PUCCIO di Simone
PUCCIO di Simone. – Non si conoscono i luoghi e le date di nascita e di morte di questo pittore attivo a Firenze e che compare per la prima volta nei documenti in un elenco degli iscritti all’Arte dei medici e degli speziali redatto tra il 1346 e il 1348 (Hueck, 1972). A questa data doveva essere già un artista affermato, se è giusta l’identificazione con il «Maestro Puccio in via Larga» incluso nella lista dei «migliori maestri di dipingiere che siano in Firenze» compilata intorno al 1349 dagli operai della chiesa di S. Giovanni Fuorcivitas a Pistoia (Chiappelli, 1900, pp. 2 s.). Dal momento che non compare nei registri delle prestanze del 1362, si ritiene che a questa data fosse già morto (Offner, 1958, p. 187).
La sua attività si ricostruisce a partire da due opere firmate: il polittico con la Madonna dell’Umiltà e santi (Firenze, Galleria dell’Accademia) che conserva l’iscrizione «Puccius Simonis Florentinus pinxit hoc opus» e lo scomparto centrale di un polittico con la Madonna con il Bambino in trono in calce al quale si legge: «A tenpus Dominus Agnolus Puccius pinxit hoc opus/ anno Domini MCCCLX adì X d’aprile» (Newark, Del., Alana Collection). L’autore di questi due dipinti è stato poi riconosciuto da Roberto Longhi (1959) anche in un gruppo di opere riunite da Richard Offner (1947) intorno alla tavola con S. Antonio abate e devoti inginocchiati, già nella chiesa di S. Antonio Abate fuori Porta Pisana a Fabriano (ora Fabriano, Pinacoteca civica, n. 16), indicandone l’autore con la denominazione provvisoria di «Maestro dell’altare di Fabriano».
Puccio di Simone fu il più attento seguace e interprete dello stile figurativo di Bernardo Daddi, nella bottega del quale si dovette compiere la sua formazione già negli anni Trenta del Trecento, dal momento che all’inizio del decennio successivo fu in grado di affiancarlo dipingendo gli scomparti con S. Maria Maddalena, S. Michele arcangelo, S. Giuliano e S. Marta di un polittico nel quale Daddi si limitò alla pittura dello scomparto centrale con la Crocifissione (Firenze, Galleria dell’Accademia, inv. 1840, nn. 443, 6140a-d). Il carattere non occasionale di questa collaborazione è confermato dall’analoga ripartizione del lavoro nel polittico che aveva ai lati le tavole con S. Caterina e S. Lorenzo (Gottinga, Kunstsammlung der Universität, n. 61), dipinte da Puccio, e al centro l’Incoronazione della Vergine ora a Gand (Museo di belle arti, n. 1903-A) attribuita a Bernardo Daddi da Miklós Boskovits (Offner, 2001, p. 426 n. 5).
Ancora entro la prima metà del secolo Puccio dipinse probabilmente il citato polittico firmato con la Madonna dell’Umiltà e santi (Firenze, Galleria dell’Accademia, n. 1890.8569) e realizzò gli affreschi della cappella Strozzi in S. Trinita, ricordati da Giorgio Vasari (1568, 1878) tra le opere di Puccio Capanna come una «Coronazione della Madonna con un coro d’angeli che tirano assai alla maniera di Giotto, e alle bande […] storie di Santa Lucia», ma dei quali restano pochi frammenti, tra cui il Noli me tangere dipinto in un arcosolio, ora staccato e conservato in sagrestia.
La proposta di includere nel percorso iniziale di Puccio di Simone la grande croce della chiesa di S. Marco (Offner, 2001, pp. 586-594, tavv. agg. X-X5), ribadita anche di recente (Utari, 2013), rimane invece dubbia per la mancanza di riscontri dirimenti sul piano dello stile figurativo (Da Puccio di Simone a Giottino, 2005).
Subito dopo la metà del secolo Puccio di Simone si trasferì nelle Marche, al seguito del pittore fabrianese Allegretto di Nuzio (A. Marabottini, in Dizionario biografico degli Italiani, II, Roma 1960, pp. 476 s.). Qui eseguì nel 1353 la tavola già nella chiesa di S. Antonio Abate fuori Porta Pisana a Fabriano e nel 1354 il polittico con la Madonna con il Bambino in trono e santi ora a Washington (National Gallery of art, inv. n. 1937.1.6), in collaborazione con Allegretto che dipinse lo scomparto sinistro con S. Antonio abate.
