PUGLIA (XXVIII, p. 505; App. II, 11, p. 632; III, 11, p. 529)
La P. è tra le regioni del Mezzogiorno che negli ultimi vent'anni hanno subìto le maggiori trasformazioni sociali ed economiche.
Popolazione e sua distribuzione. - Nel decennio intercensuale 1961-71 la sua popolazione è aumentata di 161.570 abitanti (da 3.421.217 a 3.582.787), nonostante l'intensità del flusso emigratorio, che ha espulso dalla regione 365.439 persone, annullando in gran parte il forte incremento naturale (527.009 unità). Negli anni successivi la popolazione è ulteriormente cresciuta e, secondo una stima del dicembre 1977, ha raggiunto 3.855.691 ab. L'aumento intercensuale però, si è verificato soltanto nelle zone pianeggianti, mentre in quelle di montagna e di collina (Subappennino Dauno e Murge) si è registrata una perdita di circa 32.000 persone, a scapito soprattutto della provincia di Foggia (−7994). Esso, inoltre, si è polarizzato in massima parte attorno ai capoluoghi di provincia, in modo particolare a Bari (+ 44.710 ab.) e a Taranto (+ 34.217 ab.), dove maggiore è stato lo sviluppo delle attività secondarie e terziarie, e attorno a una serie di piccoli centri costieri, sorti per lo più come gemmazione di centri più interni nei tratti compresi tra Rodi Garganico e Peschici, Monopoli e Brindisi, Otranto e Gallipoli, Taranto e Ginosa Marina, in conseguenza della bonifica e dello sviluppo turistico-balneare.
Attività economiche. - All'incremento demografico ha fatto riscontro una sensibile riduzione della popolazione attiva, che è passata dal 41,1% al 33%, accusando le contrazioni maggiori nel settore primario (dal 50,5% al 37%) ed evidenziando un diffuso processo di deruralizzazione.
L'esodo agricolo è stato più intenso nella Daunia, nella Terra di Bari e nell'estremo Salento, dove maggiore era la densità dei contadini per km2 e più fitto il frazionamento dei campi.
Nonostante la contrazione degli addetti al settore primario, l'agricoltura ha conosciuto rapidi progressi, grazie alla bonifica e all'irrigazione delle pianure, che hanno consentito la diffusione di colture intensive d'alto pregio. Le più estese opere di bonifica e d'irrigazione, realizzate tanto dagli enti pubblici quanto dai privati, hanno interessato soprattutto il Tavoliere - che, in attesa di usufruire delle acque da tempo invasate nel lago artificiale Occhito (33 milioni di m3), è stato perforato da circa 8000 pozzi -, le zone costiere della Penisola Salentina, che per l'irrigazione attinge esclusivamente alla falda freatica, e soprattutto l'arco costiero ionico tra Taranto e il Bradano, che utilizza in buona parte le sorgenti del Tara.
Le nuove disponibilità irrigue hanno sollecitato radicali conversioni colturali, che hanno portato da un lato all'estensivazione delle terre marginali nelle aree collinari e montane, tramite la restituzione dei seminativi più scadenti al pascolo oppure il maggior peso acccordato al riposo pascolativo nelle rotazioni e la riduzione delle colture erbacee consociate a quelle arboree, e dall'altro lato all'intensivazione delle aree pianeggianti, tramite una forte riduzione della cerealicoltura e l'incremento di alcune colture legnose specializzate e ortivo-industriali. Le colture legnose che in pianura hanno conteso maggiore superficie ai cereali sono la vite, specie quella per la produzione di uva da mensa (Barese, Foggiano, Tarantino), gli agrumi, che hanno trovato buone condizioni pedoclimatiche soprattutto nell'entroterra tarantino (in modo particolare i mandarini), e i peschi, diffusisi nel Tavoliere, nella valle dell'Ofanto e nel Salento. Nel complesso, però, le colture legnose specializzate si sono ridotte di 76.000 ha tra il 1960 e il 1972, a causa della scomparsa di molti vigneti e uliveti dalle terre meno produttive. Per quanto concerne le colture erbacee avvicendate, che accusano una contrazione di 54.000 ha, quasi tutti confluiti nell'incolto produttivo, è da segnalare soprattutto il notevole incremento della barbabietola da zucchero, quadruplicatasi per superficie e produzione, e degli ortaggi, che prima erano limitati essenzialmente al litorale barese e all'agro brindisino, mentre ora si sono estesi ovunque c'è disponibilità di acqua (pomodori, carciofi, lattughe). Per consentire un anticipo nella maturazione delle specie più pregiate (fagiolini, zucchini, peperoni, melanzane), si va sviluppando anche la coltura in serre. Alle riconversioni colturali si è affiancato anche un certo processo di revisione nell'ordinamento sociale dei produttori, i quali, abbandonando il loro avito isolamento, hanno costituito parecchie società e cooperative (cantine sociali, oleifici, caseifici, latterie).
