GALBA, Publio Sulpicio
Figlio di un Servio, e nipote di un Publio (forse il console del 279 a. C.), fu nominato console nel 211 a. C., senza che avesse prima rivestito veruna carica curule. Era da poco entrato in carica, quando Annibale tentò la sua famosa diversione su Roma, e G. prese allora col collega Cn. Fulvio Centumalo tutti i provvedimenti per proteggere la capitale. Sul finire dell'anno fu mandato in Grecia, ove si stava svolgendo la cosiddetta prima guerra Macedonica, e il comando gli fu prorogato, anno per anno, sino al 206. Delle sue gesta, sulle quali c'informano alcuni frammenti di Polibio e il testo di Livio, in cui però sono omissioni e spostamenti, basterà ricordare la presa di Egina nel 210 a. C., il saccheggio della città di Dime e di altre località del territorio della Lega Achea nel 209, l'espugnazione di Oreo nell'Eubea nel 208. Negli ultimi due anni egli invece fu condannato all'inazione, e quando nel 205 a. C. fu rilevato da P. Sempronio Tuditano, già gli Etoli avevano fatto pace con Filippo. Tornato in patria, fu nel 203 dictator comitiorum habendorum causa, e nel 200 fu nominato Console per la seconda volta, mentre i Romani si apprestavano ad una nuova guerra contro Filippo. Dopo lunghi armamenti e preparativi, egli con 25.000 uomini passò da Brindisi a Dirrachio e svernò presso Apollonia. Nella primavera del 199 attraverso la Dassarezia si avanzò nella Lincestide, l'attuale altipiano di Monastir, ivi ponendo l'accampamento e provocando inutilmente più volte a battaglia Filippo, accampato a poca distanza con forze di poco inferiori. Ritrattosi poi un po' dall'avversario in Ottolobo per aver agio di meglio foraggiare, fronteggiò con grande abilità una sorpresa tentata da Filippo su alcuni reparti allontanatisi e lo assalì col grosso delle forze, infliggendogli delle perdite. Dalla Lincestide avrebbe G. potuto osare di scendere nella bassa Macedonia, stendendo la mano ai Dardani, ma preferì invece marciare a sud dell'Eordea, sconfiggendo i Macedoni quando Filippo, sui colli di Banitza, tentò di contrastargli il passo. Dall'Eordea passò nell'Elimiotide, e da qui, anziché accingersi ad operazioni decisive che forse avrebbe potuto, ma non senza pericolo per la lontananza dalle basi, tentare, pago d'aver percorso da padrone l'alta Macedonia e di avere affermato in due combattimenti la superiorità delle armi romane, preferì tornare ad Apollonia, dove fu rilevato dal suo successore P. Villio Tappulo. Nel 197 a. C. fu nominato dal senato legato di T. Quinzio Flaminino, poi, dopo la battaglia di Cinoscefale, fu posto alla testa dei dieci commissarî che dovevano trattare le condizioni di pace con la Macedonia, e in quell'occasione egli prese parte anche alle trattative con Antioco in Lisimachia. Perciò nel 193 fu dal senato adoperato nella ripresa dei tentativi di accordi col re siriaco, prima in Roma, poi in Asia.
Bibl.: G. De Sanctis, Storia dei Romani, III, ii, Torino 1917, pp. 300 segg., 336 segg., 420 segg.; IV, i, ivi 1923, pp. 37 segg., 47 segg., ecc.; E. Pais, Storia di Roma durante le guerre Puniche, Roma 1927, I, p. 285 segg.; II, p. 73 segg.; B. Niese, Gesch. der griech. und maked. Staaten, II, Gotha 1899, pp. 476, 480 segg., 595 segg.; G. Cardinali, Il Regno di Pergamo, Roma 1906, p. 49 segg.; J. Kromayer, Antike Schlachtfelder, II, Berlino 1907, p. 9 segg.; F. Münzer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IV, s. 2ª, col. 801 segg.