Il soggiorno di Puccio nelle Marche coincise con una decisa evoluzione del suo linguaggio figurativo in chiave gotica: in queste opere le sagome delle figure diventano più esili e slanciate, il chiaroscuro è appena accennato, le pieghe delle vesti si raccolgono in anse morbide, grande cura è dedicata alla resa dei motivi decorativi.
Rientrato a Firenze entro il 1357, data dell’iscrizione alla Compagnia di S. Luca, Puccio di Simone attenuò ulteriormente il plasticismo delle sue figure, come mostra il polittico con la Madonna con il Bambino in trono e le ss. Lucia e Caterina tra i ss. Antonio abate, Nicola (?), Giovanni Battista e Francesco già nell’oratorio di S. Pietro a Petrognano in Val d’Elsa (ora Certaldo, Museo di arte sacra) e pure databile allo stesso anno, fino ad approdare a effetti quasi bidimensionali nella Madonna con il Bambino in trono già nella collezione Artaud de Montor (ora Newark, Del., Alana Collection), datata 1360. A quest’ultima fase del suo percorso dovrebbero appartenere, per ragioni di stile, anche il trittico con S. Matteo in trono tra un santo diacono e s. Giacomo maggiore (Firenze, Galleria dell’Accademia, n. 1890.5063) e il trittico con la Crocifissione tra i ss. Francesco, Giacomo, Caterina e una santa (Cambridge, Fogg Art Museum, n. 1962.292), eseguito in collaborazione con il Maestro di Barberino, cui spetta lo scomparto a destra di quello centrale.
Circostanze indiziarie, tra cui quella appena ricordata, suggeriscono l’identificazione di quest’ultimo con Neri di Mone (S. Chiodo, Gli affreschi della chiesa di San Domenico a San Miniato: un capitolo poco noto della pittura fiorentina fra Tre e Quattrocento, in Arte cristiana, XCVI (2008), 844, p. 42), figlio di Mone di Cambio e fratello di Margherita di Mone, tutti ricordati come pittori nei documenti e forse rispettivamente fratelli e padre di Puccio come ipotizzato in passato (Guasti, 1874). Una conferma di questa ipotesi restituirebbe alla storia una dinastia di pittori attiva lungo tutto il Trecento, come nel caso ben più noto e rilevante di Gaddo Gaddi e della sua discendenza.
Alle tavole d’altare e agli affreschi Puccio di Simone affiancò anche una cospicua produzione di opere di piccolo formato, destinate alla devozione individuale, spesso caratterizzate da una qualità dell’esecuzione raffinata e preziosa.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti (1568), a cura di G. Milanesi, I, Firenze 1878, pp. 402 s.; C. Guasti, Belle Arti. Opuscoli descrittivi e biografici, Firenze 1874, pp. 60-62; A. Chiappelli, Di una tavola dipinta da Taddeo Gaddi e di altre antiche pitture nella chiesa di S. Giovanni Fuorcivitas in Pistoia, in Bullettino storico pistoiese, II (1900), 1, pp. 2 s.; R. Offner, A critical and historical corpus of Florentine painting, Sez. 3, The Fourteenth Century, V, New York 1947, VIII, New York 1958; R. Longhi, Qualità e industria in Taddeo Gaddi, in Paragone, X (1959), 111, pp. 3-12; I. Hueck, Le matricole dei pittori fiorentini prima e dopo il 1320, in Bollettino d’Arte, s. 5, 1972, n. 57, 2, pp. 114-121 (in partic. p. 121); M. Boskovits, A critical and historical corpus of Florentine painting, Sez. 3, The Fourteenth Century, IX, The painters of the miniaturist tendency, Florence 1984, pp. 74-79, 367-377, tavv. CXCVIa-c-CCVII; D.E. Colnaghi, A Dictionary of Florentine painters, London 1986, p. 223; R. Offner, A critical and historical corpus of Florentine painting, Sez. 3, The Fourteenth Century, V, Bernardo Daddi and his circle, a cura di M. Boskovits, Florence 2001, pp. 337-527, 586-600; Da P. di S. a Giottino. Restauri e conferme, a cura di A. Tartuferi - D. Parenti, Firenze 2005, pp. 13-24, 42-54; G. Utari, Una data per la Croce di San Marco a Firenze, in Studi di storia dell’arte, 2013, n. 24, pp. 17-26.