DECIO Mure, Publio (P. Decius P. f. Q. n. Mus)
Figlio del console del 340. Console nel 312, sarebbe rimasto a Roma perché malato; consul II nel 308 con Q. Fabio Massimo Rulliano, combatté in Etruria con successo, imponendo una tregua di 40 anni ai Tarquiniesi e di un anno alla lega etrusca. Fu magister equitum del dittatore Scipione Barbato nel 306, e nel 304 censore con Rulliano che annullò le riforme democratiche di Ap. Claudio Cieco. Sostenne nel 300 la legge Ogulnia, che ammetteva i plebei ai più importanti collegi sacerdotali, e fu perciò dei primi plebei cooptati nello stesso anno a pontefici. Consul III ancora con Rulliano nel 297, durante la terza guerra sannitica, combatté con gli Apuli a Maluentum impedendo loro di congiungersi coi Sanniti fronteggiati da Rulliano a Tiferno; devastò quindi con il collega il Sannio, ove s'indicavano 45 suoi campi, e continuò nella devastazione come proconsole nei primi mesi dell'anno successivo. Nel 295 egli, consul IV, e Rulliano, consul V, affrontarono a Sentino i Sanniti e i Galli collegati e rinforzati da Etruschi e Umbri; e quando Decio vide che l'ala sinistra romana da lui comandata piegava dinanzi ai Galli, votò sé stesso e i nemici agli dei inferi, e con la sua morte decise la vittoria romana. Alcuni ritengono certa la sua morte, ma non la devotio, che sarebbe stata modellata su quella del padre. L'eroismo di D. fu oggetto di una praetexta di Accio.
Bibl.: F. Münzer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IV, col. 2281 con bibl.; W. Soltau, Die Anfänge der röm. Geschichtschreibung, Lipsia 1909, p. 45; G. De Sanctis, Storia dei Romani, II, Torino 1907, pp. 333, 353, 355 sg.; E. Pais, Storia di Roma, 3ª ed., V, Roma 1928, pp. 50, 164, 169, 175, 182 (cfr. anche IV, p. 198); J. Beloch, Röm. Geschichte, Berlino 1926, pagg. 414, 439 seg.; V. Costanzi, in Riv. di filologia, XLVII (1919), p. 195 seg.