa e in materia religiosa, ribadita invece dall’anglicana Elisabetta I, nel 1559), ma ebbe i maggiori esiti politici e confessionali con l’avvento al trono degli Stuart. A partire dalla missione del pastore T. Cartwright (1535-1603, che aveva ispirato la configurazione assunta dal p. in Inghilterra, quella di una confessione separata dalla Chiesa anglicana e organizzata attorno a disciplinate comunità di credenti), le rivendicazioni religiose dei puritani (confluite nella Millenary petition, 1603) avevano assunto connotazioni politiche sempre più marcate e radicali. Negli anni Venti del 17° sec. il p. era ormai divenuto una realtà (culturale, religiosa, politica) molto variegata, da cui scaturirono anche ideologie antiassolutiste e di chiaro stampo repubblicano. Visioni, atteggiamenti e inclinazioni che trassero dai maggiori modelli calvinisti (svizzero, olandese, francese ugonotto) anche l’impegno a uno slancio rinnovatore nel campo sociale ed economico (come attestano gli scritti e gli interventi dei primi parlamentari puritani). Per questa strada il p. poté agevolmente conquistare ampie frange della borghesia e della gentry (piccola e media nobiltà terriera), proponendosi di sostenerne la grande dinamicità mercantile e imprenditoriale. Gli Stuart portarono avanti la strategia di contenimento del calvinismo scozzese e favorirono l’emigrazione dei puritani in Olanda e nelle colonie d’Oltreoceano. Episodio celebre, in questa cornice, fu quello del Mayflower, veliero salpato da Plymouth nel 1620, sotto il regno di Giacomo I Stuart (1603-25). Il viaggio dei Padri pellegrini, fra i quali la componente puritana era prevalente, si concluse nella Baia di Massachusetts, che divenne la culla del p. americano, centro nevralgico della costruzione del New England, terra di comunità spiritualmente e culturalmente ricche e sempre più autonome dai condizionamenti politici ed episcopali. In madrepatria la conquista di significativi spazi in Parlamento (1628-29) fu inoltre opera di abili leader fra i quali si impose O. Cromwell, protagonista di un processo politico che portò all’abolizione dell’episcopato e della liturgia anglicana (1643-46) e della Camera dei lord, e alla proclamazione del Commonwealth (guidato dallo stesso Cromwell). L’azione di contrasto al p. fu una delle cause della prima rivoluzione inglese (1642-49), guerra civile che si concluse con la decapitazione di Carlo I Stuart (1649) e la momentanea abolizione della monarchia a opera di un parlamento dominato dai puritani. La breve vita della Repubblica e l’opposizione congregazionalista (ala del p. che osteggiava la creazione di una struttura ecclesiastica permanente) impedirono l’attuazione della riforma religiosa che era rimasta al centro del programma presbiteriano e che venne definitivamente travolta dalla restaurazione della monarchia e della Chiesa anglicana, a opera di Carlo II Stuart (1660-85). I puritani (pastori e semplici fedeli) che rifiutarono di accettare l’Atto di uniformità (1662) presero la via dell’esilio (irrobustendo le fila del p. nelle colonie) oppure diedero vita alle cosiddette comunità non uniformate (presbiteriane, congregazionaliste, quacchere, battiste), cui la Gloriosa rivoluzione inglese (1688) concesse libertà di culto ma non parità di diritti civili (esclusione dalla cariche pubbliche e dall’insegnamento), un traguardo raggiunto nel 19° secolo.