Fino al censimento industriale del 1961 la struttura dell'industria pugliese risultava costituita essenzialmente da una miriade d'imprese artigiane, o comunque di piccole e medie dimensioni, legate per lo più all'agricoltura (molitura e pastificazione, lavorazione delle olive, dell'uva e del tabacco). Soltanto 27 imprese avevano più di 250 addetti e quasi tutte erano al servizio di rami connessi con forniture statali (arsenale militare e cantieri Tosi a Taranto, SACA a Brindisi). Successivamente su questo apparato di piccole industrie - diffuse un po' ovunque, ma con maggiore densità nelle province di Foggia, Bari e Lecce - si è innestata l'industria di base, che, sollecitata da incentivi statali e dalla politica comunitaria, è diventata fattore di richiamo di capitali privati italiani ed esteri. Il reddito prodotto dall'industria supera ormai quello prodotto dall'agricoltura. In base ai censimenti demografici del 1961 e del 1971, gli addetti al settore secondario passano da 359.138 a 373.251; da 153.027 a 214.229, invece, secondo i più recenti censimenti industriali.
L'area di maggiore sviluppo industriale è costituita dal triangolo che ha i vertici nelle città di Bari, Brindisi e Taranto, le quali hanno attrezzato ampie zone industriali, gravitanti sul mare, con funzioni specializzate.
La zona industriale di Bari (600 ha) è situata a O della città e accoglie una novantina di fabbriche di varia dimensione, alcune delle quali trasferitesi dall'ambito urbano, e di diversi rami merceologici, tra cui predominano quelli metalmeccanici: Officine calabresi (veicoli speciali e ribaltabili), Fucine meridionali (getti, fucinati, valvole), Pignone Sud (meccanica di precisione ed elettronica), Breda Isotta Fraschini (macchine agricole e ingranaggi), Breda Hupp (condizionatori d'aria), FIAT. Al di fuori della zona industriale, nell'immediata periferia della città, si sono localizzati o ampliati molti altri stabilimenti di cospicue dimensioni (Acciaierie e Tubificio meridionale, Stanic, Birra Peroni), mentre nell'ambito provinciale le più grosse iniziative sono rappresentate, ancora una volta, da stabilimenti metalmeccanici (Acciaierie pugliesi a Giovinazzo, Ferrosud nella zona Santeramo-Matera).
La zona industriale di Brindisi, più ampia di quella di Bari (2300 ha), è ubicata sul seno di levante del porto ed è caratterizzata dalla netta prevalenza della chimica di base, grazie alla costruzione del grande impianto della Montedison e della sua filiale Polymer, che coprono circa metà dell'area attrezzata e impiegano oltre 3500 persone. Brindisi, così, si pone al terzo posto tra le aree chimiche italiane, dopo Porto Marghera e Priolo Gargallo. Per soddisfare i bisogni energetici dell'industria è stata anche costruita una potente centrale termoelettrica (40 ha), che dovrà raggiungere una potenza finale di 1000 MW. Nella provincia di Brindisi, poi, si cerca di dare corpo a tre piccoli nuclei industriali a Fasano (50 ha), a Ostuni (70 ha) e a Francavilla Fontana (80 ha), destinati ad accogliere attività manifatturiere connesse con l'agricoltura o comunque non condizionate dai fattori localizzativi propri delle industrie di Brindisi.
