RUTILIO RUFO, Publio (P. Rutilius Rufus)
Uomo politico, giurista e storico romano, nato circa il 154 a. C., figlio probabilmente dell'omonimo tribuno della plebe nel 169 a. C. Si formò al seguito di giuristi e uomini politici di tendenze conservatrici e di educazione filosofica greca, soprattutto stoica, come Ser. Sulpicio Galba, P. Mucio Scevola, C. Lelio e quindi Scipione Emiliano, di cui in definitiva fu seguace. Ascoltò Panezio e fu in relazione col poeta Lucilio: ebbe anche appoggio nelle famiglie dei Livî Drusi e degli Aurelî Cotta a lui imparentate, rispettivamente per la moglie e la sorella. Di Scipione Emiliano fu tribuno militare nella guerra numantina. Più tardi la sua personalità, distaccata dalle passioni più violente del suo tempo, lo tenne in qualche modo sopra i partiti, col risultato di essere cercato come esperto e uomo di sicura fede nei momenti di necessità e di essere combattuto nel resto. Già avversario di un ottimate, che avrebbe dovuto essere di parte sua, M. Emilio Scauro per il consolato del 115, fu poi eccellente legato di Q. Metello nella guerra giugurtina dal 109 al 106, e console nel 105. Nella preparazione della resistenza contro i Cimbri e i Teutoni ebbe una parte di organizzatore apprezzata anche da Mario: se non sembra esatta la notizia di Festo (p. 261, Müller) che i tribuni militum rufuli, nominati dal console invece che dai comizî prendono il nome di lui, è però assai probabile che egli abbia in quel frangente modificato la nomina dei tribuni. Prese quindi parte alle lotte contro Saturnino e Glaucia e fu antimariano. Nel 94 (verosimilmente) legatus proconsulis del suo amico Q. Scevola in Asia e distintosi, soprattutto in alcuni mesi in cui restò solo, per la lotta contro i pubblicani, fu trascinato in un processo per concussione suscitatogli dai cavalieri alleati di Mario e infine condannato: non potendo pagare la multa dovette andare in esilio, e le città d'Asia da lui beneficate fecero a gara per rendergli facile il distacco dalla patria. Il processo fu sentito come un attacco a tutta la classe senatoria e non fu estraneo alla genesi del moto di M. Livio Druso (92), che sappiamo a lui congiunto. R. risiedette dapprima a Mitilene, poi a Smirne dall'88, in cui sfuggì travestito alle stragi di Mitridate. Nell'85 fu mediatore tra Silla e Fimbria, per incarico del primo; ma rifiutò di tornare a Roma in circostanze e per ragioni oscure, tra cui è probabilmente da computare l'inimicizia con Pompeo Strabone e poi con Pompeo Magno figlio. A Smirne lo andò a trovare nel 78 Cicerone, che finse più tardi di avere ricevuto da lui la materia del De Re publica. Morì non molto dopo.
In Roma era stato giurista assai apprezzato, tra coloro che contribuirono alla formazione di uno ius honorarium: anche come oratore ebbe notorietà, che si prolungò oltre il suo tempo, se Augusto ammirava ancora una sua orazione (De modo aedificiorum). Negli anni di esilio si diede a scrivere storia: un libro autobiografico in latino (De vita sua) e un'opera storica in greco sul proprio tempo. Gode meritatamente credito l'ipotesi del Nissen che le due opere fossero in sostanza rielaborazioni di un unico contenuto a uso di due diverse cerchie di lettori. La storia greca fu utilizzata da Posidonio, che fu amico di R. Elementi suoi si hanno quasi certamente nella descrizione della battaglia del Muthul in Sallustio, De bello Iugurthino; in un episodio della guerra numantina di Appiano, Iber., 88, e nei Mithridat., 60, del medesimo. Dei caratteri intrinseci delle sue opere non abbiamo più traccia, se non forse in un moralismo di qualche giudizio: Plutarco (Mario, 28), pur facendosi eco di un giudizio sfavorevole dello storico di Pompeo, Teofane da Mitilene, lo deve riconoscere "amico della verità". E Velleio Patercolo (II, 13, 2) giudicò tutto l'uomo "virum non saeculi sui, sed omnis aevi optimum".
Bibl.: I frammenti, in H. Peter, Histor. Romanorum relliquiae, I, 2ª ed., Lipsia 1914, pp. 187-90 (cfr. pp. cclxi-cclxix) e Fragmenta Histor. Roman., pp. 120-21. Vedi anche C. Müller, Fragmenta Hist. Graec., III, pp. 199-200. Oltre le storie della repubblica romana, v. E. Pais, L'autobiografia e il processo Repetundarum di P. R. R., in Dalle guerre puniche a Cesare Augusto, Roma 1918, I, p. 35 segg.; F. Münzer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I A, col. 1269 segg. Per l'attività di storico anche M. Schanz, Geschichte der röm. Literatur, Monaco, I, 4ª ed., pp. 207-08; H. Nissen, Krit. Unters. zu d. Quellen d. IV und d. V Dekade des Livius, Berlino 1863, pp. 41-43; N. Terzaghi, Valerio Corvo e R. R., in Studi etruschi, VIII (1934), pp. 157-164. Cfr. inoltre E. Münzer, Römische Adelsparteien und Adelsfamilien, Stoccarda 1920, p. 283 segg.