FIGULO, Publio Nigidio (P. Nigidius Figŭlus)
Scrittore latino contemporaneo di Cicerone. Della sua vita sappiamo solo che fu in rapporto familiare con Cicerone, cui diede appoggio contro Catilina. Si schierò a lato di Pompeo nella guerra civile; bandito da Cesare, morì in esilio nel 45. Scrisse di grammatica, di teologia, di scienza naturale.
L'opera sua Commentarii grammatici, in almeno 29 libri, più che una esposizione sistematica delle discipline grammaticali era una raccolta di ricerche d'indole grammaticale, fra le quali una sulla questione, molto agitata nelle scuole grammaticali di Alessandria e di Pergamo, se il linguaggio debba considerarsi nato per convenzione o per fatto naturale; F. si dichiarava favorevole alla seconda opinione. A tale problema d'indole filosofica si ricongiunge intimamente quello d'indole grammaticale dell'analogia e dell'anomalia del linguaggio, che distingue appunto le due scuole grammaticali greche ora menzionate e che interessò anche Varrone. Nigidio avrebbe voluto che i diversi casi con eguale terminazione fossero distinti con diversa scrittura. Si è attribuita anche a lui l'invenzione dell'apex. Soltanto Quintiliano (XI, 3, 143) ricorda una sua opera De gestu.
Il più importante dei suoi scritti teologici trattava De diis. Alla stessa cerchia di ricerche appartenevano i tre scritti sulla divinatio: De augurio privato, De extis, De somniis.
Interessanti dovevano essere gli scritti scientifici, primi fra tutti la Sphaera graecanica e la Sphaera barbarica. La Graecanica, cioè la figurazione del cielo secondo la maniera greca, trattava: 1. dello zodiaco con le leggende relative agli astri; 2. delle costellazioni greche, fuori dello zodiaco, probabilmente con le leggende ad esse relative. La Sphaera barbarica trattava del cielo delle stelle fisse egiziano e forse anche babilonese, e delle singole costellazioni. Probabilmente le due Sphaerae appartenevano ad un'unica opera e avevano per fonte Asclepiade di Mirleia. Altri scritti scientifici di Nigidio erano De vento, De animalibus, De hominum naturalibus, forse anche uno De terris. Nigidio accoppiò l'astronomia all'astrologia. Giovanni Lido estrasse dai libri di lui, di Fonteio e di Labeone, interpreti dei libri tagetici, calendarî brontoscopici, molto apprezzati dai Bizantini. Il fatto che Nigidio si occupò di scienze occulte e il suo tentativo di ripristinare le pratiche pitagoriche dovettero contribuire a creargli fama d'indovino e quasi stregone (cfr. Apul., Apol., 42). Edizione dei frammenti a cura di A. Swoboda (Vienna 1889).
Bibl.: M. Schanz, Gesch. d. röm. Litt., 3ª ed., I, ii, Monaco 1909, p. 419 segg.; H. Roehring, De Nigidio Figulo capita II, Lipsia 1887; F. Boll, Sphaera, Lipsia 1903, p. 350 segg.; v. anche A. Bouché-Leclercq, Histoire de la divination dans l'antiquité, I, Parigi 1879, pp. 73, 253 ecc.; id., L'astrologie grecque, Parigi 1899, p. 363.