L'area industriale di Taranto si compone di due settori: uno, situato alle spalle del Mare Grande, riservato alle industrie pesanti, l'altro, più interno, destinato a opifici manifatturieri di tipo leggero. L'impianto di maggior rilievo è il centro siderurgico dell'Italsider (600 ha e 13.000 dipendenti), la cui costruzione, avviata nel 1960, ha richiesto grandi infrastrutture portuali. A valle del centro siderurgico, che nel 1973 ha prodotto 4,7 milioni di t di ghisa e 5,5 milioni di t di acciaio, si è localizzata una gamma di altre industrie sostenute dalla produzione di laminati, che vanno dalla carpenteria metallica alla fonderia, alla meccanica generale e così via. Per evitare che il predominio della siderurgia si risolva a danno di altre attività industriali e che la forte concentrazione delle industrie nella città accentui gli squilibri socio-economici esistenti tra capoluogo e provincia, una funzione riequilibrante è stata assegnata alla costituzione di due nuclei industriali a Massafra (50 ha) e a Grottaglie (600 ha), situati rispettivamente 7 km a NO e 12 km a SE di Taranto.
Al di fuori del suddetto sistema tripolare, altre iniziative industriali, sia pure di minori dimensioni, si sono coagulate attorno a Lecce (nucleo di Surbo: vestiario e abbigliamento, alimentari, legno) e nel Foggiano, dove utilizzano i prodotti delle colture irrigue (zuccherifici, impianti di surgelati) e dove si cerca di valorizzare adeguatamente, con impianti chimici, anche le materie prime locali, come il metano scoperto in varie località delle colline del Carapelle (Snia Viscosa ad Ascoli Satriano).
Notevoli progressi si sono avuti anche nella rete stradale, che negli ultimi quindici anni si è pressoché raddoppiata. Le nuove arterie di maggior rilievo sono la superstrada litoranea Monopoli-Brindisi-Lecce e l'autostrada Napoli-Taranto, che a Canosa s'innesta nell'autostrada adriatica per Pescara. Questo miglioramento ha avuto riflessi positivi anche sul turismo, che si è sviluppato soprattutto in funzione balneare. Dal Gargano alla foce del Bradano, infatti, è facile osservare una serie di centri e nuclei balneari di nuova formazione e complessi alberghieri di notevole ampiezza. La costa adriatica e la Murgia dei Trulli, in modo particolare, sono entrate a far parte di circuiti turistici internazionali da quando Brindisi è diventata il capolinea dei traghetti per la Grecia: nel suo porto i passeggeri imbarcati e sbarcati sono stati 276.000 nel 1974, contro 109.000 nel 1960. In lunghi tratti costieri, però, il turismo balneare è compromesso dall'inquinamento delle acque, causato dalle industrie di base.
Bibl.: C. Formica, Aspetti e problemi della recente industrializzazione della Puglia, in Annali del Mezzogiorno, 1971; D. Novembre, Geografia urbana della Puglia, Bari 1973; L. Morea, La valorizzazione turistica della costa orientale salentina, in Ambiente e sviluppo nel Mezzogiorno, Napoli 1974, pp. 121-42; G. Marzia, Taranto: sviluppo e ambiente, ibid., pp. 163-68; O. Baldacci, Paesaggio nuovo del Tavoliere in Puglia, in L'Universo, 1967, n. 1; Autori vari, Risorse ambientali e sviluppo economico nel Salento, Napoli 1978.
Preistoria e protostoria (XXVIII, p. 514). - La regione pugliese in questi ultimi anni è stata campo vastissimo di fruttuose ricerche archeologiche, le quali hanno in gran parte chiarito i molti problemi fin qui rimasti insoluti circa le origini e lo sviluppo delle civiltà succedutesi dalla più lontana preistoria fino all'età romana.
Nell'ambito più specificamente paletnologico sono da segnalare gli scavi in molte località del Gargano e del Salento, da cui è emersa, su basi rigorosamente stratigrafiche, tutta una serie di testimonianze, le più antiche risalenti al Paleolitico inferiore. Notevoli al riguardo le scoperte garganiche d'industria su ciottoli e di tipo bifacciale accanto a prodotti litici su scheggia, pertinenti a una fase evoluta dell'Acheuleano a giudicare anche dagli analoghi ritrovamenti nella vicina Lucania, databili a oltre 200.000 anni fa. Più ampio l'orizzonte dei rinvenimenti riguardanti il Paleolitico medio svoltosi in quel periodo che abbraccia la fine dell'ultimo interglaciale (Riss-Würm) e le fasi iniziali della glaciazione di Würm, durante il quale gli stanziamenti umani anche in P. si espandono, sia all'aperto che dentro grotta, favoriti da particolari condizioni ambientali caratterizzate in genere da clima temperato, ricca presenza di selvaggina e giacimenti di materiale litico atto all'industria scheggioide tipica del Musteriano. Quasi tutte le facies in cui questa cultura si articola, sia in Francia che in Italia, sono via via venute in luce nel corso delle recenti esplorazioni di alcuni depositi alluvionali del Gargano (Piana del Carpino, Sorgenti d'Irchio, San Vito, Lago di Lesina) e in molti giacimenti stratificati del Salento (Le Striare presso Santa Cesarea, Grotta del Cavallo, Grotta di Uluzzo, livelli inferiori di Grotta Romanelli), mentre reperti osteologici, della Grotta di Santa Croce di Bisceglie e di quella delle Tre Porte presso Leuca, attestano con certezza l'appartenenza del Musteriano risalente a oltre 60.000 anni fa, all'Uomo di Neandertal.
Durante le ultime fasi della glaciazione di Würm il Paleolitico superiore dell'area pugliese non si discosta nelle sue grandi linee da quello noto nei giacimenti dell'Europa centro-occidentale, come ci testimoniano i recenti scavi in molte grotte della penisola salentina da cui provengono, oltre che i graffiti di Grotta Romanelli, manifestazioni d'arte plastica (Veneri di Parabita). Anche sul Gargano, nella Grotta Paglicci, sono stati rinvenuti oggetti in osso d'arte mobiliare recanti figure incise di animali in scene di caccia, le quali insieme con le pitture parietali della stessa grotta ci riportano alla concezione figurativa naturalistica del Paleolitico superiore occidentale. La Grotta Paglicci ha inoltre restituito recentementi i resti ossei dell'Homo sapiens accuratamente composti in una sepoltura sotto uno strato di ocra rossa accanto a oggetti in selce.
Alla vaga e tuttora indefinibile cultura del Mesolitico, che nei giacimenti preistorici pugliesi costituisce un momento terminale del Paleolitico superiore (Epigravettiano), fa seguito intorno al 6° millennio a.C. l'insorgere del Neolitico, la civiltà caratterizzata dall'esordio della produzione vascolare d'impasto con decorazione impressa o "graffita" e di quella figulina e dipinta, prima a semplici fasce rosse e poi con complicati ornati meandro-spiralici (stile di Serra d'Alto). È in questa età che le antiche popolazioni della P., ormai in possesso di un'economia a carattere prevalentemente agricolo, tendono a organizzarsi in villaggi di capanne cinti da fossati, alcuni dei quali in gran numero scoperti di recente nella vasta piana del Tavoliere (Masseria La Quercia, Passo di Corvo, La Cupola), o in piccoli nuclei tribali e familiari a stanziarsi lungo la fascia costiera del golfo di Taranto (Satyrion, Gandoli, Cimino) o a rifugiarsi nelle numerose grotte che si aprono lungo la costa adriatica della regione (Grotta Pippola presso Ischitella, Grotta delle Mura di Monopoli, Grotte del Guardiano e dei Colombi di Polignano a Mare, Grotte delle Prazziche e delle Cipolliane di Novaglie, Grotta del Fico presso Santa Maria al Bagno di Leuca). Di queste di gran lunga la più importante è la grotta recentemente scoperta a Badisco, presso Otranto, per la ricchezza del materiale rinvenuto e per la presenza di pitture parietali che ostentano vivaci scene di caccia al cervo e complicati motivi geometrici, i quali, quando non alludono all'immagine umana stilizzata, richiamano il mondo magico delle culture agricole mediterranee. Al riguardo mette conto di ricordare altre espressioni d'arte neolitica, come le due statuette provenienti da Passo di Corvo e l'idolo in pietra da una tomba di Arnesano presso Lecce, in cui si riconosce in forme essenziali la figura della Dea Madre.
A queste imponenti manifestazioni culturali del Neolitico in P., forse per l'arrivo di nuovi popoli, si sovrappongono dapprima timidamente e poi sempre più decisamente altre forme di civiltà portatrici d'innovazioni anche sul piano economico e sociale. Siamo nell'età del Bronzo, il cui esordio, prima così nebuloso, ci appare ora più chiaro dopo la scoperta delle tombe di Cellino San Marco presso Brindisi e di Laterza presso Taranto, le quali hanno rivelato l'affermarsi di una civiltà (Protoappenninico A) che per il rito funerario dell'inumazione dentro grotticella artificiale e per alcune caratteristiche formali e decorative della produzione vascolare indica già alla fine del 3° millennio a.C. la penetrazione nella regione di apporti culturali egeo-anatolico-ciprioti testimoniati in concreto dall'importazione di tipici prodotti egei, quali le ossa a globuli, rinvenute in Sicilia e ora anche in P. in una tomba di Altamura.
Nel corso del 2° millennio a.C. la civiltà del Bronzo della penisola italiana, detta "appenninica", vede in P. la sua più larga diffusione come risulta dalle scoperte recentissime di nuovi insediamenti lungo le coste ionica e adriatica (Porto Perone, Torre Castelluccia, Porto Cesareo, Brindisi, Trani) i quali, come il noto villaggio di Scoglio del Tonno presso Taranto, offrono esempi cospicui di organizzazione a carattere protourbano certamente sotto l'influsso dei grandi complessi urbani del Mediterraneo orientale. La scoperta costante di ceramica micenea per tutta la 2ª metà del millennio costituisce la prova di autentici rapporti commerciali col mondo elladico.
Agl'inizi del 1° millennio a.C. comincia a delinearsi in P. una nuova civiltà, che appare erede e continuatrice di quella enea precedente, ma ormai scevra da contatti col mondo egeo in conseguenza del declino della potenza micenea. In questa età si avverte un intrecciarsi di scambi commerciali marittimi fra le due sponde dell'Adriatico forse culminante con l'avvento degli Japigi, che la tradizione ci presenta nella forma di un'immigrazione di Cretesi e Illiri i quali si stabiliscono nella regione e la suddividono in tre parti: Daunia, Peucezia e Messapia. I nuovi scavi di Porto Saturo e Torre Castelluccia presso Taranto, Porto Cesareo e Trani hanno rivelato il sovrapporsi agli strati con ceramica micenea tarda di prodotti fittili con motivi geometrici dipinti, i quali mostrano innegabili affinità con quelli coevi di alcuni centri della costa occidentale della penisola balcanica e attestano quindi quei rapporti culturali e commerciali di cui si è detto, e fors'anche etnici e linguistici. La scoperta recentissima di tale "ceramica geometrica iapigia" nel giacimento sottostante la chiesa di San Domenico a Taranto in livelli di contatto con prodotti vascolari greci d'importazione dell'8° secolo a.C. inoltrato attesta, come del resto a Satyrion, la colonizzazione laconica di luoghi già in possesso delle genti iapigie. E l'eco di tali eventi risuona viva nelle testimonianze degli antichi autori. Vedi tav. f. t.
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